Siete “partiti per la tangente”? (1 Giovanni 5:1-6)

Domenica 9 Maggio 2021 – Sesta domenica di Pasqua
Letture bibliche: Salmo 98; Atti 10:44-48; 1 Giovanni 5:1-6; Giovanni 15:9-17.

Gli scritti del Nuovo Testamento costituiscono il cerchio, l’ambito autorevole e normativo che definisce il contenuto della fede cristiana. Da esso si sono allontanati, nel corso della storia, pretenziosi gruppi e movimenti che, proponendo dottrine devianti, hanno alterato la fede cristiana stabilita dagli apostoli di Cristo. Sulla base di presupposti estranei, essi sono “partiti per la tangente”. Già l’apostolo Giovanni, nel testo che studieremo oggi, intendeva contrastare queste tendenze che sempre ritornano, come sull’identità di Cristo e il concetto stesso di amore. Vediamo.

La tangente non è solo, nel linguaggio comune una somma in denaro data per corrompere un funzionario pubblico, ma è in primo luogo una figura geometrica che abbia con un’altra un solo punto in comune, come “retta tangente a una circonferenza”, che la tocca, la sfiora. Da questo deriva l’espressione, il modo di dire figurato: “partire per la tangente”, vale a dire quando, in un discorso o un ragionamento, qualcuno improvvisamente smette di seguire il filo logico complessivo e procede concentrandosi unicamente su uno degli aspetti considerati, allontanandosene e andando completamente fuori tema. Prima ci si tocca, si hanno cose in comune, ma uno si allontana più o meno velocemente per conto suo scomparendo poi all’orizzonte… Questo fenomeno lo si riscontra nella storia del cristianesimo. Esiste, chiaro, consolidato ed autorevole l’insegnamento del Nuovo Testamento, che proclama, definisce e spiega che cosa sia la fede cristiana. Si tratta dell’ortodossia biblica e canonica stabilita dagli apostoli del Signore e Salvatore Gesù Cristo e poi strutturata dalla teologia sistematica. Da questa si sono allontanati tanti nel corso dei secoli “partendo per la tangente”. Si tratta delle idee devianti che vanno sotto il nome di “eresie”, letteralmente “scegliere” un elemento della fede cristiana e costruirvi sopra “un castello” diverso che di fatto la aliena. Questo fenomeno era già presente al tempo degli apostoli ed essi vi rispondono con forza, come nel testo della Parola di Dio che consideriamo quest’oggi dalla prima epistola dell’apostolo Giovanni. Questo testo mette in evidenza tre punti (validi sia allora che oggi): (1) Amare Dio vuol dire amare tutti coloro che Dio ha rigenerato spiritualmente portandoli al ravvedimento ed alla fede in Gesù Cristo – e non solo quelli della propria setta. (2) Amare Dio vuole dire osservare i Suoi comandamenti (che definiscono essi stessi che cosa significhi amare), non astrattamente e …non le regole delle propria setta. (3) La fede proclamata e spiegata dal Nuovo Testamento è l’unica ad essere veramente vincente – i suoi avversari e i settari falliranno tutti miseramente, nonostante le loro pretese.

Il testo

Ascoltiamo allora questo testo:

“Chiunque crede che Gesù è il Cristo, è nato da Dio; e chiunque ama colui che lo ha generato, ama anche chi è stato generato da lui. Da questo sappiamo di amare i figli di Dio: quando amiamo Dio e osserviamo i suoi comandamenti. Questo infatti è l’amore di Dio: che noi osserviamo i suoi comandamenti; e i suoi comandamenti non sono gravosi. Poiché tutto quello che è nato da Dio vince il mondo; e questa è la vittoria che ha vinto il mondo: la nostra fede. Chi è che vince il mondo, se non colui che crede che Gesù è il Figlio di Dio? Questi è colui che è venuto con acqua e sangue, cioè, Gesù Cristo; non con acqua soltanto, ma con acqua e con sangue. E lo Spirito è colui che ne rende testimonianza, perché lo Spirito è la verità” (1 Giovanni 5:1-6).

Il Contesto

Esaminiamo il contesto di questo brano. La prima lettera dell’apostolo Giovanni è una lettera pastorale alle chiese che si trovavano in una situazione di conflitto. La scrive per insegnare loro come affrontare questo conflitto e prevenirne la diffusione. I problemi che soffrivano le chiese a cui l’Apostolo si rivolge erano stati causati da persone che insegnavano cose devianti rispetto alla dottrina degli Apostoli e che avevano abbandonato le comunità cristiane per formarne “alternative” da loro dirette. Nel secondo capitolo, di loro Giovanni aveva infatti scritto: Sono usciti di mezzo a noi, ma non erano dei nostri perché, se fossero stati dei nostri, sarebbero rimasti con noi; ma ciò è accaduto perché fosse palesato che non tutti sono dei nostri” (2:19). Questi maestri di dottrine devianti dall’insegnamento apostolico erano persone arroganti e non amorevoli. Negavano che Dio si fosse incarnato in Gesù e ne contestavano la divinità, inoltre sostenevano di essere esenti dal peccato! Potrebbero essere stati i precursori degli eretici gnostici che avevano afflitto la chiesa del secondo secolo. Questi maestri di false dottrine erano influenti. Il pericolo era che avrebbero persuaso i cristiani alle prime armi ad accettare i loro insegnamenti devianti. Anche oggi vi sono gruppi e tendenze che, con diversi presupposti, mettono in questione l’ortodossia biblica consolidata nella storia. Possono essere pretenziose organizzazioni religiose settarie che pretendono di aver scoperto “la verità” dopo “millenni di tenebre”. Sono anche, però, circoli accademici che, sulla base di presupposti umanisti, criticano la Bibbia e le sue dottrine. Sono entrambe tendenze neo-gnostiche di persone che si ritengono, esse sole, “illuminate”. E’ veramente così? 

I. Amare Dio e la Sua famiglia

Chiunque crede che Gesù è il Cristo, è nato da Dio; e chiunque ama colui che lo ha generato, ama anche chi è stato generato da lui”.

Chiunque crede che Gesù è il Cristo, è nato da Dio” (v. 1a). Con queste parole, Giovanni confuta direttamente i maestri dell’errore che, a causa del loro dualismo (lo “spirituale” è buono ma il “materiale” è cattivo) non potevano accettare la divinità di Gesù. Non potevano accettare che Gesù (l’uomo) fosse il Cristo (il Messia). Non potevano accettare che Gesù (l’uomo) fosse “nato da Dio”.

 “Chiunque ama colui che lo ha generato, ama anche chi è stato generato [in greco gennao] da lui” (v. 1b). Ci sono diverse parole in greco per dare alla luce (dalla madre) e generare (dal padre). Tikto è la parola greca per “dare alla luce” da parte della madre. Gennao è la parola per la generazione da parte di padre. Potremmo tradurre questo come “Chiunque ama il Padre ama anche il figlio che è generato dal Padre (celeste)”. Chi sono coloro che, oltre a Gesù, sono stati “generati” da Dio Padre? Giovanni aveva concluso il capitolo precedente dicendo: E questo è il comandamento che abbiamo ricevuto da lui: chi ama Dio, ami anche il proprio fratello” (4:21). Ora fornisce una solida ragione per cui chiunque ami il Padre amerà di conseguenza anche i fratelli e le sorelle in fede, i cristiani. Essi sono “la progenie di Dio”. Dio li ama come un padre amorevole ama i suoi figli, anzi, molto più di quanto qualsiasi padre terreno amerebbe i suoi figli. Se abbiamo amore per Dio Padre, dovremmo onorare il Suo amore in tutti i Suoi figli condividendo il Suo amore per loro.

Di nuovo, questo confuta direttamente l’atteggiamento dei falsi maestri, che erano altezzosi e guardavano con disprezzo coloro che non condividevano la loro stessa visione spirituale, di fatto, la loro setta.

II. Da questo sappiamo di amare

“Da questo sappiamo di amare i figli di Dio: quando amiamo Dio e osserviamo i suoi comandamenti. Questo infatti è l’amore di Dio: che noi osserviamo i suoi comandamenti; e i suoi comandamenti non sono gravosi”

Amare i nostri fratelli e sorelle in fede (“i figli di Dio”) comporta anche un’altra implicazione. Vogliamo verificare che lo facciamo veramente e non solo a parole? Verifichiamolo dalla misura in cui “… amiamo Dio e osserviamo i suoi comandamenti”. Che c’entrano i comandamenti di Dio con l’amore? Molto! Perché i comandamenti di Dio riassunti nel Decalogo ci insegnano che cosa voglia dire amare veramente. L’amore non è lasciato alla nostra soggettività o spontaneismo; la sua “sostanza” non è definita da noi o dalla nostra cultura: il significato di amore è specificato da ciò che Dio ci insegna nella Sua Parola. Ad esempio, i Dieci Comandamenti sono divisi all’incirca metà e metà tra quelli che hanno a che fare con l’onore dovuto a Dio (Esodo 20: 2-11) e l’onore dovuto alle altre persone (Esodo 20: 12-17). Quest’ultimo gruppo di comandamenti include l’obbligo di onorare il padre e la madre (v. 12) così come proibisce l’omicidio (la protezione della vita), l’adulterio (la protezione della sessualità), il furto (la protezione della proprietà privata), la falsa testimonianza (la protezione della verità) e la cupidigia (vv. 13-17).

Anche il primo gruppo di comandamenti (l’onorare Dio) implica una ricaduta a livello sociale. Essi, infatti, includono questa disposizione: “ il settimo giorno è sabato, sacro all’Eterno, il tuo DIO; non farai in esso alcun lavoro, né tu, né tuo figlio, né tua figlia, né il tuo servo, né la tua serva, né il tuo bestiame, né il forestiero ch’è dentro alle tue porte” (Esodo 20:10). Sebbene lo scopo principale di tale provvedimento sia quello di onorare Dio, esso ha il vantaggio secondario di proteggere diversi gruppi di persone vulnerabili. Un altro esempio lo troviamo sia nella Torà (Levitico 19:18) che in Gesù (Marco 12:31) che ci comandano di amare il nostro prossimo. Nel testo di Marco, il verbo greco è agapein, quel tipo di amore che si preoccupa del benessere dell’altra persona. Agapein non si riferisce ad un sentimento ma ad un’azione. Gesù non ci chiama a provare sentimenti affettuosi per il nostro prossimo, anche se in sé stesso è un bene. Ci chiama ad agire in modo amorevole verso il nostro prossimo, indipendentemente dai nostri sentimenti verso di lui o lei in conformità alle prescrizioni del Decalogo. Pertanto, quando osserviamo i comandamenti di Dio, la nostra condotta dimostrerà che amiamo i figli di Dio, i nostri consimili, non a parole ma in fatti.

Inoltre: “… questo è l’amore di Dio, che osserviamo i suoi comandamenti” (v. 3a). Quando osserviamo i comandamenti di Dio, non solo dimostriamo di amare i figli di Dio (v. 2), ma dimostriamo anche che amiamo Dio. Gesù ha detto più o meno la stessa cosa:  “Se mi amate, osservate i miei comandamenti. … Chi ha i miei comandamenti e li osserva, è uno che mi ama … Se uno mi ama, osserverà la mia parola; e il Padre mio l’amerà, e noi verremo a lui e faremo dimora presso di lui” (Giovanni 14:15, 21, 23). Gesù ha anche promesso: Se osservate i miei comandamenti, dimorerete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e dimoro nel suo amore (Giovanni 15:10).

Ma… è forse “un peso intollerabile” ubbidire ai comandamenti di Dio? No: i suoi comandamenti non sono gravosi” (v. 3b). La parola greca corrispondente, cioè barus significa gravoso, pesante o difficile. Gesù riflette questo sentimento quando dice: “Venite a me, voi tutti che siete travagliati e aggravati, ed io vi darò riposo. Prendete su di voi il mio giogo e imparate da me, perché io sono mansueto ed umile di cuore; e voi troverete riposo per le vostre anime. Perché il mio giogo è dolce e il mio peso è leggero!” (Matteo 11: 28-30). Questo era certamente vero se paragonato al legalismo degli scribi e dei farisei, che aggiungevano alla legge le loro numerose tradizioni. La complessità del loro approccio alla Legge di Dio rendeva impossibile la sua osservanza. Inoltre, gli scribi e i farisei non avevano compassione per le persone che erano stati mandati a servire. Rappresentavano un’élite e mostravano ben poco rispetto per le persone comuni. La nostra esperienza può verificare ciò che dicevano Giovanni e Gesù. La persona che vive osservando i comandamenti di Dio eviterà molte trappole che accompagnano la vita di persone spiritualmente indisciplinate.

Inoltre, la fede scaccia la paura. Molte sono state le notti in cui finalmente sono riuscito ad addormentarmi solo quando ho pregato e affidato il mio problema a Dio.

“Poiché tutto quello che è nato da Dio vince il mondo [in greco kosmos]; e questa è la vittoria che ha vinto il mondo: la nostra fede”

La parola greca per “vincere” significa essere vittorioso, prevalere o riportare una vittoria. I figli e le figlie del Padre celeste – quelli generati da Dio Padre – possono aspettarsi di ottenere la vittoria sul kosmos – il mondo che si oppone a Dio in modo militante. Non sarà, però, sempre evidente. Quando Gesù stava lottando con il peso della sua croce in modo che i soldati romani dovessero richiedere a Simone di Cirene di aiutarlo (Marco 15:21), nessuno avrebbe detto: “Quest’uomo è in procinto di ottenere la vittoria sul mondo”. Quando i membri del consiglio stavano lapidando Stefano scagliando grosse pietre per spaccargli la testa (Atti 7:54-60) – nessuno avrebbe detto: “Quest’uomo è in procinto di ottenere la vittoria sul mondo”. Quando proviamo a fare il bene, ma ce lo rigettano in faccia, non saremo inclini a dire: “Sono in procinto di superare il mondo”. Ma la vittoria è nelle mani di Dio ed essa avverrà tramite la potenza di Dio. La realtà della vittoria potrebbe arrivare lentamente, ma arriverà. Potremmo non essere lì per vederlo, ma arriverà. Dio opera dietro le quinte. Dobbiamo solo svolgere il nostro ruolo nel grande dramma di Dio il più fedelmente possibile, sia che abbiamo un ruolo principale o una piccola parte. In entrambi i casi, Dio moltiplicherà gli effetti della nostra fedeltà per renderci una parte importante della Sua storia. A volte vedremo la vittoria, per quanto fioca, in mezzo alle nostre avversità. Quando coloro che pacificamente dimostravano per i diritti civili in America e che venivano brutalmente attaccati dalla polizia, essi cantavano “We Shall Overcome” (Noi vinceremo), ed alla fine hanno vinto.

III. Avere questa fede vuol dire vincere

“…e questa è la vittoria che ha vinto il mondo: la nostra fede. Chi è che vince il mondo, se non colui che crede che Gesù è il Figlio di Dio? Questi è colui che è venuto con acqua e sangue, cioè, Gesù Cristo; non con acqua soltanto, ma con acqua e con sangue. E lo Spirito è colui che ne rende testimonianza, perché lo Spirito è la verità”.

Nel Nuovo Testamento, il termine pistis (fede) ha a che fare con la risposta della persona al kerygma (l’annuncio della Buona Novella di Gesù Cristo). In altre parole, la fede cristiana è fede nel Signore Gesù – che guida la nave delle nostre vite orientata dalla stella di Gesù. Giovanni dice che la fede è la chiave per la vittoria sul mondo (il kosmos – il mondo che si oppone a Dio in modo militante). Finché abbiamo fede nel Signore Gesù e guidiamo la nave della nostra vita orientati dalla stella di Gesù, possiamo essere certi che vinceremo il mondo. Potrebbe accadere rapidamente o lentamente, ma accadrà.

Giovanni usa il verbo al passato “ha vinto” ed indica una vittoria già avvenuta. Nel caso di questi nuovi cristiani a cui Giovanni sta scrivendo, egli li rassicura che hanno già vinto le aggressioni dei maestri dell’errore o che Dio ha già dato loro la vittoria sulle tentazioni del kosmos.

Chi è che vince il mondo, se non colui che crede che Gesù è il Figlio di Dio?”. Qui, però, il verbo è al presente, “vince”, perché indica un’azione in corso un superamento della tentazione che deve avvenire quotidianamente nella vita dei credenti. Il mondo kosmos, alimentato da Satana, ci inonda di tentazioni. Alcune di queste tentazioni coinvolgeranno sesso, denaro o potere. Altre ci tenteranno a dubitare della nostra fede. Altre ancora assumono la forma di opposizione alla fede da parte di persone, come datori di lavoro o funzionari governativi, che esercitano il potere su di noi. Ma qualunque sia la tentazione, la persona “che crede che Gesù è il Figlio di Dio” è quella che può vincere e lo farà. La fede consentirà alle persone fedeli di evitare le tentazioni che minacciano di annientarle.

Quando Giovanni dice: “Gesù è il Figlio di Dio”, intende confutare ancora una volta i maestri di errore che negano l’Incarnazione (Dio in carne nella persona di Gesù) e la divinità di Gesù.

“Questi è colui che è venuto con acqua e sangue, cioè, Gesù Cristo; non con acqua soltanto, ma con acqua e con sangue” (6 a).

Cosa intende Giovanni qui con “acqua e sangue”? Ci sono diverse possibilità, ma molto probabilmente l’acqua si riferisce al battesimo di Gesù e il sangue si riferisce alla sua morte sacrificale. Ancora una volta, Giovanni sta confutando direttamente i falsi maestri, che non accetterebbero che il Cristo (il Messia) potesse essere associato ad elementi fisici come l’acqua e il sangue.

“E lo Spirito è colui che ne rende testimonianza, perché lo Spirito è la verità”.

Il termine tradotto in italiano con “rende testimonianza” è martyrein, una delle parole greche simili da cui deriva la nostra parola “martire”.  Significa testimoniare o rendere testimonianza, ma coloro che rendono testimonianza a Cristo spesso pagano un prezzo molto alto per la loro fedeltà – a volte anche il martirio.

In questo caso, però, è lo Spirito Santo che rende testimonianza. Anche se Giovanni non specifica cosa sia ciò di cui lo Spirito renda testimonianza, è quasi certamente a Gesù, che è venuto con l’acqua e il sangue per salvare il mondo del kosmos.

Poco prima della sua morte, Gesù promette ai suoi discepoli: Ma quando verrà il Consolatore [in greco il paraclito, lo Spirito Santo] che vi manderò dal Padre, lo Spirito di verità che procede dal Padre mio, egli testimonierà di me” (Giovanni 15:26). “Perché lo Spirito è la verità” (greco: aletheia) (v. 6b). Aletheia (verità) è ciò che è reale, non contaminato dalla falsità. Questo è vero per lo Spirito Santo, lo Spirito di Dio che dimora in mezzo a noi e dentro di noi. Lo Spirito di Dio non è contaminato dalla falsità ed è quindi una guida affidabile. I discepoli possono confidare che lo Spirito li guidi in modo corretto e fedele. Gesù è la verità personificata – verità in forma umana – “via, verità e vita” (Giovanni 14:6). Gesù ha promesso: Se dimorate nella mia parola, siete veramente miei discepoli; conoscerete la verità e la verità vi farà liberi (Giovanni 8:31-32).

Conclusione

Siete dunque “partiti per la tangente” o vi attenete all’autorevole e fondante insegnamento apostolico contenuto nel Nuovo Testamento? L’apostolo Giovanni è chiaro in quel che dice. Amare Dio vuol dire amare tutti coloro che Dio ha rigenerato spiritualmente portandoli al ravvedimento ed alla fede in Gesù Cristo – e non solo quelli della propria setta. Amare Dio vuole dire osservare i Suoi comandamenti (che definiscono essi stessi che cosa significhi amare), non astrattamente e …non le regole delle propria setta. La fede proclamata e spiegata dal Nuovo Testamento è l’unica ad essere veramente vincente – i suoi avversari e i settari falliranno miseramente. Preghiamo affinché io e voi ci atteniamo “al tema” saldamente.

Paolo Castellina, 3 maggio 2021

Musiche e canti utilizzati

  • Christ the Lord is Risen Today, Frederick Guntermann
  • La Tua Presenza Brama, Innario Cristiano 2000, N. 273
  • Salmo 140 – O Dieu, donne moi delivrance, Goudimel, M. Suzuki
  • Tu sei il mio rifugio, ADI Media.
  • Praise God from Whom All Blessings Flow, Hymns Triumphant
  • Tu mi parli, oh Dio, Christopher Walker, Marco de Florian (2007)
  • Cantico dei Redenti, Asteres (2007)