Come vivere una vita pulita in un mondo sporco

---

I. Introduzione

1. Una comunità ritirata. E’ il 1946. In Palestina, in una zona desertica ed isolata, un giovane pastore che porta al pascolo le sue pecore si siede ai bordi di un pendio. Laggiù, in fondo al pendio, si scorgono delle grotte e delle cavità naturali della roccia. Per passare il tempo il giovane "gioca al tiro a segno" cercando di lanciare delle pietre in quelle cavità. Le pietre rimbalzano sulla roccia. Una di queste "fa centro". Il rumore che fa la pietra, però, è strano. E’ come se la pietra avesse rotto dei vasi. Il giovane tira ancora delle pietre e ne risulta lo stesso rumore di chincaglieria rotta. Che cosa c’è in quelle grotte? Sono zone totalmente isolate ed impervie. Il giovane così decide di andare a vedere che cosa c’è in quelle grotte. Non è facile arrivarvi, il pendio è fatto di rocce friabili, c’è pericolo di farsi del male. Riesce però a scendere e, entrando in una delle grotte in cui aveva tirato i sassi egli scopre che, in effetti, sono piene di vasi ed anfore antiche e, dentro quei vasi egli scorge dei rotoli di pergamena: sono degli antichissimi libri nascosti da chissà chi in quelle grotte e in quei vasi, libri che così hanno potuto attraversare i secoli.

Tornato a casa, diffonde la notizia. Degli archeologi se ne interessano e scoprono che gran parte di quei libri si tratta di copie antichissime del nostro Antico Testamento, insieme a testi e scritti di un antica comunità di persone che si erano ritirate in quei luoghi per vivere la loro fede in pace e libertà, lontani dal mondo, e per preservare l’eredità spirituale di Israele in tempi turbolenti in attesa della venuta del Salvatore. Era la comunità religiosa che oggi conosciamo con il nome "Comunità di Qumran", un gruppo religioso israelita di Esseni, ed i rotoli scoperti come "I rotoli del Mar Morto".

2. Ritirarsi? Prima di quella scoperta gli archeologi pensavano che quelle grotte fossero solo un avamposto militare, trovandosi il luogo non molto lontano dalla fortezza di Masada, costruita da Erode il Grande. In realtà si trattava della dimora di un gruppo di persone che si era appunto ritirato nel deserto per sfuggire alla contaminazione morale e spirituale di questo mondo.

Avevano tratto ispirazione da un testo di Isaia 40:3 che dice: "La voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via dell’Eterno, raddrizzate nel deserto una strada per il nostro Dio". Nel deserto si sarebbero occupati di copiare - preservandoli per i posteri - i manoscritti della Bibbia, nascondendoli poi in vasi di argilla quando l’esistenza della loro comunità era stata minacciata.

La ragione per cui avevano deciso di risiedere in un posto desolato come Qumran era però un altra: le città erano diventate ormai troppo pericolose e corrotte, piene di ciò che dispiace a Dio. Avevano così pensato che se si fossero allontanati dalle aree popolate, si sarebbero pure allontanati dalle tentazioni del peccato. Non si tratta, naturalmente, di un’idea nuova. Dai tempi più antichi il movimento monastico nel Cristianesimo ha tirato fuori dal mondo uomini e donne per ritirarsi in conventi e monasteri collocati in zone molto isolate. Ritirarsi dal mondo è spesso ancora oggi un’esigenza che molti sentono. "Poter fuggire da tutto e da tutti! Non sentire più niente e nessuno! Ritirarsi in un’isola felice! Che sogno!" dicono alcuni.

Certo, potrebbe farci bene ritirarsi per un po’. Pare che in Italia stia avendo successo l’iniziativa di aprire i conventi ed i monasteri per brevi soggiorni a professionisti stressati e a gruppi di studenti affinché vi ritrovino per un po’ la pace che questo mondo non offre. E’ infatti spesso proprio nel silenzio, magari di un monastero, che possiamo far pulizia dentro di noi e ritrovare Dio ed anche noi stessi.

3. Avvicinarsi a Dio. Non è però indispensabile ritirarsi nel deserto o in un convento per ritrovare Dio, la pulizia e la pace interiore, anche se questo a volte può aiutare. Non è questione di luogo in cui recarsi, ma è importante scolpire bene dentro di noi il principio: è avvicinandoci a Dio che noi potremo trovare la pulizia e la pace che cerchiamo, ma non solo, portare sempre con noi questa pulizia e questa pace dovunque senza doverci necessariamente estraniare dal mondo. Dio è la luce avvicinandoci alla quale le tenebre della nostra vita possono essere dissipate, Dio è il fuoco a cui dobbiamo accendere la nostra fiaccola affinché faccia costantemente luce dovunque noi andiamo, luce e calore per noi stessi, ed anche luce e calore per gli altri, allorché questo fuoco lo irradiamo.

Questo è il principio espresso dall’apostolo Giacomo quando, nella sua lettera che troviamo nella Bibbia, egli dice "Sottomettetevi dunque a Dio, resistete al diavolo, ed egli fuggirà da voi. Avvicinatevi a Dio ed egli si avvicinerà a voi; nettate le vostre mani, o peccatori, e purificare i vostri cuori, o voi dal cuore doppio! Affliggetevi, fate cordoglio e piangete, il vostro riso si cambi in duolo e la vostra gioia in tristezza. Umiliatevi davanti al Signore, ed egli vi innalzerà" (Gm. 4:7-12).

Potremmo dire che, nascosto in questo testo, vi siano preziose istruzioni, dei passi importanti, che ci possono insegnare come avvicinarci a Dio, quale debba essere il nostro atteggiamento quando presso di Lui cerchiamo la pace e la pulizia alla quale aspiriamo. Esaminiamo bene, allora, questo testo.

II. Tre passi da compiere

1. Primo passo: Sottomissione a Dio

Il primo passo per poterci avvicinare a Dio e trovarvi pace e pulizia, lo troviamo nelle parole: "Sottomettetevi dunque a Dio" (7a) e "Umiliatevi davanti al Signore" (10a). E’ un concetto importante, anzi essenziale, questo, per avvicinarsi a Dio. Esso è pure senza dubbio una "porta stretta", un "passaggio difficile" per l’uomo secolarizzato che - orgogliosamente - reagisce con orrore al solo pensiero di piegarsi, inginocchiarsi, sottomettersi ad un’istanza superiore di tipo religioso. "Sottomettersi" e "umiliarsi" è un affronto - dice lui - alla sua dignità ed alla sua indipendenza. L’uomo moderno, egli dice - "si è evoluto", "si è liberato da tutti i condizionamenti e le superstizioni religiose". In realtà l’uomo cosiddetto moderno è un presuntuoso ed un megalomane. "Credendosi chissà chi" e rifiutando di considerarsi per quello che è, cioè un essere certo nobile, ma pur sempre una creatura dipendente da Dio e che deve sottostare legittimamente alla Sua sovranità, si taglia stupidamente fuori dalle benedizioni che potrebbe altrimenti ottenere. Dice il nostro testo un versetto prima, "Dio resiste ai superbi e dà grazia agli umili" (4:6).

Il primo passo per avvicinarsi a Dio è dunque l’atteggiamento di fondo di piegare umilmente noi stessi alla Sua sovrana Persona, renderci totalmente disponibili a Lui, aprirGli fiduciosamente la nostra mente ed il nostro cuore, riconoscere la Sua maggior sapienza. Significa sottomettersi a Lui, volontariamente e liberamente, non per costrizione, ma in tutta umiltà, nella consapevolezza della nostra debolezza, vuotezza e bisogno della Sua grazia. "Umiliatevi davanti al Signore, ed egli vi innalzerà" davvero. La Scrittura dice: "Il timore dell’Eterno è un ammaestramento di sapienza, e prima della gloria c’è l’umiltà" (Pr. 15:33).

2. Secondo passo: Confessione

Il secondo passo da farsi è implicito al primo. Viene espresso dalle parole: "nettate le vostre mani, o peccatori, e purificate i vostri cuori, o voi dal cuore doppio! Affliggetevi, fate cordoglio e piangete, il vostro riso si cambi in duolo e la vostra gioia in tristezza" (8b, 9).

a) Peccatori. Il passaggio che conduce alla pace ed alla pulizia interiore continua indubbiamente ad essere piuttosto stretto, non è vero? Sentirci rivolgere queste espressioni: "voi, peccatori... voi, dal cuore doppio di ipocriti" l’uomo naturale lo considererebbe un intollerabile insulto! Eppure, sottomettersi ed umiliarsi davanti a Dio deve condurci ad essere d’accordo con Dio su questo punto, a farci ammettere che di fatto noi siamo dei riprovevoli peccatori, delle creature ribelli ed ostinate la cui natura corrotta ci porta a disprezzare e ad infrangere la legge di Dio ed a ben meritare la Sua condanna.

b)Il nostro cuore. Dobbiamo riconoscere che il nostro cuore, l’orientamento di fondo della nostra vita - da cui scaturiscono tutte le nostre azioni contrarie alla volontà di Dio - non ha amato Dio ponendoLo, com’è giusto, al primo posto nella nostra vita. Gli abbiamo voltato le spalle, l’abbiamo osteggiato, trascurato, minimizzato, sfidato. Diciamo a Dio: "Lo riconosciamo, Signore. Ti preghiamo, netta, pulisce il nostro cuore, fa si che Ti amiamo con tutto noi stessi ponendoti davvero sul trono della nostra vita".

c) Le nostre mani. Dobbiamo riconoscere che le nostre mani, espressione questa che rappresenta il principale strumento delle nostre azioni, devono essere ripulite. Le nostre azioni devono essere riformate per essere conformi alla volontà di Dio, la nostra vita deve essere emendata. DiciamoGli: "Lo riconosciamo, Signore. Ti preghiamo, netta, pulisci le nostre mani, affinché ciò che facciamo sia conforme alla Tua santa volontà".

d) La nostra doppiezza. Dobbiamo riconoscere la nostra doppiezza, cioè l’ipocrisia di aver voluto convincere noi stessi e gli altri di essere "a posto", e magari anche "religiosi", mentre in realtà il nostro cuore era ben lungi da Dio. "Signore, perdonaci".

e) Cordoglio e tristezza. E poi, che significa quel "Affliggetevi, fate cordoglio e piangete, il vostro riso si cambi in duolo e la vostra gioia in tristezza"? Significa che della nostra vera condizione esistenziale all’insegna del peccato noi dobbiamo essere realmente rattristati e pentiti, perché l’ira di Dio grava su di noi. Si fa cordoglio per una morte, ora facciamo cordoglio per la morte spirituale della nostra anima lontana da Dio. Si piange per una lamentevole situazione: avremmo ben di che piangere su noi stessi e di essere tristi e dolenti.

f) Un avvocato. Siamo chiamati a cessare dalla nostra irresponsabile ed "allegra" faciloneria al nostro riguardo per poter andare da Colui che solo ci potrà consolare, ripulire e risanare, il Signore Gesù Cristo, valente "avvocato" per la nostra condizione esistenziale, del quale è scritto: "Se diciamo di essere senza peccato, inganniamo noi stessi e la verità non è in noi. Se confessiamo i nostri peccati, Egli è fedele e giusto da perdonarci i peccati e purificarci da ogni iniquità... Noi abbiamo un avvocato presso il Padre, Gesù Cristo, il giusto. Egli è l’espiazione per i nostri peccati, e non solo per i nostri, ma anche per quelli di tutto il mondo" (1 Gv. 1:8-2:2).

3) Terzo passo: avvicinarci a Dio

Dopo l’atto di sottomissione e la confessione allora abbiamo la gioia ed il privilegio di fare il nostro terzo passo: avvicinarci a Dio con fiducia, consapevoli della Sua accoglienza. Ora non sarà più per noi un severo ed inflessibile Giudice, ma accompagnati dal Salvatore Gesù Cristo che per noi ha pagato il prezzo della nostra accoglienza presso Dio, saremo accolti con gioia come figli che, seppure un tempo ribelli, ora ritornano presso il Padre che li accoglie e li perdona. "Avvicinatevi a Dio, ed egli si avvicinerà a voi", dice il nostro testo.

Avvicinatevi con fiducia perché, dice la Scrittura riferendosi a Gesù: "Egli può salvare appieno coloro che, per mezzo suo si accostano a Dio, vivendo egli sempre per intercedere per loro" (Eb. 7:25).

Avvicinatevi a Dio ed Egli, come il padre del figliol prodigo, si avvicinerà a voi, manifestandovi la Sua grazia ed il Suo favore. Presso di Lui potrete trovare la pace che sorge dall’amorevole abbraccio di chi vi perdona e vi protegge, la pulizia di Colui di fronte alla cui santità nulla di sporco e di impuro può sussistere.

Se farete così il nemico di Dio e di ogni cosa buona, il nemico della vostra pace e della vostra pulizia interiore, il diavolo, non potrà che "fuggire da voi", come fuggirà da voi tutto ciò che vi turba e vi preoccupa.

III: Epilogo: come conservare questa pace

1) Coltivare la nostra comunione con il Signore. Non dobbiamo dunque necessariamente andare in un convento per trovare Dio e la pace e la pulizia di cui abbiamo bisogno. Possiamo farlo nel segreto della nostra camera, o durante una passeggiata solitaria nei boschi. Qualcuno però si domanderà: come fare per conservare questa pace e questa pulizia nelle lotte e nelle contraddizioni della vita quotidiana nel mondo? Com’è possibile conservare una mente pulita in un mondo così sporco? Fuggirne, l’abbiamo visto, non è cero la risposta, e allora? Il Nuovo Testamento offre risposte molto precise a questa domanda, e se i primi cristiani non si erano ritirati dal mondo, ma avevano voluto vivere la loro vita di fede nel mondo, essi questa risposta l’avevano compresa e vissuta. Per conservare però questa comunione con Dio e questa pulizia interiore è necessario:

1) Continuare a focalizzare sempre il nostro sguardo su Cristo: "Tenendo gli occhi su Gesù..." (Eb. 12:2). Egli è il nostro modello ed esempio.

2) Avendo la precisa determinazione di conformare a Dio la nostra mente, il nostro modo di pensare: "E non vi conformate a questo mondo, ma siate trasformati mediante il rinnovamento della vostra mente" (Ro. 12:2).

3) Coltivare una mente incentrata su ciò che Dio gradisce: "tutte le cose che sono veraci, tutte le cose che sono oneste, tutte le cose che sono giuste, tutte le cose che sono pure, tutte le cose che sono amabili, tutte le cose che sono di buona fama, se vi è qualche virtù e se vi è qualche lode, pensate a queste cose" (Fl. 4:8). "Abbiate in mente le cose di lassù, non quelle che sono sulla terra" (Cl. 4:2).

Si, il segreto per conservare la nostra pace interiore e la nostra pulizia morale e spirituale è focalizzare la nostra vita sulla meravigliosa persona del Salvatore Gesù Cristo. Imparare a pensare a ciò che Dio ama.... tenere i nostri occhi su Gesù... rammentando a noi stessi come Gesù sarebbe vissuto, momento dopo momento, è il solo modo per vivere vite pure in un mondo sporco. Significa perseverare testimoniando con determinazione e coerenza lo "stile" del Signore Gesù... Non dico che sia facile, ma è una risposta costruttiva e soddisfacente. Con ogni azione, reazione, ed atteggiamento, la questione dominante deve essere: "E’ questo il modo in cui il Signore Gesù vorrebbe che io pensassi, sentissi e mi comportassi?".

2) "Nutrirci regolarmente" di Lui. Per poter fare questo, naturalmente, e necessario "frequentare" il Signore Gesù regolarmente. Come per vivere abbiamo bisogno di mangiare regolarmente due volte al giorno, così per conservare la nostra vita spirituale abbiamo bisogno di nutrirla regolarmente incontrandoci con il Signore nella preghiera personale e comunitaria, studiando la Parola di Dio ed applicandola da soli ed insieme ai nostri fratelli e sorelle in fede; partecipando regolarmente al culto domenicale della nostra comunità cristiana. Come per partecipare a gare sportive abbiamo bisogno di allenare regolarmente il nostro corpo, così non dobbiamo mancare mai di "tenere regolarmente in esercizio" la nostra anima. Può succedere di dire: oggi non ho tempo di mangiare perché sono troppo impegnato, ma non lo possiamo dire spesso senza indebolirci e rovinare la nostra salute. Può succedere talora di "saltare" per qualche motivo allenamenti ginnici. Farlo però spesso significa pregiudicare le nostre prestazioni fisiche. Possiamo permetterci di non "allenare la nostra anima" regolarmente con i mezzi di grazia che il Signore mette a nostra disposizione, come la preghiera, lo studio biblico, il culto, senza rovinare la nostra salute spirituale? Certo no. La diligenza nel nostro rapporto con il Signore, nel modo e con i mezzi che Egli ha stabilito, non solo dà gloria a Dio, ma corrisponde pure ai nostri interessi ultimi.

Che il Signore ci benedica nella nostra determinazione non solo a trovare nel Signore la pace e la pulizia che cerchiamo nel tumulto e nella sporcizia di questo mondo, ma pure a conservare queste benedizioni attraverso il nostro impegno a non allontanarci mai da Lui, fonte della nostra vita più vera.

[Paolo Castellina. Tutte le citazioni bibliche, salvo diversamente indicato, sono tratte dalla versione "Nuova Diodati", ediz. La buona Novella, Brindisi, 1991].

---

index.html