Domenica 30 ottobre 2022 – Ventunesima domenica dopo Pentecoste – Domenica della Riforma
(Servizio di culto completo con predicazione, 1h 07′)
(Sola predicazione, 29′ 25″)
Siete dei “vasi pregiati”, oppure…
L’arte del vasaio
L’arte del vasaio è un’arte antica. La produzione di ceramica e terracotta richiede al vasaio un lavoro lungo e minuzioso sin dalla lavorazione dell’argilla che sarà poi predisposta per la manipolazione al tornio. Sia nella produzione di ceramica d’impasto per oggetti d’uso quotidiano, ad esempio in cucina, sia nella creazione di oggetti in ceramica, più raffinata e riservata a oggetti pregiati, il vasaio ha bisogno di dedicarsi a un’iniziale opera di preparazione dell’argilla. Solo dopo tali operazioni preliminari l’argilla è pronta per essere lavorata al tornio: è qui che ha inizio la vera e propria fase creativa dell’opera del vasaio. Questo lavoro di manipolazione richiede capacità non indifferenti, acquisite in anni di esperienza. Sono necessarie forza e delicatezza, e naturalmente, destrezza e abilità manuale. L’artigiano deve poi attendere l’essiccazione dell’argilla per poter applicare all’oggetto manici o becchi, necessari per l’utilizzo di molte stoviglie e utensili casalinghi. La successiva operazione porta all’asciugatura finale dell’oggetto e alla sua preparazione per l’atto creativo ultimo della colorazione, prima della cottura del manufatto. Nella colorazione emerge il tocco del vasaio che decora le sue creazioni in maniera esteticamente gradevole rispecchiando spesso i motivi decorativi della tradizione.
C’è un proverbio italiano che dice: “Tutti siam di creta e Dio è il vasaio”. Questa è un’immagine che ricorre spesso nella Bibbia. Si potrebbe farla partire dall’atto stesso della creazione dell’essere umano. In Genesi 2:7 troviamo infatti scritto: “Allora il Signore Dio plasmò l’uomo con polvere del suolo e soffiò nelle sue narici un alito di vita e l’uomo divenne un essere vivente” (CEI). Un’altra versione dice: “con fango della terra” (Martini). La stessa parola ebraica per “uomo”, cioè ‘adam, presenta la stessa radice di adamà, cioè “argilla”. Interessante come pure nell’Antico Egitto il dio che ha creato il primo uomo, chiamato Khnum, fosse rappresentato come un vasaio che, sul suo tornio, modella l’uomo con la creta. Si credeva, infatti, che il dio Khnum creasse tutti i bambini sul suo tornio da vasaio, forgiandoli con cura nell’argilla e piantandoli come un seme nel ventre della madre. Questa antica immagine è ripresa spesso nella Bibbia. La natura umana vi è rappresentata come creata ad arte da Dio, plasmata dalla materia e animata dal Suo Spirito, cioè fornita di anima – la nostra trascendente identità ultima.
Troviamo molti vasi antichi esposti nei musei. La loro funzione, però, non era quella di essere guardati e studiati, ma ovviamente di servire a uno scopo specifico. La “identità” del vaso, infatti, per sua stessa natura, è legata al servizio che è destinato a compiere. Esso serve, è funzionale alle finalità alle quali lo ha destinato il suo creatore. Alcune di queste finalità sono d’uso comune, come per esempio quando sono semplici pignatte di terracotta, altre sono riservate per occasioni speciali – per questo sono finemente decorate. Il vaso è un contenitore. È ciò che è destinato a contenere, a trasportare, a servire, che lo rende nobile oppure meno nobile.
Che tipo di “vaso” siete voi? Cosa “contenete”? Chi servite e a che cosa servite? Domande di questo tipo le aveva poste l’apostolo Paolo quando, nella seconda lettera a Timoteo scrive: “In una grande casa non ci sono soltanto dei vasi d’oro e d’argento, ma anche dei vasi di legno e di terra; alcuni sono destinati a un uso nobile e altri a un uso ignobile”. Egli fa questa similitudine per fare alla fine un appello a essere “un vaso nobile, santificato, utile al servizio del padrone, preparato per ogni opera buona”, quello a cui eravamo destinati a essere. Che cosa intende dire? Ascoltiamo questo testo nel suo contesto, 2 Timoteo 2:14-22.
Il testo biblico
“14Ricorda loro queste cose, scongiurandoli davanti a Dio che non facciano dispute di parole, che non servono a nulla e rovinano chi le ascolta. 15Sforzati di presentare te stesso approvato davanti a Dio: operaio che non abbia di che vergognarsi, che tagli rettamente la parola della verità. 16Ma schiva le chiacchiere profane, perché quelli che vi si danno progrediranno nell’empietà 17e la loro parola andrà rodendo come fa la cancrena; fra questi sono Imeneo e Fileto, 18uomini che si sono sviati dalla verità, dicendo che la risurrezione è già avvenuta, e sovvertono la fede di alcuni. 19Ma pure il solido fondamento di Dio rimane fermo, portando questo sigillo: “Il Signore conosce quelli che sono suoi” e: “Si ritragga dall’ingiustizia chiunque nomina il nome del Signore”. 20In una grande casa non ci sono soltanto dei vasi d’oro e d’argento, ma anche dei vasi di legno e di terra; alcuni sono destinati a un uso nobile e altri a un uso ignobile. 21Se dunque uno si conserva puro da quelle cose, sarà un vaso nobile, santificato, utile al servizio del padrone, preparato per ogni opera buona” (2 Timoteo 2:14-21).
La seconda lettera di Paolo a Timoteo incoraggia Timoteo, che serve Dio come giovane predicatore dell’Evangelo e pastore della comunità cristiana di Efeso, a resistere all’assalto del mondo secolare e adempiere con abnegazione e determinazione il compito che gli è stato affidato. In questo l’apostolo lo esorta a seguire il suo stesso esempio. Paolo dice: “Perciò io sopporto ogni cosa per amore degli eletti, affinché anch’essi conseguano la salvezza che è in Cristo Gesù con gloria eterna. Certa è questa parola: che se moriamo con lui, con lui anche vivremo; se abbiamo costanza nella prova, con lui altresì regneremo” (v. 10-12). Il servizio di Timoteo all’Evangelo è messo a dura prova anche da personaggi che, presentandosi come cristiani, diffondono errori e sovvertono il movimento cristiano alterandolo. Era un problema pure comune allora. Lo stesso apostolo Pietro, in una sua epistola, scrive: “Ma sorsero anche falsi profeti fra il popolo, come ci saranno anche fra voi falsi dottori che introdurranno di soppiatto eresie di perdizione e, rinnegando il Signore che li ha riscattati, si attireranno addosso una rovina immediata” (2 Pietro 2:1).
Ecco così che nel nostro testo l’Apostolo dice: “Se dunque uno si conserva puro da quelle cose, sarà un vaso nobile, santificato, utile al servizio del padrone, preparato per ogni opera buona” (v. 21). L’appello di Paolo è rivolto a Timoteo come pastore della comunità, ma attraverso di lui esso riguarda anche tutti i cristiani: “Ricorda queste cose ai credenti” (LPV). Da quali cose siamo esortati a mantenerci puri e liberi?
Cose da cui stare alla larga
Dispute di parole. La prima cosa è non farsi coinvolgere in dispute di parole: “… che non facciano dispute di parole, che non servono a nulla e rovinano chi le ascolta” (v. 14).
Il testo della Bibbia, anzi, ogni singola parola dei testi originali, inequivocabilmente è da considerarsi espressione di Dio stesso. “Perciò, come dice lo Spirito Santo…” dice l’epistola agli Ebrei riferendosi al testo biblico. Gesù stesso spesso contestava i suoi avversari sulla base di quelle che qualcuno potrebbe considerare “minuzie” nel testo, ma era Gesù, Dio con noi. Come dice, però, l’apostolo Pietro, nella Bibbia ci sono: “alcune cose difficili da capire, che gli uomini ignoranti e instabili torcono, come anche le altre Scritture, a loro propria perdizione” (2 Pietro 3:16). Vi sono persone ignoranti o “male ammaestrate”, sia in buona come in malafede, che travisano il significato di testi biblici. Per questo è sempre importante conoscere il contesto in cui i versetti della Bibbia sono inseriti e soprattutto bisogna fare attenzione ai presupposti che animano gli interpreti stessi del testo biblico. Quali sono? Sono corretti? L’apostolo scongiura di evitare litigi sulle parole; sono discussioni che non servono a niente e riescono solo a confondere chi ascolta. Di queste dispute di parole sono “esperti” i propagandisti di sétte come i cosiddetti Testimoni di Geova o i Mormoni, ma non solo i soli. Si possono sprecare inutilmente ore e ore a discutere con loro. Qualcuno ha osservato: “Alla fin fine la disputa sulle parole non cerca la vittoria della verità, ma la vittoria di chi parla”. Queste discussioni “portano alla rovina”. La parola tradotta con “rovina” nell’originale è katastrophe, portano alla catastrofe! Le dispute sulle parole hanno un potenziale distruttivo e sono assolutamente da evitare, anche a costo di essere scortesi verso chi ce le propone. Le dispute sulle parole non sono evangelizzazione!
Chiacchiere profane. Dobbiamo pure stare lontani, alla larga, dalle “chiacchiere profane”: “… schiva le chiacchiere profane, perché quelli che vi si danno progrediranno nell’empietà” (v. 16), anche tradotto come: “Evita le chiacchiere inutili; chi le fa si allontana sempre più da Dio” (TILC). L’Apostolo aveva già detto in 1 Timoteo 6:20: “Evita le chiacchiere vuote e profane”. Può darsi che queste persone si considerassero ‘progressisti’ (vi ricorda qualcuno oggi?) e che Paolo raccolga il verbo dal’uso che ne facevano loro, indicando ironicamente che il loro progresso è nell’empietà! Le “chiacchiere profane” non sono tanto i pettegolezzi che si fanno “in chiesa”, magari prima dell’inizio del culto invece che prepararsi all’incontro con Dio, ma anche diverse futili discussioni che oggi si fanno in certi ambienti teologici. Esse potrebbero equipararsi all’ormai proverbiale questione che era dibattuta nella teologia medievale: “Quanti angeli potrebbero danzare sulla capocchia di uno spillo?”. In effetti, alcuni studiosi medievali avevano considerato domande simili! L’apostolo ci esorta a stare lontani dalle ciance opposte al cibo sano e nutriente della verità rivelata. Sono profane perché estranee, anzi contrarie allo sviluppo del nostro rapporto con Dio, la pietà. Dal vano disputare si giunge infatti solo a errori più perniciosi, che avranno per conseguenza pratica un accrescimento dell’irreligiosità. Lo spirito profano che non si appropria del potere santificante della verità, non solo non può progredire nella verità, ma è incapace di conservare anche quel tanto che ne aveva afferrato. Solo chi vuole onestamente fare la volontà di Dio è atto a conoscere la dottrina di Cristo.
La cancrena di idee devianti. “… e la loro parola andrà rodendo come fa la cancrena; fra questi sono Imeneo e Fileto, uomini che si sono sviati dalla verità, dicendo che la risurrezione è già avvenuta, e sovvertono la fede di alcuni” (v. 17-18).
La verità riguardo a Dio, alla condizione umana e alla sua redenzione è contenuta nella rivelazione biblica. Passa attraverso la storia d’Israele, popolo eletto da Dio per servirlo, e culmina nella persona e opera del Signore e Salvatore Gesù Cristo. Il Nuovo Testamento espone il Suo insegnamento in modo esclusivo. Nella storia, però, vi sono sempre stati coloro che affermavano che la Bibbia non basti e che avremmo bisogno d’integrarla, nel caso, con tradizioni religiose e nuove rivelazioni, come pure filtrarla con filosofie e ideologie mondane. La critica biblica ha insegnato falsamente a intere generazioni di cristiani a trattare la Bibbia “come qualsiasi altro libro”. Cominciando a dirci che cosa nella Bibbia dovesse essere inteso come Parola di Dio e che cosa no, è giunta a mettere in questione in essa praticamente ogni cosa negando la sua stessa trascendenza. Tutto questo si è rivelato un’autentica mortale cancrena per la fede di molti che così è stata sviata. La cancrena è il decadimento dei tessuti in una parte del corpo quando l’afflusso di sangue è ostruito da lesioni, malattie o altre cause. Il movimento cristiano ha visto così nel tempo ripetute opere di sovversione in molti suoi settori. Le fantasiose affermazioni di quegli antichi Imeneo e Fileto che dicevano che “la risurrezione è già avvenuta” è un esempio antico di un fenomeno costante di eversione della fede cristiana, tanto che oggi nemmeno si contano più le idee devianti. Per questo l’apostolo Giuda scrive: “ mi sono trovato costretto [a scrivervi] per esortarvi a combattere strenuamente per la fede, che è stata una volta per sempre tramandata ai santi” (Giuda 3).
Vasi “ignobili”
Il ministro di Dio, come pure ogni cristiano è un “vaso” chiamato a essere utile al suo Signore e Salvatore. Che tipo di vaso è? Qual è “il contenuto” che porta?
Oggi sono molto apprezzati i finissimi e pregiati vasi cinesi e porcellane d’antiquariato. Il mercato di questi vasi, però, è pieno di falsi, tanto che è necessario a imparare a saper riconoscere un vero vaso cinese. Allo stesso modo in giro vi sono molti falsi vangeli, falsi profeti e falsi apostoli. Le Scritture ce ne mettono ripetutamente in guardia. Dobbiamo sviluppare una fede adulta in grado di discernerli. L’epistola agli Ebrei ci dice: “…ma il cibo solido è per gli adulti, per quelli che per via dell’uso hanno i sensi esercitati a discernere il bene e il male” (Ebrei 5:14). Nel libro di Atti troviamo l’apostolo Paolo che viene alle prese con “un certo mago, un falso profeta giudeo, che aveva nome Bar-Gesù”. Questi “resisteva loro, cercando di distogliere … dalla fede” (v. 8). “Allora … Paolo, pieno di Spirito Santo, guardandolo fisso, gli disse: ‘O pieno di ogni frode e di ogni malizia, figlio del diavolo, nemico di ogni giustizia, non cesserai tu di pervertire le diritte vie del Signore?’” (Atti 13:6,9,10). L’Apostolo non temeva di affrontare chi predicava un falso Evangelo e aveva persino pubblicamente opposto resistenza allo stesso apostolo Pietro. Paolo scrive: “Ma, quando Cefa fu venuto ad Antiochia, io gli resistei in faccia perché era da condannare” (Galati 2:11).
Si, ci sono “vasi nobili” e “vasi ignobili”, alcuni persino irrecuperabili! Nel nostro testo l’Apostolo cita l’Antico Testamento e dice: “Il Signore conosce quelli che sono suoi”. Che vi siano eletti e reprobi è chiaramente insegnato nelle Scritture. Paolo fa una differenza fra “vasi d’ira preparati per la perdizione” e “vasi di misericordia”. Egli scrive: “Il vasaio non è forse padrone dell’argilla per trarre dalla stessa pasta un vaso per uso nobile e un altro per uso ignobile? Che c’è da contestare se Dio, volendo mostrare la sua ira e far conoscere la sua potenza, ha sopportato con molta pazienza dei vasi d’ira preparati per la perdizione e se, per far conoscere le ricchezze della sua gloria verso dei vasi di misericordia che aveva già prima preparati per la gloria li ha anche chiamati (parlo di noi) non soltanto fra i Giudei ma anche fra i Gentili?” (Romani 9:21-23). Non saremo mai perfettamente in grado di riconoscere gli uni dagli altri, salvo la regola che ci dà Gesù: “Voi li riconoscerete dai loro frutti. Si coglie forse uva dalle spine, o fichi dai rovi?” (Matteo 7:16).
Come essere vasi pregiati
La nostra aspirazione deve essere quella di essere “un vaso nobile, santificato, utile al servizio del padrone, preparato per ogni opera buona” (v. 21). Come fare per diventarlo? Prima di tutto attenendoci a quel “solido fondamento di Dio (che) rimane fermo”, vale a dire l’autorevole rivelazione biblica. È la preghiera dell’Apostolo: “Perciò anche noi … non cessiamo di pregare per voi e di domandare che siate ripieni della profonda conoscenza della volontà di Dio in ogni sapienza e intelligenza spirituale” (Colossesi 1:19). Questo ci permetterà di conoscere l’amore di Cristo, “… e di conoscere questo amore che sorpassa ogni conoscenza, affinché siate ripieni di tutta la pienezza di Dio” (Efesini 3:19). Notate qui il termine “ripieni”. Questo dev’essere il nostro “contenuto”, com’è scritto: “La parola di Cristo abiti in voi abbondantemente; istruitevi ed esortatevi gli uni gli altri con ogni sapienza” (Colossesi 3:16). Certamente, però, non si tratta solo di “parole”, ma anche: “… ripieni di frutti di giustizia che si hanno per mezzo di Gesù Cristo, a gloria e lode di Dio” (Filippesi 1:11). Il nostro testo infatti dice: “… ricerca giustizia, fede, amore, pace con quelli che con cuore puro invocano il Signore!” (v. 22 b).
La domanda da porre a noi tutti rimane così: Vogliamo essere un vaso nobile, santificato, utile al servizio del padrone (Dio), preparato per ogni opera buona?
Paolo Castellina, 22 ottobre 2022.