Domenica 2 Giugno 2024 – Prima domenica dopo la Trinità
(Culto completo con predicazione, 58′ 28″)
(Solo predicazione, 32′ 44″)
Una componente spesso trascurata della Bibbia
La Bibbia, che le chiese cristiane confessano essere autorevole e definitiva espressione della Parola di Dio, si compone di due parti che chiamiamo Antico e Nuovo Testamento. Antico Testamento, si badi bene, non vuole dire “superato” e “sostituito”! Esso, benché costituisca la parte maggiore della Bibbia, tende oggi ad essere trascurato in favore magari solo dei vangeli, quelli che ci parlano più direttamente della vita e del messaggio del Salvatore Gesù Cristo. Possono esserci diverse giustificazioni pragmatiche per questo trattamento, ma esso non rende giustizia né all’insegnamento di Gesù né al Nuovo Testamento nel suo insieme, per il quale l’Antico ne è il presupposto costante e autorevole riferimento.
La percentuale di spazio occupato dall’Antico Testamento nella Bibbia cristiana varia a seconda delle diverse versioni e traduzioni della Bibbia, ma generalmente si attesta intorno al 75-77% del totale – e questo non a caso. L’Antico Testamento costituisce di fatto una parte sostanziale della Bibbia cristiana, riflettendo la sua importanza teologica e storica. Il Nuovo Testamento contiene numerose citazioni e riferimenti all’Antico Testamento. In totale, vi sono circa 300 citazioni dirette e più di 1.000 riferimenti o allusioni ad esso. Le citazioni e i riferimenti all’Antico Testamento sono fondamentali per la comprensione teologica e letteraria del Nuovo Testamento, dimostrando così una profonda continuità e connessione tra le due parti della Bibbia cristiana. Gesù e gli apostoli, attraverso le loro parole e azioni, mostrano chiaramente che essi considerano le Scritture ebraiche come Parola di Dio. Questa convinzione è espressa in molte dichiarazioni dirette e implicite nel Nuovo Testamento, confermando l’importanza e l’autorità delle Sacre Scritture ebraiche nella teologia cristiana. Nel Nuovo Testamento, fra l’altro, vi sono diverse occasioni in cui gli scritti dell’Antico Testamento sono citati con espressioni che attribuiscono direttamente a Dio o allo Spirito Santo l’autorità di quelle parole. Un esempio specifico in cui si usa l’espressione “lo Spirito Santo dice” lo si trova in Ebrei 3:7-11. Questo brano cita il Salmo 95:7-11 e inizia con l’introduzione “… perciò, come dice lo Spirito Santo”.
La funzione dell’Antico Testamento
Qual’è la funzione dell’Antico Testamento, le Sacre Scritture ebraiche, per il cristiano e, soprattutto, come va interpretato? Vorrei riferirmi oggi ad un testo particolare tratto dalla lettera dell’apostolo Paolo ai cristiani di Roma e che dice così:
“Perché tutto quello che fu scritto in passato fu scritto per nostra istruzione, affinché, mediante la pazienza e la consolazione delle Scritture, riteniamo la speranza” (Romani 15:4).
Vorrei accompagnarlo da una seconda affermazione al riguardo dell’Apostolo e che compare nella sua seconda lettera a Timoteo, e che dice:
“Ogni Scrittura è ispirata da Dio e utile a insegnare, a riprendere, a correggere, a educare alla giustizia, affinché l’uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona” (2 Timoteo 3:16-17).
Esaminiamo il contesto della prima affermazione.
Il contesto
Ascoltiamo il contesto immediato di Romani 15:4 “Ora noi, che siamo forti, dobbiamo sopportare le debolezze dei deboli e non compiacere a noi stessi. Ciascuno di noi compiaccia al prossimo nel bene, a scopo di edificazione. Poiché anche Cristo non compiacque a sé stesso, ma come è scritto: ‘Gli oltraggi di quelli che ti oltraggiano sono caduti sopra di me’. Perché tutto quello che fu scritto in passato fu scritto per nostra istruzione, affinché, mediante la pazienza e la consolazione delle Scritture, riteniamo la speranza” (Romani 15:2-4).
Nella comunità cristiana di Roma vi erano persone di origine ebraica che, benché credenti in Cristo, continuavano a ritenere importante l’osservanza di regole dietetiche e cerimoniali della loro tradizione religiosa. L’Evangelo, però, bada alla sostanza di una vita moralmente rinnovata ad immagine di Cristo e relativizza le esteriorità religiose: chi ha una fede cristiana matura lo comprende ed apprezza d’esserne stato liberato. Questo, però, sottolinea l’Apostolo, non deve portarci a vantarci della nostra libertà e prenderci gioco o persino condannare coloro che continuano ad avere tali scrupoli religiosi. Verso di loro dobbiamo essere tolleranti, rallegrandoci che essi amano e servono il Cristo come pure accompagnandoli pazientemente a crescere nella loro fede. Per questa ragione, dice Paolo, “noi che siamo forti nella fede abbiamo il dovere di non pensare soltanto a noi stessi, ma di prendere sinceramente a cuore gli scrupoli di chi è debole nella fede” (TILC). Dobbiamo, cioè, prendercene cura, promuovere il loro bene e farli progredire nella fede.
Anche in questi casi il nostro modello deve essere Cristo, il quale, durante tutta la Sua vita e persino prima di morire, non compiaceva a Sé stesso ma si occupava delle persone, comprendendole ed accompagnandole amorevolmente. Gesù lo ha fatto soprattutto offrendo l’intera sua vita come sacrificio per la completa espiazione dei peccati di chiunque si affidi a Lui. È per questo motivo che, nel testo che stiamo considerando, l’Apostolo cita le parole del Salmo di Davide 69:9 applicandole al Cristo: “Gli insulti di chi ti oltraggia sono caduti su di me”. Lo fa per indicare come Gesù si sia fatto carico della condizione di perdizione della creatura umana affinché sia liberata dalla pena del peccato e affinché “tutti d’accordo e a una sola voce” i redenti lodino Dio, il Padre di Gesù Cristo, nostro Signore.
Una citazione cristocentrica
Anche in questo contesto, citando l’Antico Testamento, Paolo applica un importante principio ermeneutico cristiano: le Sacre Scritture ebraiche, quelle che chiamiamo Antico Testamento, rimangono tutte importanti, ma devono essere interpretate in funzione e nell’ottica del Signore e Salvatore Gesù Cristo. Per questo e solo così egli può affermare: “… tutto quello che fu scritto in passato fu scritto per nostra istruzione, affinché, mediante la pazienza e la consolazione delle Scritture, riteniamo la speranza”, cioè: “Tutto quel che leggiamo nella Bibbia è stato scritto nel passato per istruirci e tener viva la nostra speranza, con la costanza e l’incoraggiamento che da essa ci provengono” (TILC). Se non si leggono, di fatto, le Sacre Scritture ebraiche in funzione, nell’ottica e nello spirito di Gesù Cristo (quello manifestato nel Nuovo Testamento) se ne perverte inevitabilmente il significato.
Commentando proprio questo testo di Romani 15:4, il riformatore Giovanni Calvino dice: “Questo è un passaggio interessante, dal quale comprendiamo che non c’è nulla di vano e di inutile contenuto negli oracoli di Dio; e ci viene insegnato allo stesso tempo che è attraverso la lettura della Scrittura che si progredisce nella pietà e nella santità di vita. Qualunque cosa quindi sia raccontata nella Scrittura dovremmo sforzarci di comprenderla. Sarebbe infatti un rimprovero allo Spirito Santo pensare di aver essa insegnato qualcosa che non ci interessa sapere! Sappiamo anche che tutto ciò che ci viene insegnato contribuisce al progresso della religione. E sebbene parli dell’Antico Testamento, la stessa cosa vale anche per gli scritti degli Apostoli; infatti, poiché lo Spirito di Cristo è ovunque simile a sé stesso, non c’è dubbio che egli abbia adattato il suo insegnamento degli Apostoli, come già quello dei Profeti, all’edificazione del suo popolo. Inoltre troviamo qui la più stridente condanna di quei fanatici che vantano che l’Antico Testamento sia stato abolito e che non appartenga in alcun modo ai cristiani; infatti con quale arroganza essi possono allontanare i cristiani da quelle cose che, come testimonia Paolo, sono state destinate da Dio per la loro salvezza?” (Giovanni Calvino, commento a Romani 15:4).
Sì, le Sacre Scritture ebraiche devono essere lette in funzione, nell’ottica e nello spirito di Gesù Cristo.
Una lettura “fuori contesto”?
Nel Salmo 69 il re Davide, scrittore del Salmo, lamenta la sua condizione di oppressione e chiede al Signore di liberarlo giudicando severamente i suoi nemici. La sua lamentazione è molto triste, e la riversa davanti al Signore, affinché lo alleggerisca dal fardello che grava su di lui. Nel versetto 5 dichiara pure: “O Dio, tu conosci la mia follia, e le mie colpe non ti sono nascoste”. Pur essendo questo il contesto originale del Salmo, il Nuovo Testamento lo interpreta in modo diverso, si potrebbe quasi dire “fuori contesto” riferendolo a Gesù, il Cristo.
Lo fa due volte, qui e quando Gesù entra nel cortile del tempio scacciandone i venditori: “E i suoi discepoli si ricordarono che sta scritto: ‘Lo zelo per la tua casa mi consuma’” (Giovanni 2:17). Il versetto 9 completo, infatti dice: “Poiché mi divora lo zelo per la tua casa, gli insulti di chi ti oltraggia sono caduti su di me”. Rigorosi esegeti potrebbero dire che in questi caso, come pure in molti altri, il Nuovo Testamento applichi un’ermeneutica “errata”. Eppure, la prospettiva dell’interpretazione biblica cristocentrica per noi cristiani è autorevole, determinante, normativa, che siano d’accordo o meno gli eruditi… Essa, di fatto, come vedremo fra un attimo, ci protegge da molti abusi.
In ogni caso, il nostro testo ci offre prospettive aggiuntive: “Perché tutto quello che fu scritto in passato fu scritto per nostra istruzione, affinché, mediante la pazienza e la consolazione delle Scritture, riteniamo la speranza” (Romani 15:4). In che cosa ci istruisce? L’antico Testamento ci istruisce in diverse maniere. Le citazioni dall’Antico Testamento nel Nuovo Testamento servono, infatti, vari scopi teologici: (1) Adempimento delle Profezie: molte citazioni sono utilizzate per mostrare come Gesù adempia le profezie dell’Antico Testamento. (2) Autorità Scritturale: Gli autori del Nuovo Testamento citano l’Antico Testamento per conferire autorità ai loro insegnamenti. (3) Tipologia: Molti riferimenti sono interpretati tipologicamente, vedendo eventi, persone e istituzioni dell’Antico Testamento come prefigurazioni di realtà compiute nel Nuovo Testamento. (4) L’Antico Testamento, infine, come testimonia Gesù stesso, contiene la Legge morale suprema che Dio ha stabilito per il bene delle creature umane e come guida per la vita cristiana. Essa è riassunta nei Dieci Comandamenti ed è amplificata nei diversi casi che essa descrive.
Come dice il nostro testo, questo insegnamento rafforza la nostra speranza cristiana, la certa nostra persuasione che tutte le promesse di Dio, quelle legate all’opera di salvezza in Cristo dei Suoi eletti e verso il mondo intero andranno a certo compimento: “… affinché, mediante la pazienza e la consolazione delle Scritture, riteniamo la speranza”. Le Scritture dell’Antico Testamento, come ci dice l’epistola agli Ebrei, ci parla della fede e della perseveranza di uomini e donne di Dio come Abraamo che “sperando contro speranza, credette per diventare padre di molte nazioni” (Romani 4:18). Dalla paziente perseveranza ne siamo così consolati. “La pazienza dei fedeli non è infatti quell’audacia raccomandata dai filosofi, ma quella mitezza, con la quale ci sottomettiamo volentieri a Dio, mentre il gusto della sua bontà e dell’amore paterno ci rende dolci tutte le cose: questo alimenta e sostiene in noi la speranza, in modo che non fallisca” (Giovanni Calvino, commento a Romani 15:4).
Ci protegge dall’abusare l’Antico Testamento
Una lettura cristocentrica dell’Antico Testamento ci protegge, infine, dalle conseguenze negative di chi ne abusa. L’apostolo Pietro, parlando delle epistole di Paolo, ma non solo di quelle, così ci ammonisce: “… e questo egli fa in tutte le sue lettere, parlando di questi argomenti; in esse ci sono alcune cose difficili da capire, che gli uomini ignoranti e instabili torcono, come anche le altre Scritture, a loro propria perdizione” (2 Pietro 3:16).
Molti potrebbero esserne gli esempi al riguardo. Senza Cristo, potremmo credere che il territorio della Palestina sia ancora “la terra promessa” in cui gli ebrei debbano abitare e dominare scacciandone o eliminando a forza tutti gli attuali “filistei” come ai tempi di Giosuè o dei Giudici. La “terra promessa” però, da conquistare era il simbolo o tipo che tutto il mondo appartiene a Dio e che gli empi e malvagi “stranieri” scompariranno. Come? Con la forza delle armi da guerra? No, con l’annuncio dell’Evangelo nella potenza dello Spirito Santo! Scrive infatti l’Apostolo rivolgendosi ai pagani: “… in quel tempo eravate senza Cristo, esclusi dalla cittadinanza d’Israele ed estranei ai patti della promessa, non avendo speranza ed essendo senza Dio nel mondo. Ma ora, in Cristo Gesù, voi che già eravate lontani, siete stati avvicinati mediante il sangue di Cristo. Poiché è lui che è la nostra pace; lui che dei due popoli ne ha fatto uno solo e ha abbattuto il muro di separazione” (Efesini 2:12-14).
Dobbiamo conquistare spiritualmente a Cristo nuovi “territori”, cioè cuori e nazioni, secondo il mandato di Gesù: “’Ogni potere mi è stato dato in cielo e sulla terra. Andate dunque e fate miei discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutte quante le cose che vi ho comandate. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, sino alla fine dell’età presente’” (Matteo 28:18-20). Lo stesso vale per l’attuale città di Gerusalemme. Conserva essa ancora un’importanza spirituale? In Cristo no, non più, così come Egli stesso aveva detto alla Samaritana: “Donna, credimi; l’ora viene che né su questo monte né a Gerusalemme adorerete il Padre. Voi adorate quel che non conoscete; noi adoriamo quel che conosciamo, perché la salvezza viene dai Giudei. Ma l’ora viene, anzi è già venuta, che i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità, poiché tali sono gli adoratori che il Padre richiede. Dio è Spirito e quelli che l’adorano bisogna che lo adorino in spirito e verità” (Giovanni 4:21-24). Certo, la salvezza viene dagli antichi Giudei, ma ora, in Cristo, queste distinzioni non hanno più ragion d’essere.
La Gerusalemme terrena in Cristo non ha più alcuna importanza, se non come meta turistica… perché noi aspettiamo la Gerusalemme “che scende dal cielo”, com’è scritto: “Chi vince io lo farò una colonna nel tempio del mio Dio ed egli non ne uscirà mai più; scriverò su lui il nome del mio Dio e il nome della città del mio Dio, della nuova Gerusalemme che scende dal cielo da presso il mio Dio, e il mio nuovo nome” (Apocalisse 3:12). Così pure ogni altra profezia va considerata “in Cristo” e ad essa attribuito un valore spirituale. Questo lo approfondiremo in un’altra occasione.
Conclusione
L’Antico Testamento, quindi, è e rimane una parte molto importante, anzi, essenziale, della fede cristiana. Esso va letto, studiato ed approfondito nell’autorevole modo in cui il Nuovo Testamento lo interpreta e lo applica alla vita dei credenti, cioè in maniera cristocentrica. Non farlo significa incorrere in fatali conseguenze, in perversioni anche molto gravi e a nostra perdizione. Impariamo così a prendere sul serio quello che l’apostolo Paolo scrive al suo discepolo Timoteo: “Ogni Scrittura è ispirata da Dio e utile a insegnare, a riprendere, a correggere, a educare alla giustizia, affinché l’uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona” (2 Timoteo 3:16-17).
Paolo Castellina, 24 Maggio 2024