Domenica 3 gennaio 2021 – Seconda domenica dopo Natale
Letture bibliche:Salmo 84; Geremia 31:7-14; Efesini 1:3-19; Matteo 2:13-23
Il re Erode… la strage degli innocenti… la fuga della sacra famiglia migrante in Egitto… ecco gli episodi del brano del vangelo secondo Matteo che consideriamo oggi. Che cosa vi attendereste che io vi dicessi al riguardo? E’ molto comune oggi udire predicatori che utilizzano testi come questi come “spunto”, anzi, pretesto, per parlare di questioni che potrebbero anche essere importanti di per sé stesse, ma che non corrispondono al messaggio che lo Spirito Santo intendeva dare con l’opera, in questo caso, di Matteo. Molti predicatori si ritengono, infatti, legittimati, a fare con il testo biblico “applicazioni” incongruenti rispetto alle sue finalità originali. Si ritrovano, così, a servire “agende diverse”. Che cosa, però, ci vuole comunicare Matteo, in questo testo? Non siamo qui per criticarlo mettendolo in questione, né per sfruttarlo ad altri fini. Esso rimane rilevante per noi oggi. Come? Prima di tutto, ascoltiamolo.
“13Ora, dopo che furono partiti, ecco un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe e gli disse: «Alzati, prendi il bambino e sua madre e fuggi in Egitto, e rimani là finché io non ti avvertirò, perché Erode cercherà il bambino per farlo morire». 14Egli dunque, destatosi, prese il bambino e sua madre di notte, e si rifugiò in Egitto. 15E rimase là fino alla morte di Erode, affinché si adempisse quello che fu detto dal Signore per mezzo del profeta, che dice: «Ho chiamato il mio figlio fuori dall’Egitto». 16Allora Erode, vedendosi beffato dai magi, si adirò grandemente e mandò a far uccidere tutti i bambini che erano in Betlemme e in tutti i suoi dintorni, dall’età di due anni in giù, secondo il tempo del quale si era diligentemente informato dai magi. 17Allora si adempì quello che fu detto dal profeta Geremia che dice:18«Un grido è stato udito in Rama, un lamento, un pianto e un grande cordoglio; Rachele piange i suoi figli e rifiuta di essere consolata, perché non sono più». 19Ora, morto Erode, ecco un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe in Egitto, 20e gli disse: «Alzati, prendi il bambino e sua madre e va’ nel paese d’Israele, perché coloro che cercavano la vita del bambino sono morti». 21Ed egli, alzatosi, prese il bambino e sua madre e venne nel paese d’Israele; 22ma, avendo udito che Archelao regnava in Giudea al posto di Erode suo padre, ebbe paura di andare là. E, divinamente avvertito in sogno, si rifugiò nel territorio della Galilea, 23e, giunto là, abitò in una città detta Nazaret, affinché si adempisse quello che era stato detto dai profeti: «Egli sarà chiamato Nazareno»” (Matteo 2:13-23).
In evidenza in questo testo di Matteo, come per altro in tutto il suo vangelo, è l’accento che egli pone su come questi fatti adempiano le Scritture della Bibbia ebraica.
Infatti, le vicende che caratterizzano la vita e le opere del Signore e Salvatore Gesù Cristo sin dalla sua infanzia adempiono le profezie messianiche dell’Antico Testamento. Non solo questo, ma queste vicende trovano un parallelo nella storia stessa di Israele, che di esse si può dire che ne sia la prefigurazione. Nella Sua sapienza, infatti, Dio ha elaborato il Suo piano di redenzione attraverso la storia del Suo popolo: è per questo che spesso vediamo i primi avvenimenti nella storia di Israele diventare simbolo di quelli più grandi promessi da Dio in Cristo. Tanto lo sono che possiamo persino ardire affermare che Gesù di Nazareth, il Cristo, il Messia, sia Egli stesso, nella sua persona, il vero Israele. Il popolo di Israele fallisce ripetutamente nell’essere ciò che Dio si aspettava da esso, ma il Cristo, lo adempie perfettamente.
Questo presupposto, questa verità, ci aiuta a interpretare meglio la Scrittura. Se prima, infatti, le antiche profezie di Israele ci sembravano come le molte tessere di un grande puzzle che avevamo difficoltà a comporre, a mettere insieme in modo sensato, ora, tenendo come nostro riferimento l’immagine del Cristo (quella, per così dire, stampata “sulla scatola del puzzle” dei vangeli), troviamo come esse si incastrino perfettamente: ciò che ci sembrava misterioso improvvisamente così diventa chiaro! Questo è il messaggio che ci vuole comunicare in particolare il vangelo secondo Matteo: le sue citazioni dai profeti, così in evidenza, potrebbero sembrarci incongruenti o persino artificiose e quindi false ma, se considerate nel quadro che abbiamo or ora delineato, esse sono assolutamente pertinenti, così come lo Spitito Santo le aveva ispirate ed ora le interpreta.
Il testo di Matteo 2:13-23 – che racconta di Erode, della strage degli innocenti, e del volontario esilio della sacra famiglia, intende mettere in evidenza soprattutto come questi fatti compivano le antiche profezie (che sono Parola di Dio dal valore eterno) e la dicano lunga sull’indentità di Gesù stesso. Ciò che interessa a Matteo non è tanto la cronaca dei fatti – che indubbiamente sono reali. Quanto Matteo ci dice a loro riguardo manca di tanti dettagli che vorremmo conoscere. Questi dettagli, però, non vi sono specificati perché lo scopo del racconto di Matteo nel raccontarceli è un altro: annunciare, attraverso di essi, chi è Gesù e perché Gesù , il nostro rapporto con lui, sia rilevante, anzi fondamentale, per la nostra vita.
Matteo ci dice che l’esodo di Gesù dall’Egitto adempie la profezia di Osea 11:1 “Quando Israele era fanciullo, io l’amai e dall’Egitto chiamai mio figlio”. Qui è detto che Israele, popolo eletto ed amato da Dio, viene chiamato dall’Egitto, ma così è Gesù, l’amato figlio di Dio per eccellenza, era stato chiamato a servire Dio come sua luce per il mondo. L’antico Israele era stato redento perché servisse Dio nel deserto (Esodo 7:16), ma esso non è riuscito a rimanere fedele a questa vocazione. Il miracoloso salvataggio di Gesù da Erode e il suo ritorno dall’Egitto rivelano che la sua missione era la stessa di quella di Israele. Di Gesù la lettera agli Ebrei dice: “Ecco, io vengo; nel rotolo del libro è scritto di me; io vengo per fare, o Dio, la tua volontà” (Ebrei 10:7). La grande differenza è che Gesù non ha fallito in questa sua missione: “Egli non commise alcun peccato e non fu trovato alcun inganno nella sua bocca” (1 Pietro 2:22). Gesù, perciò, è il vero Israele di Dio.
Israele, per tutto il corso della sua storia, e a tutt’oggi, è stato sempre odiato dal mondo incredulo e ribelle a Dio. L’avrebbero voluto cancellare dalla faccia della terra come “un corpo estraneo” che mette in crisi e scompiglia tutte le sue ambizioni. Quante volte, nel corso della storia, e persino oggi, imperi di ogni tipo hanno cercato e cercano di distruggere Israele, perseguitandolo e massacrandone la popolazione. Non è un caso. Il mondo è geloso delle benedizioni di cui Dio fa oggetto gli israeliti e del loro successo in tutti i campi della cultura. Il mondo non sopporta il suo stato di privilegiato eletto da Dio e che sia oggetto particolare della sua grazia immeritata. Nella stessa “logica”, Gesù è l’Israele per eccellenza del quale Erode è geloso e che lo vede come un avversario, un concorrente da eliminare in ogni modo. Erode cerca il bambino per farlo morire (13). Erode non ha scrupoli e si adira grandemente mandando a far uccidere tutti i bambini che erano in Betlemme e in tutti i suoi dintorni, dall’età di due anni in giù, secondo il tempo del quale si era diligentemente informato dai magi (16). I dittatori di questo mondo hanno fatto stragi immense di israeliti credendo, così facendo, di pregiudicare i piani di Dio attraverso Israele. Ancora oggi c’è chi le contua a pianificare. Ad estirpare Israele non ci sono riusciti e non ci riusciranno mai. Ad eliminare Gesù e il suo movimento non ci sono riusciti, neanche facendolo morire in croce. Il Salmo 2 dice: “Perché tumultuano le nazioni, e i popoli tramano cose vane? I re della terra si ritrovano e i principi si consigliano insieme contro l’Eterno e contro il suo Unto … Colui che siede nei cieli riderà, il Signore si farà beffe di loro”. Dio sarà Colui che prevarrà.
Il re Erode, qui, è indubbiamente una figura del mondo incredulo che ordisce massacri, ma Dio preserva il suo Eletto, fa in modo che con la sua famiglia fugga e si nasconda fintanto che coloro che cercavano la vita del bambino siano morti (20). Il re Erode era un personaggio orribile, di malvagia crudeltà. L’unico scrittore extra-biblico antico che lo menziona a questo riguardo è Macrobio, nel quinto secolo, dove, raccontandole provocazioni dell’imperatore Augusto, dice: “Quando seppe che, per comando di Erode, i bambini in Siria sotto i due anni di età erano stati uccisi, e che suo figlio stesso era stato ucciso tra la folla, “Preferirei”, disse, “essere stato il maiale di Erode che suo figlio”. Ma l’autorità di Matteo da sola è abbondantemente sufficiente per noi. Lo storico Giuseppe Flavio non ne parla, forse perché non riteneva che fossero importanti. Ma di altre crudeltà di Erode ben ne parla, e in modo scioccante. Un episodio che ha avuto luogo più o meno nello stesso periodo era quello di avere messo a morte tutti i giudici del Sinedrio, che gli erano un potere per lui “non conveniente”. Era la stessa paura, senza dubbio, che l’avrebbe spinto a questi omicidi.
L’afflizione causata da questo despota era stata grande, così come lo sono le grida e le lacrime per tutti i figli di Israele, i figli di Dio, massacrati lungo la storia. Il nostro testo dice: “Allora si adempì quello che fu detto dal profeta Geremia che dice: «Un grido è stato udito in Rama, un lamento, un pianto e un grande cordoglio; Rachele piange i suoi figli e rifiuta di essere consolata, perché non sono più» (17,18). Il testo citato, Geremia 31:15, parla della distruzione della tribù di Beniamino avvenuta ai suoi tempi, poiché aveva predetto che la tribù di Giuda sarebbe stata eliminata, a cui è stata aggiunta la metà della tribù di Beniamino. Mette il lutto nella bocca di Rachele, che era morta da tempo, cosa che avrebbe avuto una potente influenza nel muovere gli affetti. Non c’era altro modo per Geremia di correggere la durezza e la stupidità dei vivi, se non risuscitando i morti, per così dire, dalle loro tombe, piangendo quei castighi divini, che erano comunemente ignorati o derisi. Essendo stata compiuta la predizione di Geremia in quel momento, Matteo non significa che aveva predetto ciò che avrebbe fatto Erode, ma che la venuta di Cristo avrebbe provocato un rinnovamento di quel lutto, che era stato sperimentato, molti secoli prima, dalla tribù di Beniamino. Voleva così incontrare un pregiudizio che potesse turbare e scuotere le menti. Si potrebbe supporre che non ci si potesse aspettare alcuna salvezza da lui, il Cristo, a causa del quale, appena nato, molti bimbi erano stati assassinati; anzi, che era un presagio sfavorevole e disastroso, che la nascita di Cristo aveva acceso una fiamma di crudeltà più forte di quella che normalmente brucia in mezzo alle guerre. Ma come Geremia promette una restaurazione, dove una nazione è stata tagliata fuori, fino ai loro bambini piccoli, così Matteo ricorda ai suoi lettori, che questo massacro non avrebbe impedito a Cristo di apparire poco dopo come il Redentore dell’intera nazione: perché sappiamo che l’intero capitolo di Geremia, in cui ricorrono queste parole, è pieno delle più belle consolazioni. Subito dopo il luttuoso lamento, aggiunge infatti: “Così dice l’Eterno: «Trattieni la tua voce dal piangere, i tuoi occhi dal versare lacrime, perché la tua opera sarà ricompensata», dice l’Eterno; «essi ritorneranno dal paese del nemico” (Geremia 31:16).
Questa era la somiglianza tra la precedente calamità che aveva subito la tribù di Beniamino e la seconda calamità, che è qui registrata. Entrambi erano un preludio alla salvezza che doveva arrivare tramite Gesù di Nazareth, l’atteso Messia, la cui esistenza continuamente minacciata, avrebbe prevalso su tutti i suoi oppositori, ieri ed oggi. Il racconto dell’evangelista Matteo quindi, lo dobbiamo comprendere nelle sue finalità, senza usarlo come pretesto per altri argomenti estranei. Rimane però rilevante, perché questo testo ci parla del Signore e Salvatore Gesù Cristo. Gesù Cristo è il vero Israele di Dio, ma anche coloro che sono in Cristo sono anche l’Israele di Dio. Lo dice espressamente l’apostolo Paolo “su tutti quelli che cammineranno secondo questa regola sia pace e misericordia, e così pure sull’Israele di Dio”(Gal. 6:16 ). Possiamo quindi aspettarci che Dio si stia muovendo per provvedere ai Suoi fedeli servitori proprio come aveva fatto sotto il vecchio patto, anche se a volte può sembrare che Dio si sia lasciato questo mondo alle spalle. Se ti senti intrappolato in circostanze difficili, sii incoraggiato a dire che se conosci Gesù, stai condividendo le Sue sofferenze, e quindi hai la speranza della vita di risurrezione, vita significativa ed eterna.