Le consolazioni della comunione con Dio
Introduzione
Il testo biblico proposto alla nostra
attenzione quest’oggi, continua, come quello della scorsa settimana, a parlarci
dei privilegi e delle benedizioni della preghiera, ovverosia dei
privilegi e delle benedizioni della comunione personale con Dio. Esso parla a
coloro che, come discepoli del Signore Gesù, hanno di fatto ricevuto da Dio la
grazia dell’intima comunione con Dio e che questa praticano con riconoscenza e
fervore. Potremmo anche intitolare il brano di oggi: "Le quattro
consolazioni della comunione con Dio".
Un avvertimento preliminare, però, mi
sembra opportuno. Ciò che Dio rivela attraverso le parole che leggeremo
dell’Apostolo, sono preziosissime e consolanti istruzioni che forse - ahimé -
suoneranno astratte e poco comprensibili a chi è estraneo alla comunione con
Dio, e forse anche inaccettabili...
E’ come il dialogo che intercorre nel
"luogo santissimo" fra Dio e colui che ha avuto il privilegio di
accedervi, dialogo in cui Dio gli rivela "parole ineffabili che non è
lecito all’uomo di pronunziare" (2 Co. 12:4), parole purissime che
l’uomo di questo mondo non può né intendere né apprezzare. Di queste parole il
cristiano di sicuro ne farà gelosamente tesoro, mentre dovranno diventare, per
chi non ha ancora mai fatto esperienza autentica della comunione con Dio nella
preghiera un invito pressante ad avvicinarsi maggiormente al Salvatore Gesù e
mettersi così in condizione di apprezzare e di fare esperienza di quanto
l’Apostolo dice in questo testo.
Il testo
Continuando l’apostolo Paolo, al
capitolo 8 della lettera ai Romani, a parlare della liberazione che Dio opera
nel credente ed un giorno nell’intero creato ad opera del Suo Spirito Santo,
Egli scrive:
"...Allo stesso modo ancora,
lo Spirito viene in aiuto alla nostra debolezza, perché non sappiamo pregare
come si conviene; ma lo Spirito intercede per noi con sospiri ineffabili; e
colui che esamina i cuori sa quale sia il desiderio dello Spirito, perché egli intercede
per i santi secondo il volere di Dio. Or sappiamo che tutte le cose cooperano
al bene di quelli che amano Dio, i quali sono chiamati secondo il suo disegno.
Perché quelli che ha preconosciuti, li ha pure predestinati a essere conformi
all'immagine del Figlio suo, affinché egli sia il primogenito tra molti
fratelli; e quelli che ha predestinati li ha pure chiamati; e quelli che ha
chiamati li ha pure giustificati; e quelli che ha giustificati li ha pure
glorificati" (Ro. 8:26-30).
I. Un aiuto disponibile
"Allo stesso modo ancora, lo Spirito viene in
aiuto alla nostra debolezza, perché non sappiamo pregare come si conviene; ma
lo Spirito intercede per noi con sospiri ineffabili" (26).
Un aspetto del Suo ministero. Fra i meravigliosi doni della grazia che Dio
accorda ai credenti vi è l’opera personalizzata ed efficace dello Spirito Santo
in loro. Lo stesso Spirito di Dio che li ha chiamati al ravvedimento ed alla
fede, che efficacemente ha applicato alla loro persona l’opera salvifica di
Cristo, che dimora in loro, e che impartisce loro i Suoi doni, è pure di
preziosissimo aiuto nelle loro preghiere.
Quale debolezza? Perché il credente ha bisogno di essere
"aiutato" nelle sue preghiere? Il testo dice: a causa della sua
"debolezza", o, come dice l’originale testo greco, della sua "astenia".
Nel linguaggio medico astenia significa "debolezza dell’organismo o
di una sua parte, mancanza di vigore". Perché si dice qui del credente che
è "astenico"? Non perché l’opera di Dio in lui sia difettosa, ma
perché - fintanto che rimane su questa terra - la nuova natura che ha
ricevuto convive con quella vecchia. Per questo il credente - anche il
migliore - fa esperienza di molte contraddizioni in sé stesso, continua a
portare con sé molte "infermità" e debolezze. Alcuni credenti sono
più deboli nella fede, altri sono dotati di meno conoscenza ed esperienza.
Alcuni credenti sono meno scrupolosi, altri possono essere più facilmente
tentati o sono meno dotati di altri. Più spesso il credente è
"debole" per quanto riguarda la preghiera ed è il caso menzionato dal
nostro testo.
Non sei abbandonato a te stesso! Cosciente delle proprie contraddizioni e
debolezze, il credente però ha la consolazione di sapere di non essere
abbandonato a sé stesso, ma di poter godere dell’assistenza dello Spirito
Santo. Si tratta di qualcosa di molto maggiore dell’assistenza
dell’"angelo custode", di cui tanto si parla oggi, o di qualche altro
personale "nume tutelare", ma dello Spirito di Dio stesso che
"gli viene in aiuto".
L’inesprimibile grido del
credente. La carenza che il
credente avverte nelle sue preghiere non ha nulla a che fare con la paralisi
spirituale degli increduli. Essi non hanno forza spirituale, ne sono ignoranti
e non si rivolgono a Cristo per ottenerla. Al v. 23 dello stesso capitolo
l’Apostolo dice che noi come credenti, "noi, che abbiamo le primizie
dello Spirito", insieme all’intero creato, "gemiamo dentro di
noi, aspettando ... la redenzione del nostro corpo". Per il credente è
diventato pesante vivere in questo mondo fatto di peccato, di ingiustizie, di
ostilità verso quanto ha di più caro. Dio gli ha dato un nuovo modo di vedere
le cose, una nuova prospettiva, una nuova sensibilità, un nuovo modo di essere
che si scontrerà inevitabilmente con lo status quo di un mondo a Dio estraneo.
Quanta incomprensione incontra, quante sofferenze deve affrontare! Anche in sé
stesso: quanto vorrebbe essere liberato da tutte le sue contraddizioni,
tentazioni e prove, soprattutto se vive in condizioni particolarmente
difficili. Spesso, come disse anche l’apostolo, avrei "il desiderio di
partire e di essere con Cristo, perché è molto meglio"(Fl. 1:23). Il
cristiano si chiede perciò: "Che cos’è veramente meglio per me, per il
bene degli altri e per la gloria di Dio? Qual è la volontà di Dio per la mia
vita? Dove mi devo recare? Come dovrei reagire? Sono angustiato per quello che
mi succede. Sento tutto il peso di quello che dovrei essere e che non riesco ad
essere. Sono perplesso: non so più neanche che cosa dovrei chiederti,
Signore!". Sono i gemiti, i lamenti e costanti sospiri del credente,
indubbiamente sospiri molto diversi da quelli che si innalzano da questo mondo!
La partecipazione dello Spirito. Abbiamo però una consolazione, dice il testo: "lo
Spirito viene in aiuto alla nostra debolezza, perché non sappiamo pregare come
si conviene ... lo Spirito intercede per noi con sospiri ineffabili".
Si, abbiamo la consolazione di sentirci dire dalla Parola del Signore che lo
Spirito di Dio si associa ai nostri gemiti e si identifica con noi,
che Lui partecipa alla nostra sofferenza venendoci incontro, nelle
nostre balbettanti preghiere, con l’amore di cui solo Dio è capace.
Lo Spirito come
"interprete". Si,
talora ci ‘mancano le parole’, ci manca la ‘sapienza’ necessaria per
"vedere oltre" alla nostra situazione, la necessaria ‘visione’, non
sappiamo ciò che è meglio per noi. Non conosciamo il rimedio necessario per
sovvenire alla miseria che ci circonda e pervade e talora non sappiamo nemmeno
ciò per cui dobbiamo pregare. Per questo lo Spirito di Dio si fa carico - con
amore - di questa nostra ‘debolezza’ e ‘porta’ al trono di Dio la nostra
preghiera, ‘interpretandola’, ‘traducendola’ per noi. Lo Spirito Santo diventa
il nostro ‘portavoce’. Egli porta con noi il fardello della difficile
situazione affinché non ci schiacci e ci incoraggia a esprimere il nostro
anelito per quanto confuso, sovvenendo Egli stesso alle nostre carenze
comunicative...
Lo Spirito come promotore. Non solo questo, ma lo Spirito come Colui che
illumina, ci insegna per che cosa pregare; come Colui che santifica promuove la
grazia della preghiera; come Colui che conforta, fa tacere le nostre paure e ci
aiuta nello scoraggiamento. Lo Spirito Santo è la sorgente di ogni nostro
desiderio verso Dio. Come Colui che investiga lo spirito umano ne può percepire
la mente e la volontà, la mente rinnovata, e ne avoca la causa. "Si, vieni
Spirito Santo", dice il cristiano, "porta i miei inesprimibili
aneliti al trono della grazia, rivestili delle Tue parole".
Se l’opera mediatrice di Cristo è quella
di garantire il nostro accesso in preghiera a Dio Padre, l’opera dello Spirito
Santo è proprio quella di promuovere nel nostro cuore l’espressione della
nostra preghiera, mostrarci quale sia il nostro bisogno più autentico, fornirci
di argomenti validi, mettere parole appropriate nella nostra mente e nella
nostra bocca, darci la forza della fede e il fervore necessario, metterci in
grado di venire a Dio come nostro padre, darci libertà ed ardimento in Sua
presenza. Ed è ovvio che questo richieda preliminarmente un cuore purificato da
ogni cattiva coscienza, fede nel sangue e nella giustizia di Dio, una
concezione di Dio come Dio di pace, grazia e misericordia.
Egli "intercede per noi con
sospiri ineffabili", non che lo Spirito Santo gema e si lamenti per
noi, ma Egli promuove l’anelito del credente; il che suppone la sua
consapevolezza di questo fardello, che spesso è un "indicibile"
fardello. Sotto la Sua influenza il credente prega con fervore, anche senza
parole, come Anna in 1 Sa. 1:13 che esprime verso il Signore tutto il suo
fardello e senso del bisogno pur senza parole.
Questa preghiera promossa dalla nuova
natura impiantata da Dio nel credente ed "interpretata" dalla
mediazione dello Spirito di Dio, trova certo esaudimento. Dice infatti il verso
27:
II. Una voce concordante
"...e colui che esamina i
cuori sa quale sia il desiderio dello Spirito, perché egli intercede per i
santi secondo il volere di Dio"
(27). Questa frase potrebbe rispondere alla domanda: "Alla preghiera di
chi Dio si compiace di rispondere?". Alla preghiera di chiunque?
Una voce di estranei. A molti in questo mondo neppure passa per la
testa di pregare il Signore Iddio. Lo ritengono umiliante parola al vento. Il
discorso non vale per loro. Alla porta di Dio, però, molti, in preghiera,
bussano e sperano che il Signore "apra" loro e li esaudisca, ma
potrebbe ben succedere, come nella parabola di Gesù, che si sentano rispondere:
"Io non vi ho mai conosciuti; allontanatevi da me, malfattori"
(Mt. 7:23), oppure: "Io vi dico in verità: Non vi conosco"
(Mt. 25:12). Com’è possibile? E’ possibile perché, secondo l’insegnamento della
Scrittura, essi non sono nella condizione di coloro a cui Dio ha scelto di far
grazia e di suscitare in loro una preghiera a Lui gradita. E’ la voce di gente
a Dio estranea, il cui cuore è a Lui avverso ed i cui desideri non sono puri e
secondo la Sua volontà.
Una voce riconosciuta. Dio ha la capacità di scrutare nell’intimo
dell’uomo e di operare una verifica. Quando lo fa e scopre quel desiderio
spirituale e profondo che il Suo Spirito vi ha suscitato e che Egli
stesso sospinge, Egli lo esaudisce perché non è "una lingua a Lui
straniera" quella che Dio ode, ma quella di una persona santificata e
sospinta dal Suo Spirito che esprime desideri concordanti con la Sua volontà.
Non è un desiderio impuro e malvagio quello che Egli ode, ma qualcosa in
armonia con Sé stesso. Nel "Padre nostro" il Signore Gesù esorta a
pregare: "Sia fatta la Tua volontà": è la preghiera che eleva a Dio
colui o colei che anela a che non la sua propria volontà sia compiuta, ma
quella di Dio.
La voce del santificato. La persona a cui Dio risponde è quella nel cui
cuore Dio ode desideri in armonia con Sé stesso. In quel caso, quello che ode
non è la voce l’uomo naturale ribelle ed avverso a Lui che Lo invoca, ma quella
di una creatura che è stata rigenerata dallo Spirito Santo, o, come si esprime
il nostro testo, quella di un "santo", cioè di una persona
"messa a parte" dalla massa incredula ed a Lui avversa. Egli lo esaudisce,
perché vi scopre l’anelito puro e benedetto che solo lo Spirito Santo, come
intercessore, vi ha impiantato.
Una scoperta consolante. Ecco così che quando il credente lotta per
esprimere con un linguaggio articolato i desideri del suo cuore e trova che le
sue più profonde emozioni sono forse le più inesprimibili, egli
"geme" per questa sentita incapacità. Questo gemito però non è vano,
perché in esso lo Spirito di Dio opera, dando a queste emozioni che Lui stesso
ha suscitato, il solo linguaggio di cui sono capaci. Così, se da parte del
credente questo gemito è il frutto della sua incapacità di esprimere ciò che
sente, esso è al tempo stesso l’intercessione dello Spirito stesso in suo
favore. Questo brano offre un forte incoraggiamento per i credenti, perché
quando Dio investiga i loro cuori egli vi trova in quei gemiti suscitati dallo
Spirito un riflesso perfetto del Suo amorevole proposito per loro.
III. Ogni cosa sotto il saldo
controllo di Dio
Al credente che "geme"
interiormente, Iddio, tramite le parole dell’Apostolo, risponde dunque con la
consolazione di vedere in questo l’efficace intercessione in Suo favore dello
Spirito Santo che ad essi partecipa pienamente - Lui stesso li ha suscitati.
Quand’anche però il credente
"gemesse" per le difficoltà che la sua particolare situazione
comporta, anche in questo caso egli si vede rivolte le parole del versetto
seguente che lo rassicurano che - in ogni caso - tutto rimane saldamente sotto
il controllo di Dio e che anzi, ogni situazione in cui si trova coopera al suo
bene ultimo. E’ quello che afferma il versetto 28: "Or sappiamo che
tutte le cose cooperano al bene di quelli che amano Dio, i quali sono chiamati
secondo il suo disegno".
Si tratta del punto focale di tutto
il capitolo. "Or sappiamo" non è il linguaggio delle
congetture di chi va per tentativi, ma di certezza frutto di esperienza. Paolo
qui non dice che ogni cosa alla fin fine per tutti andrà per il meglio perché
vivremmo nel migliore dei mondi possibili. Questa sublime certezza è limitata
da una doppia qualificazione. Sono solo i figli di Dio, "quelli che
amano Dio", che possono far propria questa promessa. Nulla verrà
trovato cooperare per il bene per coloro il cui cuore a Dio è lontano ed
avverso, ma ogni cosa certamente coopererà per il bene ultimo di coloro che
amano Dio e che sono stati chiamati a Lui secondo il Suo eterno proposito.
"Se ami Dio di tutto cuore, ebbene, sii certo che Dio farà cooperare ogni
cosa al tuo bene ultimo. Non ti preoccupare. Abbine la certezza.
Disse un teologo riformato: "Se
tutto coopera per il bene, non c’è nulla che, in un modo o in un altro, non
possa tornare a vantaggio dei figlioli di Dio. Tutto ciò che la Provvidenza
dispensa, sia in bene che in male, sia favorevole che avversa, ogni occorrenza
ed evento - ogni cosa, qualunque essa sia - coopera al loro bene. Non succede
per caso: è Dio a fare in modo che ogni cosa si riveli per il bene dei suoi
figlioli. In modo particolare, l’afflizione dei credenti coopera a questo
fine" (Haldane). Quelli così che amano Dio sono "i chiamati"
ed essi sono stati chiamati perché erano stati per questo prescelti "secondo
il Suo disegno".
Non si tratta qui di una
"chiamata generale" come se fosse un appello rivolto indistintamente
a tutti, indipendentemente dalla loro risposta, ma di una "chiamata
efficace" che ha prodotto la risposta affermativa di coloro a cui era
stata rivolta. "In te che leggi queste parole", pare dire l’Apostolo,
"Dio ha senza dubbio cominciato a produrre grandi cose. Esse certamente le
porterà a termine: è il Suo impegno. Non ti lasciare intimidire dalle
circostanze che ti impensieriscono, ti fanno soffrire, circostanze che ti
lasciano perplesso e pieno di punti interrogativi. Continua a riporre la tua
fiducia in Colui che efficacemente ti ha chiamato".
IV. Il tuo destino ultimo
La quarta parola di consolazione che
il nostro testo desidera rivolgere a "coloro che amano Dio" ha a che
fare con il destino ultimo della loro persona. Sembra dire: sii consolato dal
fatto che Iddio ti vuole assistere, che la Sua voce concorda con la tua, che
ogni cosa è sotto il Suo controllo e coopera al tuo bene, ma anche qui: che io
ti ho prescelto dall’eternità e che - come Dio fedele - ti accompagnerò per
ogni passo del processo della tua redenzione.
"Perché quelli che ha
preconosciuti, li ha pure predestinati a essere conformi all'immagine del
Figlio suo, affinché egli sia il primogenito tra molti fratelli; e quelli che
ha predestinati li ha pure chiamati; e quelli che ha chiamati li ha pure
giustificati; e quelli che ha giustificati li ha pure glorificati" (29-30).
Sembra di udire la voce del Signore
Gesù quando disse ai Suoi discepoli: "Non siete voi che avete scelto
me, ma sono io che ho scelto voi, e vi ho costituiti perché andiate e portiate
frutto e il vostro frutto rimanga, affinché tutto quel che chiederete al Padre,
nel mio nome, egli ve lo dia" (Gv. 15:16).
Si, "Non è per caso che tu ti
trovi qui, che tu oda con interesse la mia voce, che tu elevi la tua preghiera
a me e che desideri servirmi. Io ti ho prescelto dall’eternità. Prima ancora
che tu nascessi, io ti conoscevo personalmente. Ho fatto nei tuoi riguardi un
progetto: renderti conforme all’immagine del mio Figliolo Gesù Cristo, alla Sua
immagine di santità e di giustizia, di perfetta comunione con me e di gloria.
Io ho cominciato in te un’opera ed io la condurrò a termine. Non c’è nulla che
in questo mi potrà ostacolare, né le condizioni ambientali in cui ti trovi, né
il tuo peccato, limiti ed imperfezioni. Tu mi appartieni, e nulla potrà separarti
dal mio eterno amore. Non preoccuparti, quindi, non angustiarti, ti terrò
vicino a me, ti guiderò, ti consiglierò e porterò infallibilmente in te a
compimento quanto mi sono proposto. Tieniti stretto a queste certezze. Non
temere, lo dice l’Onnipotente ed eterno Iddio".
Indubbiamente questo è un
meraviglioso messaggio per un credente che tende a disperare e a scoraggiarsi.
Davanti a noi il Signore vuole rammentare le tappe del processo di salvezza che
Egli ha predisposto per tutti coloro che efficacemente ha chiamato:
1) Predestinazione: il decreto
immutabile per cui Egli decide di far grazia ad un certo numero di creature
umane ribelli ed empie, indipendentemente dai loro meriti, ma solo a causa del
Suo amore, "nel numero delle quali tu ora ti trovi".
2) Chiamata: "a tempo
opportuno io ti ho chiamato alla fede ed al ravvedimento, ti ho chiamato a far
parte della mia famiglia, come mio figlio adottivo e tu sei venuto con fiducia
ed ubbidienza dedicando a me per riconoscenza la tua vita. Come Padre misericordioso
non ti lascerò più".
3) Giustificazione: l’atto per
cui Dio dichiara giusto e non più peccatore condannato chi, affidandosi
all’opera espiatrice del Salvatore Gesù Cristo, vede i suoi debiti verso Dio
completamente estinti, e la sua persona completamente riabilitata nei confronti
di Dio, in pace con Lui ed in condizione di eterna salvezza.
4) Glorificazione: l’atto per
cui Dio completerà un giorno quell’opera che aveva decretato dall’eternità di
fare, che si è sviluppata nel tempo, e che verrà a compimento nell’eternità.
Si, davvero questo è la consolazione
più grande che la comunione con Dio possa infondere ad un cuore che ama Dio e
che fiduciosamente vuole servirlo. Come non cantare di gioia nei confronti di
queste rassicurazioni che il Signore ci vuole comunicare attraverso la Sua
Parola?
Conclusione
Io prego il Signore che queste
possano davvero essere le vostre consolazioni, voi che cercate la comunione con
il Signore. Sii consolato dal fatto che Iddio ti vuole assistere
nell’inesprimibile anelito del tuo cuore, che la Sua voce concorda con la tua,
che ogni cosa è sotto il Suo controllo e coopera al tuo bene, che Dio ti ho
prescelto dall’eternità e che ti accompagnerà per ogni passo del processo della
tua redenzione come dall’eternità per te ha disposto. Questo è il dialogo che
intercorre nel "luogo santissimo" in cui Dio ci rivela a chi ha dato
il privilegio di accostarsi a Lui, parole preziosissime che il mondo non può
intendere né apprezzare. Facciamone gelosamente tesoro, e che queste stesse parole
diventino, per chi non ha ancora mai fatto esperienza autentica della comunione
con Dio nella preghiera un invito pressante ad avvicinarsi maggiormente al
Salvatore Gesù e mettersi così in condizione di apprezzare e di fare esperienza
di quanto l’Apostolo dice in questo testo.
[Paolo Castellina,
venerdì, 17. maggio 1996. Tutte le citazioni bibliche, salvo diversamente
indicato, sono tratte dalla versione "Nuova Riveduta", Società
biblica di Ginevra, 19952].