Servizio di culto per Domenica 7 Novembre 2021 – ventiquattresima domenica dopo Pentecoste
Letture bibliche: Salmo 127; Rut 3:1-5; 4:13-17; Ebrei 9:24-28; Marco 12:38-44
Culto senza predicazione
Solo predicazione
Culto completo con predicazione
Da sempre, in ogni cultura, coloro che occupano nella società un ruolo di particolare importanza, si distinguono dall’abito che portano, diverso da quello comune, particolarmente in occasioni cerimoniali. Di forte valore simbolico, questi abiti particolari caratterizzano i capi delle nazioni come re e regine, o chi, come i sacerdoti o i profeti, assumono il ruolo di mediatori fra il popolo e la divinità (sono chiamati paramenti sacri, o liturgici). Spesso molto elaborati, questi abiti sono volti non solo a comunicare un messaggio particolare, ma anche ad impressionare ed incutere timore e rispetto. Le Sacre Scritture ebraiche si dilungano molto nello spiegare il simbolismo dell’abito dei sacerdoti d’Israele prescritto per lo svolgimento delle loro funzioni.
A tutto questo, però, era estraneo il movimento cristiano originale che, essenzialmente laico, non solo non occupava posizioni di potere politico o religioso secondo i canoni di questo mondo, ma, come è evidente dall’insegnamento di Gesù e dei Suoi apostoli, portava avanti una serrata critica degli abusi operati dalle istituzioni. Troviamo questo nel testo dei vangeli che esaminiamo quest’oggi, dove Gesù colpisce l’ostentazione e l’ipocrisia dell’élite religiosa e politica del Suo tempo. Pavoneggiandosi con abiti e comportamenti non ordinari, con la loro ipocrisia si rendevano in gran parte colpevoli di gravi e sfrontate ingiustizie. Gesù li contrappone all’esempio di persone umili e sincere come la povera vedova che compare nella seconda parte di questo racconto, che i primi avrebbero non solo disprezzato, ma sfruttato senza scrupolo. Ascoltiamolo.
Il testo
“E diceva nel suo insegnamento: Guardatevi dagli scribi, i quali amano passeggiare in lunghe vesti, ed esser salutati nelle piazze, ed avere i primi seggi nelle sinagoghe e i primi posti ne’ conviti; essi che divorano le case delle vedove, e fanno per apparenza lunghe orazioni. Costoro riceveranno una maggior condanna. E postosi a sedere dirimpetto alla cassa delle offerte, stava guardando come la gente gettava danaro nella cassa; e molti ricchi ne gettavano assai. E venuta una povera vedova, vi gettò due spiccioli che fanno un quarto di soldo. E Gesù, chiamati a sé i suoi discepoli, disse loro: In verità io vi dico che questa povera vedova ha gettato nella cassa delle offerte più di tutti gli altri; poiché tutti han gettato del loro superfluo; ma costei, del suo necessario, vi ha gettato tutto ciò che possedeva, tutto quanto aveva per vivere” (Marco 12:38-44).
Gesù è entrato a Gerusalemme tra il plauso delle folle (11:1-11). Ha scacciato i mercanti dal tempio (11:15-19) e ha concluso una serie di controversie con farisei, erodiani e scribi (11:27 – 12:37). Nel tempio Egli insegna al popolo, pur non avendo alcun requisito formale per farlo (12:35). La settimana che culminerà con la Sua sofferenza e morte è iniziata. Non resta che quest’ultima occasione per insegnare ai discepoli importanti lezioni. La pericope che esaminiamo questa settimana si compone di due racconti complementari legati tra loro dalla menzione delle vedove. Essi mettono in contrasto l’orgoglio e l’avidità dell’élite religiosa con l’umiltà e la generosità di una vedova.
Gli abusi delle élite
“Nel suo insegnamento”. Gesù sta parlando a una grande folla nel tempio. Gli scribi ne sarebbero ufficialmente i maestri, ma Gesù dice alla gente la verità su questi presunti maestri che si fanno scudo della loro “ufficialità”. “Guardatevi dagli scribi”. Gesù si riferisce a uomini a cui era stata affidata la leadership religiosa, ma che avevano trasformato le loro posizioni di fiducia in sinecure egoistiche (lavori che richiedevano poco lavoro ma ben pagati). Si concentravano su ciò che potevano ottenere piuttosto che su ciò che potevano dare. Le loro lunghe vesti, costose e poco pratiche per il lavoro manuale, come indumenti della festa, li identificavano come professionisti della religione. Gli scribi apprezzavano gli onori pubblici che accompagnavano le loro posizioni. Nella pubblica piazza, la gente si alzava rispettosamente in piedi quando essi si avvicinavano. Nella sinagoga, gli scribi sedevano nei posti d’onore sul palco di fronte alla comunità, osservando, ma soprattutto, essendo osservati. Queste sono tentazioni per ogni tempo. A chi non piace il trattamento da tappeto rosso? A chi non piace indossare abiti finemente sartoriali? A chi non piace essere chiamato con un titolo onorifico? Tutti questi possono essere cose innocenti o corrosive, a seconda di come influenzano i nostri rapporti con gli altri.
Non dovremmo presumere, certo, che tutti gli scribi fossero da condannare. Gesù aveva appena avuto una conversazione con uno scriba che aveva dichiarato non lontano dal regno di Dio (12:34). Le persone che ricoprono posizioni onorate spesso servono con onore, ma anche persone disonorevoli ambiscono a tali posizioni e possono prevalere.
Tutto questo sfoggio era indubbiamente estraneo al movimento cristiano originale. Il contrario era raccomandato: al cristiano e al ministro cristiano Gesù dice: “I vostri fianchi siano cinti, e le vostre lampade accese” (Luca 12:35), cioè, se avete vesti lunghe, tiratele su, legatevele alla vita, affinché non vi siano d’ingombro, d’inciampo, quando …dovrete rapidamente fuggire, tanto comune era per i cristiani, più che l’onore, la persecuzione! “Fianchi cinti”, o “cingersi i lombi” diventa così espressione per indicare “prontezza per l’azione”…non c’è tempo né luogo per “cerimonie”. I “paramenti sacri” diventano molto spesso “copertura” per la propria ambizione, vanità, falsa attribuzione. C’è oggi anche l’espressione: “andare sotto mentite spoglie” ed anche il proverbio italiano: “l’abito non fa il monaco”. Nell’attaccare l’untuosa ipocrisia degli scribi, Gesù mette in guardia il Suo uditorio, noi compresi, contro lo sfoggiare un’importanza che non si ha, vantare quel che non si è, aspirare all’applauso degli altri, l’atteggiamento di chi dice o mostra: “Guarda quanto sono importante”, quindi: “…mi devi rispetto, onore, ubbidienza”, “qui comando io”… Soprattutto quando non ne abbiamo titolo o comunque la cosa non corrisponde alla realtà.
Gesù insegnava ai discepoli che se uno vuole essere il primo, deve essere l’ultimo di tutti e il servo di tutti; e anche “il Figliuol dell’uomo non è venuto per esser servito, ma per servire, e per dar la vita sua come prezzo di riscatto per molti”. La Sua vita contrastava drammaticamente con quella degli scribi che denunciava. A differenza di loro, Gesù si vestiva con modestia e serviva i bisogni delle persone umili lungo il cammino. Avverte un aspirante seguace: “Le volpi hanno delle tane e gli uccelli del cielo dei nidi, ma il Figliuol dell’uomo non ha dove posare il capo” (Matteo 8:20).
Di che cosa li accusa Gesù? “…essi che divorano le case delle vedove, e fanno per apparenza lunghe orazioni” (v. 40a). Le vedove erano particolarmente vulnerabili in una società patriarcale. Gli scribi agivano sia come avvocati che come teologi, assistendo le persone negli affari finanziari e spirituali. In alcuni casi, gestivano effettivamente i soldi della gente per loro. Sebbene agli scribi non fosse permesso farsi pagare per i loro servizi, nulla vietava loro di sollecitare contributi per il loro sostegno personale. Le loro lunghe preghiere davano loro una reputazione di pietà, il che rendeva loro facile approfittare di persone non sofisticate. Lo storico antico Giuseppe Flavio riferisce di comportamenti scioccanti da parte di alcuni leader religiosi, alcuni dei quali usavano scagnozzi per estorcere fondi ai sacerdoti subordinati. Riferisce anche che nel 66 d.C., i ribelli avevano appiccato fuoco alla casa del sommo sacerdote, in parte, per distruggere i registri dei debiti.
Gesù non aveva dubbi che “Costoro riceveranno una maggior condanna” (v. 40b). La loro colpa è moltiplicata per la loro posizione di fiducia. Quando falliscono come amministratori, Dio li riterrà responsabili. In un altro contesto, Gesù disse: “…a chi molto è stato dato, molto sarà ridomandato; e a chi molto è stato affidato, tanto più si richiederà” (Luca 12,48b).
Questi stessi peccati stavano probabilmente cominciando ad emergere nella chiesa del tempo di Marco. Alcuni dirigenti della chiesa erano sempre più interessati al privilegio personale che al servizio fedele. I cristiani, in effetti, sono di fronte ad un dilemma. Quand’è che gli edifici belli e i paramenti costosi (“a gloria di Dio”, si dice) smettono di glorificare Dio e iniziano a glorificare il clero e la comunità che ne fa uso? Non è una questione che può essere giudicata dal costo degli edifici o dei paramenti, ma è un segreto nascosto nei nostri cuori che Dio vede! Non lo possiamo ingannare con l’esteriorità.
La custodia della vita delle persone vulnerabili, poi, è un problema, non solo per sinagoghe e chiese, ma per tutti. Infatti, i dirigenti aziendali sono tentati di trattare clienti e dipendenti come ingranaggi di una macchina per fare soldi. I funzionari governativi sono tentati di vendere politiche e privilegi per contributi a campagne o favori personali. Gli insegnanti sono tentati di mettere gli stipendi e le condizioni di lavoro al di sopra degli studenti. I meccanici sono tentati di consigliare riparazioni non necessarie. Non è necessario essere ricchi o potenti, però, per vittimizzare le persone vulnerabili, e non sono solo le persone in fondo a essere vulnerabili. Un malversatore vittimizza il suo datore di lavoro. Una persona che accusa falsamente un supervisore di discriminazione o molestie sessuali diventa lui il molestatore. In queste situazioni, il datore di lavoro o il supervisore può essere vulnerabile, pericolosamente vulnerabile, proprio come una vedova è vulnerabile. È possibile per quasi tutti noi ferire persone vulnerabili.
La generosità di una vedova
In contrasto a tutto questo ecco l’esempio di una povera vedova. Gesù “postosi a sedere dirimpetto alla cassa delle offerte, stava guardando come la gente gettava danaro nella cassa”. Nel Cortile delle Donne, lungo la parete, vi erano tredici grandi recipienti metallici a forma di tromba per ricevere offerte per vari scopi. Le persone che potrebbero non donare per spirito di generosità erano tentate di farlo per essere notate da altre persone.
“…molti ricchi ne gettavano assai” (v. 41b). I recipienti erano in bella vista e il loro tintinnio pubblicizzava le dimensioni delle singole offerte. Il donatore era tentato di considerare il suono che facevano le sue offerte. Sarebbero più impressionanti alcuni rumori forti o una pioggia prolungata di piccoli tintinnii? L’uso di assegni, banconote e buste per le offerte ha rimosso questa particolare tentazione dalle offerte della chiesa di oggi, ma la tentazione rimane in altri luoghi. Molte sostanziali donazioni vengono fatte, almeno in parte, per il loro valore di pubbliche relazioni. Gesù diceva che tali donatori hanno già ricevuto la loro ricompensa (Matteo 6:1-2).
“E venuta una povera vedova, vi gettò due spiccioli che fanno un quarto di soldo” (due monetine di bronzo che valevano poco). A quanto potrebbero oggi ammontare? Forse a circa il dieci percento della paga oraria di un lavoratore. Erano troppo piccole per sostenere a lungo la donna, ma abbastanza grandi per essere importanti: valevano forse un pasto modesto. Erano piccole monete che facevano a malapena un suono mentre venivano fatte cadere nei recipienti di metallo. Solo Gesù aveva notato due piccoli tintinnii e ne comprende il significato.
“Gesù, chiamati a sé i suoi discepoli, disse loro… (v. 43a) – questa formula familiare annuncia un insegnamento importante. “In verità io vi dico che questa povera vedova ha gettato nella cassa delle offerte più di tutti gli altri” (v .43b-44). Gesù non condannava qui i grandi doni dei ricchi, ma dice che l’offerta di questa donna era ancora più grande. Basa il suo calcolo, non su ciò che lei dà, ma su ciò che le rimane. Gesù sa quanto sarebbe più facile per la vedova dare una moneta, o nessuno, piuttosto che entrambe le monete.
L’approccio di questa vedova era diverso da quello dei ricchi. Le persone ricche calcolano le percentuali e lasciano che fosse il loro bilancio a dettare le loro donazioni. Erano bravi a ottenere qualcosa in cambio e lo consideravano nella loro benevolenza. In alcuni casi, il valore delle pubbliche relazioni avrebbe dato al donatore un profitto maggiore del costo della donazione. È solo “buona amministrazione”. Non c’è motivo di sentirsi in colpa per aver aiutato una buona causa, ottenendo un solido ritorno sull’investimento. Ma non c’era niente di calcolatore nel dono di questa vedova di due monetine. Non ha avuto un momento d’indecisione. Non aveva calcolato le percentuali. Non aveva controllato il suo bilancio. Non aveva chiesto cosa avrebbe ottenuto in cambio. Aveva solo due monete e le getta entrambe nel tesoro, probabilmente sentendosi dispiaciuta di non poter dare di più. Mentre i ricchi «avevano gettato del loro superfluo; … costei, del suo necessario, vi ha gettato tutto ciò che possedeva, tutto quanto aveva per vivere» (v. 44). Le parole di Gesù nei versetti 43-44 sono chiaramente parole di lode. Sebbene possa essere interiormente costernato alla prospettiva che i capi religiosi abusino dell’offerta di questa donna, ammira la sua fede in Dio e il suo dono sacrificale. Il suo dono ci ricorda la vedova di Sarepta, che diede l’ultimo cibo al profeta Elia, e che fu ricompensata da Dio con una brocca di farina che non fu vuotata e una brocca d’olio che non sarebbe venuto a mancare (1 Re 17 :8-16). Gesù misura il dono della vedova, in base non all’importo che ha dato, ma all’importo che ha trattenuto per il proprio uso: niente.
Questa non è una storia d’esempio nel senso che Gesù ci dice di andare e fare altrettanto. Non pretende che lasciamo cadere fino all’ultimo centesimo nel piatto delle offerte. Tuttavia, dovremmo ascoltare attentamente per accertare la chiamata specifica di Cristo per quanto riguarda l’amministrazione. Chiaramente non basta dare a Dio un po’ di ciò che rimane dopo che abbiamo pagato le bollette. Cristo si aspetta che mettiamo Dio al primo posto, non all’ultimo. Oggi si dibatte sulla necessità o meno della “decima”, ma la cosa più importante qui è che dobbiamo dare in silenzio, senza far suonare la fanfara quando lo facciamo. Presto Marco racconterà la storia della donna che unge il capo di Gesù con un unguento prezioso (14,3-9). Gesù difenderà il suo dono prodigo. Collegherà l’unzione con la sua prossima morte e benedirà la donna generosa (14,8-9). Anche se Gesù non dice che la gente ricorderà questa vedova per sempre, la sua storia viene raccontata in tutto il mondo oggi. Il suo esempio benedirà le persone fino alla fine dei tempi. Le sue due monetine mostrano che anche i poveri possono onorare Dio con i loro doni e che Dio giudica l’offerta, non dalla dimensione del dono, ma dal cuore della persona.
Conclusione
Il mondo ama il potere e l’apparenza e tanti non si fanno scrupolo alcuno di sfruttare la religione per le loro ambizioni personali. Entrano a far parte d’istituzioni religiose ed aspirano a primeggiare. Una volta arrivati al potere si pavoneggiano nei loro abiti talari come segno del loro successo mondano. La gente e Dio stesso sono solo dei mezzi per raggiungere il loro fine espresso o nascosto. Non importa loro della gente ed è in dubbio se credano veramente in Dio. L’apostolo Paolo pure ci mette in guardia da “uomini corrotti di mente e privati della verità, i quali stimano la pietà esser fonte di guadagno” (1 Timoteo 6:5). Gesù stesso e gli apostoli continuano a metterci in guardia dall’istituzionalizzare il movimento cristiano tanto da renderlo simile a strutture di potere che inevitabilmente attireranno persone ambiziose e false. Il movimento cristiano autentico è una perenne istanza critica delle strutture di potere. Esso forma persone sinceramente devote a Dio ed al servizio del prossimo disposte a dare tutto sé stessi senza nulla risparmiare per amore – come quella povera vedova e, soprattutto, come Cristo stesso: “Poiché anche il Figliuol dell’uomo non è venuto per esser servito, ma per servire, e per dar la vita sua come prezzo di riscatto per molti” (Marco 10:45).
Paolo Castellina, 31 ottobre 2021
Introduzione alle letture
Letture bibliche: Salmo 127; Rut 3:1-5; 4:13-17; Ebrei 9:24-28; Marco 12:38-44
Quante umane iniziative, fatte sia con intenzioni buone che cattive, falliscono miseramente! Possono durare per un po’, ma poi fondono come neve al sole. Perché? Perché, come dice il Salmo 127: “Se l’Eterno non edifica la casa, invano vi si affaticano gli edificatori”. Dio è sovrano e sono i Suoi piani quelli che prevarranno. Saggio è chi cerca la Sua volontà, cerca di comprendere i Suoi eterni propositi e vi si conforma. E’ l’esperienza di Ruth, la moabita, la cui storia prosegue nella nostra seconda lettura. Abbandonando i falsi déi del suo popolo ed investendo tutta la sua vita nel Dio vero e vivente, il Dio d’Israele, si è inserita nella Sua storia e sarebbe diventata l’antenata del grande re Davide. Anche la pratica dei sacrifici non sarebbe stata duratura, ma solo temporanea. Essi, infatti, dovevano prefigurare il sacrificio redentore del Cristo, compiuto una volta per sempre, per provvedere, secondo gli eterni propositi di Dio, eterna salvezza dalla maledizione del peccato e riconciliazione autentica con Dio. Di questo ci parla la nostra terza lettura, tratta dall’epistola agli Ebrei. La futilità ed ipocrisia della pretenziosa élite politico-religiosa è, infine, quella che il Signore Gesù condanna nella nostra quarta lettura, dal vangelo secondo Marco. Ciò che più conta agli occhi di Dio è l’umile fede e dedizione di una povera vedova, insignificante e disprezzata agli occhi del mondo. Sarà inserita con tutti gli onori nella storia di Dio: l’unica che prevarrà ed andrà a certo compimento. L’appello di queste letture è dunque: Inseritevi nella storia di Dio e non scomparirete nella futilità e nel nulla!
Musiche usate in questo programma
- Prelude, op. 31, n. 19 – Priére du Matin (C V Alkan) Laurent Martin
- Destati o popolo dei santi (IC 5) – Corale valdese
- Luce del mondo (Figli del divino amore)
- Per la vita (Figli del divino amore)
- Healing Song (Jim Valley)
- Cantico delle quattro notti (Comunità di Bose)
- Prelude and fugue in G Minor WOo10 – allegro di Molto (Johannes Brahms) – Daniel Moult