Le chiese cristiane oggi sono in gran parte culturalmente subalterne all’establishment, non “profetiche” e strumenti di trasformazione della società come il Signore Gesù chiama ad essere i Suoi discepoli. “Chiese storiche” e “chiese libere” oggi si assomigliano un po’ tutte quanto a discorsi banali e sostanzialmente irrilevanti. Il termine “banale” i vocabolari lo definiscono come: privo di originalità, poco interessante, di poca importanza, convenzionale, privo di sorprese, significato ed interesse.
Quel che è peggio è che sono spesso compiacenti e succubi del potere, come se con esso avessero fatto un patto che così le neutralizza e le impedisce di esserne istanza critica. Se tale patto non hanno formalmente stipulato, spesso è implicito e si auspica così “la moderazione” per garantirsi la continuità della propria opera che, altrimenti, sentirebbe minacciata. Si tratta così per la maggior parte delle chiese di una questione di malintesa “convenienza”, per poter essere “lasciate in pace” a “fare le proprie cose”. Di fatto l’Apostolo ci esortava a pregare “per i re e per tutti quelli che sono in autorità, affinché possiamo menare una vita tranquilla e quieta, in ogni pietà e onestà” (1 Timoteo 2:2). Qui, però, si parla di pregare, non di stipulare “con i re e le autorità” dei “patti di non belligeranza”! E’ così che chiese ed opere cristiane badano bene a “non esporsi più di quel tanto”, e diventano dei “club religiosi” come tanti altri.
Dove sono apostoli come Paolo e Sila dei quali dicevano: “Costoro, che hanno messo sottosopra il mondo, sono venuti anche qui” (Atti 17:6)? Oggigiorno per trovare chiarezza di analisi e ardite proposte ed esempi bisogna rivolgersi a figure e realtà marginali del mondo cristiano. Appunto, persone e realtà marginalizzate dalle istituzioni religiose (grandi o piccole che siano), tanto che c’è da chiedersi se sia proprio l’istituzionalizzazione ad essere castrante per la fede cristiana e pure a dare ragione alla concezione “anarchica” del cristianesimo che, di fatto, risponde meglio alla sua funzione quando è movimento e non istituzione. Diventa così un dato inoppugnabile che quando la fede cristiana si istituzionalizza “il fuoco” dello Spirito Santo viene spento. Ci era stato infatti detto: “Non spegnete lo Spirito; non disprezzate le profezie” (1 Tessalonicesi 5:19-20).
Il “nocciolo della questione”, è la teologia errata che sottostà ad una malintesa “sottomissione alle autorità” e le cui origini risalgono fino alla soggezione costantiniana delle chiese al potere imperiale dell’antica Roma. Il potere politico aveva trovato infatti conveniente “cristianizzarsi” per neutralizzare le chiese quanto a istanza critica, da cui anche il conseguente adattamento dell’interpretazione biblica che così ne risulta adulterata. Questa non è altro che la “strategia alternativa” del potere alle persecuzioni. Essa è indubbiamente efficace, ieri ed oggi, non solo per le chiese romana e ortodossa orientale, ma anche per le chiese che si definiscono “libere”, “protestanti” e “non conformiste”, la cui effettiva libertà, protesta e anticonformismo spesso oggi rimane un aggettivo ormai privo di significato.
C’è infine da sottolineare come in molte chiese prevalga oggi la conseguente “cultura della legalità”, per la quale ogni eventuale appello alla disubbidienza civile suscita anatema e scandalo. Con essa si giustifica la sottomissione all’establishment, alle leggi vigenti e agli strumenti istituzionali della “democrazia”, non rendendosi conto (o convenientemente ignorando) che le leggi civili e i decreti dei governi sono spesso ingiusti ed iniqui e che sempre più spesso oggi la “democrazia” è una vuota formalità sempre più corrotta e neutralizzata dalla burocrazia e dall’asservimento ai potentati nazionali e sovranazionali. La “cultura della legalità” è una buona cosa, ma essa deve avere come suo esclusivo punto di riferimento la Legge rivelata di Dio, superiore a qualsiasi legge umana ed a qualunque regime, per quanto “democratico” dica di essere.
Alla Sua chiesa il Signore Gesù aveva detto chiaramente: “Voi siete il sale della terra; ora, se il sale diviene insipido, con che lo si salerà? Non è più buono a nulla se non ad esser gettato via e calpestato dagli uomini. Voi siete la luce del mondo; una città posta sopra un monte non può rimaner nascosta; e non si accende una lampada per metterla sotto il moggio; anzi la si mette sul candeliere ed ella fa lume a tutti quelli che sono in casa. Così risplenda la vostra luce nel cospetto degli uomini, affinché veggano le vostre buone opere e glorifichino il Padre vostro che è ne’ cieli” (Matteo 5:13-16).
Paolo Castellina, 6 ottobre 2021
Cultural subordination
Contemporary Christian churches are largely culturally subordinate to the establishment. They are not the ‘prophetic’ tools of transformation of society that the Lord Jesus called His disciples to be. Instead, historical churches and ‘free churches’ today all resemble each other in terms of banality and largely irrelevant communications. The term ‘banal’ is perfect. Vocabularies define ‘banal’ as: devoid of originality, uninteresting, of little importance, conventional, devoid of surprises, meaning and interest.
What is worse is that church are often complacent in being subjected to secular power, as if they had made a pact with it that neutralizes them and prevents them from being critical of it, in any way. If churches have not formally instituted this ‘pact’, it is often implicit. So ‘moderation’ is advised, in order to guarantee the continuity of their ‘work’ which, otherwise, would be threatened. Thus for most churches, it is a question of ‘convenience’ and expedience: their main purpose is to be ‘left alone’ to ‘do our own things’.
Of course, the Apostle exhorted us to pray “even for kings and all who are in authority, that we may lead a peaceful and quiet life in all godliness and dignity” (1 Timothy 2: 2). Here, however, we are called to pray for authorities. We are not called to enter into ‘non-belligerent mutual pacts’ with them. The result is that they soon become ‘religious clubs’ like so many others. They say “we should be careful not to say too much”. This is nothing else that refraining to tell “the whole counsel” of God.
Where are apostles like Paul and Silas today, of whom it could be said: “These people who have stirred up trouble throughout the world have come here too” (Acts 17: 6)? Today, to find clarity of analysis and courageous spirits, one must turn to marginal figures in the Christian world. Indeed, these are the people marginalized by religious institutions themselves (large and small), so much so that one wonders if it is precisely ‘institutionalisation’ that is castrating the Christian faith. This is why many say that an ‘anarchic’ model of Christianity is better, because it operates best when it is a movement and not an institution.
It has thus become an incontrovertible fact that when the Christian faith is institutionalised the fire of the Holy Spirit is extinguished. We are in fact told: “Do not extinguish the Spirit. Do not treat prophecies with contempt” (1 Thessalonians 5: 19-20).
At the heart of this issue is an the erroneous theology that commends a misunderstood ‘submission to the authorities’ whose origins date back to the Constantinian subjection of the churches to the Imperial power of ancient Rome. The secular and political powers had found it convenient to “christianise” the Empire while neutralising the churches in terms of their prophetic critique. Hence the consequent adaptation of the biblical interpretation which results in an adulterated and complacent views. This is nothing more than an alternative imperial strategy to gag, submit and neutralise the subversive traits of Christianity. It was undoubtedly effective and has continued to be, not only for the Catholic and Eastern Orthodox churches, but also for the churches that define themselves as ‘free’, ‘Protestant’ and ‘non-conformist’. Their effective ‘freedom’, ‘protest’ and ‘non-conformism’ is today just an adjective, devoid of meaning.
Finally, it should be emphasised that in many contemporary churches, this ‘culture of legality’ prevails and any appeal to positive civil disobedience arouses condemnation and anathema. This ideology justifies submission to the establishment, to (warped) laws in wider society and to institutional instruments of ‘democracy’. The churches do not grasp (or conveniently ignore) that civil laws and government decrees can become tyrranous, unjust and unfair and that today’s ‘democracy’ is often an empty formality increasingly corrupt and exploited by bureaucracy and by national and supranational potentates.
A ‘culture of legality’ is a good thing, but it must have as its exclusive point of reference the revealed law of God. This is superior to any human law and any regime, however ‘democratic’ it claims to be.
For to His church the Lord Jesus clearly said, “You are the salt of the earth. But if salt loses its flavour, how can it be made salty again? It is no longer good for anything except to be thrown out and trampled on by people! You are the light of the world. A city located on a hill cannot be hidden. People do not light a lamp and put it under a basket but on a lampstand, and it gives light to all in the house. In the same way, let your light shine before people, so that they can see your good deeds and give honour to your Father in heaven” (Matthew 5: 13-16).
Paolo Castellina, October the 6th, 2021