Domenica 29 Agosto 2021 – Quattordicesima domenica dopo Pentecoste
Letture bibliche: Salmo 45:1-2, 7-10; Cantico dei Cantici 2:8-13; Giacomo 1:17-27; Marco 7:1-23
La libertà nel giusto contesto
La lotta per la libertà dalle tirannie è ben lungi dall’essere terminata. Durante il XX secolo sono state riportate importanti vittorie contro regimi totalitari oppressivi. Le tirannie, però, come l’erbaccia o i parassiti di varia natura, sfidano in continuazione ogni aspirazione e diritto alla libertà e ritornano sempre con nuove forme per asservire e opprimere. Sorgono continuamente, infatti, nuovi potentati che ambiscono dominare su singoli e popoli – e sempre ci provano. La libertà conquistata, così, non va mai presa per scontata, ma dobbiamo vigilare costantemente per preservarla, difenderla da chiunque ce la vorrebbe togliere e va promossa.
E’ necessario, però, definire esattamente che cosa si intenda per libertà. Secondo l’enciclopedia Treccani, libertà è “la facoltà di pensare, di operare, di scegliere a proprio talento, in modo autonomo”, vale a dire essere legge a noi stessi, senza essere soggetti ad altri criteri di condotta che non siano quelli che provengano da noi stessi. Dal punto di vista giuridico, per libertà s’intende, in linea di massima – così continua la Treccani – il diritto di ogni individuo di disporre liberamente della propria persona.
Fino ad un certo punto questo è vero e dobbiamo difendere questi principi. Nella prospettiva cristiana, però, queste definizioni comportano diversi problemi. L’essere umano è una creatura di Dio che può trovare una vita piena e soddisfacente, e quindi la sua autentica libertà, solo nella misura in cui vive in armonia con l’ordinamento nell’ambito del quale era stato originariamente creato. Fuori da quell’ambito, non solo viviamo in modo disfunzionale, ma siamo soggetti alle forze del caos e dell’autodistruzione, siamo asserviti ed oppressi. Questa è la realtà che noi viviamo: qualsiasi pretesa di libertà fuori dall’ordinamento che Dio, il Creatore, aveva previsto per noi, infatti, è solo illusoria. Siamo assoggettati a sempre nuovi padroni ed anche l’autonomia (essere legge a noi stessi) non è meno tirannica, non solo perché illusoria, ma perché l’arbitrio soggettivo non è libertà. Libertà è vivere in armonia con le leggi stabilite originariamente da Dio per la natura umana.
Il Signore e Salvatore Gesù Cristo definiva così la sua missione: “Se perseverate nella mia parola, siete veramente miei discepoli; e conoscerete la verità, e la verità vi farà liberi. (…) Se dunque il Figliuolo vi farà liberi, sarete veramente liberi” (Giovanni 8:32-36). L’apostolo Giacomo, poi, facendo eco alle parole di Gesù, suo fratello, scrive: “Chi riguarda bene addentro nella legge perfetta, che è la legge della libertà, e persevera, questi, non essendo un uditore dimentichevole ma facitore dell’opera, sarà beato nel suo operare (…) Parlate e operate come dovendo esser giudicati da una legge di libertà” (Giacomo 1:25;2:12).
Il testo biblico
La legge perfetta della libertà: magnifica espressione. Che cosa intende l’apostolo con questa espressione? Esaminiamola nel contesto in cui si pone. Ascoltiamo il testo di Giacomo 1:17-27)
“Ogni donazione buona e ogni dono perfetto vengono dall’alto, discendendo dal Padre degli astri luminosi presso il quale non c’è variazione né ombra prodotta da rivolgimento. Egli ci ha di sua volontà generati mediante la parola di verità, affinché siamo in certo modo le primizie delle sue creature. Questo lo sapete, fratelli miei diletti; ma sia ogni uomo pronto ad ascoltare, tardo al parlare, lento all’ira; perché l’ira dell’uomo non mette in opra la giustizia di Dio. Perciò, deposta ogni lordura e resto di malizia, ricevete con mansuetudine la Parola che è stata piantata in voi, e che può salvare le anime vostre. Ma siate facitori della Parola e non soltanto uditori, illudendo voi stessi. Perché, se uno è uditore della Parola e non facitore, è simile a un uomo che mira la sua natural faccia in uno specchio; e quando s’è mirato se ne va, e subito dimentica qual era. Ma chi riguarda bene addentro nella legge perfetta, che è la legge della libertà, e persevera, questi, non essendo un uditore dimentichevole ma facitore dell’opera, sarà beato nel suo operare. Se uno pensa d’esser religioso, e non tiene a freno la sua lingua ma seduce il cuor suo, la religione di quel tale è vana. La religione pura e immacolata dinanzi a Dio e Padre è questa: visitar gli orfani e le vedove nelle loro afflizioni, e conservarsi puri dal mondo” (Giacomo 1:17-27).
La libertà: connessa alla pratica della Parola
L’argomento di questo brano dell’epistola di Giacomo è: “Del mettere in pratica la parola di Dio”. Esso si divide si divide in tre sezioni, ciascuna con una risposta distinta alla parola che Dio pronuncia: ascoltare (19b-20), ricevere (21) e obbedire (22-25). Come già diceva Gesù quando diceva: “Se perseverate nella mia parola, siete veramente miei discepoli; e conoscerete la verità, e la verità vi farà liberi”, la vera libertà, ribadisce Giacomo, è dono e conseguenza dell’osservanza della Parola che Dio ci ha rivolto, tanto che potremmo chiamarla Parola-Legge.
Questo già “suona male” per il mondo, avverso alla “religione”. “Libertà dalla religione” è, infatti, il popolare slogan che echeggia oggi che viviamo in un’atmosfera di incipiente secolarizzazione. Oggi si dice: “Vogliamo essere liberi, perciò decidiamo noi di volta in volta come vivere in assoluta autonomia: non vogliamo essere condizionati e legati dall’idea dell’esistenza di Dio o da una legge morale prestabilita. La religione è fonte di oppressione e ce ne dobbiamo sbarazzare”. Sebbene sia vero che esistono religioni opprimenti che dobbiamo avversare e neutralizzare, come pure versioni distorte di cristianesimo che hanno un effetto repressivo, libertà vera e duratura la si ottiene quando si vive in armonia con la volontà rivelata di Dio per la nostra vita – la Sua legge morale.
Una società impostata ai principi e valori biblici diventa una società veramente libera e fiorente. Ecco perché il Grande Mandato evangelistico implica anche insegnare alle nazioni in quanto tali a vivere in armonia con la legge di Dio: “Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato” (Matteo 28:19-20 CEI).
Si, vivere in modo conforme alla Legge di Dio riassunta nel Decalogo (i Dieci comandamenti) promuove la libertà e il benessere di una nazione. Come? Passiamo in rassegna i Comandamenti, e facciamo qualche esempio, fra i tanti che si potrebbero fare.
Il comandamento sul giorno di riposo garantisce al lavoratore la libertà dallo sfruttamento e il suo diritto settimanale al culto, al riposo ed allo svago. “Ricordati del giorno del riposo per santificarlo. Lavora sei giorni e fa’ in essi ogni opera tua; ma il settimo è giorno di riposo, sacro all’Eterno, ch’è l’Iddio tuo; non fare in esso lavoro alcuno, né tu, né il tuo figliuolo, né la tua figliuola, né il tuo servo, né la tua serva, né il tuo bestiame, né il forestiero ch’è dentro alle tue porte; ecc.” (Esodo 20:9-11).
Onorare ed essere solidali verso i propri genitori e gli anziani in genere, garantisce la loro libertà dal bisogno, benessere e il senso di una vita significativa e compiuta (20:12).
Il “non uccidere” garantisce la libertà dal non vedersi sottrarre arbitrariamente la vita e la salute (20:13). Il “Non commettere adulterio” (20:14) protegge il matrimonio, fondamento della società, e garantisce la libertà dagli abusi sessuali e dalle loro conseguenze negative. Lo ribadisce Giacomo stesso: “Perché colui che ha detto: “Poiché Colui che ha detto: Non commettere adulterio, ha detto anche: Non uccidere. Ora, se tu non commetti adulterio ma uccidi, sei diventato trasgressore della legge. Parlate e operate come dovendo esser giudicati da una legge di libertà” (Giacomo 2:11-12).
Il “Non rubare” (20:15) protegge la proprietà privata da ogni attentato che la vorrebbe pregiudicare e garantisce la libertà dal vedersi sottrarre i frutti del proprio lavoro, come fa, per esempio, lo stato quando impone tassazioni eccessive ed ingiuste.
Il “Non attestare il falso contro il tuo prossimo” (20:16), promuovendo la verità, difende la libertà e la giustizia. La disinformazione è, infatti, strumento delle dittature per consolidare ed estendere il loro potere con la menzogna e l’inganno.
Il “Non concupire la casa del tuo prossimo; non concupire la moglie del tuo prossimo, ecc.” (20:17) garantisce la libertà dall’invidia e dalle sue conseguenze negative su chi la coltiva e chi ne è vittima, prevenendo soprusi.
Non mi sono dimenticato, però, dei primi tre comandamenti, quelli che riguardano i nostri doveri verso Dio, che ci garantiscono la libertà dall’idolatria e dalla superstizione. Rivolgendo la nostra attenzione, fede ed ubbidienza solo verso il Dio vivente e vero, essi ci distolgono dal nostro malsano egocentrismo.
Una perfezione radicata in Dio
La legge di libertà a cui si riferiva Giacomo è la rivelazione della volontà di Dio contenuta nella Scrittura, la Sua legge morale, confermata dal Signore e Salvatore Gesù Cristo, che disse: “Non pensate ch’io sia venuto per abolire la legge od i profeti; io son venuto non per abolire ma per compire” (Matteo 5:17). Essa è perfetta perché è la volontà perfetta di un Dio perfetto. A differenza degli antichi specchi di metallo imperfetto menzionato nel testo, che non riflettevano un’immagine nitida, questa legge è in grado di dare a chi si confronta con essa una rivelazione vera e non distorta di sé stessi. Non sarà sempre gradevole da accettare, ma operare su quella base trasforma la nostra persona. “Diletti, ora siam figliuoli di Dio, e non è ancora reso manifesto quel che saremo. Sappiamo che quand’egli sarà manifestato saremo simili a lui, perché lo vedremo com’egli è. E chiunque ha questa speranza in lui, si purifica com’egli è puro” (1 Giovanni 3:2-3).
La legge di Dio è perfetta, perché esprime perfettamente la sua natura e perché si adatta perfettamente alla nostra. “La legge dell’Eterno è perfetta, essa ristora l’anima” dice il Salmo 19:7. La vera libertà è l’opportunità e la capacità di esprimere ciò che siamo veramente in quanto creature umane chiamate alla comunione con Dio. Notate l’accordo di Giacomo con Paolo che i cristiani vivono in relativa libertà sotto la “legge di Cristo”: “Cristo ci ha affrancati perché fossimo liberi; state dunque saldi, e non vi lasciate di nuovo porre sotto il giogo della schiavitù! … Portate i pesi gli uni degli altri, e così adempirete la legge di Cristo” (Galati 5:1; 6:2), “…poiché il mio giogo è dolce e il mio carico è leggero” (Matteo 11:30).
È una legge di libertà perché obbedendo ad essa troviamo la vera libertà dal peccato e dalle sue conseguenze nella vita reale di tutti i giorni. Il peccato è schiavitù perché “chi commette il peccato è schiavo del peccato“ (Giovanni 8:34). poiché il peccato (trasgredire la Legge) porta morte e schiavitù. Gesù ci rende liberi e poi rimaniamo liberi ravvedendoci dalle nostre trasgressioni e imitando Cristo, compiendo le Sue opere e persino maggiori, com’è scritto: “In verità, in verità vi dico che chi crede in me farà anch’egli le opere che fo io; e ne farà di maggiori” (Giovanni 14:12).
Testimonianza e promozione di vera libertà
La Legge della Libertà, che è la Legge morale dataci da Dio e che troviamo nelle Scritture ebraiche, non è “superata”: non è stata rimpiazzata da altri principi. Dio è lo stesso ieri, oggi e in eterno. L’adesione obbediente alla Parola di Dio, fattasi uomo in Cristo, è la chiave per fare esperienza delle benedizioni di Dio nella vita oggi come pure nel futuro escatologico.
Chi afferma che vi sia contraddizione fra l’insegnamento di Giacomo e quello di Paolo fa solo inutili ciance. E’ indubbiamente vero che l’eterna salvezza non dipende dalle nostre opere e dalla nostra ubbidienza alla legge, ma è dono di Dio grazie soltanto all’opera redentrice di Cristo. Chi è stato rigenerato da Dio e vive in Cristo, però, non ignora la legge morale di Dio per vivere come gli pare o secondo i proprii mutevoli e soggettivi impulsi. Onora piuttosto la legge morale di Dio e vi si conforma con gioia e riconoscenza come regola della sua condotta, così come lo era per il Signore Gesù Cristo. Da questa obbedienza si verifica chi sia il vero cristiano e la vera comunità cristiana. Infatti, chi riguarda bene addentro nella legge perfetta, che è la legge della libertà, e persevera, questi, non essendo un uditore dimentichevole ma facitore dell’opera, sarà beato nel suo operare.
La pratica della Legge morale di Dio nello spirito del Cristo genera libertà ed una società libera perché, rifiutando di sottometterci agli aspiranti signori e dei di questo mondo, ci sottomettiamo ad un solo Signore: Gesù Cristo. “Poiché, sebbene vi siano de’ cosiddetti dèi tanto in cielo che in terra, come infatti ci sono molti dèi e molti signori, nondimeno, per noi c’è un Dio solo, il Padre, dal quale sono tutte le cose, e noi per la gloria sua, e un solo Signore, Gesù Cristo, mediante il quale sono tutte le cose, e mediante il quale siam noi” (1 Corinzi 8:5).
Paolo Castellina, 23 agosto 2021
Introduzione alle letture bibliche
Riferendosi agli antichi scritti della Bibbia ebraica, che noi cristiani consideriamo nella loro interezza Parola di Dio, l’apostolo Paolo dice: “Tutte le cose che furono scritte in passato furono scritte per nostro ammaestramento, affinché mediante la perseveranza e la consolazione delle Scritture noi riteniamo la speranza” (Romani 15:4). Molti di questi scritti non devono essere letti solo nel loro contesto immediato, ma anche in maniera profetica. E’ il caso delle nostre prime due letture bibliche: alcune espressioni del Salmo 45 e un testo dal Cantico dei Cantici. Essi cantano della bellezza dell’amore fra un uomo ed una donna e del loro matrimonio, e l’uomo viene identificato come re di Israele. Profeticamente essi parlano del rapporto e dello “sposalizio” fra Cristo e il credente o comunità di credenti. Lo rileva l’apostolo nell’epistola agli Efesini: “Mariti, amate le vostre mogli, come anche Cristo ha amato la chiesa e ha dato se stesso per lei … Questo mistero è grande; ora lo dico in riferimento a Cristo e alla chiesa” (Efesini 5:25,32). Questi testi valorizzano il matrimonio, come dice la lettera agli Ebrei: “Sia il matrimonio tenuto in onore da tutti” (Ebrei 13:4), ma soprattutto la bellezza, pregnanza e intensità del rapporto della creatura umana con Dio, allorché è ristabilito dall’opera di Cristo.
Non c’è nulla di peggio, però, che una religione vissuta solo in modo formale. Un cristiano incoerente che non onora la Parola di Dio con fiduciosa obbedienza o che segue solo certe regole religiose “per tradizione” e in maniera lontana dallo spirito di Cristo, fa della religione una cosa brutta e fondamentalmente perversa. E’ anche di cattiva testimonianza per il mondo, che avrà ulteriori motivi per odiare Dio e disprezzare la religione. Questo bene rileva il testo dell’apostolo Giacomo che ci esorta ad essere “facitori” della Parola di Dio e non solo uditori distratti – cosa del tutto futile. I duri ammonimenti di Gesù contro il tradizionalismo religioso del Suo tempo, che troviamo nella quarta lettura, “Questo popolo mi onora con le labbra, ma il cuor loro è lontano da me”, ci richiamano al bello, autentico e fecondo rapporto di comunione con Dio che si raggiunge attraverso il ravvedimento e la fede nel Signore e Salvatore Gesù Cristo. E’ un rapporto che ci purifica da tutto ciò che sporca e guasta la nostra umanità, originariamente fatta ad immagine e somiglianza con Dio. Possiamo noi, potete voi dire di esservi così “spogliati dell’uomo vecchio con i suoi atti, e vi siete rivestiti dell’uomo nuovo, che si va rinnovando nella conoscenza ad immagine di colui che l’ha creato” (Colossesi 3:9-10)?
Prima lettura: Salmo 45:1-2, 7-10
Mi ferve in cuore una parola soave; io dico: l’opera mia è per un re; la mia lingua sarà come la penna d’un veloce scrittore. Tu sei bello, più bello di tutti i figliuoli degli uomini; la grazia è sparsa sulle tue labbra; perciò Iddio ti ha benedetto in eterno. […] Tu ami la giustizia e odii l’empietà. Perciò Iddio, l’Iddio tuo, ti ha unto d’olio di letizia a preferenza de’ tuoi colleghi. Tutti i tuoi vestimenti sanno di mirra, d’aloe, di cassia; dai palazzi d’avorio la musica degli strumenti ti rallegra. Figliuole di re son fra le tue dame d’onore, alla tua destra sta la regina, adorna d’oro di Ophir. Ascolta, o fanciulla, e guarda e porgi l’orecchio; dimentica il tuo popolo e la casa di tuo padre.
Seconda lettura: Cantico 2:8-13
Ecco la voce del mio amico! Eccolo che viene, saltando per i monti, balzando per i colli. L’amico mio è simile a una gazzella o ad un cerbiatto. Eccolo, egli sta dietro al nostro muro, e guarda per la finestra, lancia occhiate attraverso alle persiane. Il mio amico parla e mi dice: ‘Lèvati, amica mia, mia bella, e vientene, perché, ecco, l’inverno è passato, il tempo delle piogge è finito, se n’è andato; i fiori appaiono sulla terra, il tempo del cantare è giunto, e la voce della tortora si fa udire nelle nostre contrade. Il fico ha messo i suoi ficucci, e le viti fiorite esalano il loro profumo. Lèvati, amica mia, mia bella, e vientene’.
Terza lettura: Giacomo 1:17-27
“Ogni donazione buona e ogni dono perfetto vengono dall’alto, discendendo dal Padre degli astri luminosi presso il quale non c’è variazione né ombra prodotta da rivolgimento. Egli ci ha di sua volontà generati mediante la parola di verità, affinché siamo in certo modo le primizie delle sue creature. Questo lo sapete, fratelli miei diletti; ma sia ogni uomo pronto ad ascoltare, tardo al parlare, lento all’ira; perché l’ira dell’uomo non mette in opra la giustizia di Dio. Perciò, deposta ogni lordura e resto di malizia, ricevete con mansuetudine la Parola che è stata piantata in voi, e che può salvare le anime vostre. Ma siate facitori della Parola e non soltanto uditori, illudendo voi stessi. Perché, se uno è uditore della Parola e non facitore, è simile a un uomo che mira la sua natural faccia in uno specchio; e quando s’è mirato se ne va, e subito dimentica qual era. Ma chi riguarda bene addentro nella legge perfetta, che è la legge della libertà, e persevera, questi, non essendo un uditore dimentichevole ma facitore dell’opera, sarà beato nel suo operare. Se uno pensa d’esser religioso, e non tiene a freno la sua lingua ma seduce il cuor suo, la religione di quel tale è vana. La religione pura e immacolata dinanzi a Dio e Padre è questa: visitar gli orfani e le vedove nelle loro afflizioni, e conservarsi puri dal mondo”.
Quarta lettura: Marco 7:1-23
I Farisei e la tradizione. Allora si radunarono presso di lui i Farisei ed alcuni degli scribi venuti da Gerusalemme. E videro che alcuni de’ suoi discepoli prendevano cibo con mani impure, cioè non lavate. Poiché i Farisei e tutti i Giudei non mangiano se non si sono con gran cura lavate le mani, attenendosi alla tradizione degli antichi; e quando tornano dalla piazza non mangiano se non si sono purificati con delle aspersioni. E vi sono molte altre cose che ritengono per tradizione: lavature di calici, di orciuoli e di vasi di rame. E i Farisei e gli scribi gli domandarono: Perché i tuoi discepoli non seguono essi la tradizione degli antichi, ma prendono cibo con mani impure? Ma Gesù disse loro: Ben profetò Isaia di voi ipocriti, com’è scritto: Questo popolo mi onora con le labbra, ma il cuor loro è lontano da me. Ma invano mi rendono il loro culto insegnando dottrine che son precetti d’uomini. Voi, lasciato il comandamento di Dio, state attaccati alla tradizione degli uomini. E diceva loro ancora: Come ben sapete annullare il comandamento di Dio per osservare la tradizione vostra! Mosè infatti ha detto: Onora tuo padre e tua madre; e: Chi maledice padre o madre sia punito di morte; voi, invece, se uno dice a suo padre od a sua madre: Quello con cui potrei assisterti è Corban, (vale a dire, offerta a Dio), non gli permettete più di far cosa alcuna a pro di suo padre o di sua madre; annullando così la parola di Dio con la tradizione che voi vi siete tramandata. E di cose consimili ne fate tante! Poi, chiamata a sé di nuovo la moltitudine, diceva loro: Ascoltatemi tutti e intendete: Non v’è nulla fuori dell’uomo che entrando in lui possa contaminarlo; ma son le cose che escono dall’uomo quelle che contaminano l’uomo. E quando, lasciata la moltitudine, fu entrato in casa, i suoi discepoli lo interrogarono intorno alla parabola. Ed egli disse loro: Siete anche voi così privi di intendimento? Non capite voi che tutto ciò che dal di fuori entra nell’uomo non lo può contaminare, perché gli entra non nel cuore ma nel ventre e se ne va nella latrina? Così dicendo, dichiarava puri tutti quanti i cibi. Diceva inoltre: È quel che esce dall’uomo che contamina l’uomo; poiché è dal di dentro, dal cuore degli uomini, che escono cattivi pensieri, fornicazioni, furti, omicidî, adulterî, cupidigie, malvagità, frode, lascivia, sguardo maligno, calunnia, superbia, stoltezza. Tutte queste cose malvagie escono dal di dentro e contaminano l’uomo.
Musiche usate nel programma
- I Vow to Thee My Country – Thaxted – (John Hayes)
- Mi amasti o mio Signor – IC 47 (Corale valdese)
- Lode all’Altissimo (Corale valdese)
- Claude Goudimel – Psalm 45 from Genevan Psalter Gerard van Reenen)
- Cristo libertà (Stefano Mazzilli)
- Rejoice, Believer in the Lord (The Coventry Singers)
- Alleluia, chi ascolta (Francesco Buttazzo)