Questioni ancora più importanti della giustizia terrena (Luca 13:1-9)

Domenica 20 Marzo 2022 – Terza domenica di Quaresima

(Culto completo con predicazione)

(Solo predicazione)

Introduzione alle letture bibliche di oggi

Letture bibliche: Salmo 63; Esodo 3:1-15;  1 Corinzi 10:1-13;  Luca 13:1-9

Quando Mosè chiede a Dio di rivelargli il Suo nome, l’essenza della Sua identità – come vediamo nella seconda nostra lettura tratta dal libro dell’Esodo – Dio gli risponde con un’espressione misteriosa che può essere tradotta nella nostra lingua semplicemente come: “Io sono”, “Colui che è”. Significa l’eternamente presente, al di là dei limiti del nostro tempo e del nostro spazio. Non c’è un tempo in cui Egli non c’era e non vi sarà un tempo nel quale Egli cesserà di essere. Nell’esperienza del credente, Dio è Colui che vede, ode, parla, sente, risponde, agisce, libera, ecc. Anche quando, come nel Salmo 63, il credente dice: “Io ti cerco”, questo non vuol dire che Dio si nasconda, ma prega che noi si possa essere costantemente consapevoli della Sua presenza e in sintonia con la Sua volontà. Siamo noi, infatti, a far finta che Egli non ci sia quando ostinatamente – e da autolesionisti – vogliamo solo fare ciò che ci pare e alla fine ne paghiamo le conseguenze! Questo ci viene illustrato dalla nostra terza lettura, tratta dalla prima epistola ai Corinzi. Bene illustra questa verità anche la quarta lettura, dal vangelo secondo Luca, dove Gesù illustra le tragiche conseguenze del peccato umano. Gesù, però, è “Dio con noi” per salvarci. Lo ascolteremo?

Questioni ancora più importanti della giustizia terrena

Spesso discutiamo di come portare davanti ai tribunali per essere giudicati e condannati i mandanti e gli esecutori di quelli che chiamiamo crimini contro l’umanità. Questione sacrosanta. Altrettanto spesso, però, a stabilire questi tribunali sono i vincitori delle guerre che di essi accusano i loro avversari mentre nascondono o giustificano i propri crimini. Che dire, poi, quando, di fronte a catastrofi naturali, tanti, alla sbarra del tribunale, vorrebbero portarci Dio stesso che non li avrebbe impediti? Così sensibili come siamo verso la giustizia, trascuriamo però, e perfino oggi neghiamo, un altro livello della questione colpa e giustizia – un aspetto ben più fondamentale. Di questo erano consapevoli Gesù e i Suoi discepoli. Lo troviamo in un dialogo contenuto nei vangeli, Luca 13:1-9, e che vogliamo esaminare oggi.

“In quello stesso tempo vennero alcuni a riferirgli il fatto dei Galilei il cui sangue Pilato aveva mescolato coi loro sacrifici. Gesù, rispondendo, disse loro: Pensate voi che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei perché hanno sofferto tali cose? No, vi dico; ma se non vi ravvedete, perirete tutti allo stesso modo. O quei diciotto sui quali cadde la torre in Siloe e li uccise, pensate voi che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? No, vi dico; ma se non vi ravvedete, tutti, allo stesso modo. Disse pure questa parabola: Un tale aveva un fico piantato nella sua vigna; e andò a cercarvi del frutto, e non ne trovò. Disse dunque al vignaiolo: Ecco, sono ormai tre anni che vengo a cercar frutto da questo fico, e non ne trovo; taglialo; perché sta lì a rendere improduttivo anche il terreno? Ma l’altro, rispondendo, gli disse: Signore, lascialo ancora quest’anno, finché io gli zappi intorno e vi metta del concime; e forse darà frutto in avvenire; se no, lo taglierai” (Luca 13:1-9).

Questo è un dialogo avvenuto un giorno fra Gesù e i Suoi discepoli a proposito di certi fatti tragici che erano avvenuti allora. In quei giorni tutti discutevano di una sanguinosa repressione che Pilato, il governatore romano della Palestina, aveva perpetrato nel tempio di Gerusalemme, quando aveva fatto massacrare una folla di pellegrini che vi erano giunti per offrire sacrifici a Dio. Forse si trattava di una rappresaglia in risposta a degli attacchi terroristici che erano prima avvenuti contro truppe romane. Quel giorno nel tempio era stato versato non solo il sangue delle vittime sacrificali, ma anche quello dei fedeli stessi. Come se ciò non bastasse, negli stessi giorni era avvenuto anche un incidente durante la costruzione di una torre. Questa, infatti, era improvvisamente crollata, cadendo addosso a diverse persone e uccidendole. I discepoli di Gesù, nel considerare questi fatti, avevano chiesto a Gesù quale fosse il senso, il significato ultimo di quegli avvenimenti. Perché Dio aveva permesso tali atrocità? Si trattava forse di un castigo di Dio su quelle persone?

Certo, per ogni cosa che accade vi sono cause immediate e cause ultime. Alcune fra queste cause le possiamo conoscere, altre non le conosceremo mai. Certamente vi erano parecchie cause che avevano portato a quel massacro, come pure alla tragica caduta di quella torre. Gesù però non risponde a quelle loro domande. Gesù non investiga le responsabilità penali del costruttore di quella torre né Egli si scaglia contro la malvagità degli oppressori romani. Gesù dice che questi avvenimenti dovrebbero essere per noi di stimolo e ammonizione rispetto a una questione ben più fondamentale, cosa che spesso trascuriamo o neghiamo. Esaminiamo gli insegnamenti di Gesù, in armonia con tutto l’insegnamento biblico.

Violenza e disastri non significano maggiore peccato

Una prima cosa che dobbiamo escludere è che i fatti tragici che purtroppo avvengono ogni giorno e che riempiono i nostri giornali e notiziari, non sono necessariamente un immediato “castigo” che Dio manda su determinate persone o popoli. Potremmo fare le stesse domande dei discepoli di Gesù anche in merito ad altri fatti a noi prossimi. Gli uomini e le donne di Hiroshima su cui era stata fatta cadere la bomba atomica, erano più malvagi degli americani che l’avevano lanciata? “No, vi dico” – ci risponderebbe Gesù. I passeggeri del Titanic che erano periti in quel famoso e tragico naufragio, erano forse più malvagi di quelli che viaggiano oggi su altre navi da crociera? “No, vi dico” – ci risponderebbe Gesù.

Perché no? Perché il giudizio su chi è buono e chi è cattivo, su chi dovrebbe essere castigato e chi no dobbiamo lasciarlo ai tribunali! Riflettiamo piuttosto sulle nostre colpe “esistenziali”. Noi tutti noi giustamente meritiamo di essere da Dio condannati a causa dei nostri peccati. Se ancora non è stata eseguita su di noi la sentenza di condanna, non è per la nostra bontà o relativa innocenza, ma per la pazienza e la grazia di Dio.

La Parola di Dio afferma: “’Non c’è alcun giusto, neppure uno. Non c’è nessuno che abbia intendimento, nessuno che cerchi Dio. Tutti si sono sviati, tutti quanti sono divenuti inutili; non c’è alcuno che pratichi la bontà, no, neppure uno. La loro gola è un sepolcro aperto; con la loro lingua hanno tramato frode; c’è un veleno di aspidi sotto le loro labbra; la loro bocca è piena di maledizione e di amarezza; i loro piedi sono veloci a spandere il sangue; sulle loro vie c’è rovina e calamità, e non hanno conosciuto la via della pace. Non c’è il timore di Dio davanti ai loro occhi’. Or noi sappiamo che tutto quello che la legge dice, lo dice a quelli che sono sotto la legge, affinché ogni bocca sia chiusa e tutto il mondo sia sottoposto al giudizio di Dio; perché per le opere della legge nessuno sarà giustificato davanti a lui; infatti la legge dà solo la conoscenza del peccato” (Romani 3:10-20).

La violenza e i disastri in vari luoghi sono indicazione di ciò che grava sul capo di tutti noi

Quali che siano le cause di ciò che di tragico avviene in questo mondo (ed è comunque una costante di ogni tempo e paese), la tragica realtà, che ci piaccia o meno, dice Gesù: “allo stesso modo perirete” (vv. 3,5). Questo per noi suona un messaggio negativo, pessimista, e persino assurdo. Gesù però non ha timore di presentare ai Suoi discepoli la realtà. Gesù, e con Lui la predicazione cristiana fedele alle Sacre Scritture, insiste sul fatto che Dio non scherza affatto o minimizza quando dice che il peccato prima o poi avrà tragiche conseguenze se non ce ne ravvediamo – perché periremo! Non esiste una grazia a buon mercato, nessun “buon Dio” che passi sopra alle trasgressioni della Sua santa e giusta legge senza eseguirne la sentenza.

La Scrittura ne dà diversi esempi. Dio “riducendo in cenere le città di Sodoma e Gomorra, le condannò alla distruzione perché servissero d’esempio a quelli che in avvenire avrebbero vissuto empiamente” (2 Pietro 2:6), così a suo tempo farà con l’umanità che non si ravvede.

La Scrittura anche precisa quale fosse l’espressione particolare del peccato di Sodoma e Gomorra. Dice: “Allo stesso modo Sodoma e Gomorra e le città vicine essendosi abbandonate alla fornicazione nella stessa maniera di costoro ed essendo andate dietro a vizi contro natura, sono poste come esempio, portando la pena di un fuoco eterno” (Giuda 7). Esse sono state condannate. Pensa forse qualcuno di evitare una simile condanna, magari con la nostra capacità a giustificarci? L’esecuzione del giudizio di Dio, dice Gesù, è solo questione di tempo. Quel giorno verrà all’improvviso “come un laccio, perché verrà sopra tutti quelli che abitano sulla faccia di tutta la terra” (Luca 21:35).

È necessario il ravvedimento collettivo se desideriamo che la nostra società sopravviva

Come si può evitare tutto questo? Imparando la lezione e, sia a livello collettivo, nazionale, che a livello individuale, imparare la lezione e giungere a un sincero ravvedimento, prima che sia troppo tardi.

Qual è il nostro atteggiamento verso Dio e verso la Bibbia? Forse di derisione e di sufficienza, ritenendo magari che non ci sia o che non porti a compimento quanto ha promesso? Spesso noi ci riteniamo più saggi e intelligenti di Dio stesso e riteniamo di saperla più lunga di quanto la Bibbia afferma! Dobbiamo ravvedercene, prima che sia troppo tardi.

Qual è nostro atteggiamento verso l’immoralità dilagante a livello politico e sociale, che ci vede ipocritamente scandalizzati o compiacenti? Non rammentiamo quanto Iddio disse al Suo popolo? “Il mio popolo consulta i suoi idoli di legno e il suo bastone gli dà istruzioni; poiché lo spirito della prostituzione li svia, ed essi si prostituiscono, sottraendosi al suo DIO. Sacrificano sulle cime dei monti bruciano incenso…” (Osea 4:12,13). Dobbiamo ravvedercene, prima che sia troppo tardi.

Che possiamo dire a proposito della nostra avidità e del nostro insensibile egoismo? Riteniamo che rimanga vincente la legge del più furbo e del più forte? Che la giustizia di Dio non abbia prima o poi corso? Dobbiamo ravvedercene, prima che sia troppo tardi. Che possiamo poi dire a proposito delle nostre nazionali menzogne e ipocrisie? Pensiamo che non siano mai scoperte o che non abbiano prima o poi tragiche conseguenze? Dobbiamo ravvedercene, prima che sia troppo tardi.

Per essere salvati è necessario il ravvedimento a livello personale

Il ravvedimento nazionale non può che passare attraverso il necessario ravvedimento a livello individuale. La Scrittura dice: “Dio, dunque, passando sopra ai tempi dell’ignoranza, ora comanda agli uomini che tutti, in ogni luogo, si ravvedano. Perché ha fissato un giorno nel quale giudicherà il mondo con giustizia, per mezzo dell’uomo che egli ha stabilito; del che ha fatto fede a tutti, avendolo risuscitato dai morti” (Atti 17:30,31).

Dobbiamo ravvederci dei nostri peccati, ma soprattutto da quello fondamentale: quello dell’empietà, cioè di non aver dato a Dio la gloria e l’onore che Gli è dovuta, voltandogli le spalle, vivendo come se non esistesse, disprezzando e trasgredendo la Sua santa legge. Dobbiamo riporre seriamente la nostra fiducia nella persona e nell’opera redentrice di Gesù Cristo, il Figlio di Dio. Egli, infatti, è il solo possibile mezzo che Dio abbia stabilito per la nostra riabilitazione davanti a Lui. Egli è Colui che si è offerto di prendere su di Sé la condanna che noi avremmo dovuto subire per esserne così liberati. Dobbiamo seguire il Signore Gesù confessandolo apertamente e ubbidendo a tutto ciò che Egli ci ha insegnato. Gesù, infatti, non è solo mezzo di perdono, ma la via verace che dobbiamo seguire per poter vivere veramente. Dobbiamo unirci con comunità cristiane fedeli che diffondano il messaggio dell’Evangelo nel mondo e cooperare con loro secondo i nostri doni, perché è proprio “la follia della predicazione” che Dio ha stabilito per poter diffondere nel mondo la medicina dei suoi mali.

La pazienza di Dio con nazioni e individui non durerà per sempre

In ogni caso il ravvedimento e la fede sono urgenti. La pazienza di Dio non durerà per sempre. È Gesù stesso che al riguardo, fornisce esempi. La pazienza di Dio era giunta a termine con Israele. “Gerusalemme, Gerusalemme, che uccidi i profeti e lapidi coloro che ti sono mandati! Quante volte ho voluto raccogliere i tuoi figli come la gallina raccoglie i suoi pulcini sotto le ali, e voi non avete voluto! Ecco, la vostra casa vi è lasciata deserta” (Matteo

23:37). La pazienza di Dio non durerà per sempre con noi. Il tempo della grazia verrà alla fine. Non sappiamo quando, ma alla fine verrà. Possiamo permetterci di rimandare quanto Iddio chiede a noi per la nostra salvezza? La Scrittura dice: “Il Signore non ritarda l’adempimento della sua promessa, come alcuni reputano che faccia; ma è paziente verso di noi non volendo che alcuni periscano, ma che tutti giungano a ravvedimento” (2 Pietro 3:9).

Non dobbiamo cullarci in false sicurezze. Ascoltate che cosa dice la Bibbia: “Allora tu dirai: Sono stati troncati dei rami perché io fossi innestato. Bene: sono stati troncati per la loro incredulità, e tu sussisti per la fede; non t’insuperbire, ma temi. Perché se Dio non ha risparmiato i rami naturali, non risparmierà neppur te. Considera dunque la bontà e la severità di Dio; la severità verso quelli che son caduti; ma verso te la bontà di Dio, se perseveri nella sua bontà; altrimenti, anche tu sarai reciso” (Romani 11:19-22).

Conclusione

Quanti fatti tragici avvengono dunque nel nostro mondo, quanti crimini che rimangono impuniti. Avvenivano pure un tempo e anche i primi discepoli di Gesù si interrogavano, e interrogavano Gesù a loro riguardo. Essi devono essere tutti portati davanti ai tribunali della giustizia terrena, come Dio stesso stabilisce nella Sua Parola, “perché il magistrato è un ministro di Dio per il tuo bene; ma se fai quel ch’è male, temi, perché egli non porta la spada invano; poiché egli è un ministro di Dio, per infliggere una giusta punizione contro colui che fa il male” (Romani 13:4). Quand’anche, però, i crimini di lesa maestà e le trasgressioni contro la legge di Dio non siano sanzionati, essi tutti lo saranno di fronte al tribunale di Dio dell’ultimo giorno. Gesù, nel nostro testo, non intende fare discussioni accademiche e non risponde a queste domande che i Suoi discepoli Gli pongono. Presuppone la validità di quanto Dio ha stabilito nella Sua legge proclamata da Mosè. Qui dice molto solennemente: “Attenzione: i lamentevoli fatti della cronaca ci devono interrogare a livello esistenziale, devono diventare per noi una lezione da apprendere. Lo faremo? La giustizia terrena è importante, ma ci sono questioni ancora più fondamentali della giustizia terrena! Non possiamo ignorarle, perché prima o poi ci cadranno addosso!

Paolo Castellina, rielaborazione del 13-3-2022 di una mia predicazione del 22-7-1998.