Domenica 8 Novembre 2020 – Ventitreesima domenica dopo Pentecoste Letture bibliche: Salmo 78:1-7; Giosuè 24:1-28; 1 Tessalonicesi 4:13-18; Matteo 25:1-13
Nelle tenebre di questo mondo, il cristiano è chiamato ad essere un “portatore di luce”. Lo può fare instancabile e diligente con fiducia e speranza, perché sa che non sarà una notte eterna: verrà l’alba del ritorno di Cristo. E’ quanto ci insegna Gesù nella cosiddetta “Parabola delle 10 vergini” di Matteo 25, che consideriamo quest’oggi. Che cosa ci insegna? Vediamo.
L’annunciato e promesso Ritorno di Cristo è una delle dottrine fondamentali del Credo cristiano. Eppure, per noi “moderni” è un po’ come “la Cenerentola del Credo”. La speranza del ritorno di Cristo, però, entusiasmava i cristiani del Nuovo Testamento, come testimoniano più di 300 riferimenti in questi documenti – in media, uno ogni tredici versetti. Per noi, più che entusiasmante, questa speranza è diventata imbarazzante! Si illudevano forse loro? Si ingannavano con false speranze? No, non avevano la concezione dei “tempi lunghi” delle disposizioni divine in cui questo sarebbe avvenuto, cioè che la storia doveva svilupparsi in un certo modo e per molto tempo, per poi culminare in modo certo e sicuro nel ritorno di Cristo. Eppure essi dovevano – e dobbiamo – esserne pronti, come se dovesse avvenire domattina.
Il cuore stesso del Credo è la testimonianza che rende al passato, al presente, ed al futuro di Gesù Cristo: la Sua nascita, la Sua morte, la Sua risurrezione, e la Sua ascensione nel passato; ma anche il Suo ritorno nel futuro “per giudicare i vivi ed i morti”. Con il Suo ritorno, la Scrittura ci dice, vi sarà il giudizio degli empi e la vita piena ed eterna dei redenti in Cristo. Allora avrà inizio un nuovo ordinamento cosmico. Il Credo cristiano guarda in avanti fino al giorno in cui il Cristo, Gesù Cristo, verrà pubblicamente per concludere la storia e giudicare ogni creatura umana – creature responsabili davanti a Dio. Certo, il ritorno di Cristo è inimmaginabile – ma l’immaginazione umana non è un criterio adeguato per misurare la potenza di Dio, e lo stesso Gesù che è ora spiritualmente presente a milioni di persone simultaneamente, si renderà presente e ben visibile un giorno ad un’umanità risorta.
Noi non sappiamo quando Egli ritornerà, ma “sappiamo però che quando egli sarà manifestato, saremo simili a lui, perché lo vedremo come egli è” (1 Giovanni 3:2)! “Preparatevi”, dice così il Salvatore ai Suoi discepoli, “Perciò anche voi siate pronti, perché nell’ora che non pensate, il Figlio dell’uomo verrà” (Matteo 24:44). In che modo uno si può preparare e rimanere pronti? Questo dovrebbe far parte della nostra disciplina quotidiana. Quando il Signore Gesù tornerà Egli vorrà incontrare cristiani attivi nel testimoniare al mondo la verità, con l’annuncio dell’Evangelo ed opere conseguenti in ogni sfera della realtà di questo mondo. “Essere pronti” deve essere per noi “uno stile di vita”. Questa speranza deve animare e sostenere tutto ciò che facciamo. Non è escapismo, ma fiduciosa determinazione nel nostro operare. Questa certa speranza è quanto ci presenta il Lezionario nel testo biblico di Matteo 25:1-13, una parabola di Gesù tradizionalmente intitolata “La Parabola delle Dieci Vergini” (o damigelle di nozze). Ascoltiamola-
«Allora il regno dei cieli sarà simile a dieci vergini le quali, prese le loro lampade, uscirono fuori incontro allo sposo. Or cinque di loro erano avvedute e cinque stolte. Le stolte, nel prendere le loro lampade, non presero con sé l’olio; le avvedute, invece, insieme alle lampade, presero anche l’olio nei loro vasi. Ora, siccome lo sposo tardava, si assopirono tutte e si addormentarono. E sulla mezzanotte si levò un grido: “Ecco, arriva lo sposo, uscitegli incontro!”. Allora tutte quelle vergini si destarono e prepararono le loro lampade. E le stolte dissero alle avvedute: “Dateci del vostro olio, perché le nostre lampade stanno per spegnersi”. Ma le avvedute, rispondendo, dissero: “No, perché non basterebbe né a noi, né a voi; andate piuttosto dai venditori e compratene”. Ora, mentre quelle andavano a comprarne, arrivò lo sposo; le vergini che erano pronte entrarono con lui per le nozze; e la porta fu chiusa. Più tardi giunsero anche le altre vergini, dicendo: “Signore, signore, aprici”. Ma egli, rispondendo, disse: “In verità vi dico che non vi conosco”. Vegliate dunque, perché non sapete né il giorno, né l’ora in cui il Figlio dell’uomo verrà».
La dinamica del sovrano operare di Dio nella storia di questo mondo (il Regno dei Cieli) e la necessaria risposta dei Suoi discepoli di ieri e di oggi, Gesù l’ha insegna tramite una parabola che fa uso di un’usanza del suo tempo. Secondo i costumi dell’Israele del primo secolo, dopo un anno di fidanzamento vincolante lo sposo si recava a casa della sposa in un giorno prestabilito per portarla a casa propria per una festa nuziale della durata di sette giorni. La sposa sarebbe stata accompagnata da un corteo di damigelle d’onore (chiamate “vergini”, giovani ragazze non maritate) che avrebbero scortato la coppia dopo il tramonto illuminando la via con lampade ad olio o fiaccole.
Gesù parla di dieci damigelle e specifica che cinque di esse erano avvedute, sagge, previdenti e cinque stolte, sciocche, disavvedute, sprovvedute. Le stolte prendono per scontato che lo sposo sarebbe giunto ad una certa ora e non si premurano di portare olio di riserva. Quelle avvedute, invece, sono previdenti e pensano in anticipo che fare nel caso che lo sposo tardasse e vogliono che, in ogni caso, il loro servizio sia garantito. Ecco così che lo sposo ritarda e tutt’e dieci si addormentano. L’arrivo dello sposo a mezzanotte le risveglia e le avvedute possono continuare il loro servizio e, con le loro lampade accese accompagnano gli sposi a casa dello sposo. Le seconde si trovano però al buio che, al buio, le scambierà per estranee con chissà quali intenzioni, e vengono respinte senza mezzi termini.
Nelle Scritture il rapporto di Gesù, il Cristo, con la comunità dei Suoi discepoli, la Chiesa, viene spesso rappresentata come un matrimonio, “una grande e misteriosa verità” (Efesini 5:32). Gesù ha promesso di tornare e stabilire, finalmente incontrastato, il Suo regno. Il periodo fra la sua Ascensione e il Suo ritorno è un periodo in cui i suoi discepoli non devono aspettare oziosi, come se dovesse fare tutto Lui, ma un periodo di intenso lavoro per diffondere in tutto il mondo il Suo “stile di vita”. I Suoi discepoli, i cristiani, devono essere le Sue mani e le Sue gambe! In effetti: “voi siete il corpo di Cristo e membra di esso, ciascuno per parte sua” (1 Corinzi 12:27). Quando Gesù risorto ascende al Cielo, i discepoli erano stati tentati, imbambolati, di star lì a guardare le nuvole… ma vengono ammoniti: “Come essi avevano gli occhi fissi in cielo, mentre egli se ne andava, ecco due uomini in bianche vesti si presentarono loro, e dissero: «Uomini Galilei, perché state a guardare verso il cielo? Questo Gesù, che è stato portato in cielo di mezzo a voi, ritornerà nella medesima maniera in cui lo avete visto andare in cielo” (Atti 1:10-11). Essi così ritornano a Gerusalemme e perseverano nella loro missione, il compito che Gesù aveva loro affidato.
Chi potrebbero rappresentare le dieci damigelle? Esse portano la luce, sono al servizio dello Sposo e della sposa, ministrano al matrimonio. Sono i ministri dell’Evangelo perché essi “portano la luce”. Gesù dice ai Suoi discepoli: “Voi siete la luce del mondo. Una città posta sopra un monte non può rimanere nascosta, e non si accende una lampada per metterla sotto un recipiente; anzi la si mette sul candeliere ed essa fa luce a tutti quelli che sono in casa. Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, affinché vedano le vostre buone opere e glorifichino il Padre vostro che è nei cieli” (Matteo 5:14-16).
Eppure non è raro che i ministri di Cristo (che sono sia quelli ordinati a questo servizio che ogni altro cristiano, secondo i rispettivi doni), nell’attesa del ritorno di Cristo si addormentino, Lo avevano fatto nel Getsemani nel momento più intenso della sofferenza di Cristo. Quello di “addormentarsi” è una costante tendenza della comunità dei cristiani. Mentre dovrebbero diffondere il Regno di Dio, essi dormono, lasciando che l’Avversario di Dio e i suoi servi prendano il sopravvento nella società. “Per questo è detto: «Risvègliati, o tu che dormi, e risorgi dai morti, e Cristo ti inonderà di luce». Guardate dunque con diligenza a come vi comportate; non da stolti, ma da saggi; ricuperando il tempo perché i giorni sono malvagi. Perciò non agite con leggerezza, ma cercate di ben capire quale sia la volontà del Signore” (Efesini 5:14-17). Quando empi, pagani, e aderenti a false religioni (spesso più avveduti di noi cristiani) prendono il sopravvento nella società, ce ne lamentiamo e piangiamo, ma se loro sono lì dove non dovrebbero essere è solo colpa nostra che abbiamo lasciato loro spazio. Siamo stati pigri e abbiamo pensato che lasciare il compito ad altri non avrebbe fatto differenza, e che persino fosse lodevole! Quel che è peggio è che quando i nemici di Dio prendono il sopravvento, immaginiamo che questo sia “un segno” del prossimo ritorno risolutore di Cristo e facciamo meno ancora! Indubbiamente siamo noi a rivelarci stupidi, stolti e disavveduti, inetti e disutili al loro Signore. …ma rischiamo di essere noi stessi lasciati fuori quando Cristo tornerà!
Anche le damigelle avvedute si addormentano, è vero, ma quando l’annuncio dell’arrivo dello Sposo le risveglia, esse non si lascinano prendere alla sprovvista, perché si erano premunite contro ogni evenienza, portando olio supplementare. Non erano state negligenti, ma “avevano fatto provviste”. Non avevano negletto i mezzi della grazia, come la predicazione, l’istruzione, la preghiera, i sacramenti. Sapevano che questi sarebbero stati loro utili. La previdenza è ciò che il Signore si aspetta dai Suoi. Come la donna saggia descritta nell’ultimo capitolo del libro dei Proverbi essa è diligente nel suo lavoro e responsabilità. Vale la pena di sentire questo testo, perché è ciò che Dio si aspetta da ogni suo figliolo, donna o uomo che sia.
“Chi troverà una donna forte e virtuosa? Il suo valore è di gran lunga superiore alle perle. Il cuore di suo marito confida in lei e avrà sempre dei guadagni. Ella gli fa del bene e non del male, tutti i giorni della sua vita. Si procura lana e lino e lavora con piacere con le proprie mani. Ella è simile alle navi dei mercanti: fa venire il suo cibo da lontano. Si alza quando è ancora notte per distribuire il cibo alla sua famiglia e dare ordini alle sue domestiche. Ella guarda un campo e l’acquista; col frutto delle sue mani pianta una vigna. Si cinge di forza i lombi e irrobustisce le sue braccia. Si rende conto che il suo commercio va bene, e la sua lampada di notte non si spegne. Stende la sua mano alla conocchia e le sue palme impugnano il fuso. Tende la sua mano al povero e porge le sue mani al bisognoso. Non teme la neve per la sua famiglia, perché tutti quelli di casa hanno doppia veste. Si fa delle coperte di arazzo e le sue vesti sono di lino finissimo e di porpora. Suo marito è stimato alle porte, quando si siede fra gli anziani del paese. Confeziona vesti di lino e le vende, e rifornisce i mercanti di cinture. Forza e onore sono il suo vestito e ride dei giorni a venire. Apre la sua bocca con sapienza e sulla sua lingua c’è la legge della bontà. Ella sorveglia l’andamento della sua casa e non mangia il pane di pigrizia. I suoi figli si levano e la proclamano beata; anche suo marito ne fa l’elogio” (Proverbi 31:10-28).
Sì, notate quell’espressione: “la sua lampada di notte non si spegne”! Diligenza, capacità imprenditoriale, duro ed instancabile lavoro per la gloria di Dio e l’avanzamento del Suo regno dev’essere il tratto distintivo di ogni cristiano consapevole e responsabile. Questa è stata considerata storicamente la caratteristica del cristiano protestante, del buon calvinista! Così è stato perché prende sul serio la Parola del Signore. Non lo fa per guadagnarsi il favore di Dio e la salvezza, ma lo fa solo per la gloria di Dio, mostrandogli così riconoscenza per la grazia che ha ricevuto in Cristo. Nella parabola dei Talenti, al servitore fedele, il suo signore dice: “Va bene, servo buono e fedele, sei stato fedele in poca cosa, ti costituirò sopra molte cose; entra nella gioia del tuo Signore”. Al servitore indolente, però, il padrone dice:
“Il suo padrone gli rispose: “Servo malvagio e fannullone, tu sapevi che io mieto dove non ho seminato e raccolgo dove non ho sparso; dovevi dunque portare il mio denaro dai banchieri; al mio ritorno avrei ritirato il mio con l’interesse. Toglietegli dunque il talento e datelo a colui che ha i dieci talenti. Poiché a chiunque ha, sarà dato ed egli sovrabbonderà; ma a chi non ha, sarà tolto anche quello che ha. E quel servo inutile, gettatelo nelle tenebre di fuori. Lì sarà il pianto e lo stridor dei denti” (Matteo 25:26-30).
Al ritorno del Signore le damigelle stolte si angosciano e si pentono della loro indolenza. Chiedono in prestito olio dalle compagne avvedute, ma esse non possono aiutarle, perché di olio non ce ne sarebbe abbastanza per tutte: rovinerebbe anche il loro servizio. Vanno così in cerca d’olio da comprare. Dove trovarlo, però, a quell’ora della notte. Riescono a trovarlo da qualche parte, ma ora sono loro ad essere in ritardo e, ritornando non solo trovano la porta non solo inesorabilmente loro chiusa, ma lo sposo che le respinge, affermando nemmeno di conoscerle. “Signore, signore” esse chiamano da fuori. La ripetizione era un tentativo di mostrare intimità, ma mancava il rapporto. La parte scioccante di questi esempi è che apparentemente facevano parte dei seguaci di Gesù, ma in qualche modo non lo erano (come nella parabola della Zizzania o come quella dei diversi tipi di terreno. Come dice Paolo in Romani 9: 6, “Tuttavia non è che la parola di Dio sia caduta a terra, poiché non tutti quelli che sono d’Israele sono Israele”, così anche, non tutti i seguaci esteriori di Gesù sono redenti.
Gesù conclude dicendo: “Vegliate dunque, perché non sapete né il giorno, né l’ora in cui il Figlio dell’uomo verrà”. Anche a noi Egli ci dice: “Non state a perdere tempo con le speculazioni apocalittiche sulla data del mio ritorno o della ‘fine del mondo’. La vostra unica preoccupazione deve essere quella di lavorare per diffondere il Regno di Dio, con la parola e i fatti. Fatelo con energia e speranza. Io tornerò e completerò l’opera in questo mondo, ma quando tornerò vi voglio vedere in azione!”.Dunque: “Dice tutto questo per noi? Certo queste cose sono scritte per noi, perché chi ara deve arare con speranza, e chi trebbia deve trebbiare con la speranza di avere ciò che spera” (1 Corinzi 9:10), e lo otterrà. Ecco perché il libro dell’Apocalisse termina con questo grido:! “Sì, vieni, Signore Gesù” (Apocalisse 22:20).