Domenica 4 Agosto 2024, la decima domenica dopo quella dedicata alla Trinità
(Culto completo con predicazione, 56′ 23″)
(Solo predicazione, 28′ 09″)
Presentazione in video:
L’utile contrapposto al futile
“Non sprecare il tuo tempo: non sai quanto te ne rimane”, osservava qualche anno fa una giovane donna italiana celebre nel mondo dello spettacolo e deceduta per una malattia incurabile. Non mancano collezioni di simili frasi citabili di saggezza dette da personaggi famosi nel corso della storia che ci esortano a spendere bene il tempo che abbiamo a disposizione nella vita. Non sono esortazioni che riguardano solo persone in fin di vita, ma si tratta di una saggezza che riguarda tutti indistintamente. Ci chiamano a investire il tempo della nostra vita, qualunque ne sia la lunghezza, in attività costruttive, a non sprecarlo in cose futili e vane, ma in ciò che è utile e durevole soprattutto per gli altri, coloro che ci circondano e che comunque ci sopravviveranno.
A queste parole qualcuno magari cinicamente riderà. In effetti, sono tanti coloro ai quali degli “altri” non importa nulla ed il cui ostinato egocentrismo continua a causare miseria anche dopo la loro stessa morte. C’è persino chi vuole che gli altri abbiano problemi anche dopo la loro scomparsa e questo per un loro sentimento di gelosia e di rivalsa. Non c’è limite alla perfidia umana.
Saggia è quindi la persona che non spreca il suo tempo in cose futili, ma lo investe in cose utili. Interessante la contrapposizione degli aggettivi “futile” e “utile”. Nonostante la somiglianza, hanno origini diverse. l termine “futile” deriva dal latino “futilis”, che significa “che versa facilmente” o “che non trattiene”. Questa parola latina è collegata al verbo “fundere”, che significa “versare” o “spargere”. L’idea è quella di qualcosa che non ha sostanza, che non trattiene, e quindi privo di valore o di importanza. In italiano, “futile” ha mantenuto questo significato di qualcosa di irrilevante o insignificante. L’aggettivo “utile”, invece, deriva dal latino “ūtilis”, che significa “utile”, “vantaggioso” o “adatto allo scopo”. Questo termine è collegato al verbo latino utĭlis, derivato da uti, “usare” o “servirsi di [1]”. L’idea di base è quella di qualcosa che può essere utilizzato efficacemente per uno scopo specifico, che ha valore pratico o benefico. Dunque, “futile” indica qualcosa di insignificante e privo di valore, mentre “utile” indica qualcosa di vantaggioso e prezioso. Da cui una vita futile contrapposta ad una vita utile.
Non sperperare il tempo che abbiamo a disposizione ma investirlo in ciò che è utile ha a che fare con la prospettiva di fondo che abbiamo nella vita, in particolare quella che il Salvatore Gesù Cristo forma nella vita dei Suoi discepoli. Egli, infatti, come “il nuovo Adamo” si assume il compito di restituire l’essere umano decaduto nel peccato alla sua dignità originale. Come afferma l’apostolo Paolo rivolgendosi ai cristiani della città di Colosse: “… vi siete spogliati dell’uomo vecchio con i suoi atti e vi siete rivestiti del nuovo, che si va rinnovando in conoscenza a immagine di colui che l’ha creato” (Colossesi 3:9-10).
Vi sono diversi passi nella Bibbia che mettono in rilievo l’importanza di non sprecare il tempo e di dedicarsi al servizio dei propositi di Dio alla Sua gloria e per il bene del prossimo. Oggi ne considereremo alcuni fra i più esemplari, commentandoli brevemente. Non solo, ma ascolteremo pure che cosa dice al riguardo, commentando questi testi, il Riformatore Giovanni Calvino, che aveva ispirato alla città di Ginevra stessa un’etica dell’uso produttivo del tempo a gloria di Dio ed una corrispondente etica del lavoro – diventando in questo proverbiale. Questo concetto dell’uso produttivo del tempo ha favorito pure in quella città, dimostrabilmente, la nascita della famosa industria orologiera svizzera [2].
Contare i nostri giorni affinché contino
Il primo testo biblico lo troviamo nel Salmo 90:12. Dice: “Insegnaci dunque a così contare i nostri giorni, per acquistare un cuore saggio”. In altre parole: “Facci capire che abbiamo i giorni contati, allora troveremo la vera saggezza”. Che cosa implica questo?
Mosè, che ha scritto questo salmo, già due versi prima, dice: “I giorni dei nostri anni arrivano a settant’anni; o, per i più forti, a ottant’anni; e quel che ne fa l’orgoglio, non è che travaglio e vanità; perché passa presto, e noi ce ne voliamo via” (90:10). Sembrerebbe assurdo a prima vista pregare affinché possiamo conoscere il numero dei nostri anni. Arrivare a 80 contandolo sulle nostre dita è facile. Lo si insegna ai bambini. Non è questo il senso di queste parole. La scienza sa misurare le dimensioni della terra e le distanze fra i pianeti e le galassie ma: sappiamo noi “misurare” la nostra vita, darne un valore numerico, così come si determinano i carati dell’oro? Mosè aveva buone ragioni per implorare Dio di ricevere quella capacità di compiere ciò che richiede una saggezza per altro molto rara tra la gente. Noi applicheremo veramente i nostri cuori alla saggezza quando comprendiamo il fine, la finalità della vita umana, della nostra esistenza, nonostante la sua relativa brevità. Come scrive
Giovanni Calvino, commentando questo Salmo: “Quale può essere una prova più grande di follia che vagare senza proporsi alcun fine nella vita? Solo i veri credenti, che conoscono la differenza tra questo stato transitorio e un’eternità beata, per la quale sono stati creati, sanno quale dovrebbe essere lo scopo della loro vita. Nessuno può dunque regolare la propria vita con mente calma, se non colui che, conoscendone la fine, cioè la morte stessa, è portato a considerare il grande scopo, il fine dell’esistenza umana in questo mondo, cioè quello di aspirare al premio della vocazione celeste”. Guardare alla nostra vita secondo la prospettiva della sua brevità vuol dire infatti trascorrerla partecipando a quella che la Scrittura chiama la “celeste vocazione” (Ebrei 3:1). Possiamo, anzi, dobbiamo trascendere la brevità della nostra vita comprendendo le finalità che Dio assegna alla nostra esistenza, qualunque lunghezza possa essere – finalità che la Sua Parola ci rivela. Solo così anche pochi anni avranno significato. “Insegnaci dunque a così contare i nostri giorni” vuol dire far si che essi contino dalla prospettiva di Dio!
Riscattare il tempo
Il secondo testo che consideriamo è Efesini 5:15-16: “Guardate dunque con diligenza come vi comportate, non da stolti ma da saggi, riscattando il tempo, perché i giorni sono malvagi”. Quel “riscattando il tempo” può anche essere tradotto come “ricuperando il tempo” (NR), “profittando del tempo presente” (CEI), “approfittando delle occasioni” (Riv), “ricomperando il tempo” (Diodati), e “usate bene il tempo che avete” (TILC).
“Riscattare” vuol dire generalmente liberare, pagandone il prezzo stabilito, una persona che sia caduta in potere di altri, ad esempio una persona presa in ostaggio da un malvivente. In Daniele 2:8 vi è un’espressione simile: “guadagnare tempo”. Chi, si può dire, che abbia preso in ostaggio il tempo e che lo tenga prigioniero?
Il tempo fa parte di ciò che Dio ha creato, a Lui appartiene e va usato secondo le Sue finalità. Le forze spirituali della malvagità, alimentate dal peccato, hanno sottratto, rubato, a Dio ogni cosa, la nostra vita e il tempo stesso, perché Egli solo ne è il proprietario. Sono queste forze ad aver reso anche la nostra vita futile, vana, disutile. Come dice la lettera ai Romani: “La creazione è stata sottoposta alla vanità, non di sua propria volontà, ma a motivo di colui che ve l’ha sottoposta”. E che cosa sta facendo la creazione? “Aspetta con impazienza la manifestazione dei figli di Dio” (Romani 8:19-20). Quando il Salvatore Gesù Cristo ci redime, ci strappa dal potere del peccato e ci rende figli di Dio, Egli libera anche il nostro tempo dalla futilità, dall’essere vano. Con esso, come figli di Dio, liberiamo anche il tempo del creato stesso dalla sua futilità, restituendolo alle sua finalità originaria. Così come Dio ci comanda, noi operiamo sul creato come un vasaio lavora sulla creta per plasmare un vaso utile “nel tempio di Dio” quale esso era destinato ad essere. Facciamo quindi uso anche del nostro tempo per il massimo vantaggio, mostriamo che esso è prezioso e di valore, che non deve essere preso alla leggera, sperperato o perso. Lo usiamo come un’opportunità di fare del bene a noi stessi o agli altri. Lo usiamo per coltivare la nostra comunione con Dio attraverso la preghiera e la meditazione della Sua Parola, a vantaggio nostro e per guadagnare a Cristo le anime degli altri. Tutto questo perché oggi “i giorni sono malvagi”. In essi abbonda l’iniquità, e vivono molte persone malvagie, prevalgono gli errori e le eresie, sono giorni di afflizione o persecuzione.
Giovanni Calvino così commenta questo versetto: “Tutto ciò che ci circonda tende a corrompere e fuorviare; così che è difficile per le persone devote, che camminano tra così tante spine, uscirne indenni. Avendo tale corruzione infettato l’epoca, il diavolo sembra aver ottenuto un dominio tirannico; così che il tempo non può essere dedicato a Dio senza essere in qualche modo redento. E quale sarà il prezzo della sua redenzione? Ritirarsi dall’infinita varietà di allettamenti che ci trarrebbero facilmente in inganno; liberarci dalle preoccupazioni e dai piaceri del mondo; e, in una parola, abbandonare ogni ostacolo a valorizzare il tempo. Siamo così ansiosi di recuperare il tempo in ogni modo possibile, e lasciamo che le numerose offese e il duro lavoro, che molti sono soliti addurre come scusa per l’indolenza, servano piuttosto a risvegliare la nostra vigilanza”.
Profittare delle opportunità
Il terzo testo Colossesi 4:5 che dice: “Comportatevi con saggezza verso quelli di fuori, approfittando delle opportunità”. Questo testo si può anche rendere come: “Diportatevi saviamente con gli estranei, cogliendo il tempo opportuno” (Ricciotti). Questo testo ha a che fare con il nostro comportamento, l’uso del nostro tempo, di fronte a coloro che non condividono la nostra fede. in questo senso: “Sfruttate tutte le occasioni per comportarvi saggiamente con quelli che non sono cristiani” (TILC).
Questo testo parla di coloro che “sono fuori”, in distinzione da coloro che, come dice la lettera ai Galati “… finché ne abbiamo l’opportunità, facciamo del bene a tutti, ma specialmente ai fratelli in fede” (Galati 6:10), “la famiglia della fede”. Come dice Calvino, la comunità cristiana è “come una città di cui tutti i credenti sono gli abitanti, collegati tra loro da una relazione reciproca, mentre i non credenti sono estranei, stranieri”. In altre parole, dobbiamo vigilare diligentemente su noi stessi, sul tempo che trascorriamo fra gli increduli, “…perché niente è più pronto a succedere che i non credenti siano spinti di male in peggio dalla nostra imprudenza, e le loro menti siano ferite” dalla nostra cattiva testimonianza tanto che essi “abbiano sempre più in orrore la religione”. In secondo luogo, continua Calvino, “per timore che noi si dia loro qualche occasione per sminuire l’onore dell’Evangelo, e così il nome di Cristo sia esposto alla derisione, le persone siano rese più ostili e siano suscitati disordini e persecuzioni”. Infine, vigilanza da parte nostra per evitare che mescolandoci troppo con loro, la loro profanità a poco a poco ci condizioni. Come nel testo di Efesini 5:16, commenta Calvino, “redimendo il tempo, cioè, perché il rapporto con loro è pericoloso. Infatti (…) perché i giorni sono malvagi. In mezzo a una corruzione così grande come quella che prevale nel mondo, dobbiamo cogliere le opportunità di fare il bene e dobbiamo lottare contro tutto ciò che ce lo vorrebbe impedire. Quanto più, quindi, il nostro cammino è bloccato da occasioni di offesa, tanto più attentamente dobbiamo stare attenti affinché i nostri piedi non inciampino o non ci fermiamo per indolenza”.
L’onore di Dio, il buon nome dell’Evangelo e della e comunità cristiana implica un uso saggio delle opportunità offerte dal tempo che passiamo fra la gente non solo per non arrecare scandalo a causa delle nostre incoerenze, ma per guadagnare qualcuno a Cristo. Della prima comunità cristiana è scritto: “E tutti i giorni andavano assidui e concordi al tempio e, rompendo il pane nelle case, prendevano il loro cibo insieme con letizia e semplicità di cuore, lodando Dio e avendo il favore di tutto il popolo. E il Signore aggiungeva ogni giorno alla loro comunità quelli che venivano salvati” (Atti 2:46-47).
Dedicarsi al servizio di Dio e del prossimo
Non sprecare il tempo vuol dire quindi spenderlo, in qualsiasi circostanza noi ci potremmo trovare, dedicandoci al servizio di Dio e del prossimo, testimoniando di una vita che rifletta i valori cristiani di saggezza, sacrificio e amore.
La nostra vita è chiamata a diventare, sempre, “sacrificio vivente, santo e accettevole a Dio”, com’è scritto: “Vi esorto dunque, fratelli, per la misericordia di Dio, a presentare i vostri corpi come sacrificio vivente, santo e accettevole a Dio; questo è il vostro culto spirituale”. Ogni istante della nostra vita dev’essere dedicato a Dio, così come noi ci dedichiamo alle persone che amiamo.
Dio, poi, ha dato a ciascuno di noi dei doni, dei talenti, che dobbiamo gestire, amministrare, com’è scritto: “Ciascuno, secondo il dono che ha ricevuto, lo metta al servizio degli altri, come buoni amministratori della svariata grazia di Dio” (1 Pietro 4:10). Qui l’apostolo esorta i credenti a usare i propri doni per servire gli altri, dimostrando la grazia di Dio attraverso le loro azioni.
Questo comporta la nostra costante disponibilità a servire, come ha fatto Gesù stesso, nostro Maestro: “Perché anche il Figlio dell’uomo non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la sua vita come riscatto per molti” (Marco 10:45). Gesù stesso è l’esempio supremo di servizio, venendo non per essere servito ma per servire gli altri: “Se dunque io, il Signore e il Maestro, vi ho lavato i piedi, anche voi dovete lavare i piedi gli uni agli altri. Vi ho dato infatti l’esempio, perché come ho fatto io, facciate anche voi” (Giovanni 10:14-15).
Servendo le altre persone noi serviamo Cristo, com’è scritto: “Perché ebbi fame e mi deste da mangiare; ebbi sete e mi deste da bere; fui straniero e mi accoglieste; fui nudo e mi vestiste; fui ammalato e mi visitaste; fui in prigione e veniste a trovarmi. […] In verità vi dico che in quanto lo avete fatto a uno di questi miei minimi fratelli, lo avete fatto a me” (Matteo 25:35-40).
In questo non vi è nessuna costrizione a farlo, ma quale più grande privilegio e gioia vi può essere che servire gli uni gli altri? “Voi infatti, fratelli, siete stati chiamati a libertà; soltanto non fate della libertà un’occasione per vivere secondo la carne, ma per mezzo dell’amore servite gli uni agli altri” (Galati 5:13)”.
Questi testi biblici forniscono una solida base per l’importanza di non sprecare il tempo e di dedicarsi al servizio di Dio e del prossimo, vivendo una vita che rifletta sempre i valori cristiani, che sono i più costruttivi che si possa immaginare e che costituiscono una differenza sostanziale dall’andazzo di questo mondo.
Conclusione
L’esortazione iniziale di saggezza che ci era stata data da quella giovane donna, malata terminale: “Non sprecare il tuo tempo: non sai quanto te ne rimane” assume, nel contesto della fede cristiana, tutta una nuova prospettiva. Che il tempo che Dio concede alla nostra vita, che sia poco o che sia lungo, in qualunque circostanza ci troviamo, deve essere reso produttivo, costruttivo consacrandolo al servizio di Dio e del nostro prossimo. Come lo faremo dipenderà dalla situazione nella quale personalmente ci troviamo, e può essere esercitato nei modi più svariati. Nel contesto della nostra vocazione professionale come nel letto di un ospedale c’è sempre modo di farlo perché è una questione di prospettiva: è in Dio soltanto che troviamo il senso della nostra vita. La nostra vita “conta”, infatti, se la viviamo in Lui così come ci abilita e lo esemplifica il nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo. Trasformiamo dunque la nostra esistenza da futile a utile. Alla Sua gloria.
Paolo Castellina, 26 Luglio 2024
Note
[1] https://www.treccani.it/vocabolario/utile/
[2] L’affermazione che l’industria orologiera svizzera sia sorta a Ginevra sulla base del principio calvinista dell’uso produttivo del tempo è fondata, sebbene la questione sia complessa e sfaccettata. Ecco una breve analisi storica per chiarire meglio il contesto: (1) Ginevra divenne un centro importante della Riforma Protestante sotto la guida di Giovanni Calvino nel XVI secolo. Il calvinismo promuoveva l’etica del lavoro e l’uso produttivo del tempo, vedendo il lavoro come una vocazione divina e uno strumento per glorificare Dio. (2) A causa delle leggi sumptuarie imposte da Calvino, che vietavano l’uso di gioielli e ornamenti lussuosi, molti orafi e artigiani dell’oro a Ginevra si trovarono senza lavoro. Tuttavia, questi artigiani trovarono un’alternativa nella produzione di orologi, un settore in cui potevano utilizzare le loro competenze senza violare i principi morali della comunità calvinista. (3) Accoglienza degli Ugonotti: Inoltre, l’arrivo di ugonotti francesi (protestanti perseguitati) portò ulteriori competenze e innovazioni. Molti di loro erano artigiani qualificati e contribuirono allo sviluppo dell’industria orologiera ginevrina. (4) Nel tempo, Ginevra divenne un centro rinomato per la produzione di orologi di alta qualità. L’enfasi calvinista sull’ordine, la precisione e il valore del tempo giocò certamente un ruolo nel modellare la cultura del lavoro e l’approccio all’artigianato degli orologi. In sintesi, l’industria orologiera svizzera a Ginevra emerse in parte a causa dei principi calvinisti, che incoraggiavano un uso produttivo del tempo e la ricerca di modi etici per impiegare le competenze artigianali. Tuttavia, questa nascita fu anche il risultato di circostanze economiche, migrazioni e l’evoluzione delle competenze artigianali.