Nuove forze, nuova energia...
Introduzione
La gloria della risurrezione del
Signore e Salvatore Gesù Cristo è il contenuto dell’annuncio che risuona nelle
chiese cristiane in questo periodo dell’anno. La risurrezione del Signore Gesù
è una vibrante realtà che infonde coraggio ed energia a tutti i Suoi
discepoli di ogni tempo e paese, discepoli di Gesù che proprio nella
Risurrezione trovano il superamento degli stretti limiti delle
prospettive che questo mondo offre, dei limiti dell’"umanamente
possibile", dei limiti di logica e di razionalità tipici della concezione
del mondo dominante. La risurrezione del Signore Gesù, per i Suoi discepoli, è
ciò che, pure a livello personale, infonde loro ciò che li fa superare
depressione e paura, la tentazione dell’immobilismo pessimista e persino dei
limiti delle proprie forze e conoscenze terrene. E’ l’esperienza dei primi
discepoli di Gesù che, prima abbattuti, impauriti e depressi per l’apparente
sconfitta del movimento cristiano in seguito all’assassinio di Gesù, trovano
nella Sua risurrezione nuove forze, coraggio ed impeto, virtù prima loro
persino sconosciute.
Avete voi bisogno di nuovo impeto,
nuove forze, nuovo coraggio, nuova energia? Volete vincere rassegnazione e
pessimismo, il sentimento dell’ineluttabilità del male e della morte, vincere
il sentimento di chi dice "Non ne vale la pena, tanto...". Ebbene,
impregnamoci dello spirito della Risurrezione di Cristo!
I testi biblici
Leggiamo due testi biblici. Il primo
è il racconto dell’apparizione del Signore Gesù ai suoi discepoli secondo
l’evangelista Giovanni. Eccolo.
"La sera di quello stesso
giorno, il primo della settimana, i discepoli se ne stavano con le porte chiuse
per paura dei capi ebrei. Gesù venne, si fermò in piedi in mezzo a loro e li
salutò dicendo: "La pace sia con voi". Poi mostrò ai discepoli le
mani e il fianco, ed essi si rallegrarono di vedere il Signore. Gesù disse di
nuovo: "La pace sia con voi. Come il Padre ha mandato me, così io mando
voi". Poi soffiò su di loro e disse: "Ricevete lo Spirito Santo. A
chi perdonerete i peccati, saranno perdonati; a chi non li perdonerete, non
saranno perdonati".
Uno dei dodici discepoli, Tommaso,
detto Gemello, non era con loro quando Gesù era venuto. Gli altri discepoli gli
dissero: - Abbiamo veduto il Signore. Tommaso replicò: - Se non vedo il segno
dei chiodi nelle sue mani, se non tocco col dito il segno dei chiodi e se non
tocco con mano il suo fianco, io non crederò. Otto giorni dopo, i discepoli
erano di nuovo lì, e c'era anche Tommaso con loro. Le porte erano chiuse. Gesù
venne, si fermò in piedi in mezzo a loro e li salutò: "La pace sia con
voi". Poi disse a Tommaso: - Metti qui il dito e guarda le mani; accosta
la mano e tocca il mio fianco. Non essere incredulo, ma credente! Tommaso gli
rispose: - Mio Signore e mio Dio! Gesù gli disse:- Tu hai creduto perché hai
visto; beati quelli che hanno creduto senza aver visto!" (Gv. 20:19-29 TILC).
Il secondo testo ci fa ritornare
nell’Antico Testamento, a conferma che il carattere del Signore Iddio non cambia
nel corso dei secoli e che la Sua potenza rimane immutata - ieri, oggi, e
domani. Dal libro del profeta Isaia:
""A chi volete
paragonarmi? Chi potrebbe essere uguale a me?", domanda Dio che è santo.
Alzate gli occhi e osservate: chi ha creato le stelle? Solo uno, il Forte e
Potente. Egli le conosce una per una; le chiama tutte per nome e nessuna manca
all'appello. Israeliti, discendenti di Giacobbe, perché continuate a ripetere:
"Il Signore non conosce la nostra condizione, non si interessa delle ingiustizie
che soffriamo"? Voi non sapete, non avete udito che il Signore è Dio per
sempre? Egli ha creato il mondo e non si stanca mai. Nessuno può capire a fondo
la sua intelligenza. Egli dà energia a chi è affaticato e rende forte il
debole. Perfino i giovani si stancano, anche i più forti vacillano e cadono; ma
tutti quelli che confidano nel Signore ricevono forze sempre nuove:
camminano senza affannarsi, corrono senza stancarsi, volano con ali di
aquila" (Is. 40:25-31
TILC).
Il popolo di Dio di sempre...
Andiamo per ordine. Cerchiamo prima
di capire il contesto in cui il Signore ispira al Suo popolo, tramite il
profeta Isaia, nuova fede, nuova speranza, nuova energia, nuovo entusiasmo.
Il popolo di Israele è stato portato
in esilio in Babilonia. E’ una cocente delusione e sconfitta per un popolo che
si vantava di essere il popolo eletto e benedetto da Dio e che ora ha il
sentimento di essere stato abbandonato da Dio, anzi, peggio, che anche prima
tutto non sia stato che un’illusione. Il popolo si lamenta e dice: "Il
Dio che ci ha costituiti come Suo popolo e ci ha abbondantemente benedetto nel
passato è forse diventato impotente? Ci ha forse ora abbandonato per qualche
motivo?". Isaia afferma che quanto è successo non è casuale, tutto
rientra in una precisa logica che il popolo deve comprendere (anzi, che avrebbe
già dovuto comprendere). L’esilio del popolo di Dio in Babilonia verrà alla
fine: tutta questa vicenda né è casuale, né mette in questione Dio, la Sua
potenza o i Suoi progetti.
Il messaggio è chiaro: il popolo di
Dio era stato portato in esilio a causa dei suoi peccati, della sua infedeltà
all’impegno che aveva collettivamente contratto con Dio. L’esilio è espressione
del giudizio di Dio. C’è un senso ben preciso per ciò che avviene
perché: (1) Si tratta sia di un giusto giudizio ed è (2) una forma di restituzione
per i danni che il popolo aveva fatto all’onorabilità di Dio disattendendo ai
suoi precisi impegni. Israele e Giuda, infatti, non solo avevano abbandonato
Jahweh, ma pure detratto dalla gloria Sua per darla a degli idoli. L’esilio
sarebbe stato il tempo in cui il popolo avrebbe riflettuto su ciò che
aveva fatto ed esso stesso il modo per riparare i danni compiuti al fine di
essere ristabiliti nella comunione con Dio. Che cosa dice il testo a questa
gente?
1. Voi non siete coscienti di
chi sia Dio
Yahweh è unico nel senso che nulla
che la mente umana abbia potuto immaginare può essere paragonato con Lui. Egli
è il Creatore la cui potenza si rivela nell’immensità del cielo e nel numero
delle stelle. I pagani divinizzavano le stelle e le costellazioni, ma esse pure
sono opera di Dio.
"Levate in alto i vostri
occhi e guardate: Chi ha creato queste cose?" (26a). Ultimamente, quando si diceva sarebbe
apparsa una stella cometa, per curiosità anch’io scrutavo il cielo stellato.
Non ho scorto la stella in questione, ma mi sono trovato a fare qualcosa che
raramente facevo: contemplare l’immensità dello spazio e il numero altissimo
dei corpi celesti ivi contenuti. I miei sentimenti? Timore, per la grandezza di
quegli spazi; senso di piccolezza, non solo a livello personale, ma anche di
quanto insignificante sia la terra di fronte a quelle distanze; stupefazione,
per essere oggetto di tanto amore ed attenzione da parte di Dio, nonostante
appunto la nostra piccolezza.
Il profeta dice ad Israele: "Credete
forse che Dio, avendo fatto e sostenendo tutto questo, difetti forse di potenza
e di sapienza, che abbia forse perduto il controllo sulla situazione?". E’
la stessa domanda che avrebbe potuto essere rivolta ai discepoli di Gesù dopo
la Sua morte: "Voi ancora non conoscete Dio. Dalla vostra prospettiva
limitata la crocifissione di Gesù vi sembra una cocente sconfitta. Dio però ha
tutto sotto controllo. C’è un senso ben preciso in quello che è avvenuto, un senso
che trova le sue radici negli eterni propositi di Dio. Quel Gesù ‘doveva’
morire, affinché una nuova realtà potesse sorgere anche per voi. Dio si prende
gioco dell’arroganza dei nemici di Gesù.
Già, chi ha creato tutte le cose? Se
tutto il quadro celeste è già immenso nella sua vastità e complessità, come
deve essere Colui che tutto questo ha creato ed ordinato? Come non riconoscere
ed adorare con timore una simile divina grandezza e potenza? Come dubitare di
essa e pensare che essa possa essere sconfitta e frustrata nei suoi propositi?
"Colui che fa uscire il loro
esercito in numero"
(26b) dice il testo: come un generale convoca la sua armata in campo per darle
i suoi ordini così Dio è in controllo delle costellazioni ...."e le chiama
tutte per nome" (26c), come un padre o una madre chiama tutti i membri
della sua famiglia. Come? "Per la grandezza del Suo vigore e la potenza
della Sua forza" (26d) L’opera della creazione è certa ed evidente
prova dell’infinita potenza di Dio. "nessuna manca" (26d) né
di apparire quando Lui la chiama, né di compiere l’opera a cui Lui l’ha
destinata. Davvero l’esilio dell’antico popolo di Dio è una sconfitta? Davvero
la crocifissione di Gesù è la tragica fine ...di tutte le Sue illusioni?
2. Un preciso senso alle
vicende correnti
L’antico popolo di Dio in esilio è
scoraggiato. Si domanda se Dio davvero sia capace di stabilire la sua
sovranità. Jahweh potrà ben essere il Creatore di cielo e terra, conoscere per
nome ogni parte della Sua creazione, ritenere i giudici della terra responsabili
verso di Lui, ma si interessa Egli veramente del Suo popolo? I discepoli di
Gesù altresì dicevano: "Dov’è ora quel Regno di Dio invincibile di cui
Gesù ci parlava? Dov’è il Suo trionfo?"
Il profeta Isaia afferma l’interesse
di Jahweh per la loro situazione dirigendo la loro attenzione verso la Sua
stessa natura divina. Egli è il Dio eterno, il Dio che con loro si è impegnato
in un Patto, il Creatore di cielo e terra. Egli opera incessantemente per
realizzare i Suoi propositi di salvezza per il Suo popolo. Il ristabilimento
del popolo di Dio è fondato sulla Sua natura, la Sua indefettibile fedeltà agli
impegni che Egli ha preso. Il popolo Suo potrà ben essere infedele, non così
Dio! Egli rinnoverà la forza del Suo popolo, ma questo dipende dalla loro
disponibilità a sottomettersi a Lui. Lo stesso per i discepoli di Gesù.
"Non vi ricordate che Gesù da tempo vi aveva parlato di queste cose e
persino della Sua risurrezione? Credevate che Egli parlasse per iperbole, in
senso figurato?" Il problema per loro è lo stesso che per Tommaso: "Non
essere incredulo, ma credente... Dio sa quel che sta facendo, la Sua potenza
non è venuta meno né i Suoi propositi sono stati sconfitti".
"Perché dici, o Giacobbe, e
tu Israele, dichiari..."
(27a). Il popolo di Dio così - nell’Antico Testamento come nel Nuovo! - viene
rimproverato per la loro incredulità e mancanza di fiducia in Dio. Devono
rammentarsi di aver preso il nome di Giacobbe e di Israele, da uno cioè che
fece esperienza della fedeltà di Dio in tutte le sue personali vicende.
Il popolo di Dio aveva preso il nome
di Israele perché doveva essere caratterizzato proprio dall’esperienza di
Giacobbe che viene "rigenerato" spiritualmente, dopo aver lottato con
Dio, diventando appunto Israele. Come popolo Suo, siamo noi stati
"rigenerati" spiritualmente ad un nuovo modo di vedere le cose, di
pensare, di parlare, di vivere? Siamo noi ancora come Giacobbe o anche noi
siamo diventati Israele?
Molte preoccupazioni e paure
sparirebbero se si ricercassero le cause delle loro e nostre difficoltà: la
nostra incredulità, la nostra "logica difettosa". E’ male permettere
alla nostra mente di intrattenere pensieri cattivi, peggio ancora trasformare
questi pensieri in parole. Quel che essi avevano conosciuto e udito sarebbe
stato sufficiente a far tacere tutte queste paure e mancanza di fiducia.
Laddove Dio aveva iniziato un’opera di grazia, Egli l’avrebbe portata a
termine. "Perché, o Israele permetti ai tuoi pensieri di manifestare
una tale gelosia nei confronti del tuo Dio, la cui infinita potenza, sapienza e
bontà sono dimostrazioni evidenti, date all’umanità ed a te in maniera così
singolare? Perché proprio voi che avete accompagnato, visto ed udito Gesù
durante il Suo ministero, ancora non comprendete? Perché Tommaso, non vuoi credere?".
Isaia riprende le protesta del popolo
che dice: "La mia vita è nascosta all’Eterno" (27b) il corso e
la condizione della mia vita. Dice: "Egli non si cura delle mie
preghiere e delle mie lacrime, delle sofferenze che ho a causa del suo nome, e
permette ai miei nemici di farmi del male a loro piacimento, e Lui non tenta
nulla per liberarmi dalle loro mani. Dio ha trascurato di sostenere i miei
diritti, di rendermi giustizia contro i miei nemici, come ha fatto in passato;
"e trascurato dal mio Dio?" (27d), Si, "Dio non se ne
occupa, e mi ha lasciato nelle mani dei miei nemici ed ora il caso è così
disperato che Dio non può aiutarmi". E i discepoli di Gesù: "Eccoci
qui ora abbandonati, pieni di paura perché forse i nemici di Gesù verranno a
prendere anche noi. Che faremo? Abbiamo perso tutto. Che ne sarà di noi?".
Sembra di udire il grido di Gesù sulla croce: "Dio mio, Dio mio,
perché mi hai abbandonato?".
Il nostro testo di Isaia risponde: "Non
lo sai forse, non l’hai udito? Il Dio di eternità, l’Eterno, il creatore dei
confini della terra" (28a) di tutta la terra e dei suoi abitanti da un
capo all’altro, come se "i confini" potrebbero sembrare al di là
della Sua capacità di occuparsene. L’argomentazione è chiara e forte: Dio, che
ha fatto ogni cosa, anche le zone più desolate e barbare della terra e che di
conseguenza pure se ne prende cura, non trascurerà la Sua terra e popolo. Egli "non
si affatica e non si stanca" (28b), non è che Lui per l’età o per il
duro lavoro è diventato incapace di aiutare il Suo popolo come fanno gli uomini.
"la Sua intelligenza è imperscrutabile" (28c) i Suoi propositi,
con i quali governa il mondo, ed in modo particolare la tua vita, sono molto al
di là della tua capacità di comprensione, e quindi è ingiusto e folle ritenere
che un Dio immensamente saggio e potente in qualche modo ti trascuri.
Come l’antico popolo di Dio che
doveva comprendere come l’esilio non era che la logica conseguenza del suo
peccato e della sua infedeltà, anche i discepoli di Gesù dovevano comprendere
che quanto con Gesù era avvenuto rientrava nella logica e nei propositi di Dio.
Il messaggio è chiaro: Gesù era morto sulla croce ed aveva preso così
volontariamente su di Sé il castigo che avrebbero meritato i Suoi eletti. La
morte di Gesù pagava così il prezzo della salvezza per tutti coloro che a Lui
si sarebbero affidati per essere salvati: una grande, immensa forma di amore,
amore vero e totale. Non solo questo, ma il sacrificio di Gesù sulla croce era
una forma di "restituzione" che avrebbe soddisfatto le esigenze della
giustizia di Dio. Dio è amore, ma è anche giusto. Se avesse soprasseduto alla
giustizia della Sua legge che prevedeva la condanna del colpevole, avrebbe
contraddetto il Suo stesso carattere. Ora però in Cristo Dio avrebbe pagato
Egli stesso le conseguenze penali delle nostre trasgressioni. I discepoli di
Gesù - e noi con loro - avrebbero così dovuto comprendere finalmente quello che
pure Gesù aveva preannunziato. Compiuta l’espiazione dei peccati, Gesù si
sarebbe dovuto sedere come trionfatore "alla destra di Dio", sarebbe
dovuto risorgere dai morti ed entrare nella dimensione del nuovo cielo e della
nuova terra, primizia di una condizione in cui sarebbero poi entrati tutti
coloro che a Lui appartengono.
Accogliendo il messaggio di Isaia,
l’antico popolo di Dio aveva compreso il senso delle sue vicende e acquistato
nuova fede, nuova speranza, nuove forze. I discepoli di Gesù, facendo
esperienza della Risurrezione non solo avrebbero compreso il senso di quanto
era avvenuto a Gesù, ma avrebbero ricevuto nuova forza ed entusiasmo per
adempiere al grande mandato missionario di Gesù. Per questo il messaggio
dell’Evangelo è potuto giungere fino a noi oggi.
Nuovo vigore
Comprendete ora la rilevanza del
messaggio di Isaia, letto attraverso la risurrezione di Cristo: "Egli
dà forza allo stanco ed accresce il vigore allo spossato" (29) Egli ha
forza non solo per Sé stesso, ma per tutti, persino per la creatura più debole,
che può facilmente fortificare per portare i propri fardelli, e vincere tutti i
suoi oppressori. La risurrezione di cristo è pegno e garanzia per noi che la
nostra opera per Lui, la nostra fede, il nostro attivismo, entusiasmo e
speranza, non sono vani e fatica sprecata. La vittoria appartiene a Dio ed a
tutti coloro che si inseriscono nei Suoi propositi di salvezza.
Oggi viviamo in tempi privi di
ideali, in tempi di disillusione, di amarezza e di disperazione, tempi in cui
anche coloro che sono nel fior fiore delle loro forze perdono il loro impulso
giovanile e lo sprecano in futilità o peggio. Il testo dice: "I giovani
si affaticano e si stancano, i giovani scelti certamente inciampano e
cadono" (30). Se però gli ideali di questo mondo deludono, non così
per chi si affida oggi al Signore Gesù, i quali possono essere certi che il
loro entusiasmo non sarà mal riposto. Il nostro testo afferma: "....ma
quelli che sperano nell’Eterno, acquistano nuove forze, s’innalzano con ali
come di aquile, corrono senza stancarsi e camminano senza affaticarsi"
(31). Coloro che confidano nel Signore per aver la forza necessaria per
sopportare i loro fardelli e per essere liberati a tempo opportuno,
diventeranno sempre più forti nella fede, pazienza e fortezza, per cui saranno
più che vincitori sui loro nemici ed avversari. Come aquile voleranno più
velocemente e agilmente in alto, fuori da ogni pericolo. Saranno messi in grado
di camminare o di correre con facilità, senza pesantezza. Questo non vuol dire
che il cristiano non abbia occasione di scoraggiarsi. Egli però potrà rinnovare
la sua fede, la sua speranza ed il suo entusiasmo, continuando a tenere lo
sguardo fisso sul Signore Gesù, il quale è risorto, è vincitore e trionfatore.
Proprio nel contesto di un capitolo
sulla risurrezione di Gesù, l’apostolo Paolo afferma: "Quest'uomo che
va in corruzione, deve infatti rivestirsi di una vita che non si corrompe, e
quest'uomo che muore, deve rivestirsi di una vita che non muore. E quando
quest'uomo che va in corruzione si sarà rivestito di una vita che non si
corrompe, e quest'uomo che muore si sarà rivestito di una vita che non muore,
allora si compirà quel che dice la Bibbia: La morte è distrutta! la vittoria è
completa! O morte, do v'è la tua vittoria? O morte, dov'è la tua forza che
uccide? ... Rendiamo grazie a Dio che ci dà la vittoria per mezzo di Gesù
Cristo, nostro Signore. Così, fratelli miei, siate saldi, incrollabili.
Impegnatevi sempre più nell'opera del Signore, sapendo che, grazie al Signore,
il vostro lavoro non va perduto" (1 Co. 15:56-58). Operiamo dunque
come cristiani nello spirito della risurrezione di Cristo: non ne saremo
delusi.
[Tutte le citazioni
bibliche, salvo diversamente indicato, sono tratte dalla versione "Nuova
Diodati", Edizione La Buona Novella, Brindisi, 1991. venerdì, 12. aprile
1996].