Perché lo stai facendo? (Giovanni 12:1-8)

Domenica 3 Aprile 2022 – Quinta domenica di Quaresima

(Culto completo con predicazione 52′)

>

(Solo predicazione)

Introduzione alle letture bibliche di oggi

[Letture bibliche: Salmo 126; Isaia 43:16-21; Filippesi 3:4-14; Giovanni 12:1-8]

Immaginiamo una persona che, liberata da una prigione in cui era rinchiuso, intraprende un lungo cammino per tornare a casa, la sua meta finale. Questa potrebbe essere un’immagine della vita cristiana. Liberati per la grazia di Dio in Gesù Cristo dall’asservimento al peccato camminiamo verso “la casa del Padre”. Il cammino è lungo e irto di difficoltà. Dobbiamo innanzitutto “disabituarci” dai condizionamenti della prigionia e apprendere a vivere come persone libere. Questa immagine ricorre sia nell’Antico che nel Nuovo Testamento, e le letture di oggi ne sono testimonianza. Il Salmo 126 con gioia loda il Signore per le grandi cose che Egli ha fatto per noi liberandoci in Cristo e prega affinché altri ancora possano essere liberati dalla schiavitù al peccato – qui rappresentato dall’esilio del popolo di Dio in Babilonia. La seconda lettura, dal profeta Isaia, esorta il popolo di Dio a dimenticare le cose passate e non considerare più le cose antiche (della vita di prima) perché Dio ha pronta per noi “una cosa nuova”. Nella terza lettura, dalla lettera ai Filippesi, l’apostolo Paolo parla della sua meta finale come di un premio e dice: “una cosa faccio: dimenticando le cose che stanno dietro e protendendomi verso quelle che stanno dinanzi, proseguo il corso verso la meta per ottenere il premio della suprema vocazione di Dio in Cristo Gesù”. Nella quarta lettura, tratta dal vangelo secondo Giovanni, troviamo una donna che, dopo aver ricevuto da Cristo innumerevoli grazie, esprime la sua riconoscenza verso il Salvatore onorandolo con un prezioso dono. Fa tutto questo pure parte della nostra esperienza? Lodiamo e ringraziamo Dio per le grandi cose che Egli ha fatto per noi in Cristo protendendoci con determinazione al raggiungimento della meta alla quale siamo stati chiamati?


Perché lo stai facendo?

Oggi si dice spesso: “In questo mondo non si fa nulla per nulla”, sottintendendo che quel che facciamo ha sempre un secondo fine egoistico più o meno nascosto. Questo può essere spesso vero, ma il Salvatore Gesù Cristo ci insegna altrimenti. Ci insegna a fare atti disinteressanti e gratuiti che fanno del bene ad altri e gesti di riconoscenza come quelli dell’episodio narratoci nel vangelo secondo Giovanni, al capitolo 12, che esaminiamo oggi.

Inaspettati atti di gentilezza

Perché facciamo quel che facciamo? Vi è mai capitato di essere sorprendentemente fatti oggetto di quelli che si chiamano “inaspettati atti di gentilezza”? Mi è capitato recentemente che arrivando io a un parcheggio a pagamento uno sconosciuto mi sia avvicinato offrendomi il suo biglietto con alcune ore di parcheggio già pagato perché lui non ne aveva più bisogno. Perché questi gesti ci sorprendono? Perché generalmente tutti fanno solo gli affari propri ignorando gli altri. Questi gesti sono, invece, molto raccomandabili perché è importante e fa bene diffondere sorrisi e gentilezza ovunque noi andiamo. Gratuitamente. Che dire poi degli “inaspettati atti di riconoscenza”? Immaginate una scena come la seguente. Siete con un vostro amico davanti a una gioielleria. La vetrina piena di oggetti preziosi vi fa pensare un po’ e poi dite al vostro amico: “Entriamo in negozio, voglio comprare un bell’anello per mia moglie, o qualcosa di simile”. E l’amico vi chiede: “Come mai? È il suo compleanno?”. E voi: “No, è semplicemente un segno di affetto e di riconoscenza”. “Mmm… Certamente avrai un secondo fine per farle quel regalo!”, e voi: “No, nessun secondo fine, è un segno del mio amore e della mia riconoscenza”. E l’amico di rimando: “Ma che spreco di denaro… con quei soldi si potrebbero comprare cose più utili, o forse si potrebbe dare quei soldi a chi veramente ne ha bisogno!”. In effetti, molti che riterrebbero uno spreco di denaro persino comprare un mazzo di fiori per la loro moglie, non risparmierebbero un centesimo per compare per sé stessi quello che tanto desiderano o li attira; e cosa dimostrerebbe questo?

Non così nel caso di quel che era avvenuto un giorno al Salvatore Gesù Cristo stesso e che ci viene riportato nel vangelo secondo Giovanni al capitolo 12. Ascoltate.

“Gesù dunque, sei giorni prima della Pasqua, venne a Betania dov’era Lazzaro ch’egli aveva risuscitato dai morti. E quivi gli fecero una cena; Marta serviva, e Lazzaro era uno di quelli che erano a tavola con lui. Allora Maria, presa una libbra d’olio odorifero di nardo puro, di gran valore, unse i piedi di Gesù e glieli asciugò con i suoi capelli; e la casa fu ripiena del profumo dell’olio. Ma Giuda Iscariota, uno dei suoi discepoli, che stava per tradirlo, disse: Perché non s’è venduto quest’olio per trecento denari e non si son dati ai poveri? Diceva così, non perché si curasse dei poveri, ma perché era ladro, e tenendo la borsa, ne portava via quel che vi si metteva dentro. Gesù dunque disse: Lasciala stare; ella lo ha serbato per il giorno della mia sepoltura. Poiché i poveri li avete sempre con voi; ma non sempre avrete” (Giovanni 12:1-8).

Una storia “dietro la storia”

La maggior parte fra noi conoscono i personaggi di Maria e Marta da quanto ce ne dice il vangelo secondo Luca, dove Gesù viene raffigurato come ospite nella loro casa (10:38-42). In quella scena, come nel nostro testo, Marta è affaccendata a preparare o a servire il pranzo. Maria sta li, vicino a Gesù affascinata da quanto Egli sta insegnando! Ricordate la famosa reazione di Gesù: “Marta, Marta, tu ti preoccupi e ti inquieti per molte cose; ma una cosa sola è necessaria, e Maria ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta” (41,42)? Nella scena dipinta da Luca, Marta sembra la sorella maggiore che si lamenta di una “figlia prodiga”, una che non ne fa’ mai una giusta e che non sa quali siano i suoi doveri… C’è forse qualcosa che qui noi dovremmo leggere fra le righe, una “storia dietro la storia”? È possibile che Simone nella cui casa si sta svolgendo questa scena, non sia altri che il marito di Marta o forse anche il padre di queste due donne? Forse che lei aveva in precedenza spezzato il cuore di suo padre vivendo in Galilea una vita dissoluta e vergognosa? Questa Maria è forse quella Maria Maddalena, dalla quale Gesù aveva cacciato sette demoni? Di questa Maria è scritto che avesse seguito Gesù dalla Galilea, per la strada che portava a Gerusalemme, fino alla stessa croce! Forse che l’episodio che stiamo considerando era l’episodio originale che raccontava come Maria era finalmente ritornata a casa, pentita?

Nel racconto dell’unzione di Gesù in Matteo, Marco e Giovanni, di Maria vien detto che già era come si preoccupasse per il giorno della sepoltura di Gesù, dove questi sarebbe stato unto con olio aromatico, come si usava allora. Secondo tutti e quattro i vangeli, è lei, Maria, che si reca alla tomba di Gesù prima ancora dell’alba, con l’intenzione di ungerne il corpo, e infine è proprio a Maria che Gesù appare per la prima volta il mattino di risurrezione. Forse si tratta veramente della sorella di Marta, la Maria che versa quel giorno profumo su Gesù, e la Maria che Gesù liberò da una vita di schiavitù a sette demoni è proprio quell’unica e stessa Maria. E quindi la verità è che lei non aveva venduto il profumo per darne il ricavato ai poveri proprio perché il suo cuore e la sua mente, in quel momento, erano fissi su Gesù, non sui poveri. In altre occasioni essa si sarebbe presa cura dei poveri, ma ora lei esprimeva quelli che potremmo chiamare i quattro elementi di una fede verace e autentica.

Come dimostriamo noi l’autenticità della nostra fede in Cristo e i nostri valori ultimi?

Un grande senso di bisogno

Pensate dapprima alla realizzazione di un grande bisogno. Una delle più chiare affermazioni circa l’essere umano fin dall’inizio della Bibbia è che, davanti a Dio, noi tutti siamo peccatori, in irreparabile difetto, e che proprio per questo noi abbiamo bisogno di Cristo. Dice la Scrittura: “Tutti hanno peccato e sono privi della gloria di Dio” (Romani 3:23). Per essere salvati ciascuno di noi deve rinunciare all’ostinata volontà di vivere come meglio ci aggrada e senza Dio, dichiarare davanti a Lui la resa della nostra volontà.

Nessuno può veramente dire di essere venuto a Cristo come proprio Signore e Salvatore senza sentire profondamente il proprio bisogno di mettersi a posto con Dio e che solo Cristo può rispondere. A volte ci rendiamo conto del bisogno che abbiamo di Cristo quando prendiamo coscienza di non essere all’altezza di ciò a cui ci mette di fronte la vita; non siamo in grado di plasmare e dare forma ai nostri sogni egoistici. Questo è proprio ciò che è avvenuto nella vita di Maria. Aveva un grande bisogno – il bisogno di essere liberata di demoni che l’opprimevano e che stavano distruggendo la sua vita. Non sappiamo esattamente che cosa questo significasse. Forse era di una donna estremamente avversa a Dio e piena di vizi. Anche lei, però era stata toccata dalla grazia risanatrice di Cristo. Anche lei aveva riformato la sua vita tramite il ravvedimento e la fede ed era diventata una discepola di Cristo. Non c’è nulla d’impossibile per Dio. Questa donna come il pubblicano che si era recato al tempio per pregare, pieno del senso di peccato aver fallito nella vita, pure da lei era sgorgato il grido: “O Signore, abbi pietà di me peccatrice”. Senza un tal grido che sgorghi dal profondo del nostro cuore, senza questo senso d’impotenza e di bisogno, Maria non avrebbe trovato sollievo alcuno al suo problema.

Una grande salvezza

Dio ode il grido del cuore del peccatore e viene incontro a un cuore pentito con una grande salvezza.

L’angelo aveva detto a Giuseppe in sogno a proposito della madre di Gesù: “Ella partorirà un figlio e tu gli porrai nome Gesù, perché Egli salverà il suo popolo dai suoi peccati” (Matteo 1:21), e il profeta: “Sarà chiamato Emanuele, cioè Dio con noi'”. Vero, la grande liberazione, la salvezza che Dio ci dona, procede dalla vita, morte e dalla risurrezione di Cristo, la quale lucra meriti eterni e virtù che possiamo fare nostre. Ricordate la conversazione che una notte Nicodemo, maestro in Israele, aveva avuto con Gesù? In quell’occasione Gesù gli aveva parlato del bisogno fondamentale di ogni essere umano, di essere interiormente rigenerato, e di come il suo proprio essere “sollevato da terra” avrebbe comportato salvezza per tutti coloro che riponevano la fede in Lui (Giovanni 3:14-16).

Attraverso la morte di Gesù noi veniamo liberati, Maria dai suoi sette demoni, Paolo dalla maledizione di opere vane e vuota moralità, un uomo dall’alcoolismo, una donna dalla paura della morte, un giovane dall’invidia e dalla pressione dei suoi pari e un altro dalla droga. La Bibbia ci esorta a non trascurare una così grande salvezza, la pace interiore e la pace con Dio che Cristo consegue per noi. Gesù dice di essere venuto per cercare e per salvare chi è perduto. Non vi può essere alcuna grande vita spirituale fintanto che non afferriamo la salvezza che Dio ci offre attraverso il sacrificio di Cristo

Uno spirito di grande gratitudine

Il senso di bisogno che si protende a ricevere una così grande salvezza, trabocca inevitabilmente in uno spirito di gratitudine verso Dio. Questo è il motivo per cui Maria, gioiosamente “spreca” il guadagno di un anno di lavoro per versare del profumo sul capo e sui piedi di Gesù. Questa donna aveva fatto una profonda esperienza di ciò che la salvezza donata da Gesù comportasse. E Dio la continua a benedire, perché alla stessa tavola sedeva suo fratello Lazzaro, che poche settimane prima era morto. Vi sorprendete che ora piangesse lacrime di gioia e di riconoscenza?

Una delle caratteristiche essenziali della fede cristiana è la riconoscenza. Il Nuovo Testamento risuona di lodi a Dio per la Sua bontà. Nella chiesa primitiva, ciò che noi chiamiamo Santa Cena era chiamato Eucaristia, cioè rendimento di grazie. Le uniche vite cristiane che possano essere chiamate grandi sono quelle vissute con il senso di profonda gratitudine verso Gesù per ciò che Egli ha compiuto per noi!

Il cristiano che pensi che la vita lo abbia defraudato, che la vita gli debba qualcosa, che sempre critica e lamenta la vita, la famiglia, la chiesa, non avrà alcuna grande vita spirituale e non sarà di benedizione alcuna per gli altri. Solo quei cristiani sentono di non poter mai fare abbastanza per ripagare Dio, potranno essere pienamente usati da parte Sua.

L’unica vita spirituale che possa veramente considerarsi grande è una vita che trabocca di gratitudine. Essa sola mostrerà nel donare materiale quotidiano, il vostro amore per gli altri, la vostra testimonianza di fede. Riflette quest’esperienza le parole di un inno che dice: “Mi amasti, o mio Signor, quando il fuoco di vita, che per la tua bontà si accese nel mio cuor, scoperse i nuovi cieli l’alma mia rapita e in me fu la tua pace da santità seguita. D’immenso, eterno amore mi amasti, o mio Signor” (I.C. 7/3).

Una grande pulsione

Facciamoci ancora la domanda di partenza: “Perché non si è venduto quest’olio per trecento denari e non si è dato il ricavato ai poveri?” (12:5). Maria si era sentita colma di una grande gratitudine e si era sentita così in dovere di esprimere il suo amore per Gesù, onorarlo e servirlo in questo modo, così come aveva fatto negli ultimi mesi viaggiando in Sua compagnia. Una vita spirituale autentica e dinamica è espressione della profonda convinzione che Dio si sia fatto carico della tua vita, facendoti prendere la risoluzione sotto l’impulso di Dio di camminare ogni giorno alla Sua guida, cioè di vivere e di agire per Gesù. In Filippesi 3:7-14 Paolo dice di proseguire con decisione il cammino che ha intrapreso “per poter afferrare il premio, poiché anch’io sono stato afferrato da Gesù Cristo”.

Maria si era sentita spinta interiormente a versare quel profumo; Zaccheo si era sentito spinto a dare via metà delle sue fortune; Paolo si era sentito spinto a predicare l’Evangelo ai pagani. La stessa spinta interiore dovrebbe condurci a camminare in modo degno di Gesù, a dargli il meglio di noi stessi e di ciò che possediamo. Si può dire che fosse sorto in Maria, e avesse preso forma in quell’occasione, un grande entusiasmo per Gesù e il Suo movimento che l’avrebbe accompagnata per tutta la vita.

Chissà perché oggi si accetta l’entusiasmo degli sportivi, ma si considera “fanatismo” il grande e attivo interesse per le cose che riguardano la fede cristiana? C’è chi ne abusa e per motivi sbagliati, ma sono eccezioni. Nella storia umana, però, non è mai stato conseguito nulla senza entusiasmo. I discepoli di Gesù erano entusiasti del loro Maestro. Avevano grande gioia ed entusiasmo i primi apostoli quando tornavano vittoriosi da Gesù dopo la missione. Ascoltate: “Ora i settanta tornarono con allegrezza, dicendo: ‘Signore, anche i demoni ci sono sottoposti nel nome tuo’. Ed egli disse loro: Io vedevo Satana cadere dal cielo come una folgore. Ecco, io vi ho dato il potere di calpestare serpenti e scorpioni, e su tutta la potenza del nemico; e nulla potrà farvi del male. Tuttavia, non vi rallegrate che gli spiriti vi sono sottoposti, ma rallegratevi piuttosto perché i vostri nomi sono scritti nei cieli” (Luca 10:17-20).

La Maria del racconto non teme neppure lo spreco nel suo entusiasmo per Gesù. Solo Giuda, il traditore, la critica per il suo entusiasmo: il cuore di Giuda però non era con Gesù. Se i Giuda, i traditori di oggi, ti criticano per il tuo entusiasmo per Gesù e il suo movimento, lasciali criticare. “L’entusiasmo è un modo di vivere. Rende facile il duro lavoro, ed è godibile. Non c’è miglior tonico per la depressione, non c’è miglior elisir per tutto ciò che capita momentaneamente andar male che l’entusiasmo. Non deve aver paura della vita chi è entusiasta per il proprio lavoro… Ho trovato che l’entusiasmo per il lavoro e la vita è l’ingrediente più prezioso in ogni ricetta per una vita di successo” (Samuel Goldwin).

Conclusione

Troviamo nella vita di Maria la realizzazione di un grande bisogno, l’accettazione di una grande salvezza, l’espressione di una grande gratitudine, e una vita afferrata da una grande pulsione interiore ed entusiasmo. Non vi potrà mai essere una vita di fede grande, profonda, soddisfacente e benedetta, senza questi quattro elementi. Gran parte dell’agitazione spirituale, gran parte della superficialità ed egocentrismo del nostro tempo è dovuta alla mancanza di comprendere e sviluppare questi quattro elementi essenziali di una dinamica vita spirituale.

Una volta un fisico di fama internazionale e sua moglie avevano deciso, mentre ancora erano all’università che fare la volontà di Dio nella loro vita sarebbe stato da allora in poi il loro interesse primario. Così rispondono alla chiamata di Dio a diventare missionari nel Borneo. Due giovani con un futuro brillante – lui con lauree di più università, e lei un medico, che si preparano per lavorare “chissà dove”. Un eminente scienziato, udendo della loro decisione, aveva esclamato: “Che completa e totale perdita di tempo e di risorse! Questo è irrazionale fanatismo!”. Oggi però, questa coppia, guardando indietro ai loro anni di servizio missionario, sono convinti di aver scelto la strada giusta. Non solo hanno fatto l’esperienza di una vita gioiosa al servizio del Signore, ma molti sono state guadagnati a Cristo. Una perdita di tempo e di risorse? No, la loro scelta era stata di valore eterno.

Paolo Castellina, 26-3-2022. Rielaborazione di una mia predicazione del 9-3-1995.