Il nome al di sopra di ogni nome (Filippesi 2:1-11)

Domenica 1 gennaio 2023 – Il santo Nome di Gesù 

(Culto completo con predicazione, 63′)

(Solo predicazione, 30′)

 Il nome al di sopra di ogni nome 

 Ambizioni totalitarie? 

Esiste un “nome al di sopra di ogni nome”, un’autorità suprema, una legge suprema di fronte alla quale tutti devono piegarsi e conformarsi?

Il 18 ottobre 2021 un funzionario della polizia di Trieste grida davanti ai portuali in sciopero che bloccano l’entrata del porto: “In nome della legge disperdetevi”! [1]. Egli faceva appello all’autorità suerperiore della legge dello stato che intendeva fosse ubbidita. Di fronte alla resistenza dei manifestanti che non avevano alcuna intenzione di spostarsi, i mezzi della polizia iniziano a proiettare su di loro getti d’acqua con idranti anti-sommossa e vengono caricati con manganelli e scudi. I manifestanti dichiaravano di ubbidire ad una legge superiore, quella della Costituzione che garantisce il diritto allo sciopero e ad esprimere il propro dissenso quali che siano le leggi (inique) e i decreti che il governo italiano emana. Nei tribunali della repubblica italiana le sentenze di condanna avvengono “nel nome del popolo italiano”. E’ il popolo “l’autorità superiore” in nome del quale sempre agisce la magistratura? Nel febbraio 2022 l’esercito della Federazione Russa viene in soccorso della popolazione di lingua russa che da molti anni è discriminata e massacrata dal governo neonazista ucraino. Per questo, la Russia viene accusata di violare le regole della legalità internazionale e sottoposta a sanzioni economiche. Chi le ha stabilite queste “regole superiori”? Non è chiaro, sicuramente la potenza egemone degli USA che si ritiene per altro giustificata a violarle essa stessa quando lo ritiene più opportuno. A livello personale chi è l’arbitro ultimo di ogni azione? Forse la coscienza individuale?

Certo si troverà sempre qualcuno pronto a giustificare la propria “autorità superiore” in nome della quale agisce. Senza dubbio troverebbe pure modo di contestare come “intollerabili ambizioni totalitarie” l’affermazione che sto per fare, cioè che l’autorità ultima rispetto alla quale regolare qualsiasi cosa deve essere quella di Dio e della Legge che Egli ha stabilito sull’umanità, che Egli ha creato. Non solo, ma la fede cristiana si spinge fino ad affermare che il nome di Gesù è il nome che è al di sopra di ogni nome, affinché nel nome di Gesù si pieghi ogni ginocchio nei cieli, sulla terra e sotto la terra”. Esaminiamo il testo da cui è tratta questa citazione insieme al suo contesto.

 Il testo biblico  e suo contesto

“Abbiate in voi lo stesso sentimento che è stato in Cristo Gesù, il quale, essendo in forma di Dio, non considerò l’essere uguale a Dio qualcosa a cui aggrapparsi, ma annichilì se stesso, prendendo forma di servo e divenendo simile agli uomini; essendo trovato nell’esteriore come un uomo, abbassò se stesso, facendosi ubbidiente fino alla morte e alla morte della croce. Perciò Dio lo ha sovranamente innalzato e gli ha dato il nome che è al di sopra di ogni nome, affinché nel nome di Gesù si pieghi ogni ginocchio nei cieli, sulla terra e sotto la terra ogni lingua confessi che Gesù Cristo è il Signore, alla gloria di Dio Padre” (Filippesi 2:1-11).

Quando scrive queste parole Paolo è in carcere. La sua attività di predicazione dell’Evangelo ha un indubbio successo e questo lo rende agli occhi delle autorità un pericoloso disturbatore dell’ordine stabilito, un sovversivo che mette in discussione il loro potere. Infatti egli proclama la supremazia di qualcuno che, a suo dire, sarebbe più importante e potente dello stesso imperatore romano. Distoglie, quindi, il cuore della gente dall’ubbidienza alle autorità costituite che vorrebbero assoluta e indiscutibile. Sta forse Paolo tramando per abbattere il potere dell’imperatore e della sua corte per far salire al trono questo suo Gesù? Un tribunale dovrà giudicarlo e, per il momento, è fatto rimanere in carcere. Scrivendo ai cristiani della città di Filippi, egli li assicura che la sua attività evangelistica non è stata affatto un colpo mortale, ma che la stessa sua prigionia è servita effettivamente a diffondere l’Evangelo, perché gli ha dato la possibilità di testimoniarla alla stessa guardia imperiale. Sottolinea questa rassicurazione per contestare che la sua prigionia di Paolo fosse una prova che Dio lo aveva abbandonato. Nella comunità cristiana di Filippi, però, c’erano anche problemi che l’affliggevano e che egli voleva affrontare, vale a dire ambizioni egoistiche, invidie e rivalità. Per tutto questo, Paolo dà la sua ricetta: “Conducetevi in modo degno dell’Evangelo di Cristo, affinché … senta dire di voi che state fermi in uno stesso spirito, combattendo insieme con un medesimo animo per la fede del Vangelo (1:27b). Poi Paolo sottolinea come essi dovrebbero lavorare insieme armoniosamente e considerare i bisogni delle altre persone. Il loro criterio ultimo di comportamento deve sempre essere, infatti: Abbiate in voi lo stesso sentimento che è stato in Cristo Gesù” (2:5). Si tratta dell’esempio stesso e comando del Signore  Gesù: comprensione, atteggiamenti e mentalità deve essere la stessa.

 L’umiliazione volontaria del Cristo 

L’Apostolo ci chiama a emulare Cristo Gesù, che si è impegnato a servire persone immeritevoli ad un alto costo personale. Senza adottare l’atteggiamento di Cristo, non potremmo mai realizzare ciò che Cristo vuole da noi: essere uniti nella mente, nell’amore e nella concordia (v. 2). Non potremmo mai abrogare la legge dell’interesse personale per mettere al primo posto l’interesse dell’altro (vv. 3-4). Il Cristo questo non solo l’ha comandato, ma pure esemplificato. Ci ha dato un esempio visibile di una vita di puro amore, di puro servizio. Ci ha mostrato che aspetto ha quando qualcuno mette da parte il proprio interesse personale per fare qualcosa per gli altri.  Con l’aiuto di Dio possiamo portare le nostre vite in armonia con la vita di Cristo, i nostri atteggiamenti in congruenza con i suoi.

Come l’ha fatto Lui? Gesù era in forma di Dio” (6). Questo introduce l’idea della pre-esistenza del Cristo. Il riferimento più chiaro alla pre-esistenza di Cristo si trova nel Prologo al Vangelo di Giovanni. Cristo era nella forma di Dio fin dall’inizio, prima della creazione del mondo. Lo scopo di Paolo nel menzionare la pre-esistenza di Cristo è di mostrarci quanto Cristo abbia dovuto rinunciare per abitare in mezzo a noi. Ha rinunciato alle prerogative dell’essere Dio per poter diventare uomo fra uomini. Considerate questo per un momento. Non ci sono forse momenti in cui dareste tutto solo  per possedere un potere simile a quello di Dio? Ebbene, Gesù aveva potere e splendore divini. Ha rinunciato a quelli per venire sulla Terra a morire su una croce per la salvezza di peccatori immeritevoli!

“… non considerò l’essere uguale a Dio qualcosa a cui aggrapparsi” (6b), gelosamente, tenacemente. In Giovanni 5:18 è scritto: “I Giudei più che mai cercavano di ucciderlo, perché non soltanto violava il sabato, ma chiamava Dio suo Padre, facendosi uguale a Dio”. Egli, cioè, rivendicava per sé lo status divino e autorità. Non lo credevano, ma di questo lo accusavano. Il Cristo, però, non considerava il suo status divino e la sua autorità qualcosa da sfruttare, afferrare e trattenere a qualunque costo. Gesù non considerava la sua condizione divina e la sua autorità qualcosa da imporre per il proprio beneficio personale: era disposto a sacrificarli al servizio di un valore superiore: la salvezza di peccatori.

“… ma annichilì se stesso, prendendo forma di servo e divenendo simile agli uomini” (7). Gesù svuota sé stesso da ogni pretesa, permette di essere disprezzato, di essere: “disprezzato dagli uomini, detestato dalla nazione, schiavo dei potenti“ (Isaia 49:7). Cristo, sebbene in forma umana e pienamente umano, continuava a portare in sé il potere di Dio. Aveva fermato una tempesta sul suo cammino. Aveva guarito persone e persino risuscitato dei morti! Quindi c’è un senso in cui Cristo aveva svuotato se stesso, ma conservato qualcosa del potere divino. Non solo, egli ha assunto la forma di uno schiavo – ha assunto l’aspetto di un uomo comune (v. 7b). Gesù era nato da una donna comune in un luogo comune, in un posto piuttosto circostanze meno che ordinarie. Chi si aspetterebbe che il Figlio di Dio nascesse in una stalla e fosse cullato in una mangiatoia? Del resto, chi si aspetterebbe che il Figlio di Dio morisse su una croce? Egli assume “la forma”, la natura essenziale di servo. Colui che era nella forma di Dio ha assunto la forma di un servo, anzi, di uno schiavo, cioè meno ancora che un servo. È venuto dal più alto dell’alto al più basso del basso. Questa non era una retrocessione che gli avessero imposto, ma aveva assunto volontariamente il compito di servire i bisogni umani. Il Cristo si è abbassato, si è ridotto a circostanze umili, ha preso un posto inferiore a quello che avrebbe potuto giustamente occupare.

“… essendo trovato nell’esteriore come un uomo, abbassò se stesso, facendosi ubbidiente fino alla morte e alla morte della croce” (8). Il Cristo è andato incontro alla morte volontariamente, ma è stato per obbedienza a Dio Padre. Questa è la “pietra d’inciampo”, lo scandalo, della croce. Dio è venuto nel mondo in forma umana e ha preso su di Sé le conseguenze dei peccati dei destinatari della grazia e li ha riscattati Cristo ci ha riscattati dalla maledizione della legge, essendo divenuto maledizione per noi (poiché sta scritto: “Maledetto chiunque è appeso al legno”) (Galati 3:13). Allora era difficile per molte persone, ebrei e pagani allo stesso modo, credere in questo, e rimane ancora difficile da accettare per molte persone. Gesù è diventato la pietra d’inciampo in cui molte persone sono inciampate sulla via della croce.

 L’esaltazione del Cristo 

Perciò Dio lo ha sovranamente innalzato e gli ha dato il nome che è al di sopra di ogni nome” (9). L’esaltazione di Cristo è iniziata con la sua risurrezione, che attestava il suo potere sulla morte. A ciò è seguita la sua ascensione (il suo ritorno al cielo) e la sua intronizzazione celeste. La sua esaltazione culminerà con la sua seconda venuta, in cui siederà sul suo trono giudicando tutti i popoli del mondo, separando le pecore (coloro che sono stati resi idonei per il regno di Dio) dai capri (coloro che non lo sono).

In quella cultura, le persone consideravano il nome di una persona qualcosa di più di una semplice etichetta per identificare quella persona. Credevano che qualcosa dell’identità della persona fosse legato al nome, che il nome esprimesse qualcosa del carattere essenziale della persona e che possedesse qualcosa del potere di colui che portava quel nome. Ancora oggi quando parliamo della reputazione di una persona, parliamo di qualcosa che esprime l’essenza di quella persona. La reputazione di una persona trasmette anche un certo potere o mancanza di esso.

“… affinché nel nome di Gesù si pieghi ogni ginocchio nei cieli, sulla terra e sotto la terra” (10). Qui l’Apostolo usa la formulazione di Isaia 45:23, “Ogni ginocchio si piegherà davanti a me. Applicando questo linguaggio di Jahvé a Gesù Cristo, Paolo sta mettendo Gesù sullo stesso piano di Dio. L’oracolo di Isaia contrappone Dio, “che ha creato i cieli, che ha formato la terra e l’ha fatta” (Isaia 45:18) — con gli idoli babilonesi, dèi di legno che non potevano salvare (Isaia 45:20) . Dio ha detto:Volgetevi a me e siate salvati, voi tutte le estremità della terra! Poiché io sono Dio, e non ce n’è nessun altro. … ogni ginocchio si piegherà davanti a me (Isaia 45:22-23). Piegare il ginocchio, ovviamente, è un segno di omaggio, deferenza. È la persona minore che riconosce il più grande – l’umano che riconosce il divino – la creazione che riconosce il Creatore. Mostra sottomissione a un potere superiore. Le persone si inginocchieranno sulla terra. Ciò includerà coloro che non lo hanno riconosciuto durante la loro vita ma che lo vedranno seduto sul suo trono divino e pronunciare il giudizio.

“… e ogni lingua confessi che Gesù Cristo è il Signore, alla gloria di Dio Padre” (11). Il Nuovo Testamento usa spesso Signore per parlare di Dio. Paolo collega la signoria di Dio e Gesù con le sue parole: “Gesù Cristo è il Signore”.  I primi cristiani vivevano in un ambiente in cui ci si aspettava che la gente dicesse: “Cesare è il Signore”. Sebbene questo avesse lo scopo di designare Cesare come sovrano del regno romano, tendeva anche ad assumere connotazioni spirituali: Cesare era il Signore in una sorta di senso spirituale. Accade anche oggi per le ”autorità” a cui si attribuisce autorità ultima: può essere un leader politico, “il popolo”, “la legge” (umana), e indubbiamente “lo Stato”: vi è sempre un misticismo che accompagna il culto dello Stato e le sue cerimonie celebrative. Credendo che, però, Gesù fosse l’unico e solo Signore, i primi cristiani si rifiutavano di dire: “Cesare è il Signore” e spesso per quello morivano violentemente. In quel tempo dire: «Gesù Cristo è il Signore», richiedeva fede e coraggio. Paolo allora era in prigione, in attesa di giudizio per difendersi dalle accuse. Tuttavia, scrive parole che potrebbero essere interpretate come sovversive: che Gesù Cristo è il Signore. Non se ne vergogna, né addolcisce il concetto. Dice che confessare la signoria di Cristo rende onore a Dio Padre. Gesù Cristo è la manifestazione di Dio. Dio Padre e Dio Figlio sono per lui l’autorità ultima che deve costituire il criterio di ogni comportamento, e non solo a livello personale, ma anche dal punto di vista sociale e politico. E’ così per noi? Così un giorno sarà per tutti, che piaccia o non piaccia! Sono forse queste pretese totalitarie? Un ”integrismo” che si contrappone alla “laicità” (altro idolo moderno)? Che dicano quel che vogliono:Infatti c’è un solo Dio e anche un solo mediatore fra Dio e gli uomini, Cristo Gesù uomo, il quale diede se stesso come prezzo di riscatto per tutti” (1 Timoteo 2:5-7).

Paolo Castellina, 25-12-2022

Note

[1] https://video.ilpiccolo.gelocal.it/locale/trieste-in-nome-della-legge-disperdetevi-l-invito-della-polizia-prima-di-iniziare-lo-sgombero/149401/150048