Domenica 24 Dicembre 2023 – Quarta di Avvento
(Culto completo con predicazione, 53′ 26″)
(Solo predicazione, 34′ 26″)
Quando persone sapienti ed istruite vengono con fede a Gesù
L’episodio evangelico della visita che i magi dall’Oriente rendono a Gesù bambino è ben noto. La sua notorietà, però, come accade, ci fa spesso mancare di comprendere il suo senso ultimo, il suo messaggio di fondo, così come l’evangelista ce l’ha trasmesso. Oggi lo analizzeremo. Lo troviamo nel capitolo 2 di Matteo e ne scopriremo l’immutata rilevanza. In che modo Dio ci parla tramite quel racconto?
È tradizione a Natale scambiarsi regali. La buona intenzione c’è, ma spesso si tratta di oggetti di scarsa utilità. Una vignetta umoristica che ho visto recentemente mostra la scena tradizionale della natività di Gesù. Subito dopo l’arrivo dei Magi, i sapienti d’Oriente che portano a Maria e Giuseppe i loro doni: oro, incenso e mirra, si presentano tre donne con i loro doni: pannolini, latte in polvere e uno stufato caldo di cibo per Maria e Giuseppe. Al che Maria esclama: “Magnifico, grazie, questo ci sarà molto più utile!”. Già, che se ne facevano nella loro condizione, di oro, incenso e mirra?
Al di là della battuta, vorrei oggi analizzare il messaggio contenuto nel popolare racconto della visita dei magi d’Oriente come ci viene narrato da Matteo all’inizio del capitolo 2 del suo vangelo. È un racconto ben noto della tradizione natalizia ma che proprio per questo rischia di essere banalizzato facendoci sfuggire il senso preciso che l’evangelista Matteo voleva darci attraverso quel testo che, soprattutto, è e rimane anche per noi Parola di Dio. Si tratta infatti di un messaggio rivolto particolarmente alle persone sapienti ed istruite di questo mondo. In che modo? Ascoltiamolo.
“(1) Essendo Gesù nato a Betlemme di Giudea, all’epoca del re Erode, dei magi d’Oriente arrivarono a Gerusalemme, dicendo: (2) “Dov’è il re dei Giudei che è nato? Poiché noi abbiamo visto la sua stella in Oriente e siamo venuti per adorarlo”. (3) Udito questo, il re Erode fu turbato e tutta Gerusalemme con lui. (4) Radunati tutti i capi sacerdoti e gli scribi del popolo, s’informò da loro dove il Cristo doveva nascere. (5) Essi gli dissero: “In Betlemme di Giudea, poiché così è scritto per mezzo del profeta: (6) ‘E tu, Betlemme, terra di Giuda, non sei affatto la minima fra le città principali di Giuda; perché da te uscirà un Principe, che pascerà il mio popolo Israele’”. (7) Allora Erode, chiamati di nascosto i magi, s’informò esattamente da loro del tempo in cui la stella era apparsa (8) e, mandandoli a Betlemme, disse loro: “Andate, domandate diligentemente del bambino e, quando lo avrete trovato, fatemelo sapere, affinché venga anche io ad adorarlo”. (9) Essi dunque, udito il re, partirono e la stella che avevano visto in Oriente andava davanti a loro, finché, giunta al luogo dov’era il bambino, vi si fermò sopra. (10) Essi, vista la stella, si rallegrarono di grandissima gioia. (11) Ed entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre e, prostratisi, lo adorarono e, aperti i loro tesori, gli offrirono dei doni: oro, incenso e mirra. (12) Poi, essendo stati divinamente avvertiti in sogno di non ripassare da Erode, tornarono al loro paese per altra via” (Matteo 2:1-12).
Speranza anche per gli eruditi
Il racconto che ci propone l’evangelista Matteo sull’arrivo dei sapienti dall’Oriente che vengono a rendere omaggio al neonato Salvatore del mondo, si può forse dire che sia stato meglio apprezzato nel corso della storia da poeti ed artisti più che dagli studiosi. Questi ultimi, infatti, tendono ad esaminarlo per così dire al microscopio non cogliendone spesso il senso complessivo. Perché i poeti e gli artisti? Perché essi si avvicinano alle Sacre Scritture con meraviglia e affetto, con il cuore. Lo studioso si avvicina alle Scritture generalmente in modo sistematico e analitico, con la testa. Entrambi hanno certo la loro funzione. Uno scienziato “senza cuore” è come una macchina senza cuore, una sorta di intelligenza artificiale priva di umani sentimenti. Questo racconto illustra come il Cristo arricchisca tutti coloro che vengono a Lui “con il cuore”, eruditi compresi. Quei Magi, benché fossero in quei tempi come dei ricercatori scientifici, non cercavano, infatti, una conoscenza fine a sé stessa, ma miravano ad una conoscenza pratica che avesse potuto dare speranza al mondo. Non avevano messo la loro sapienza, prostituendola, al servizio dei potenti, né di interessi economici, ma a beneficio del mondo. Per questo Dio concede loro di trovare la speranza del mondo: il Salvatore Gesù Cristo. È così che essi, a differenza di certi loro “colleghi” limitati da pregiudizi e mossi solo da interessi privati, scoprono cose meravigliose e si rallegrano di grandissima gioia.
Il racconto parallelo dell’evangelista Luca pone la nascita di Gesù nel contesto dell’accoglienza che gli riserva povera gente in un ambiente umile (pastori, una stalla). Matteo non ignora questo ma mette in evidenza come quella nascita venga apprezzata pure da persone erudite e di grandi risorse che non temono di abbassarsi per trovare il Salvatore dove pochi lo andrebbero a cercare. I Magi prima si rivolgono ad autorità politiche e religiose, “i potenti” di questo mondo, ma ne saranno ben presto delusi perché queste si riveleranno ostili e disutili alla loro ricerca. In questo la critica sociale di Matteo è diretta ed esplicita. Mentre poi i pastori venivano da vicino come i privilegiati della divina rivelazione, i magi venivano da lontano. Gli eruditi di questo mondo investigano altezze e profondità ma non trovano quello che cercano se non quando sono guidati dalla “stella” di Dio che “telemetricamente” fa loro raggiungere il luogo preciso.
La visita di quei sapienti era avvenuta probabilmente un certo tempo dopo la nascita stessa di Gesù. Maria e Giuseppe erano rimasti nelle vicinanze di Betlemme e vi avevano trovato casa finché Gesù non fosse circonciso secondo la Legge di Mosè e presentato al tempio. Maria aveva bisogno di tempo per riprendersi dal parto prima di recarsi a Nazareth. Questo però dà ai Magi il tempo necessario per trovare l’oggetto delle loro ricerche. “… affinché cerchino Dio, se mai giungano a trovarlo, come a tastoni, benché egli non sia lontano da ciascuno di noi” (Atti 17:27).
La vicenda di Gesù, fin dall’inizio, comporta molti paralleli con quella dello stesso popolo di Dio e con Mosè [1]. Matteo intende chiaramente farci notare questi paralleli [2]. Tuttavia, dobbiamo ricordare questa differenza significativa: mentre Mosè (sotto la direzione di Dio) salva Israele dalla sua schiavitù, Gesù salverà dai loro peccati non solo Israele, ma anche persone di altri popoli e nazioni, come i Magi.
Dov’è il re dei Giudei che è nato?
“Essendo Gesù nato a Betlemme di Giudea, all’epoca del re Erode, dei magi d’Oriente arrivarono a Gerusalemme” (1).
È il tempo di Erode il Grande. I suoi figli, Erode Archelao, Erode Filippo ed Erode Antipa, succederanno al padre alla sua morte nel 4 a.C. Erode il Grande era stato, sotto molti aspetti, un re davvero grande. Aveva mantenuto la pace, ricostruito il Tempio. A volte era stato persino generoso. Tuttavia, Erode era sinceramente paranoico: uccideva rivali, reali o immaginari. Aveva ucciso sua moglie Mariamne e tre dei suoi figli. Augusto, l’imperatore romano, una volta aveva detto che era più sicuro essere il maiale di Erode che il figlio di Erode. Avvicinandosi alla morte, Erode fa arrestare e imprigionare un gruppo di cittadini d’élite di Gerusalemme, con l’ordine che nel momento della sua morte fossero uccisi in modo che qualche lacrima fosse versata quando sarebbe morto. La famosa strage degli innocenti (2:16-18) era quindi molto in linea con il carattere di Erode.
Dei personaggi che venivano dall’Oriente e che traduciamo con “magi” sappiamo poco. Erano probabilmente membri di una casta sacerdotale dell’antica Persia, forse seguaci di Zoroastro. Non erano “re”, benché la tradizione ci dica così [3]. Consideriamo questi magi astrologi perché osservavano il moto delle stelle (v. 2), e l’astrologia era considerata un’occupazione dotta. Tuttavia, dal punto di vista del popolo ebraico, i magi guardavano alle stelle per trovare risposte che provengono legittimamente solo da Dio [5]. Come nota a margine, l’astrologia e gli oroscopi sono ancora popolari. Il fatto che Matteo tratti questi magi con compiacimento non significa che l’astrologia o gli oroscopi siano legittimi. Costituiscono un sistema religioso alternativo, incompatibile con la fede cristiana, perché attribuiscono troppa importanza al movimento delle stelle. Dio ha il controllo, non le stelle. L’uso di una stella da parte di Dio per guidare questi magi verso Gesù era stata una cosa irripetibile. I principali mezzi di rivelazione di Dio sono i profeti, le Scritture e il Figlio di Dio, non le stelle…
La cosa più importante qui che Matteo mette in evidenza è che i magi non sono ebrei. Il vangelo di Matteo è molto ebraico, ma introduce il concetto che Gesù è venuto per il mondo intero, e non solo per gli ebrei. Matteo termina il suo vangelo con il mandato di Gesù: “Andate dunque e fate miei discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo” (28:19). Rilevante qui è pure il contrasto tra questi pagani, che seguono la stella verso Gesù, e i capi sacerdoti e gli scribi, che conoscono le Scritture ma non fanno nulla per cercare il Messia, che nasce molto vicino a loro. Il popolo di Dio così ignora il Messia, mentre dei pagani lo cercano avidamente. Matteo include nel suo vangelo molti episodi di pagani che vengono con fede a Gesù. L’Evangelo, pur onorando l’ebraismo come “culla” di Gesù, annulla ogni distinzione nazionale, ma anche di condizione sociale. Gesù dice ancora oggi: “Tutto quello che il Padre mi dà, verrà a me e colui che viene a me, io non lo caccerò fuori” (Giovanni 6:37). Facciamo noi delle discriminazioni?
Infine pensiamo ai saggi come a tre perché fanno tre doni, ma potrebbero essere qualsiasi numero. La tradizione li chiama Melchiorre, Gaspare e Baldassarre, ma quei nomi non si trovano nelle Scritture. Appaiono di fatto per la prima volta in un mosaico in una chiesa del VI secolo a Ravenna, in Italia.
“Dov’è il re dei Giudei che è nato? Poiché noi abbiamo visto la sua stella in Oriente e siamo venuti per adorarlo” (2). I Magi pongono questa domanda alla corte di Erode, una mossa imprudente, data la reputazione di Erode di paranoia e violenza, ma essi non lo sanno. Si illudono sulla buona fede delle autorità politiche e religiose locali e Dio stesso farà in modo che non ci ritornino più. Tuttavia neppure Erode lo sa e se ne informa lui stesso. Erode se ne preoccupa perché non vorrebbe concorrenti. In ogni caso, Matteo ritiene importante stabilire che Gesù è effettivamente il re dei Giudei.
Sulla questione della stella non ha senso cercare di specularci su, benché alcuni studiosi abbiano cercato di identificarla. Si tratta di un segno dato dato loro da Dio con modalità per loro rilevanti, così come Dio può ancora parlarci attraverso circostanze per noi personalmente significative e che altri potrebbero non considerare tali o non comprendere. L’importante è che essi giungano dove Dio vuole che essi giungano e riconoscano, come il centurione ai piedi della croce: “Veramente quest’uomo era Figlio di Dio!” (Marco 15:39) e gli rendano veramente l’onore e la gloria che gli sono dovuti – il che vuol dire adorarlo. Non ingannevolmente come Erode che aveva detto: “Andate, domandate diligentemente del bambino e, quando lo avrete trovato, fatemelo sapere, affinché venga anche io ad adorarlo” (8).
Il potere cerca di preservare sé stesso
“Udito questo, il re Erode fu turbato e tutta Gerusalemme con lui. Radunati tutti i capi sacerdoti e gli scribi del popolo, s’informò da loro dove il Cristo doveva nascere. Essi gli dissero: “In Betlemme di Giudea, poiché così è scritto per mezzo del profeta: ‘E tu, Betlemme, terra di Giuda, non sei affatto la minima fra le città principali di Giuda; perché da te uscirà un Principe, che pascerà il mio popolo Israele’”. Allora Erode, chiamati di nascosto i magi, s’informò esattamente da loro del tempo in cui la stella era apparsa e, mandandoli a Betlemme, disse loro: “Andate, domandate diligentemente del bambino e, quando lo avrete trovato, fatemelo sapere, affinché venga anche io ad adorarlo” (3-8).
Perché Erode era stato turbato per la nascita di un bambino? Forse era per paranoia. Erode aveva fatto uccidere qualsiasi potenziale rivale al suo trono, anche i membri della sua stessa famiglia. Il potere impone sé stesso con la forza e vuole preservarsi contro un qualsiasi anche potenziale avversario. Lo fanno anche oggi i potentati politici ed economici e senza alcuno scrupolo. La famiglia di Erode aveva dominato la zona per un secolo e mezzo e pensava di essere eterno come ogni aspirante impero. Anche se Erode non era una persona religiosa temeva che un re ordinato da Dio fosse nato per prendere in futuro il suo posto.
“Tutta Gerusalemme” indica i suoi servi e clienti che avrebbero perduto i loro privilegi. Le classi dirigenti così si riuniscono per esaminare la cosa. Sarebbero state le stesse che si sarebbero opposte a Gesù, adulto, la cui popolarità sembrava minacciarli e avrebbero complottato per liberarsene. Vengono così consultati gli esperti (scribi e capi religiosi) per esaminare se vi fosse scritto nelle profezie qualcosa del genere, dove sarebbe nato il Messia, vero re dei Giudei. Anche le persone irreligiose consultano la religione perché “non si sa mai”. L’indicazione dei profeti parla, in effetti, di Betlemme, patria della dinastia davidica. Era allora una cittadina di poco conto, ma l’indicazione era chiara. Matteo stabilisce non solo che i profeti avevano predetto la nascita di Gesù a Betlemme, ma anche che l’establishment religioso aveva motivo di capire cosa sarebbe successo, tuttavia non fa nulla al riguardo, anzi lo vorrebbe impedire!
I magi stessi vengono consultati ed essi vedono nei movimenti degli astri che qualcosa di significativo stava per accadere. Indicazioni precise, però, sarebbero venute dalla consultazione delle Sacre Scritture – per questo erano venuti a Gerusalemme, centro del culto ebraico. Erode, così, li manda per investigare e poi tornare per riferirgli l’esito. Dice loro che vorrebbe condividere la loro gioia. In realtà vuole uccidere il bambino che mette in pericolo il suo trono. Invece di inviare le sue truppe a Betlemme, cosa che potrebbe allertare la popolazione di Betlemme e consentire al bambino e alla famiglia di scappare, Erode decide di coinvolgere gli ignari sapienti stranieri nel suo tradimento. Si renderà poi così responsabile della mattanza di tutti i bambini di Betlemme, così come fa l’attuale governo dello Stato di Israele che non teme di fare stragi di palestinesi innocenti, fra cui moltissimi bambini, potenziali “terroristi di Hamas” che potrebbero un giorno combatterlo. Gli sforzi di Erode si riveleranno però vani, perché Dio avvertirà sia i magi che Giuseppe, che fuggirà in Egitto con la sua piccola famiglia (2:13-15). Il tradimento che Gesù subirà più avanti nella sua vita inizia nella sua infanzia, così come l’ipocrisia dei suoi nemici.
Il dono e i doni
“Essi dunque, udito il re, partirono e la stella che avevano visto in Oriente andava davanti a loro, finché, giunta al luogo dov’era il bambino, vi si fermò sopra. Essi, vista la stella, si rallegrarono di grandissima gioia. Ed entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre e, prostratisi, lo adorarono e, aperti i loro tesori, gli offrirono dei doni: oro, incenso e mirra” (9-11).
È Dio stesso, così, che fornisce ai Magi indicazioni sufficienti per raggiungere quella casa. I segni celesti non sono apparenti né significativi per tutti. Nella vita del figliolo di Dio, di chi è eletto alla grazia della salvezza, provvidenzialmente Dio fa cooperare ogni cosa al suo bene: “Or sappiamo che tutte le cose cooperano al bene di quelli che amano Dio, i quali sono chiamati secondo il suo proposito” (Romani 8:28). Erode e la sua corte a quell’annuncio sono spaventati perché temono chi potrebbe pregiudicare il loro potere. I magi non hanno altri interessi se non quello di trovare la speranza del mondo e, trovatala su indicazione di Dio, “si rallegrarono di grandissima gioia”.
I magi non arrivano subito da Gesù dopo la sua nascita. È passato del tempo dalla sua nascita. Alcuni studiosi dicono persino due anni. Giuseppe non è presente in quella circostanza. “… e, prostratisi, lo adorarono”. Essi si inginocchiano davanti a Gesù, anticipando il giorno in cui “… nel nome di Gesù si piega ogni ginocchio nei cieli, sulla terra e sotto la terra e ogni lingua confessa che Gesù Cristo è il Signore, alla gloria di Dio Padre” (Filippesi 2:10-11).
I doni che portano sembrano strani per un bambino e sua madre. Ci aspetteremmo ben altro e “di più utile”. Oro, incenso e mirra, però, parlano del futuro di Gesù, sono doni profetici che annunciano il suo futuro ministero di re, sacerdote e profeta. L’oro è un dono degno di un re. L’incenso è usato nel culto del tempio (Esodo 30:34), un dono adatto a un sacerdote. Il sommo sacerdote usava la mirra come olio per l’unzione (Esodo 30:23). Veniva anche utilizzato per preparare i corpi per la sepoltura e Nicodemo porterà una miscela di aloe e mirra per preparare il corpo di Gesù per la sepoltura (Giovanni 19:39-40). Oro, incenso e mirra non sono solo regali costosi, ma sono anche portatili. Molto presto (2:13) un angelo dirà a Giuseppe di fuggire da Erode. Giuseppe non potrà prendere molti beni, ma potrà portare oro, incenso e mirra magari da vendere lungo la strada e finanziare così il viaggio in Egitto. Forse questi doni sono il modo in cui Dio provvede al viaggio che li aspetta.
Conclusione
“Poi, essendo stati divinamente avvertiti in sogno di non ripassare da Erode, tornarono al loro paese per altra via” (12). Per quanto ci provi, Erode non può far fallire il piano di Dio per la salvezza del mondo attraverso la persona, opera ed insegnamento di Gesù. Gli Erode di questo mondo non possono competere con Dio, o con il popolo di Dio, non possono pregiudicare i propositi di Dio. Dio illumina questi sapienti magi riguardo alle intenzioni di Erode, così essi evitano Erode sulla via di casa. Certo, le autorità politiche e religiose servono, devono essere rispettate, ma solo fino ad un certo punto… Sono pericolose e la loro funzione deve essere ridotta al minimo, come lo deve essere lo Stato o le istituzioni religiose perché non abusino del loro potere. I magi, così, ritornano al loro paese per un’altra via. In altre parole, non utilizzano il percorso previsto, ma scelgono un percorso alternativo progettato per aggirare Erode e i suoi servi.
Con Gesù e in Gesù “qualcosa” di decisivo è avvenuto per la storia umana e per ciascuno di noi. I Magi non erano degli ingenui e dei creduloni, erano persone sagge e istruite che, abbandonando ogni pregiudizio e offrendo le loro conoscenze per dare speranza al mondo, erano venute da lontano per trovare Gesù, il futuro Salvatore del mondo. L’auspicio è che anche oggi persone sagge ed istruite comprendano per grazia di Dio che Gesù è davvero il solo possibile Salvatore del mondo e che, confrontandosi con le Sacre Scritture, vengano a Lui con fiducia.
Paolo Castellina, 13 dicembre 2023
Note
[1 ] Esistono numerosi parallelismi importanti tra le storie di Mosè e Gesù: (1) Il Faraone ordinò che tutti i neonati ebrei fossero uccisi (Esodo 1:16, 22), proprio come fa Erode (2:16-18). Il piccolo Mosè era in pericolo, proprio come il bambino Gesù. (2) Mosè fu salvato dall’intervento della figlia del Faraone (Esodo 2:1-10), proprio come Gesù fu salvato da un sogno che avvertiva Giuseppe e Maria di fuggire (v. 11). (3) Da giovane, Mosè, temendo per la sua vita, fuggì dal Faraone (Esodo 2:15). (4) Il Signore disse a Mosè: “Torna in Egitto; perché tutti quelli che cercavano la tua vita sono morti» (Esodo 4,19), proprio come un angelo dirà a Giuseppe: «Alzati, prendi con te il bambino e sua madre e va’ nel paese d’Israele, perché quelli che erano cercando la vita del bambino sono morti” (Matteo 2:19-20).
[2] Un’altra allusione all’Antico Testamento ha a che fare con la storia di Balak e Balaam in Numeri 22-24. Ci sono almeno quattro parallelismi tra quella storia e la storia dei Magi: (1) Un re malvagio (Balak); (2) un indovino pagano (Balaam); (3) L’intervento di Dio per sventare il piano del re; (4) una stella (Numeri 24:17).
[4] La parola “re” potrebbe derivare da Salmo 72:10, che parla dei re di Tarsis che rendono tributi e dei re di Saba e Seba che portano doni. Vedi anche Isaia 60:6, che racconta del popolo di Saba che portava oro e incenso. Ciò ricorda la visita della regina di Saba a Salomone (che, come Gesù, era figlio di Davide) e i suoi doni di oro, spezie e pietre preziose (1 Re 10:1-10), ma il versetto di Isaia è orientato al futuro e punta ai doni che questi magoi portano a Gesù.
[5] La parola magi si trova anche in Atti 8:9-24 e 13:6-11, dove è tradotto mago o stregone. Dal punto di vista del popolo ebraico, i magi praticano la magia utilizzando poteri demoniaci. Sono lontani dal regno di Dio, il che rende questi magi particolarmente utili per gli scopi di Matteo poiché mostra come il Messia porta la salvezza anche ai Gentili, anche ai Gentili che potrebbero essere maghi o stregoni.