(Culto completo con predicazione, 50′)
Domenica 8 gennaio 2023 – Battesimo di Gesù
Noi possiamo veramente vantare di avere un meraviglioso Salvatore, chi efficacemente ci salva dalle conseguenze temporali ed eterne dei nostri peccati. La nostra, infatti, non è una religione fatta di vuote cerimonie e da princìpi astratti in cui credere. Noi abbiamo una persona vivente con la quale rapportarci ogni giorno, Dio, che si è fatto uomo in Gesù di Nazareth.
Allo stesso modo, questo Gesù, del quale parliamo, non è per noi un personaggio del passato semplicemente da onorare: Gesù è una persona vivente che si è fatta presente nella nostra vita e che ci ha chiamato, per così dire, a camminare accanto a Lui, come faceva fisicamente con i Suoi primi discepoli nella terra di Israele.
Perché ci ha chiamato a Sé per accompagnarci a Lui? Forse perché ha trovato in noi delle qualità attraenti che ci rendevano degni di Lui? Forse perché eravamo bravi e meritevoli? No, tutt’altro! Non c’era nulla in noi che potesse attrarre il Suo sguardo, salvo la nostra miseria, la nostra debolezza, il nostro bisogno…
In questo si distingue il nostro meraviglioso Salvatore Gesù Cristo. Mentre il mondo valorizza chi è bello, forte, sano, intelligente, virtuoso, ricco, potente, importante, Iddio, in Cristo viene in soccorso e valorizza chi è brutto, debole, malato, intellettualmente limitato, sgradevole, povero, senza potere o importanza… proprio coloro che il mondo disprezza, ignora, emargina e vorrebbe eliminare.
Vi è un bellissimo testo dell’Antico Testamento che mette in rilievo proprio questo, presentandoci quello che potremmo definire un Re unico nel suo genere che, lasciando la sua reggia viene in mezzo a noi “in incognito” come un servo.
Nel libro del profeta Isaia, al capitolo 42, leggiamo:
“Ecco il mio servo, io lo sosterrò; il mio eletto di cui mi compiaccio; io ho messo il mio Spirito su di lui, egli insegnerà la giustizia alle nazioni. Egli non griderà, non alzerà la voce, non la farà udire per le strade. Non frantumerà la canna rotta e non spegnerà il lucignolo fumante; insegnerà la giustizia secondo verità. Egli non verrà meno e non si abbatterà finché abbia stabilito la giustizia sulla terra; e le isole aspetteranno fiduciose la sua legge”. Così parla Dio, l’Eterno, che ha creato i cieli e li ha spiegati, che ha disteso la terra con tutto quello che essa produce, che dà il respiro al popolo che c’è sopra e lo spirito a quelli che vi camminano. “Io, l’Eterno, ti ho chiamato secondo giustizia, ti prenderò per la mano, ti custodirò e farò di te l’alleanza del popolo, la luce delle nazioni, per aprire gli occhi dei ciechi, per far uscire dal carcere i prigionieri e dalle prigioni quelli che abitano nelle tenebre. Io sono l’Eterno; questo è il mio nome; io non darò la mia gloria a un altro, né la lode che mi appartiene agli idoli. Ecco, le cose di prima sono avvenute e io ve ne annuncio delle nuove; prima che germoglino, ve le rendo note” (Isaia 42:1-9).
La Sua discrezione
Ecco, dunque, un grande Re, il più grande. Egli, però, opera, potremmo dire, con grande discrezione e spesso in segreto. Non giunge facendosi annunciare da una chiassosa banda musicale, né viene gridando e vantando a gran voce la Sua autorità. Il testo, infatti, dice: “Egli non griderà, non alzerà la voce, non la farà udire per le strade”. Altri vengono nel nostro mondo facendo un gran rumore, come si dice, e molti vanno loro dietro, impressionati da tanta grandezza. Ciò che vantano, però, alla fine delude profondamente, perché non sono quello che dicono di essere e non mantengono quello che promettono.
Lo stesso Isaia, del Messia, di Gesù, dice: “Egli è cresciuto davanti a lui come un germoglio, come una radice che esce da un arido suolo; non aveva forma né bellezza da attirare i nostri sguardi, né apparenza da farcelo desiderare. Disprezzato e abbandonato dagli uomini, uomo di dolore, familiare con la sofferenza, pari a colui davanti al quale ciascuno si nasconde la faccia, era disprezzato, e noi non ne facemmo nessuna stima. Tuttavia, erano le nostre malattie che egli portava, erano i nostri dolori quelli di cui si era caricato, ma noi lo reputavamo colpito, percosso da Dio e umiliato!” (Isaia 53:2-4).
Il mondo non ne fa conto e ritiene che la sua discrezione, il suo “basso profilo” sia segno che valga poco o nulla. Per questo lo ignora e lo deride. Guardate, però, ciò che Egli promette.
Le Sue promesse
Gesù, il Signore, il Salvatore, viene a noi discretamente ed annuncia quel che farà, quel che sarà con noi il Suo “stile”. E’ straordinaria questa cascata di promesse nel nostro testo: “Non frantumerà… non spegnerà… manifesterà… non verrà meno”.
Questa serie di quattro promesse confermano come il popolo di Dio abbia un Re unico nel suo genere. La Sua unicità si manifesta nel modo in cui tratta ciò che la Scrittura qui chiama canne rotte e lucignoli f umanti, cioè gli stoppini dalla fiamma smorta, come pure nella giustizia che Egli, a suo tempo, stabilirà sulla terra.
Quanto spesso è vero che uomini e donne sono come canne rotte. Dio ha creato l’essere umano costituzionalmente vulnerabile, come le canne che crescono lungo i fiumi. La Scrittura così descrive la condizione umana: “I giorni dell’uomo sono come l’erba; egli fiorisce come il fiore del campo; se un vento gli passa sopra egli non è più, e il luogo dov’era non lo riconosce più” (Salmo 103:15,16).
Le canne non sono generalmente molto forti. Quando si spezzano rimangono là, cascanti e impotenti. E’ facile per una persona insensibile rompere del tutto una “canna rotta umana”, distruggendo così del tutto quella vita.
Gesù, un Re unico nel suo genere, però, non fa così. Egli ha considerazione per coloro la cui vita è spezzata e il mondo considera ormai “inservibili”: “Non frantumerà la canna rotta”. Il Signore Gesù può prendere quella canna rotta e trasformarla in un robusto albero spirituale.
Quanto spesso è vero chi è stato particolarmente colpito dalle circostanze della vita, diventa spiritualmente particolarmente forte ed esemplare! Non solo questo, ma promette che persino dopo la morte fisica di coloro che così gli sono affidati, Egli provvederà qualcosa di meglio: “Poiché in questa tenda noi gemiamo, bramando di essere rivestiti della nostra abitazione che è celeste, se pure saremo trovati vestiti e non nudi. Poiché noi che stiamo in questa tenda gemiamo, aggravati, e perciò desideriamo non già di essere spogliati, ma di essere rivestiti, affinché ciò che è mortale sia assorbito dalla vita. Ora colui che ci ha formati per questo è Dio, il quale ci ha dato la caparra dello Spirito” (2 Corinzi. 5:2-5).
Rammentate qual’è “il programma di governo” annunciato da questo Re? Lo stesso Isaia lo proclama e Gesù stesso lo riprende: “Lo Spirito del Signore, dell’Eterno, è su di me, perché l’Eterno mi ha unto per portare una buona notizia agli umili; mi ha inviato per fasciare quelli che hanno il cuore rotto, per proclamare la libertà a quelli che sono in schiavitù, l’apertura del carcere ai prigionieri, per proclamare l’anno di grazia dell’Eterno e il giorno di vendetta del nostro Dio; per consolare tutti quelli che fanno cordoglio; per mettere, per dare a quelli che fanno cordoglio in Sion, un diadema al posto di cenere, l’olio della gioia al posto del dolore, il mantello della lode al posto di uno spirito abbattuto, affinché siano chiamati querce di giustizia, la piantagione dell’Eterno per manifestare la sua gloria” (Isaia 61:1-3).
…verso i lucignoli fumanti
Altre volte uomini e donne sono come lucignoli fumanti, stoppini dalla fiamma smorta. Il fuoco spirituale della speranza che c’è in loro, o il loro zelo, vacilla, è tremolante e sta per spegnersi.
In questo mondo che vale chi è scoraggiato, debole, privo di energia? Nulla, eppure Cristo lo valorizza e gli viene in soccorso. Una persona rozza e senza scrupoli può spegnere la debole scintilla che rimane in lui. Ancora una volta, però, Gesù è unico nel suo genere. Egli vuole prendersi tenera cura di quello stoppino tremolante e dargli quel “carburante” che gli permetta di diventare una vivida fiamma spirituale.
Ricordate quei discepoli di Gesù delusi ed abbattuti che tornano a casa dopo la morte di Gesù? Stanno camminando sulla via che conduce ad Emmaus quando, dopo aver incontrato Gesù risorto, possono esclamare: “Non sentivamo forse ardere il cuore dentro di noi mentr’egli ci parlava per la via e ci spiegava le Scritture?” (Luca 24:32). Sì, la presenza di Gesù è tale da fornire anche alla persona più scoraggiata quella speranza e forza che permette loro, come quei discepoli sulla via di Emmaus, di tornare a Gerusalemme colmi di energia per condividere la trionfante missione della chiesa cristiana.
La Sua giustizia
Finalmente, l’unicità regale di Gesù sarà dimostrata quando Egli stabilirà completamente il Suo Regno sulla terra. Egli allora completerà la Sua opera. La Sua opera non comprende oggi che primizie. Oggi, diventando suoi discepoli, ci chiama a vivere come lui aveva fatto. La nostra cristiana testimonianza, però è sempre limitata, debole e spesso contradditoria. Allora, però, sarà completamente terminata.
Dopo che l’umanità, nonostante tutte le sue pretese, non avrà fatto altro che produrre sulla terra ingiustizia dopo ingiustizia, sarà Lui a stabilire vera giustizia per tutto il mondo: “Egli non verrà meno e non si abbatterà finché abbia stabilito la giustizia sulla terra”. Sì, Iddio non cesserà il Suo impegno fintanto che tutto non sia compiuto perfettamente. E’ la certezza del cristiano.
Vedete, allora, quale straordinario e meraviglioso Salvatore noi abbiamo in Gesù? La debolezza, la malattia e la morte, in Lui, non solo il limite estremo di un’esistenza priva di significato, ma sono da Lui trasformati come “trampolino di lancio” per una realtà completamente nuova. Di fronte alle avversità, il cristiano può allora affermare con l’apostolo Paolo: “Or sappiamo che tutte le cose cooperano al bene di quelli che amano Dio, i quali sono chiamati secondo il suo proposito” (Romani 8:28).
Vorrei concludere ora con una breve preghiera personale. Vorrei che essa diventasse pure quella di ciascuno di voi:
“Signore Gesù, io Ti onoro come il mio unico Re. Nessun altro che Te poteva prendersi cura del mio cuore quando esso era solo una canna rotta ed un lucignolo fumante. Nessun altro che Te potrai capovolgere le ingiustizie che io ho perpetrato e sopportato. Mi piego di fronte a Te, onorandoti con la mia fiducia ed ubbidienza, riconoscendoti come mio Salvatore e Re, e chiedendoti di farmi più simile a Te. Te lo chiedo nel Tuo nome. Amen”.
Paolo Castellina, 1/1/2023, da una predicazione del 02/07/2005.