Questa è la quarta puntata della nostra investigazione sulla libertà dal punto di vista cristiano. Avevamo precedentemente messo in evidenza come la libertà sia un dono di Dio attraverso il ravvedimento e la fede nel Signore e Salvatore Gesù Cristo. E’ l’opera di Cristo, infatti, che ci libera dalla schiavitù della corruzione del peccato per entrare in quella che proprio la Scrittura chiama “la gloriosa libertà dei figli di Dio” (Romani 8:21). Questo è un presupposto imprescindibile. Si tratta di una libertà interiore, libertà dell’anima, libertà del nostro spirito. La libertà cristiana, però, non si limita a questo, ma deve manifestarsi “all’esterno” allorché il cristiano esplicita la sua libertà interiore nei vari ambiti della vita e, soprattutto, “dona libertà” agli altri promuovendo nell’ambito della società in cui vive uno stile di vita che si fonda sui diritti e sui privilegi che Dio ha accordato alle creature umane. Questo ci porta ad opporci in modo militante a tutte le forze che, in questo mondo, vorrebbero frustrare la nostra libertà e diritti, asservendoci, schiavizzandoci. Per questo abbiamo parlato anche dello stato, quell’organizzazione della società che, secondo i principi biblici, deve avere come suo unico scopo la protezione e la promozione della libertà di cui noi siamo titolari “per diritto divino”. Oggi parleremo della creatività umana che pure dev’essere lasciata libera di svilupparsi nell’ambito di ciò che Dio per noi ha disposto.
Nel racconto della Creazione, dopo ogni giornata di lavoro troviamo Dio che ammira il risultato del suo lavoro e dichiara di esserne soddisfatto: “Allora DIO vide tutto ciò che aveva fatto, ed ecco, era molto buono” (Genesi 1:31). Per quel motivo Egli può riposarsi: “DIO si riposò da tutta l’opera che aveva creato e fatto” (Genesi 2:3). Vi è un indubbiamente sano autocompiacimento in Dio, vale a dire il compiacimento del frutto del proprio operare. Era soddisfatto dei risultati raggiunti. Se mai fosse stato possibile, nulla aveva ostacolato, frustrandola, la Sua opera. Sotto la Sua luce, ciò che era informe, vuoto e tenebroso, aveva raggiunto forma e pienezza (compimento). L’essere umano, fatto a immagine e somiglianza di Dio, condivide la creatività di Dio quando opera sul “materiale grezzo” che Dio gli dà e, come un vasaio che compie la sua opera, può ammirarla con senso di soddisfazione.
Per l’essere umano insorge frustrazione quando ciò che di buono intraprende non riesce o non riesce come desiderato, per l’insorgere di fattori che disturbano ed impediscono tale opera. La frustrazione è il mancato soddisfacimento o appagamento dei propri desideri, delle proprie speranze e simili, quello stato di insoddisfazione, delusione che ne deriva con conseguente tensione emotiva, lo stato psichico di profonda depressione, di sconfitta e di stanchezza, che insorge di fronte a difficoltà sentite come insormontabili. Fondamentalmente, per l’essere umano, gli ostacoli alla soddisfazione che potrebbe trarre dal proprio lavoro, è dovuta alla maledizione del peccato: “…il suolo sarà maledetto per causa tua; ne mangerai il frutto con fatica tutti i giorni della tua vita. Esso ti produrrà spine e triboli … mangerai il pane col sudore del tuo volto” (Genesi 3:17-19). Questi ostacoli alla personale legittima soddisfazione sorgono dal proprio peccato, dal peccato altrui o dall’ambiente ostile nel quale si opera. Parte di questi peccaminosi ostacoli possono essere l’aggressione che potrebbe patire da parte di altri, il furto del frutto del suo lavoro o l’esproprio da parte dello Stato quando abusa delle sue funzioni. Maggiore è la libertà dagli effetti del peccato di far uso dei nostri talenti, maggiore sarà la soddisfazione che ne trarremo. Una società che promuova e protegga il libero sviluppo della creatività di ciascuno eliminandone gli ostacoli, quella sarà pure una società fiorente. Se non vi è questa libertà vi è asservimento (relativo o assoluto). Dove non v’è soddisfazione nel vedere il frutto del proprio legittimo lavoro, vi è frustrazione.
La libertà di far uso della nostra creatività, dunque, è radicata nell’immagine di Dio che noi portiamo e nel mandato culturale che Dio ci ha affidato.
Il testo di Genesi 1:26-28 è stato chiamato il mandato culturale perché illustra la collocazione della creatura umana nella creazione e ci chiama ad operare sulle cose che Dio ha fatte, dominandole, chiarificandole, riconfigurandole, e sviluppandone il potenziale che ci è stato dato. E’ la chiave per sapere chi siamo e che i compiti che dobbiamo svolgere.
“Poi DIO disse: «Facciamo l’uomo a nostra immagine e a nostra somiglianza, ed abbia dominio sui pesci del mare, sugli uccelli del cielo, sul bestiame e su tutta la terra, e su tutti i rettili che strisciano sulla terra». Così DIO creò l’uomo a sua immagine; lo creò a immagine di DIO; li creò maschio e femmina. E DIO li benedisse; e DIO disse loro: «Siate fruttiferi e moltiplicatevi, riempite la terra e soggiogatela, e dominate sui pesci del mare, sugli uccelli del cielo e sopra ogni essere vivente che si muove sulla terra»” (Genesi 1:26-28).
In primo luogo, essere stati fatti ad immagine di Dio significa avere valore e dignità intrinseca. In questo testo due volte viene ripetuto che gli esseri umani sono fatti ad immagine e somiglianza di Dio. Giacomo 3:9, parlando delle offese verbali che alcuni rivolgono (fra i cristiani stessi) ai propri simili, pure afferma: “Con essa benediciamo Dio e Padre, e con essa malediciamo gli uomini che sono fatti a somiglianza di Dio”. L’essere fatti ad immagine e somiglianza di Dio comporta molte implicazioni nella vita personale e pubblica, implicazioni di cui tanti nemmeno si rendono conto. La dignità ed il valore di ogni persona che vediamo ogni giorno è più importante di quanto di solito crediamo.
In secondo luogo, . Dio è Re, ma noi siamo “i vice-reggenti”. Egli è il Creatore, ma noi siamo “i sotto-creatori”. Solo Dio può fare qualcosa dal nulla, ma gli esseri umani sono chiamati a creare qualcosa da qualcos’altro. Dal legno possiamo creare una casa ed i mobili che poniamo in essa. Possiamo prendere della pietra e farne una statua o un muro. Vi sono innumerevoli opzioni che possiamo usare per sviluppare il potenziale del creato. La creatività (dominio, governo), è la vocazione centrale degli esseri umani sin dal principio della creazione. Sebbene la Caduta renda più difficile il nostro compito – come abbiamo osservato all’inizio (Genesi 3:17-19), questo appello alla creatività non è stato abrogato.
Sin da dopo la Caduta, gli esseri umani hanno fatto uso della loro creatività per adempiere al loro mandato culturale. Già molto presto, gli esseri umani si sono fatti strumenti musicali e molte cose di bronzo e di ferro (Genesi 4:22). Nel suo commentario alla Genesi, Giovanni Calvino scrive:
“L’invenzione delle arti e di altre cose che servono all’uso comune e alla comodità della vita è un dono di Dio che non deve assolutamente essere disprezzato e una facoltà degna di lode. È veramente meraviglioso che questa razza, che era profondamente caduta dall’integrità, avesse superato il resto della posterità di Adamo in rari doni. Tuttavia, capisco che Mosè abbia parlato espressamente di queste arti, come se fossero state inventate nella famiglia di Caino, allo scopo di mostrare che non era così maledetto dal Signore ma che avrebbe comunque disperso alcuni doni eccellenti tra i suoi posteri; poiché è probabile che nel frattempo il genio degli altri non fosse inattivo; ma che c’erano, tra i figli di Adamo, uomini industriosi e abili, che esercitavano la loro diligenza nell’invenzione e nella coltivazione delle arti. Mosè, tuttavia, celebra espressamente la restante benedizione di Dio su quella razza, che altrimenti sarebbe stata considerata nulla e sterile di ogni bene. Sappiamo quindi che i figli di Caino, sebbene privati dello Spirito di rigenerazione, erano ancora dotati di doni di nessun tipo spregevole; proprio come l’esperienza di tutte le età ci insegna quanto ampiamente i raggi della luce divina hanno brillato sulle nazioni non credenti, a beneficio della vita presente; e vediamo, attualmente, che gli eccellenti doni dello Spirito sono diffusi in tutta la razza umana. Inoltre, le arti e le scienze liberali ci sono discese dai pagani. Siamo, infatti, obbligati a riconoscere che abbiamo ricevuto l’astronomia, e da loro le altre parti della filosofia, delle medicine e dell’ordine del governo civile. Né c’è da dubitare che Dio li abbia così generosamente arricchiti di favori eccellenti affinché la loro empietà potesse avere meno scuse. Ma, mentre ammiriamo le ricchezze del suo favore che ha concesso loro, apprezziamo ancora di più quella grazia di rigenerazione con cui santifica in modo particolare i suoi eletti a se stesso”.
Questa creatività, che è così centrale alla nostra umanità viene sviluppata meglio in una società che valorizza la libertà. Dobbiamo essere liberi per poter sviluppare prodotti creativi, nuovi affari, nuove forme di espressione. Dovunque vi sia l’influenza della criminalità mafiosa sull’industria e sul commercio, oppure un governo dalla mano pesante, corrotto e burocratico, questa creatività svanisce, e la prosperità di una nazione viene pregiudicata. In situazioni simili non c’è desiderio di servire, nessuna voglia nemmeno di realizzare una vendita. Lo spirito del lavoratore è schiacciato, non c’è fiducia e manca il senso di iniziativa (che viene lasciato all’iniziativa dello Stato, se c’è, che ne pretende il monopolio). La creatività è pure fiaccata, frustrata, in quelle società dove vi sono troppe leggi, troppa burocrazia e troppi balzelli da pagare. Iniziare una nuova attività produttiva è difficile e frustrante.
Quando le persone non sono in grado di possedere e far uso di proprietà e risorse per far uso della propria creatività, la loro stessa umanità viene umiliata. Solo dove vi sia libertà di essere creativi sostenuta da un governo che la promuove e la protegge, si ottiene prosperità condivisa.
Come cristiani, la nostra prospettiva su queste cose è influenzata dal racconto della Creazione e dai principi sulla natura umana, particolarmente la nostra vocazione alla creatività. Se la Creazione influisce sulla nostra concezione della libertà, così lo deve fare la Caduta.