In che direzione va la storia (Colossesi 1:13-16)?

Domenica 6 ottobre 2024, la diciannovesima domenica dopo quella dedicata alla Trinità

[Culto completo con predicazione, 1h 1′]

[Solo predicazione, 33′]

Un’espressione che spesso si sente

State voi “dalla parte giusta della storia”? L’espressione “essere dalla parte giusta della storia” [1] la si sente oggi spesso nel dibattito pubblico per caratterizzare una persona, un movimento o un’ideologia che partecipi nel promuovere quello che viene considerato il progresso morale e sociale dell’umanità, visto come certo e irresistibile secondo determinati parametri. Si contrappone questo a coloro che starebbero, invece, “dalla parte sbagliata della storia”, “i perdenti”, che vanamente fanno resistenza all’ineluttabile “flusso della storia”. Questi ultimi vengono così considerati “reazionari” o “conservatori” – forze classificate indiscriminatamente come negative che andrebbero solo osteggiate e neutralizzate. Coloro che definiscono sé stessi o sono definiti come “progressisti” si sentono così come le forze vincenti che presto o tardi prevarranno, quelle “destinate a trionfare”.

Chi ha questa prospettiva, coltiva una visione detta teleologica o evoluzionista della storia, dal greco telos (fine, scopo), l’idea cioè che la storia non sia un susseguirsi casuale di eventi, magari fatto di corsi e ricorsi, ma un processo che si muove verso un glorioso obiettivo finale che potrà anche tardare, ma che niente e nessuno potrà impedire. Esempi di queste idee sono il marxismo che vede (o vedeva) il comunismo (o una delle sue varianti) come il più alto stadio finale della storia, verso il quale tutto su muoverebbe; oppure il liberalismo democratico globalista che costituirebbe, secondo le parole del politologo ed economista americano Francis Fukuyama “la fine della storia” [2]. Secondo questa prospettiva, essa non è la cessazione degli eventi storici, ma la conclusione del dibattito su quale sistema politico o economico sia il migliore. Fukuyama credeva, infatti, che il liberalismo democratico di stile americano avesse vinto la competizione ideologica contro il comunismo e le dittature, e che non ci sarebbero state alternative più efficaci o desiderabili di quello. Da qui nasce l’idea che chi aderisce ai conclamati valori democratici liberali americani stia “dalla parte giusta della storia”, perché non esisterebbe più un’alternativa storicamente valida che possa competere a livello globale. È davvero così?

A queste si potrebbero aggiungere le prospettive dette transumaniste [3] che immaginano il futuro come il prossimo passo dell’evoluzione umana dove si vedrà la fusione dell’uomo con la macchina. Tutte queste idee e simili implicano “naturalmente” per tutte “la fine delle religioni”, viste come vecchie superstizioni e l’affermarsi dell’umanesimo secolare. Queste visioni utopistiche della storia non sono quindi scomparse. Ad esse fanno da contraltare le opposte distopie “apocalittiche” di chi vede il futuro in termini di immani disastri che in cui si verificherebbe piuttosto l’estinzione dell’umanità oppure un miracoloso intervento esterno che salverebbe come dal diluvio universale pochi eletti per dar corso ad un nuovo ordine di cose. Anche in questo caso, starebbe “dalla parte giusta della storia” chi aderisce o sostiene quei movimenti, per lo più settari, che propongono idee apocalittiche. Chiude il cerchio, infine, chi contesta tutte queste concezioni teleologiche affermando che non vi sia alcuna garanzia che la storia si muova in una direzione determinata, affermando che chiunque dica di stare “dalla parte giusta della storia” rischi piuttosto di essere vittima di una semplificazione eccessiva o di un errore di prospettiva. La ragione renderebbe meglio necessari continui aggiustamenti della convivenza umana sulla base di patti e compromessi senza pretendere di arrivare a fantasiose utopie o distopie, ma convivendo con i nostri limiti e contraddizioni.

La prospettiva cristiana

Quelle che fin ora ho sommariamente descritto sono prospettive teleologiche secolari che imitano o si distanziano da quella genuinamente biblica e cristiana della storia, quella che vede il mondo e l’umanità che lo abita sottoposto alla sovranità ed ai propositi creazionali di Dio, il Dio vero e vivente, così com’è rivelato in maniera ultimativa in Gesù Cristo. È nostra persuasione, infatti, che solo queste siano le uniche ad essere davvero indefettibili, inalterabili. Ovviamente queste nostre prospettive sono considerate “mitologiche” dal mondo incredulo. Non pretendiamo che vi creda, ma rimangono per noi una sfida, la sfida della fede nelle promesse di Dio e dell’ubbidienza ai Suoi rivelati propositi per il Suo creato e per ciascuno di noi in particolare.

Nella tradizione cristiana, la storia è vista come il dispiegarsi del piano di Dio – che non corrisponde necessariamente ai nostri, anzi… Sin dall’Antico Testamento, l’idea di una progressione storica è legata alla grazia della salvezza dal peccato e dalle sue fatali conseguenze. L’umanità inizia con la creazione, passa attraverso il peccato originale e la caduta, e si dirige verso una redenzione finale attraverso il Cristo, culminando nella piena realizzazione del regno di Dio alla fine dell’attuale fase storica. A questo sarà escluso chi si ostina nella sua volontà di indipendenza da Dio ed incredulità. Questa concezione teleologica della storia indubbiamente implica che vi sia una “giusta” direzione degli eventi, ma quella determinata da Dio, e che coloro che seguono l’espressa volontà di Dio siano di fatto gli unici a stare dalla parte “giusta” della storia. L’escatologia cristiana, in particolare, rafforza l’idea che la storia avrà un esito finale (la Parusia, il ritorno di Cristo), in cui giustizia e verità trionferanno. In questa luce si può vedere come il concetto di “parte giusta” della storia derivi, in qualche modo da questa teleologia cristiana, in cui moralità e progresso storico sono visti come parte di un unico e rivelato piano.

I propositi di Dio in sintesi

I propositi di Dio per il mondo, l’umanità e per ciascuno di noi sono esposti nel complesso dell’insegnamento biblico dell’Antico e del Nuovo Testamento, ma potrebbero essere riassunti in quanto l’apostolo Paolo afferma nella sua epistola ai cristiani della città di Colosse al capitolo tre in cui troviamo queste parole:

“Egli ci ha liberati dal potere delle tenebre e ci ha trasportati nel regno del suo amato Figlio, nel quale abbiamo la redenzione, il perdono dei peccati, il quale è l’immagine dell’invisibile Dio, il primogenito di ogni creatura, poiché in lui sono state create tutte le cose, che sono nei cieli e sulla terra, le visibili e le invisibili: troni, signorie, principati, potenze; tutte le cose sono state create per mezzo di lui e in vista di lui; egli è prima di ogni cosa e tutte le cose sussistono in lui” (Colossesi 1:13-16).

Comprendere “la direzione della storia” e muoversi in essa verso il suo fine ultimo vuole dire sostanzialmente comprendere e vivere il significato di quanto qui è affermato, cioè che: “tutte le cose sono state create per mezzo di lui e in vista di lui”.

Questo versetto è parte di quello che probabilmente è un antico inno cristologico che esalta la signoria di Cristo sulla creazione e sulla comunità dei Suoi discepoli. Nel contesto della Lettera ai Colossesi, Paolo contrasta false dottrine che sminuivano la centralità del Cristo. Insiste che Cristo è sovrano su tutte le realtà, sia materiali che spirituali, e che nessuna potenza creata possa competere con la sua signoria. Questo versetto sottolinea anche l’importanza di Cristo come mediatore tra Dio e l’universo. In sintesi, l’Apostolo ribadisce la centralità e supremazia di Cristo nella creazione e nel suo divenire storico, sia come Creatore che come fine ultimo di tutte le cose, ponendolo come punto di riferimento assoluto. Il concetto di “creazione finalizzata a Cristo” tocca così il cuore della teologia cristiana, in particolare riguardo al ruolo cosmico di Cristo nella creazione e nel piano di Dio. Se ha, così come ha, un tale ruolo cosmico, potremmo forse ignorarlo?

Due aspetti chiave

Il significato di questa affermazione può essere dunque compreso in due aspetti chiave:

1. Cristo come agente della creazione. Apostolo dichiara che “in lui sono state create tutte le cose”, il che significa che Cristo è l’agente attraverso cui Dio ha creato tutto l’universo, visibile e invisibile. La Scrittura, infatti, identifica il Cristo come il Logos, l’eterna Parola creatrice di Dio. Questo include sia il mondo fisico (“le cose visibili”) sia le realtà spirituali (“le invisibili”), come gli angeli o le forze spirituali, delle quali non abbiamo consapevolezza ma che assolvono, sia in bene che in male, un loro ruolo. L’elenco di “troni, signorie, principati, potenze” fa riferimento a varie gerarchie di entità spirituali. Nel pensiero giudaico e cristiano antico, questi termini indicavano potenze spirituali che governano diverse sfere dell’universo. Paolo afferma che tutte queste entità sono subordinate a Cristo, in quanto create da Lui e sotto il suo controllo ultimo. La realtà è molto più vasta di quello che possiamo percepire sensorialmente e comprendere. Da qui pure la necessità vitale per noi di accogliere la Rivelazione di Dio ed agire su quella base.

2. La creazione finalizzata a Cristo. L’espressione “per mezzo di lui e in vista di lui” sottolinea che non solo Cristo è l’agente della creazione, ma è anche il fine ultimo di essa. Tutto è stato creato “per mezzo” di lui, cioè grazie alla Sua opera, e “in vista di lui”, ovvero con lo scopo finale di glorificarlo e rivelare la sua signoria. Il Cristo soltanto, la Sua opera e signoria sulla vita è il garante e la regola della convivenza umana. La nostra vita sin dall’oggi deve essere espressione della signoria di Cristo sulla nostra vita individuale e sociale. Noi non avremo mai pace fintanto che Lui non determini come autorità ultima le diverse espressioni della nostra vita. Ai cristiani di Corinto Paolo dice: “Ed è grazie a lui che voi siete in Cristo Gesù, che da Dio è stato fatto per noi sapienza, giustizia, santificazione e redenzione” (1 Corinzi 1:30).

Ecco così che quando l’Apostolo dice che “tutte le cose sono state create per mezzo di lui e in vista di lui”, sta suggerendo che Cristo non è solo lo strumento della creazione, ma anche il suo scopo finale. In altre parole, l‘universo non è semplicemente un prodotto della potenza divina di Cristo, ma il suo destino ultimo è intrinsecamente legato alla sua persona, tanto che senza di Lui ogni impresa umana è destinata a sicuro fallimento. Gesù dice chiaramente: “Io sono la vite, voi siete i tralci. Colui che dimora in me e nel quale io dimoro, porta molto frutto, perché senza di me non potete fare nulla” (Giovanni 15:5).

Cristo come “il fine” della creazione

Il termine “in vista di lui” (in greco: εἰς αὐτόνeis auton) indica che Cristo è il telos (il fine ultimo) di tutta la creazione. Questo implica che l’intero universo è stato progettato non solo per esistere “attraverso” Cristo, ma per convergere in Lui. Questa idea è strettamente connessa con il piano salvifico di Dio, in cui Cristo è colui che porta a compimento la storia e redime la creazione (Romani 8:19-21). La creazione, infatti, è in attesa di essere “ricapitolata” in Cristo: “… per tradurlo in atto nella pienezza dei tempi; esso consiste nel raccogliere sotto un solo capo, in Cristo, tutte le cose: tanto quelle che sono nei cieli, quanto quelle che sono sulla terra” (Efesini 1:10).

Il fatto che tutte le cose siano finalizzate a Cristo afferma anche la sua autorità assoluta. Non solo Cristo è il creatore, ma è anche il Signore sovrano a cui tutte le cose dovranno rendere conto. Questo include sia le realtà visibili che quelle invisibili, come le entità spirituali menzionati (troni, dominazioni, principati, potestà). Il suo dominio non è limitato, ma universale e cosmico. Le implicazioni escatologiche sono chiare: tutta la creazione troverà la sua pienezza e realizzazione solo nel regno e nella signoria di Cristo.

Quali implicazioni?

a) Il fine della storia umana e cosmica  .  Se la creazione è “in vista di Cristo”, la storia non è un susseguirsi casuale di eventi, ma ha un senso e una direzione precisa: tutto è orientato verso la piena rivelazione di Cristo come Signore di ogni cosa. Questo tema è espresso chiaramente in Efesini 1:10, dove Paolo parla di “ricapitolare” tutte le cose in Cristo, cioè unire tutte le realtà sotto il suo dominio. Il creato, quindi, ha un significato escatologico. Cristo è il punto di arrivo della storia cosmica e della redenzione.

b) La redenzione come rinnovamento della creazione. Questa prospettiva spiega perché la redenzione non è solo la salvezza delle anime, ma il rinnovamento sostanziale di tutto il creato – a partire dalla nostra vita, qui ed ora. Se la creazione è stata finalizzata a Cristo, anche la sua redenzione avviene attraverso Cristo. Paolo parla in Romani 8 del creato che “geme” nell’attesa della redenzione (Romani 8:19-22). La creazione, contaminata dal peccato, attende il momento in cui Cristo la restaurerà, portandola a quello stato glorioso per il quale era stata progettata. I cristiani che, per grazia di Dio, giungono al ravvedimento ed alla fede, sono rigenerati moralmente e spiritualmente per essere la primizia del rinnovamento completo che sarà realizzato un giorno.

c) La visione cristocentrica della realtà Questa visione implica che tutta la realtà, visibile e invisibile, ha senso solo in rapporto a Cristo. Non esiste nulla di creato che non abbia, in qualche modo, Cristo come sua fonte e destinazione. Questo non è solo un’affermazione teologica, ma una visione del mondo cristocentrica che influenza il modo in cui i credenti vedono la vita, la natura e l’universo.

d) L’implicazione ecclesiologica. Per le comunità dei discepoli di Cristo, questo insegnamento significa che la loro missione è profondamente legata alla signoria di Cristo su tutta la creazione, sulla vita in ogni suo aspetto e sfera. Le comunità cristiane sono chiamate a testimoniare questa verità e a vivere come corpo di Cristo, che porta già in sé le primizie del nuovo ordine della creazione. Paolo, infatti, in Colossesi 1:18, sottolinea che Cristo “… è il capo del corpo, cioè della Chiesa, egli che è il principio, il primogenito dai morti, affinché in ogni cosa abbia il primato”. Questo implica che la comunità dei cristiani è parte integrante di questo piano di redenzione e di “ricapitolazione cosmica”.

Se tutto è creato “in vista di Cristo”, questo ci orienta verso una comprensione “teleologica” o escatologica della storia. Cristo non solo è il fine del creato, ma il suo ritorno glorioso rappresenterà la piena manifestazione di questa verità. Alla fine dei tempi, Cristo sarà rivelato come il Signore di tutto l’universo, e ogni cosa verrà sottomessa al Suo dominio (Filippesi 2:9-11).

Conclusione

Si comprende così ancora meglio quanto troviamo all’inizio del nostro testo di riferimento oggi: “Egli ci ha liberati dal potere delle tenebre e ci ha trasportati nel regno del suo amato Figlio, nel quale abbiamo la redenzione, il perdono dei peccati”. I cristiani sono quel popolo che è stato “liberato dal potere delle tenebre”. Per grazia di Dio siamo stati “trasportati” in una nuova condizione esistenziale per vivere una vita rinnovata sotto la signoria del Cristo. Ora vediamo come la storia realmente procederà e, se camminiamo fedelmente in questa prospettiva, sotto questa luce, potremo dire di stare “dalla parte giusta della storia”. La creazione finalizzata a Cristo significa che ogni cosa, visibile e invisibile, esiste per la gloria di Cristo e troverà il suo compimento ultimo in lui. L’intero creato è orientato verso la rivelazione della sua signoria e la sua redenzione. Questa verità ha profonde implicazioni per la nostra teologia, la missione delle comunità cristiane e la visione cristiana del mondo. Sebbene rimanga, in un certo qual senso, un mistero teologico, la fede cristiana afferma con sicurezza che Cristo è “l’alfa e l’omega”, il principio e il fine di tutta la realtà creata. Da che parte dunque stiamo: da quella delle nostre umane illusioni, utopie e distopie, oppure da quella dei propositi rivelati di Dio? Qualcuno magari si prenderà gioco di questa nostre persuasioni. Ben lungi dall’essere “mitologiche” esse, però, sono la concreta sfida che facciamo anche alla nostra generazione. Quando il Cristo tornerà, da che parte ci troverà? E soprattutto, a fare che cosa ci vedrà impegnati?

Paolo Castellina, 28 Settembre 2024.

Note