Una confessione che parte dal cuore (Romani 10:9-10)

Domenica 13 Agosto 2023 – Undicesima domenica dopo Pentecoste

[Culto abbreviato con predicazione, 35′ 41″]

Una questione di cuore

È importante, a chi ci domanda ragione della nostra fede in Cristo Gesù, offrire ragionate e documentate spiegazioni della sua verità ed efficacia [1]: questo ci è prescritto ed esemplificato nelle stesse Sacre Scritture. Possono essere testimonianze personali, documentazione storica, prove e ragionamenti atti a persuadere. Ci si domanda, però: Basta tutto questo per portare una persona ad affidarsi fiduciosamente a Cristo come proprio Signore e Salvatore? La risposta è: No, perché la fede in Cristo è soprattutto “una questione di cuore”. In che senso? E’ “una questione di cuore” perché non si tratta di qualcosa che si basi solo su una persuasione intellettuale, della mente, quella che risulta dopo aver considerato fatti e dottrine, ma qualcosa di molto più profondo che avviene quando sovranamente lo Spirito di Dio “tocca il cuore” di una persona – questo può avvenire talvolta istantaneamente, ma più frequentemente avviene dopo un periodo di tempo più o meno lungo di quella che potremmo chiamare la “frequentazione” della persona di Gesù.

Nel vangelo secondo Giovanni, al capitolo 11, troviamo il racconto che ci parla di Gesù che riporta alla vita Lazzaro, deceduto dopo una malattia. Con Lazzaro e le sue due sorelle, Marta e Maria, Gesù aveva stabilito un durevole rapporto di simpatia ed amicizia simile a quello instaurato con lo stesso Giovanni, definito più volte come “quello che Gesù amava” [2] – e questo non può che produrre “risultati” di particolare efficacia. Si trattava di un solido rapporto di fiducia con Gesù che troviamo talvolta mancare in altri suoi discepoli, ma che avrebbero col tempo essi pure acquisito. Esemplare a questo riguardo l’episodio del vangelo dove Gesù aveva raggiunto miracolosamente i suoi discepoli camminando sull’acqua del lago. Così troviamo scritto: “E Pietro gli rispose: ‘Signore, se sei tu, comandami di venire a te sulle acque’. Ed egli disse: ‘Vieni!’. E Pietro, smontato dalla barca, camminò sulle acque e andò verso Gesù. Ma, vedendo il vento, ebbe paura e, cominciando a sommergersi, gridò: ‘Signore, salvami!’. E Gesù, stesa subito la mano, lo afferrò e gli disse: “O uomo di poca fede, perché hai dubitato?” (Matteo 14:28-31).

Fidarsi completamente di Gesù era pure qualcosa che altri, che ancora non lo conoscevano bene, avrebbero imparato – come nel caso di quel padre che aveva chiesto a Gesù di liberare suo figlio da un’oppressione demoniaca. In quel caso, “Gesù domandò al padre: ‘Da quanto tempo gli avviene questo?’. Ed egli disse: ‘Dalla sua infanzia (…) se puoi qualcosa, abbi pietà di noi e aiutaci”. E Gesù: ‘Dici: ‘Se puoi’?! Ogni cosa è possibile a chi crede’” (Marco 9:20-23).

Un rapporto di piena fiducia, una fede “dal cuore”, avrebbe sfidato anche l’umanamente impossibile. Marta, come ho già menzionato, era legata a Gesù da una solida amicizia. Suo fratello Lazzaro era morto. “Gesù le disse: “Tuo fratello risusciterà”. Marta gli disse: “Lo so che risusciterà, nella risurrezione, nell’ultimo giorno”. Gesù le disse: “Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà e chiunque vive e crede in me, non morirà mai. Credi tu questo?”. Ella gli disse: ‘Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio che doveva venire nel mondo’” (Giovanni 11:23-27). Marta esprime la confessione della sua fede in Gesù apertamente, lo fa, potremmo dire, con la bocca, ma tale confessione di fede sorgeva dal suo cuore, dall’amore che aveva per Gesù – questo l’aveva spinta a dare a Gesù completa fiducia. Sta proprio qui il senso ultimo dell’efficacia salvifica della fede in Gesù: la fede basata su un rapporto diretto e continuato con lui che coinvolge anche “il cuore”.

È proprio per questo che l’apostolo Paolo, scrivendo ai cristiani di Roma, dice:

“…perché, se con la bocca avrai confessato Gesù come Signore e avrai creduto con il cuore che Dio lo ha risuscitato dai morti, sarai salvato; infatti con il cuore si crede per ottenere la giustizia e con la bocca si fa confessione per essere salvati” (Romani 10:9-10).

C’è chi crede solo con la bocca 

La fede salvifica, afferma l’Apostolo, è dunque “credere con il cuore” e questa fede porta a confessare pubblicamente “con la bocca” l’adesione di tutto noi stessi a Gesù come nostro Signore e Salvatore.

Vero è che ci sono persone che dicono “con la bocca” di credere a Gesù, ma non hanno mai fatto l’esperienza dell’autentica trasformazione interiore operata in loro dallo Spirito Santo di Dio che ha re-orientato tutta la loro vita verso Dio. Quello, infatti, è il risultato dell’accogliere efficacemente l’Evangelo, l’opera di Cristo che riconcilia una persona con Dio ponendola in effettivo rapporto con Lui. Chi confessa la sua fede solo “con la bocca” indossa solo una maschera, la maschera dell’ipocrisia, come fanno spesso gli attori che in un film impersonano credenti o persino Gesù stesso, senza effettivamente credere in Lui, cioè vivere in comunione di fiducia ed ubbidienza a Lui. Questa ipocrisia non potrà in alcun modo salvarli dalle conseguenze eterne dei loro peccati. Dove sta, infatti, il loro cuore? Non veramente con Cristo. Certo noi non possiamo sempre giudicare la loro effettiva condizione, ma l’ammonimento che fa loro la Parola di Dio rimane. Inoltre, una vera fede si vede dai frutti che produce! Gesù disse: “Voi li riconoscerete dai loro frutti. Si coglie forse uva dalle spine, o fichi dai rovi?” (Matteo 7:16).

Come diceva il profeta Isaia, trasmettendo i sentimenti di Dio stesso: “Tutto il capo è malato, tutto il cuore è languente. Dalla pianta del piede fino alla testa non c’è nulla di sano in esso: non ci sono che ferite, contusioni, piaghe aperte, che non sono state ripulite, né fasciate, né lenite (…). Quando venite a presentarvi davanti a me, chi vi ha chiesto di calpestare i miei cortili? (…) Quando stendete le mani, io distolgo gli occhi da voi; anche quando moltiplicate le preghiere, io non ascolto; le vostre mani sono piene di sangue. Lavatevi, purificatevi, togliete davanti ai miei occhi la malvagità delle vostre azioni; smettete di fare il male” (Isaia 1:5-16).

Affermare di credere senza il coinvolgimento del cuore non basta e non salva. Come dice l’apostolo Giacomo: “Tu credi che c’è un solo Dio, e fai bene; anche i demoni lo credono e tremano” (Giacomo 2:19). I demoni “credono”, ma hanno un cuore pieno d’odio verso Dio, il Cristo e il Suo popolo tanto da volere ostacolare e, se possibile, distruggere il Suo regno. È possibile che persino nelle chiese esistano di tali “credenti”. Dove sta veramente il loro cuore? Se potessimo leggervi dentro, che cosa scopriremmo? Non è raro che spesso pure ingannino sé stessi! Non per nulla i credenti anche più sinceri chiedano al Signore in preghiera, come faceva Davide: “Investigami, o Dio, e conosci il mio cuore. Provami e conosci i miei pensieri. Vedi se c’è in me qualche via iniqua e guidami per la via eterna” (Salmo 139:23-24).

La fede a cui fa riferimento l’apostolo Giacomo nella sua epistola è una credenza solo intellettuale di base sull’esistenza di Dio, ma non è una fede salvifica che porta alla redenzione. La fede che salva va oltre una semplice accettazione intellettuale della presenza di Dio e coinvolge un rapporto personale con Lui d’amore, riconoscenza e disponibilità al servirlo.  Questa fede “salvifica” è una fiducia fiduciosa e totale in Gesù Cristo come il loro Signore e Salvatore, riconoscendo che è attraverso la sua morte e risurrezione che si ottiene la salvezza e la remissione dei peccati – che devono essere confessati.

Fra l’altro, l’apostolo Giacomo, nel secondo capitolo della sua lettera continua il suo ragionamento dicendo che la fede vera è dimostrata attraverso opere conseguenti e conformi. Se la fede è genuina, essa porta a un cambiamento di vita e a un comportamento coerente con gli insegnamenti di Cristo. In altre parole, la vera fede si traduce in azione e amore verso Dio e gli altri.

Un cuore “da ammorbidire” 

È esperienza di molti cristiani, quando vogliono condividere la loro fede, quella di rendersi conto, con somma frustrazione, di quanto la maggior parte delle persone siano “impermeabili”, sfuggenti, e spesso ostili, all’annuncio dell’Evangelo. Quanti pregiudizi impediscono loro di accogliere il Salvatore Gesù Cristo, quante scuse di ogni genere vengono addotte pur di non accogliere l’Evangelo! Potremmo proporre loro ogni sorta di ragionamenti ed argomentazioni, ma raramente sembrano efficaci, anche i migliori e apparentemente i più persuasivi. Perché? Perché non necessariamente la loro mente, ma il loro cuore è lontano e ostile a Dio e a tutto quello che Lo riguarda. Più ancora, la Scrittura parla del cuore umano come di “un cuore di pietra”, un cuore indurito, “sclerotizzato”, insensibile a Dio, alla Sua Parola, alle Sue ammonizioni, ai Suoi appelli. L’apostolo Paolo scrive: “… seguendo la tua durezza e il tuo cuore impenitente, ti accumuli un tesoro d’ira per il giorno dell’ira e della rivelazione del giusto giudizio di Dio” (Romani 2:5).

Solo lo Spirito Santo di Dio può “ammorbidire” un cuore duro ed ostinato, anzi, operare in una persona “un trapianto di cuore”. Ne parla il profeta Ezechiele quando scrive: “Io darò loro uno stesso cuore, metterò dentro di loro un nuovo spirito, toglierò via dal loro corpo il cuore di pietra e darò loro un cuore di carne” (Ezechiele 11:19).

Vero, solo lo Spirito Santo di Dio può convertire una persona a Cristo. Il cristiano certo dovrà adoperarsi affinché più persone possibili odano l’Evangelo della salvezza in Cristo, facendolo nel modo più chiaro possibile e soprattutto in maniera fedele all’insegnamento e l’esempio degli apostoli come lo troviamo nel Nuovo Testamento. Dovrà però farlo pregando il Signore che attraverso il Suo Santo Spirito Egli tocchi il cuore delle persone a cui lo trasmette.

Nel libro degli Atti degli Apostoli questo è indicato chiaramente: “Nel giorno di sabato andammo fuori dalla porta, presso il fiume, dove supponevamo vi fosse un luogo di preghiera e, postici a sedere, parlavamo alle donne là radunate. Una certa donna di nome Lidia, commerciante di porpora, della città di Tiatiri, che temeva Dio, ci stava ad ascoltare; il Signore le aprì il cuore per renderla attenta alle cose dette da Paolo. Dopo che fu battezzata con la sua famiglia, ci pregò, dicendo: ‘Se mi avete giudicato fedele al Signore, entrate in casa mia e dimoratevi’ (Atti 16:13-15).

Solo “un terremoto” spirituale può portare una persona a credere autenticamente in Cristo. Vi si riferisce lo stesso capitolo 16 degli Atti degli apostoli quando parla della conversione del carceriere di Filippi: “Verso la mezzanotte Paolo e Sila, pregando, cantavano inni a Dio e i carcerati li ascoltavano. A un tratto ci fu un gran terremoto, la prigione fu scossa dalle fondamenta (…) Ed egli, chiesto un lume, saltò dentro e, tutto tremante, si gettò ai piedi di Paolo e di Sila; e disse: “Signori, cosa devo fare per essere salvato?”. Ed essi risposero: “Credi nel Signore Gesù e sarai salvato tu e la tua famiglia”. Poi annunciarono la parola del Signore a lui e a tutti quelli che erano in casa sua (…).  e subito fu battezzato lui con tutti i suoi. Poi li fece salire in casa sua, apparecchiò loro la tavola e giubilava con tutta la sua casa, perché aveva creduto in Dio” (Atti 16:25-34)

Una fede “in profondità” 

Dunque:“…perché, se con la bocca avrai confessato Gesù come Signore e avrai creduto con il cuore che Dio lo ha risuscitato dai morti, sarai salvato; infatti con il cuore si crede per ottenere la giustizia e con la bocca si fa confessione per essere salvati” (Romani 10:9-10). “Credere con il cuore” significa avere una fede profonda e sincera in Gesù Cristo come Signore e Salvatore personale e nella sua risurrezione dai morti. Non è solo una questione di assenso intellettuale o di aderire a credenze superficiali, ma un coinvolgimento emotivo e spirituale profondo. Credere con il cuore implica un atto di fiducia e abbandono di sé a Dio, accettando che Gesù è il Messia promesso e il mezzo di riconciliazione tra noi e Dio. Questa fede è essenziale per la salvezza e l’ottenimento della giustizia di Dio, che gli esseri umani non possono ottenere attraverso opere meritorie, ma solo tramite la grazia e la redenzione in Cristo Gesù. Questo tipo di fede va oltre l’aspetto intellettuale e coinvolge i sentimenti, gli affetti e le emozioni più profonde della persona. È una fede che influenza l’intero essere umano, anima e corpo, e può portare a un cambiamento radicale nella vita di una persona. Questa fede coinvolge un profondo rapporto personale con Dio, una fiducia totale in Lui e un’adesione affettiva ai suoi comandamenti e insegnamenti.

Tutti questi concetti biblici fin ora esposti ci mettono tutti in crisi. Crisi, però, vuol dire “scelta”. Come risponderemo ad essi? Se ne riconosciamo la verità siamo già sulla buona strada perché la misericordia di Dio è disponibile in Cristo. Gesù disse: “Tutto quello che il Padre mi dà, verrà a me e colui che viene a me, io non lo caccerò fuori” (Giovanni 6:37).

Paolo Castellina, 5 agosto 2023.

Note

[1] È il compito dell’apologetica: “… santificate Cristo come Signore nei vostri cuori, sempre pronti a rispondere a vostra difesa a chiunque vi domanda ragione della speranza che è in voi, ma con dolcezza e rispetto” (1 Pietro 3:15).

[2] Giovanni 11:5; 13:23; 19:26; 20:2; 21:27; 21:20.

Supplemento

La conversione, ovvero il cambiamento di cuore e di vita verso Dio, è opera divina e non merito umano. Il processo di conversione di solito segue alcune tappe fondamentali:

(1) Chiamata dello Spirito Santo: Lo Spirito Santo agisce nel cuore delle persone, convincendole riguardo al peccato, alla giustizia e al giudizio (Giovanni 16:8). Questa chiamata divina spinge le persone a riconoscere la loro necessità di Dio e la loro condizione peccaminosa.

(2) Fede: La conversione avviene quando la persona risponde con fede alla chiamata dello Spirito Santo. Credere in Gesù Cristo come Signore e Salvatore è un atto di fede che coinvolge sia la mente che il cuore (Romani 10:9-10).

(3) Ravvedimento (o pentimento): La conversione richiede anche il pentimento, ovvero il cambiamento di mente e di direzione rispetto al peccato. Questo implica un abbandono consapevole e una volontà di voltarsi verso Dio e seguire i suoi comandamenti.

(4) Grazia di Dio: La conversione è il risultato della grazia di Dio, ovvero il suo amore e la sua misericordia verso gli esseri umani nonostante il loro peccato. Non possiamo guadagnare o meritare la nostra salvezza, ma è un dono gratuito di Dio (Efesini 2:8-9).

(5) Rigenerazione: La conversione coinvolge anche la rigenerazione dello Spirito Santo, in cui la persona diventa una nuova creatura in Cristo (2 Corinzi 5:17). Questo processo interiore trasforma il cuore indurito in un cuore rinnovato e aperto a Dio.In sintesi, la conversione di un cuore indurito è un atto soprannaturale di Dio che opera attraverso lo Spirito Santo e la sua grazia. Richiede la risposta di fede, pentimento e un cambiamento di vita verso Dio. Il Nuovo Testamento insegna che la conversione è possibile per tutti coloro che rispondono alla chiamata di Dio e accettano il dono della salvezza attraverso Gesù Cristo.