Domenica 29 Settembre 2024, diciottesima domenica dopo quella dedicata alla Trinità
[Servizio di culto completo con predicazione, 58′]
[Solo predicazione, 31′]
Gente sanguinaria che edifica templi
Lo spargimento di sangue è una costante nella storia dell’umanità fin dal tempo di Caino e Abele. Sembra che non si riesca ad uscirne se non con l’estinzione dell’umanità stessa nella sua interezza – cosa, per altro, potenzialmente possibile, viste le armi di distruzione di massa oggi in possesso delle nazioni sempre sul punto di essere attivate. Fra queste persone sanguinarie o fra coloro che più o meno consapevolmente ne sono complici, vi è chi fa professione di religiosità e vuole onorare Dio. La domanda che ora ci vogliamo porre così è: Dio ascolta queste persone e risponde loro favorevolmente, ciononostante? Si può essere, cioè, “persone religiose”, voler edificare templi o cattedrali in onore di Dio e, nel contempo, essere sanguinari e abili nell’arte della guerra?
‘Tu hai sparso molto sangue, e hai fatto grandi guerre; tu non costruirai una casa al mio nome, poiché hai sparso molto sangue sulla terra, davanti a me”. Questo aveva detto Dio, tramite una parola profetica, non ad un uomo qualunque, ma a Davide, quello che per altro è considerato il più grande re dell’antico Israele.
Togliendogli il regno, il profeta Samuele dice all’infedele re Saul: “l’Eterno si è cercato un uomo secondo il suo cuore, e l’Eterno lo ha destinato a essere principe del suo popolo, poiché tu non hai osservato quello che l’Eterno ti aveva ordinato” (1 Samuele 13:14). Quell’uomo “secondo il cuore di Dio” era Davide. A suo tempo si sarebbe proposto di far edificare a Gerusalemme un grande tempio in onore di Dio, il Dio vero e vivente. Per esso avrebbe fatto grandi preparativi, ma quella costruzione Dio gliela nega. L’avrebbe edificata più avanti nel tempo solo suo figlio Salomone, un “uomo di pace”. Salomone portava nel nome stesso che aveva ricevuto il presagio del carattere che avrebbe manifestato, quello della shalom, appunto la pace.
Certo, Davide aveva avuto molte giustificazioni per le guerre in cui aveva ingaggiato la sua gente come autorità legittima del suo paese. Per queste guerre aveva anche ricevuto, in una certa qual misura, la benedizione del Signore. Di giustificazioni per le guerre, infatti, se ne trovano sempre a tutt’oggi, e condotte pure con metodi efferati. Per Davide si trattava allora di consolidare il suo dominio su un territorio, la terra promessa, di fronte a molti nemici. Davide, in ogni caso, aveva pure colpevolmente versato molto sangue innocente.
Un tempio dedicato a Jahvè, il Dio vero e vivente, non poteva in alcun modo essere associato allo spargimento di sangue umano, a guerre e ad ingiustizie. Jahvè non è Marte, il dio pagano della guerra, e nemmeno Baal o Moloc, davanti alle cui idolatriche sembianze si facevano pure sacrifici umani. Tali “sacrifici” non mancavano mai, in onore delle loro divinità, anche in altre culture. Jahvè non è nemmeno il Dio delle guerre sante che costringa a forza a sottomettersi a lui. Jahvè è il Dio della pace e della riconciliazione, il Dio della giustizia, della Legge universale, santa, salutare e buona. Jahvè è il Dio “tre volte santo”, cioè santo al massimo grado. Un tempio dedicato al Suo nome doveva essere la rappresentazione grafica delle Sue altissime qualità e virtù, ma chi mai sarebbe stato veramente degno di edificarlo? Certo non “un uomo di sangue”.
Il tempio di Gerusalemme, per altro, sarebbe andato distrutto e ricostruito diverse volte perché lo stesso popolo eletto, gli antichi ebrei, si sarebbero dimostrati indegni di gestirlo, dimostrandosi infedeli al patto che li legava a Lui. Un tempio in muratura non sarebbe comunque più stato ricostruito e più non lo sarà perché solo l’avvento del Messia, il Signore e Salvatore Gesù Cristo, della presenza di Dio ne sarebbe stato il tempio vivente, perfetta incarnazione di tutto ciò che Dio è, “splendore della sua gloria e l’impronta della sua essenza” (Ebrei 1:3).
Non sarebbero più stati necessari templi in muratura, perché il “tempio di Dio”, testimonianza vivente della Sua pace, sarebbe stato il popolo fedele di Gesù Cristo, il Messia, “il Suo corpo” in terra in cui Dio si compiace di dimorare, composto da persone di ogni nazione, lingua e tribù. La fine dell’era dei templi sarebbe poi culminata nel nuovo cielo e nella nuova terra, di cui dice lo scrittore di Apocalisse dice: “Non vidi in essa alcun tempio, perché il Signore Dio, l’Onnipotente, e l’Agnello sono il suo tempio” (Apocalisse 21:22).
L’indegnità di uomini sanguinari
Torniamo però ora a quanto riporta il primo libro delle Cronache, al capitolo 22. Ascoltatene i versetti da 7 a 10.
“Davide disse a Salomone: “Figlio mio, io stesso avevo in cuore di costruire una casa al nome dell’Eterno, del mio Dio; ma mi fu rivolta la parola dell’Eterno, e mi fu detto: ‘Tu hai sparso molto sangue, e hai fatto grandi guerre; tu non costruirai una casa al mio nome, poiché hai sparso molto sangue sulla terra, davanti a me. Ma ecco, ti nascerà un figlio che sarà uomo di pace, e io gli darò tranquillità, liberandolo da tutti i suoi nemici circostanti. Il suo nome sarà Salomone; e io darò pace e tranquillità a Israele durante la sua vita. Egli costruirà una casa al mio nome; egli sarà figlio per me, e io sarò padre per lui; e renderò stabile il trono del suo regno sopra Israele per sempre’” (1 Cronache 22:7-10).
Proprio così: nonostante le qualità spirituali che possedeva, Davide era considerato “un uomo di sangue”, un uomo sanguinario, in ebraico: “ish damim”. Questa espressione appare in diverse occasioni nella Bibbia ebraica, solitamente con una connotazione negativa, per descrivere una persona coinvolta in atti di violenza o spargimento di sangue.
Durante la ribellione del figlio Absalom, mentre Davide fugge da Gerusalemme, Simei, un uomo della casa di Saul, apostrofa Davide chiamandolo “uomo di sangue”: “Simei, maledicendo Davide, diceva così: ‘Vattene, vattene, uomo sanguinario, scellerato! L’Eterno fa ricadere sul tuo capo tutto il sangue della casa di Saul, al posto del quale tu hai regnato; e l’Eterno ha dato il regno nelle mani di Absalom, tuo figlio; e ora hai le sciagure che ti sei meritato, perché sei un uomo sanguinario’” (2 Samuele 16:7-8). Qui, Simei accusa Davide di essere colpevole della morte di Saul e dei suoi discendenti, nonostante il testo biblico non indichi espressamente che Davide ne fosse direttamente responsabile.
Nel Salmo 26:9 Davide stesso si rivolge a Dio, descrivendo come Dio detesti i malvagi e gli uomini di sangue: “Non mettere l’anima mia in un fascio con i peccatori, né la mia vita con gli uomini di sangue”. Anche qui, l’espressione si riferisce a persone che compiono atti violenti o omicidi, condannati da Dio. Nel Salmo 55:23 scrive: “Ma tu, o Dio, farai scendere costoro nella tomba; gli uomini sanguinari e fraudolenti non arriveranno alla metà dei loro giorni; ma io confiderò in te”. Qui l'”uomo di sangue” è associato alla malvagità e alla punizione divina per coloro che vivono, senza ravvedersene, spargendo sangue e compiendo ingiustizie.
I Salmi di Davide, come l’apostolo Paolo li cita, mettono per altro bene in rilievo la corruzione e l’indegnità umana: “Non c’è alcun giusto, neppure uno. Non c’è nessuno che abbia intendimento, non c’è nessuno che cerchi Dio. Tutti si sono sviati, tutti quanti sono diventati inutili. Non c’è nessuno che pratichi la bontà, no, neppure uno. La loro gola è un sepolcro aperto; con la loro lingua tramano inganni; C’è un veleno di aspidi sotto le loro labbra. La loro bocca è piena di maledizione e di amarezza. I loro piedi sono veloci a spargere il sangue. Sulle loro vie c’è rovina e calamità, e non hanno conosciuto la via della pace” (Romani 3:10-17).
Davide è ovviamente consapevole della sua indegnità. In un altro Salmo scrive: “Chi salirà al monte dell’Eterno? e chi potrà stare nel luogo suo santo? L’uomo innocente di mani e puro di cuore, che non eleva l’animo a vanità e non giura con il proposito di ingannare. Egli riceverà benedizione dall’Eterno, e giustizia dal Dio della sua salvezza. Tale è la generazione di quelli che lo cercano, di quelli che cercano il tuo volto, o Dio di Giacobbe” (Salmo 24:3-6).
Anche se Davide è “un uomo di sangue”, la tradizione biblica non lo identifica in modo esplicito come un malvagio in base a questo epiteto, ma piuttosto lo distingue per le sue responsabilità belliche, legittime solo in quanto autorità costituita, ma sempre “discutibili”. La sua esclusione dalla costruzione del tempio è indubbiamente collegata a questa immagine di “uomo di sangue”, in quanto le sue imprese belliche, per quanto necessarie potevano essere considerate, non erano compatibili con l’opera di costruzione del tempio, simbolo di pace.
Salomone: una “pasta” diversa
Senza per altro idealizzare un essere umano, per quanto eminente, perché peccatore come tutti, il re Salomone era “di una pasta ben diversa” dagli altri. Il nostro testo biblico dice: “Ma ecco, ti nascerà un figlio che sarà uomo di pace, e io gli darò tranquillità (…) il suo nome sarà Salomone; e io darò pace e tranquillità a Israele durante la sua vita. Egli costruirà una casa al mio nome; egli sarà figlio per me, e io sarò padre per lui; e renderò stabile il trono del suo regno sopra Israele per sempre” (9-10).
Le sue aspirazioni e qualità sono messe bene in evidenza sin dall’inizio del suo regno. Ascoltate: “Salomone, figlio di Davide, si stabilì saldamente nel suo regno; l’Eterno, il suo Dio, fu con lui e lo elevò a somma grandezza. (…) In quella notte Dio apparve a Salomone, e gli disse: “Chiedi quello che vuoi che io ti dia”. Salomone rispose a Dio: “Tu hai trattato con grande benevolenza Davide, mio padre, e hai fatto regnare me al suo posto. Ora, o Eterno Iddio, si avveri la promessa che hai fatto a Davide mio padre, poiché tu mi hai costituito re di un popolo numeroso come la polvere della terra! Dammi dunque saggezza e intelligenza, affinché io sappia come comportarmi di fronte a questo popolo; poiché chi potrebbe mai amministrare la giustizia per questo tuo popolo che è così numeroso?”. E Dio disse a Salomone: ‘Poiché questo è ciò che hai nel cuore, e non hai chiesto ricchezze, né beni, né gloria, né la morte dei tuoi nemici, e nemmeno una lunga vita, ma hai chiesto per te saggezza e intelligenza per poter amministrare la giustizia per il mio popolo del quale io ti ho costituito re, la saggezza e l’intelligenza ti sono concesse; e, oltre a questo, ti darò ricchezze, beni e gloria, come non ne ebbero mai i re che ti hanno preceduto, e come non ne avrà mai nessuno dei tuoi successori’” (2 Cronache 1:1-11).
A Salomone vengono così concesse sapienza ed intelligenza e, durante il suo regno, un tempo di pace e prosperità. Sarebbe stato Salomone ad edificare in Gerusalemme il massimo tempio segno della presenza di Dio in mezzo al Suo popolo. Esso sarebbe stato il luogo della riconciliazione e dell’incontro fra Dio ed il Suo popolo, il luogo “dove salgono le tribù, le tribù dell’Eterno, secondo il decreto imposto a Israele, per celebrare il nome dell’Eterno” (Salmo 122:4). Di più, secondo le profezie, il luogo in cui: “… avverrà, negli ultimi tempi, che il monte della casa dell’Eterno si innalzerà sopra la cima dei monti, si eleverà al di sopra delle colline, e i popoli affluiranno a esso. Verranno molte nazioni e diranno: “Venite, saliamo al monte dell’Eterno e alla casa dell’Iddio di Giacobbe; egli ci insegnerà le sue vie e noi cammineremo nei suoi sentieri!”. Poiché da Sion uscirà la legge, e da Gerusalemme la parola dell’Eterno” (Michea 4:1-2).
È Salomone, così, che fa edificare in Gerusalemme il tempio al Dio vero e vivente. Egli era senza pari nella sua generazione. Era forse però perfetto nella sua santità e il solo degno di poterlo fare? Certo no, ma egli assume nella Scrittura un ruolo tipologico. L’impedimento a Davide di edificare il tempio va letto in chiave tipologica, come simbolo del passaggio dal vecchio al nuovo ordine di cose. Davide, uomo di guerre, rappresenta l’Antico Testamento, con le sue battaglie e la sua legge, mentre Salomone, uomo di pace, prefigura il Cristo, portatore della nuova alleanza e della pace spirituale, di un nuovo modo di fare le cose. Davide e Salomone diventano simboli dei due momenti della storia della salvezza: uno segnato dalla lotta contro il peccato e l’altro dalla realizzazione della pace definitiva nel Regno di Dio. Gesù avrebbe detto un giorno: “La regina del mezzogiorno risusciterà nel giudizio con questa generazione e la condannerà, perché lei venne dalle estremità della terra per udire la sapienza di Salomone; ed ecco, qui c’è più che Salomone!” (Matteo 12:42). Chi era quel “uno più di Salomone”? Gesù.
Qualcuno più grande di Salomone
Un tempio in muratura sarebbe così scomparso per sempre. Dove si sarebbe recato così il popolo di Dio per incontrarsi “in udienza” con Lui, riconciliarsi con Lui e godere dei privilegi della costante comunione con Lui? In Cristo Gesù. Egli è il tempio vivente di Dio, per tutti i popoli. Gesù disse: “’Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere’. Allora i Giudei dissero: ‘Quarantasei anni è durata la costruzione di questo tempio e tu lo faresti risorgere in tre giorni?’. Ma egli parlava del tempio del suo corpo” (Giovanni 2:19-21). Ricordate, poi l’‘incontro di Gesù con la Samaritana? “’I nostri padri hanno adorato su questo monte, ma voi dite che è a Gerusalemme il luogo dove bisogna adorare”. Gesù le disse: ‘Donna, credimi; l’ora viene che né su questo monte né a Gerusalemme adorerete il Padre. Voi adorate quel che non conoscete; noi adoriamo quel che conosciamo, perché la salvezza viene dai Giudei. Ma l’ora viene, anzi è già venuta, che i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità, poiché tali sono gli adoratori che il Padre richiede. Dio è Spirito e quelli che l’adorano bisogna che lo adorino in spirito e verità’. La donna gli disse: ‘Io so che il Messia (che è chiamato Cristo) deve venire; quando sarà venuto, ci annuncerà ogni cosa’. Gesù le disse: ‘Sono io che ti parlo!’” (Giovanni 4:20-26).
Gesù soltanto è degno di edificare un tempio a Dio, anzi, di essere il tempio di Dio. Egli solo è chiamato “Consigliere ammirabile, Dio potente, Padre eterno, Principe della pace” (Isaia 9:5). Di Lui solo si può dire che: “non aveva commesso violenze né c’era stato inganno nella sua bocca” (Isaia 53:9). Come pure è scritto: “Infatti a noi si addiceva un sacerdote come quello: santo, innocente, immacolato, separato dai peccatori ed elevato al disopra dei cieli” (Ebrei 7:26); e ancora: “Colui che non ha conosciuto peccato, egli l’ha fatto essere peccato per noi, affinché noi diventassimo giustizia di Dio in lui” (2 Corinzi 5:29).
Non solo il Cristo è il tempio di Dio nel quale possiamo incontrarci con Lui. Colui che in nessun modo può essere associato alla violenza, ma è il solo che possa purificare il nostro cuore e liberarlo dallo spirito violento e guerrafondaio. È, infatti, del Cristo di cui parla il profeta Isaia quando scrive: “Egli giudicherà tra nazione e nazione e sarà l’arbitro fra molti popoli; essi, con le loro spade, costruiranno vomeri di aratro e, con le loro lance, falci; una nazione non alzerà più la spada contro un’altra e non impareranno più la guerra” (Isaia 2:4).
Solo autentici discepoli del Salvatore Gesù Cristo guariscono dallo spirito violento e guerrafondaio e sono resi degni di essere viventi templi di Dio. Ogni altro “tempio” verrà distrutto.
Paolo Castellina, 20 Settembre 2024.