La data
dell’esecuzione è fissata per venerdì 9
febbraio 1554. Maria, che aveva così odiato l’idea
di dover far morire sua cugina, fa un ultimo tentativo almeno di salvare
la sua anima... sperando che lei si converta al Cattolicesimo. Le manda,
così, John Feckenham,
decano di S. Paolo affinché le parli e la persuada. Gli dà
alcuni giorni per cercare di convertire Jane alla fede cattolica. Jane,
privata a lungo della sua compagnia di intellettuali e di dibattiti
teologici, si comporta in modo gentile, ma contestando punto per punto
le affermazioni del Feckenham. Forse non aspettava migliore occasione
per testimoniare della sua preziosa fede. Dopo ore di discussione, Jane
rimane protestante.
Vedi
qui il dialogo con Feckenham
E’
però giunta pure ad apprezzare Feckenham. Accetta che lui l’accompagni
fino al patibolo e promette di “pregare Dio nelle viscere
della sua misericordia affinché Egli vi mandi il Suo santo Spirito;
perché Colui che ha dato il grande Suo dono della favella, si
compiaccia pure di aprire gli occhi del vostro cuore” (Taylor,
124).
Sceglie
l’abito da portare, compone il suo discorso, ed incarica due membri
della sua famiglia ad accompagnarla e a provvedere per l suo corpo.
Manda poi una lettera a sua sorella Caterina.
Lettera
di Jane Grey, già Regina d’Inghilterra, alla signora
Caterina Grey, sua sorella, scritta due giorni prima di essere giustiziata,
al termine di un suo Nuovo Testamento greco che le manda in dono.
Qui
tu hai, carissima sorella, un siffatto libretto, il quale, benché
d’oro adornato non sia, non è tuttavia che non si debba
anteporre all’oro ed a tutte le più preziose gioie, se
diligentissimamente tu lo anderai ben ben considerando dentro di te
stessa. Infatti, esso contiene la legge del tuo Signore Iddio e quest’ultimo
ed estremo Suo testamento, che dovendo Egli morire, a noi miseri raccomandò
con tanta diligenza. Se con quella mente e con quel proposito che
tu debba, cotal testamento tu leggerai, e con quella diligenza e vigilanza
d’animo che bisogna, scolpito lo terrai nella memoria, esso
ti aprirà e mostrerà la strada che alla vita eterna
conduce. Ti insegnerà finalmente a come ordinare la tua vita
e come altresì bisogni morire.
Laonde
un più grande e felice patrimonio t’è per venire,
di quel che l’eredità de le possessioni dell’afflitto
e calamitoso tuo padre, mai ti fosse potuto. Siccome di quello erede,
e dei suoi beni saresti stata, se vissuto egli fosse: così
anche se sollecitamente tu riceva questo testamento, e come tu debba
la tua vita ben ordinare in quello che cerchi. Assicurati d’aver
a essere erede di siffatte ricchezze, che né gli avari te lo
potranno cavar di mano, né i ladri rubare, né le tignole
consumare.
Con ardente desiderio, insieme con il divino cantore (ottima sorella
mia) procura d’intendere e conoscere la legge del tuo Signore
Iddio, e tutto il tempo della tua vita attendi con diligenza e sollecitudine
a quella, affinché piamente tu muoia: che facendolo, la morte
un largo ed agevole cammino alla vita eterna ti sia. Né ti
pensar, sorella mia, che per essere tu fanciulletta, e di pochi anni,
tu possa aspettar per ciò di vivere lungo tempo. Che quando
così pare a Dio ottimo massimo, tanto presto muoiono i bambini
quanto i decrepiti. E’ necessario, dunque, che tu impari come
tu debba morire. Disprezza le delizie del mondo, fuggi le insidie
ed i lacci di Satana, e schiva gli allettamenti della carne. Fa’
che tutta la tua speranza e consolazione, sia posta e ferma nel Signore,
e che tuoi peccati, dolore e pentimento, e non disperazione ti rechino.
La fede partorisca in te la fiducia, e non una temeraria audacia.
Prega con Paolo, di poterti dipartire dalla prigione di questo corpo,
per andartene a morire con Cristo; appresso il quale la stessa morte
si mostra la vita. Segui le orme di quel buon servo evangelico, e
fa che a mezzanotte tu sii desta, affinché la morte, quando
essa verrà, e come ladro entri di notte, a giacere non ti trovi
ed addormentata come il servo cattivo.
Fa’ che, come alle stolte donnicciole, a te non manchi l’olio,
affinché tu non venga chiusa di fuori, ovvero cacciata via
come colui che entrò al convito, senza la veste da nozze. Tutta
la tua gloria e la tua speranza sia in Cristo, si com’è
la mia, ed essendo tu detta cristiana, nelle orme di Cristo, cui ti
sei consacrata, ti bisogna star salda. La croce ti fa mestiere prendere,
ed i tuoi peccati mettere sulle spalle di Cristo e con sollecitudine,
diligenza abbracciarlo.
Non ti accada che tu pianga la mia morte, anzi, tu devi rallegrartene
con me, perché in quella metter giù debbo la corruzione
e l’incorruttibilità prendere. Io sono certissima che
invece della perdita di questa caduca e mortale vita, io riceverò
quella vita che in nessun modo si può perdere. La qual vita
io prego l’Iddio ottimo massimo, che ti conceda; e donati tanto
de la Sua grazia, che in ogni tempo il Suo timore ti stia dinanzi
agli occhi, e finalmente che nella fede di Cristo la tua vita finisca.
Da questa fede, sorella mia, che ne veruna speranza di vita, né
veruna paura di morte non ti stanchi. Che se la difesa della verità,
per vivere lungo tempo in questo mondo, tu abbandoni, Cristo stesso
ti rinnegherà dinanzi al Padre, ed i tuoi giorni scortati saranno.
Ma se, al contrario, ti appoggi a Cristo, né da quello svellere
ti lasci, prolungati ti siano i termini della vita, si che tutte le
cose avranno buona riuscita, perché a te gran consolazione
e a Lui gloria verranno.
Alla qual gloria me al presente, Iddio ottimo massimo, e te anche,
sorella mia, per l’avvenire, quando a Lui piacerà, conduca.
Sta sana, carissima sorella, e fa che tu ponga in Cristo tutta la
tua fiducia, perché da Cristo aspettar si deve ogni salvezza.
Dalla Torre di Londra, il 10 di febbraio, l’anno del Signore
1554.
Tua sorella, che sinceramente t’ama. Jane Gray.
In questa
lettera Jane considera suo padre “sventurato e calamitoso”
e non scrive, però, a sua madre (che per altro non cerca neppure
di farle visita) o, per altro, a suo padre. Si racconta che Gilford
avesse chiesto di vedere Jane prima di morire, e che Maria gliel’avesse
concesso. Jane, però, rifiuta di vederlo, dicendo che presto
si incontreranno in un posto migliore, dove le amicizie saranno felici.
Non vi sono prove, però, che questa storia sia vera. Di fatto,
Jane e suo marito sembrano non mostrare alcun interesse nel vedersi
durante il loro soggiorno nella Torre.
Preghiera
di Lady Jane in vista dell'esecuzione

L’11
febbraio Jane assiste all’esecuzione di suo marito da una finestra.
Viene portato dalla Torre di Beauchamp alle 10 del mattino, e condotto
nell’area delle esecuzioni di Tower Hill. Jane sta alla finestra
e lo vede andare alla morte. Guildford muore con grande coraggio e dignità
e, quando passa il carretto che porta il corpo di Guildford, Jane piange
e mormora: “Oh Gildford! Gildford! Oh, quanto è amara la
morte!”. Forse si rende conto di essere pure stata una vittima.
In ogni caso, Jane vede il corpo di lui coperto di sangue, gettato su
un fondo di paglia ugualmente macchiato di sangue, e portato a S. Pietro
in vincula, con la testa avvolta in un panno e deposta accanto al corpo.
Jane, così, vede suo marito che si avvia alla Tower Hill per
l’esecuzione e più tardi vedrà il corpo di lui,
privo di testa, riportato alla Torre.
Ora
è venuto per Jane il suo turno per affrontare la morte. Indossa
la stessa veste nera che aveva portato al processo. Prende con sé
il suo libro di preghiere. E’ scortata da Sir John Brydges, luogotenente
della Torre, la sua balia, la s.ra Ellen, e pure l’accompagna
la sua servente, la s.ra Tylney. Piangono entrambe, ma Jane è
calma e composta. Dopo tutto aveva perfino già assistito all’erezione
del suo stesso patibolo vicino alla Torre bianca (le sue camere fornivano
una vista eccellente su tutto il complesso). Dato che era una principessa
di sangue reale, la sua esecuzione è privata. Ad essa viene invitato
solo un piccolo gruppo di persone. Presso gli scalini del patibolo,
Jane saluta Feckenham: “Iddio vi conceda tutti i vostri desideri
ed accettate i miei ringraziamenti più sentiti per tutta l’attenzione
che mi avete riservata. Indubbiamente le vostre attenzioni mi hanno
messo alla prova più ancora di quanto la morte possa ora terrorizzarmi”.
Jane,
così, sale sul palco del patibolo e si rivolge alla folla presente.
Ammette di avere commesso tradimento, allorché aveva accettato
la corona, ma: “Davanti a Dio e davanti a vuoi, buoni cristiani,
io ora lavo le mie mani nell’innocenza”. Fa’ così
segno di lavarsi le mani e chiede loro che essi siano testimoni della
sua morte, affermando di morire come una buona cristiana. Questa, senza
dubbio, era un’ulteriore indicazione della sua forte fede protestante.
Dice: “Ed ora, buona gente, mentre sono ancora viva, io vi prego
di assistermi con le vostre preghiere2”. Si inginocchia, e chiede
a Feckenham: “Posso recitare questo Salmo?”. Legge così
il Salmo 51 in inglese, a cui fa eco lo stesso Feckenham in latino.
Dopo la
preghiera, dice a Feckenham: “Imploro Iddio di ricompensarvi abbondantemente
per la gentilezza che mi avete mostrata”. Poi Jane si rialza e
completa i suoi doveri finali. Consegna alla sua attendente, la s.ra
Tylney, i guanti e il fazzoletto, come pure il suo libro di preghiere
al fratello del luogotenente, Thomas Brydges. Comincia a slacciarsi
la gonna, com’era tradizione, e il carnefice avanza. Era tradizione
che le vesti esterne diventassero di proprietà del carnefice.
Forse Jane non lo sapeva, o forse era semplicemente spaventata dalla
figura mascherata che veniva verso di lei. Fa un passo indietro “desiderando
essere lasciata sola”. Le sue attendenti completano di slacciare
le sue vesti. Poi le passano un foulard affinché con esso si
copra gli occhi. Poi il carnefice si inginocchia di fronte a Jane, chiedendole
perdono. Anche questa era un’usanza che lei si aspettava. Al che
Jane gli concede “molto volentieri” il suo perdono.
Non
c’era più null’altro da fare se non eseguire la pena.
Il carnefice le chiede di disporsi sulla paglia posta sul palco. Forse
Jane, proprio in quel momento, vede per la prima volta il ceppo sul
quale dovrà poggiare la testa. La sua compostezza per un attimo
vacilla. Sussurra: “Vi prego di fare in fretta quello che dovete
fare” e comincia ad inginocchiarsi. Esita un po’ e chiede:
“Me la toglierete prima che io mi metta giù?”, riferendosi
alla benda sugli occhi. Il carnefice risponde: “No, signora”,
e così le lega il fazzoletto attorno alla testa sugli occhi.
Jane, così, si inginocchia ma, bendata, non riesce a trovare
il ceppo su cui deve poggiare la testa. Le sue braccia battono l’aria
per alcuni istanti, e poi Jane grida: “Che debbo fare? Dov’è?”.
Coloro che si trovano attorno al patibolo esitano – devono aiutarla?
Così, uno della folla sale sul patibolo e l’aiuta. Guida
le sue mani verso il ceppo. Jane appoggia poi la testa sul ceppo e distende
il suo corpo. Le ultime sue parole sono: “Signore, nelle Tue mani
affido il mio spirito”. Il carnefice, così, con un colpo
d’ascia preciso le stacca la testa. Il sangue schizza dappertutto
sul patibolo e su molti dei testimoni. Poi il carnefice prende la testa
di Jane, la alza affinché tutti possano vederla e dice: “Così
periscano tutti i nemici della Regina. Ecco la testa di un traditore”.
Così finisce la vicenda di Lady Jane Grey. Era il 12 febbraio
1554.

Le
ultime parole di Jane Grey prima d’essere giustiziata
(Da Michelangelo Florio)
Le cose che qui seguono, ella disse quando che fu condotta al luogo
dove si doveva fare l’ultimo atto di questa misera e dolorosa
tragedia. Qui si descriveranno non solo le parole, ma gli atti ed i
suoi movimenti degni di gran considerazione.
Salita
che ella fu sul palco, così ella parlò alla moltitudine
mescolata d’ogni qualità di persone: “Uomini, padri
e fratelli: io vi prego e domando che mi vogliate aiutare con le vostre
preghiere”. Detto questo, voltandosi verso Thomas Bridges, capitano
della Torre, gli disse: “Mi sarà egli lecito pronunciare
alcune cose che ho in animo di dire?”. “Si, signora”,
rispose egli, “Che lecito vi sia dir quel che vi piace”.
Allora ella così comandò: “Qui, fratelli in Cristo
carissimi, è convenuta questa radunanza, perché con gli
occhi contempliate la partenza che farà dal corpo questa anima
mia, e con l’orecchio intendiate quale che la mia essa sia. Io
sono giudicata e sentenziata a morte, e questo per il rigore della legge.
Quel che contro alla Maestà reale è stato fatto, è
stato fatto contro la legge. Così è davvero, e lecito
non era, e tanto meno secondo la legge, che con il mio consentimento
io approvassi quel che alcuni avevano ordito e tentato contro la Reale
Maestà. Ma che il titolo e nome di Regina io mi sia preso, ovvero
che io l’abbia pure desiderato, questo è ciò che
io del tutto nego, e nell’innocenza dinanzi a voi io mi lavo le
mani”.
Detto così, strinse le dita insieme, tenendo un libretto in mano,
e rimase in silenzio per un attimo. Poi, così disse: “Io
vi prego, fratelli, che testimoni voi siate, che nella fede di Cristo
io finisco la mia vita, né spero che con nessun altro purgamento,
se non quello della morte di Cristo, abbiano ad essere cancellati e
purgati i miei peccati. Che cosa, infatti, potrebbe essere in me che
potesse superare la giustizia di Cristo? E se il Signore tenesse conto
delle nostre colpe, chi potrebbe resistere? Quel che dunque io sento,
e vedo mancarmi, io non debbo cercarlo altrove se non nei meriti del
sangue di Cristo, il quale con quell’unica e sola offerta che
di Sé stesso fece in croce, compì la salvezza di tutti
coloro che in Lui si sarebbero confidati. E’ ben vero, fratelli,
che io non posso non riconoscermi grandemente colpevole, che avendomi
la bontà divina fatto grazia di conoscere la Sua Parola, così
bella gioia con i piedi mi trovo aver calpestata, più del dovere
me stessa ed il mondo amando, io confesso che è per i miei peccati
che qui mi ritrovo condotta a soffrire meritevolmente questa pena dalla
Maestà divina. Io ringrazio di tutto cuore l’Iddio ottimo
e massimo, che mi ha concesso l’opportunità di piangere
i miei peccati, ed umilmente io riconosco ed accetto questo Suo paterno
castigo. Perché Egli punisce i Suoi, non certo per rovinarli,
ma per conservarli. E ciò fin qui sia detto abbastanza intorno
alla mia fede. Resta, fratelli, che io grandemente vi preghi e vi ripieghi
che, fintanto che lo spirito mio resti in questo corpo, vogliate aiutarmi
con le vostre preghiere”.
Allora, postasi in ginocchio, e rivoltasi al Feckenham, gli disse: “Mi
sarà egli lecito leggere questo Salmo?”. “Si, signora”,
rispose egli. Cominciò allora a leggere in inglese il Salmo 51
con grandissimo ardore di spirito, seguendolo fino all’ultima
parola.
Quando
si fu levata in piedi, diede i guanti ed il fazzoletto ad una delle
sue donzelle, ed il suo libricino a Thomas Bridges. Slacciatasi poi
la lunga casacca, il boia si fece avanti per aiutarla a togliersela.
Ella, però, rifiutato questo suo servizio, volle che dalle sue
damigelle, che aveva con sé, tale officio fosse fatto. Nel volersi
essa stessa fasciare gli occhi, il boia, postosi in ginocchio davanti
a lei, domandò di perdonarlo. Ed essa lo perdonò molto
volentieri.
Allora il boia le fece cenno che si fermasse sopra la paglia che era
sul palco. Scorto poi il ceppo, disse: “E’ questo forse
il ceppo?”. “Sì”, rispose il boia, ed ella:
“Io ti prego che presto tu mi spedisca”. E messasi subito
in ginocchio, disse: “Mi si dovrà tagliare il capo prima
che io mi distenda?”. “No, signora”, disse il boia.
Allora, con gli occhi velati, brancolando disse: “Dov’è
il ceppo? Che cosa debbo fare? Dov’è? Dov’è?”.
Allora, uno dei presenti, presala per mano, la portò al ceppo.
A questo ella, gettatasi giù distesa con il corpo e con le braccia,
disse: “Nelle Tue mani, Signore, io raccomando il mio spirito.
Abbia di me misericordia”. E detto questo, gli fu mozzato il collo.
E questa fu la fine di così misera e lamentevole tragedia.
Dal libricino
menzionato sopra, così scrisse l’Accademia Veneziana nella
storia delle cose avvenute dopo la morte del Re Edoardo VI.
“Innanzi
che ella, cioè Giovanna Graia, fosse condotta alla preparata
mannaia, fu ricercata dal Governatore della Torre, a lasciargli una
qualche memoria di lei, ed a ciò, stringendolo con la molta affezione
che gli portava, ed ella fattasi dare un piccolo libretto, vi scrisse
sopra tre sentenze, una greca, una latina ed una inglese, le quali erano
della seguente sostanza. La greca era: “La morte darà la
pena al mio corpo del fallo, ma la mia anima giustificata sarà
davanti al cospetto di Dio, l’innocenza mia”. La latina
diceva: “Se la giustizia ha luogo nel mio corpo, l’anima
mia l’avrà nella misericordia di Dio”. L’inglese:
“Il fallo è degno di morte, ma il modo di mia ignoranza
doveva meritar pietà ed escusazione, presso al mondo ed alla
legge”.
Il
Salmo 51
Salmo di pentimento.
Abbi
pietà di me, o Dio, per la tua bontà; nella tua grande
misericordia cancella i miei misfatti. Lavami da tutte le mie iniquità
e purificami dal mio peccato; poiché riconosco le mie colpe,
il mio peccato è sempre davanti a me. Ho peccato contro te, contro
te solo, ho fatto ciò ch'è male agli occhi tuoi. Perciò
sei giusto quando parli, e irreprensibile quando giudichi. Ecco, io
sono stato generato nell'iniquità, mia madre mi ha concepito
nel peccato. Ma tu desideri che la verità risieda nell'intimo:
insegnami dunque la sapienza nel segreto del cuore. Purificami con issopo,
e sarò puro; lavami, e sarò più bianco della neve.
Fammi di nuovo udire canti di gioia e letizia, ed esulteranno quelle
ossa che hai spezzate. Distogli lo sguardo dai miei peccati, e cancella
tutte le mie colpe. O Dio, crea in me un cuore puro e rinnova dentro
di me uno spirito ben saldo. Non respingermi dalla tua presenza e non
togliermi il tuo santo Spirito. Rendimi la gioia della tua salvezza
e uno spirito volenteroso mi sostenga. Insegnerò le tue vie ai
colpevoli, e i peccatori si convertiranno a te. Liberami dal sangue
versato, o Dio, Dio della mia salvezza, e la mia lingua celebrerà
la tua giustizia. Signore, apri tu le mie labbra, e la mia bocca proclamerà
la tua lode. Tu infatti non desideri sacrifici, altrimenti li offrirei,
né gradisci olocausto. Sacrificio gradito a Dio è uno
spirito afflitto; tu, Dio, non disprezzi un cuore abbattuto e umiliato.
Fa' del bene a Sion, nella tua grazia; edifica le mura di Gerusalemme.
Allora gradirai sacrifici di giustizia, olocausti e vittime arse per
intero; allora si offriranno tori sul tuo altare.
