Domenica 29 ottobre 2023 – Festa della Riforma
Chi vi ha accompagnati alla fede?
Se io vi chiedessi chi sia stato determinante nella nascita e sviluppo della vostra personale fede in Gesù Cristo, voi potreste indicarmi varie persone che vi hanno accompagnato a far si che Egli diventasse il vostro Signore e Salvatore. Potrei anch’io indicarne alcune per la mia esperienza. Per queste persone ringraziate Dio che, nella vostra vita, ne ha fatto i Suoi provvidenziali strumenti. L’apostolo Paolo era stato strumentale a che molti giungessero alla fede salvifica in Cristo, ma certo non era l’unico. Rivolgendosi alla comunità cristiana di Corinto, egli definisce queste persone in questo modo: “… servitori, per mezzo dei quali voi avete creduto, e lo sono nel modo che il Signore ha dato a ciascuno. Io ho piantato, [un altro] ha annaffiato, ma è Dio che ha fatto crescere, quindi né colui che pianta né colui che annaffia sono alcunché, ma Dio che fa crescere è tutto” (1 Corinzi 3:5-7).
Personalmente io sono cresciuto nell’ambito della chiesa cattolica-romana e ne sono stato attivo membro. Lì una persona in particolare mi ha donato la mia prima copia della Sacra Bibbia. Avevo circa 18 anni e la conservo ancora. Attraverso di essa ho conosciuto quanto riguarda il messaggio dell’Evangelo e la storia dell’antico popolo di Dio. Chi però, in particolare mi ha condotto a comprendere il messaggio dell’Evangelo in maniera approfondita non sono state persone in vita ma gli scritti dei Riformatori Martin Lutero e Giovanni Calvino, scritti che, di mia propria iniziativa, avevo preso in prestito dalla biblioteca pubblica della città dove abitavo. Dico “di mia iniziativa”, ma riconosco in questo la mano provvidenziale di Dio! Persuaso dalle loro argomentazioni, nel corso del tempo, la loro prospettiva sulla fede cristiana mi ha portato a riformare, a ristrutturare, la mia fede e pratica cristiana per allinearla all’espresso insegnamento del Nuovo Testamento, ripulito così da tradizioni e idee di origine estranea che lo appesantivano e lo oscuravano – cose che la Scrittura stessa chiama “regole carnali”. Così come si esprime nel Nuovo Testamento l’epistola agli Ebrei, si può indubbiamente ben dire che anch’essi, i riformatori del passato, “benché morti parlino ancora” (Ebrei 11:4). La bontà e correttezza biblica del loro insegnamento, di cui rimango persuaso, avendolo pure messo a confronto con altre prospettive, mi ha accompagnato da allora a nutrire e vivere la mia fede cristiana riformata, ma anche a diffonderla a mia volta.
Uno dei mezzi di cui mi sono avvalso per diffonderla, insieme ad altri credenti dalle stesse mie persuasioni, sono stati, fin dal 1995, gli strumenti di comunicazione offerti dall’Internet. L’ho fatto sotto un personale motto che da allora ha “firmato” quanto pubblicavo e ancora oggi pubblico, cioè “Tempo di Riforma” oppure “È sempre tempo di Riforma”, che incapsula la mia fede ed esperienza, accanto al simbolo storico del Protestantesimo calvinista, vale a dire la “Croce ugonotta” accompagnata da una fiaccola accesa, indicante quella che io credo essere l’immutata rilevanza del pensiero del cristianesimo riformato classico.
Il tempo della riforma
L’espressione “Tempo di Riforma” non è di mia creazione, ma è ripresa dal Nuovo Testamento, in particolare dall’Epistola agli Ebrei. Al capitolo 9 di questa lettera, l’autore, dopo aver descritto i cerimoniali che avvenivano nell’antico Tempio di Gerusalemme, scrive:
“Lo Spirito Santo voleva con questo significare che la via al santuario non era ancora manifestata finché sussisteva ancora il primo tabernacolo. Esso è una figura per il tempo attuale, conformemente alla quale si offrono doni e sacrifici che non possono, quanto alla coscienza, rendere perfetto colui che offre il culto, poiché si tratta solo di cibi, di bevande e di varie abluzioni, insomma di regole carnali imposte fino al tempo della riforma” (Ebrei 9:8-10).
Gli antichi rituali che avvenivano nel Tempio di Gerusalemme, centro pulsante della vita e della fede del popolo di Israele, secondo l’insegnamento del Nuovo Testamento non erano che una prefigurazione di quello che sarebbe avvenuto con la morte sacrificale di Gesù Cristo su una croce e della Sua risurrezione. Gesù ha compiuto, cioè, tutto ciò che il culto nel tempio di Gerusalemme rappresentava. I sacrifici, i sacerdoti, e il tempio stesso, da allora non sarebbero stati più necessari. Nell’anno 70 dopo Cristo, infatti, quel tempio viene distrutto dalle forze dell’impero romano e raso al suolo. Senza dubbio un avvenimento significativo degli eterni propositi di Dio. Altre potenze avrebbero poi ancora invaso quei territori e stabilito i loro propri culti.
Abbiamo noi ancora necessità di avere lì un tempio per onorare il Dio vero e vivente? No. Gesù stesso ha inaugurato quello che questo testo chiama “il tempo della riforma”, così come Egli aveva detto alla Samaritana: “… l’ora viene che né su questo monte né a Gerusalemme adorerete il Padre. (…) l’ora viene, anzi è già venuta, che i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità, poiché tali sono gli adoratori che il Padre richiede. Dio è spirito e quelli che l’adorano bisogna che lo adorino in spirito e verità”. Dove allora dovremmo onorare Dio con il nostro culto? È possibile dovunque! Perché: “… al Signore appartiene la terra e tutto quello che essa contiene” (1 Corinzi 10:26).
Il termine tradotto nel testo della lettera agli Ebrei con “riforma” deriva da διόρθωσις [diorthosis] che significa correzione, emendamento, riparazione, “mettere le cose dritte”, “a posto”. Questo termine dal quale è pure stato tratto il nostro termine “ortodossia” (giusta dottrina) e “ortoprassi” (giusta pratica) viene, per esempio, usato in Atti 24 dov’è riportato il discorso dell’oratore Tertullo di fronte al governatore romano Felice: “Siccome per merito tuo, o eccellentissimo Felice, godiamo molta pace e per la tua previdenza sono state fatte delle riforme a favore di questa nazione, noi, in tutto e per tutto, lo riconosciamo con ogni gratitudine” (24:3). Anche i nostri leader politici e religiosi parlano spesso di riforme in diversi settori. Le promettono ma spesso le disattendono o vanificano.
Una riforma sempre quanto mai necessaria
Non abbiamo oggi così più bisogno di templi particolari, né di sacerdoti, né di altari o sacrifici, né di sacre liturgie! Il ristabilimento nell’ambito delle chiese cristiane di antichi rituali e liturgie, di altari, di sacerdoti, immagini sacre davanti alle quali prostrarsi ecc. ad imitazione dell’antico culto israelita o peggio, pagano, aveva reso necessaria, per grazia di Dio, nel XVI secolo, e ancora la rende oggi necessaria, una riforma, un “rimettere le cose a posto”, “in linea” con l’ortodossia apostolica proclamata autorevolmente e vissuta dalle comunità cristiane antiche.
Lo stesso discorso può essere fatto per l’istituzionalizzazione del movimento cristiano in chiese gerarchiche, spesso al servizio dei potentati di questo mondo – cosa che pure esige riforme strutturali intese a smantellarle perché non legittime – se prendiamo sul serio la Parola di Dio! Lo scorrere del tempo inevitabilmente, infatti, corrompe anche le chiese come pure la fede di singoli cristiani.
Dio stesso chiama così a misurarci con la Sua Parola e e a “correggere la rotta” quando non è conforme al suo insegnamento normativo. La metafora del “correggere la rotta” è particolarmente significativa e adoperata anche dal Nuovo Testamento stesso quando per esempio in 1 Timoteo 1:19 l’Apostolo esorta: “… avendo fede e buona coscienza, alla quale alcuni hanno rinunciato e così hanno naufragato quanto alla fede”. Allontanarsi, infatti dalla rotta segnata dalla rivelazione biblica significa non solo non arrivare alla destinazione stabilita da Dio, ma “naufragare” infrangendosi sulle rocce o insabbiandosi in bassi fondali.
La sintesi di Francesco Turrettini
La riforma o ristabilimento della fede cristiana “secondo le norme antiche” era stata descritta in maniera eccellente da Francesco Turrettini, teologo ed insegnante nell’Accademia teologica di Calvino, a Ginevra, nella sua grande opera: “Theologia Elenctica”. Quest’anno ricorre il 400° anniversario della sua nascita. Quest’opera è chiamata “elenctica” perché è stata scritta in forma di domande e risposte sui temi più disparati che riguardano la fede cristiana. Nella sezione che riguarda la chiesa cristiana, Turrettini risponde alla domanda: “La Chiesa riformata è la vera Chiesa?”. Egli lo fa con persuasive argomentazioni supportate da prove. Non lo fa per giustificare una particolare denominazione cristiana, ma di fatto mette in evidenza quali siano i principi sui quali si può verificare se una chiesa possa definirsi “ortodossa” secondo l’insegnamento delle Sacre Scritture. Vorrei passarli oggi in rapida rassegna, invitando poi chi vuole approfondirli leggendo l’articolo completo [1] e visitando il nostro sito web di “Tempo di Riforma [2]. Li divideremo in singole affermazioni.
1. “La nostra fede è quella tutta occupata a conoscere il Dio uno e trino, Creatore, conservatore e Redentore, e ad adorarlo giustamente secondo il suo comando”. Gesù disse che: “Questa è la vita eterna: che conoscano te, il solo vero Dio, e colui che tu hai mandato, Gesù Cristo” (Giovanni 17:3).
2. La nostra fede, “ … dà tutta la gloria della nostra salvezza solo a Dio e ascrive solo all’uomo la vera causa del suo peccato e della sua distruzione”. La nostra antropologia non idealizza le presunte capacità e bontà dell’essere umano, ma vede la sua attuale corruzione come un fattore disabilitante. Essa attribuisce la salvezza solo all’opera misericordiosa e immeritata di Dio in Cristo e non come qualcosa “da meritarsi”. Difatti, continua più avanti il Turrettini, “È la nostra fede che deprime quanto più possibile l’uomo togliendogli ogni presunzione delle proprie forze e dei propri meriti; e lo eleva al vertice predicando che la grazia e la misericordia di Dio sono l’unica causa di salvezza, sia nell’acquisizione che nell’applicazione”.
3. “È la nostra fede che non riconosce altra regola di fede e di pratica oltre le Sacre Scritture”. Le Sacre Scritture sono l’unico documento fondante e normativo della nostra fede e condotta e ogni cosa va valutata criticamente rispetto ad essa. Come dice la Confessione di fede di Westminster “Il giudice supremo al quale dovranno essere sottoposte per esservi giudicate tutte le controversie religiose, ogni decreto di concili, opinione di antichi scrittori, dottrine umane e spiriti privati, ed nelle cui sentenze dobbiamo trovare la nostra pace, non può essere altri che lo Spirito Santo che si esprime attraverso le Scritture” [1:10].
4. “… nessun altro mediatore e capo della chiesa oltre a Cristo”. Le Scritture non parlano di altre autorità supreme delle chiese diverse da Cristo Gesù, il quale non possede alcun “vicario” terreno se non l’opera sovrana dello Spirito Santo di Dio.
5. “… nessun altro sacrificio propiziatorio se non la sua morte”. L’unico sacrificio espiatorio dei nostri peccati è quello di Gesù Cristo in croce, che ha pagato il prezzo della salvezza di chiunque si affidi a Lui come proprio Salvatore e Signore.
6. “… nessun altro purgatorio che il suo sangue”. Il sacrificio di Cristo paga completamente il prezzo della salvezza di coloro che Dio Gli ha affidato. Nessuna nostra sofferenza temporale o ultramondana può essere espiazione per i nostri peccati. La Scrittura dice: “Cristo può salvare appieno quelli che per mezzo di lui si accostano a Dio, vivendo egli sempre per intercedere per loro” (Ebrei 7:25).
7. “… nessun altro merito se non la sua obbedienza”. È l’ubbidienza di Cristo che ci guadagna la salvezza. Noi siamo certo chiamati ad ubbidire a Dio, ma l’ubbidienza è il risultato della nostra salvezza, non lo strumento per meritarla.
8. “… nessun’altra intercessione che le sue preghiere. È la nostra fede che insegna che solo Dio deve essere adorato e invocato e non permette che la gloria e il culto religioso a Lui dovuti si trasferiscano sulle creature”. Affinché le nostre preghiere raggiungano Dio non abbiamo bisogno di altri mediatori se non Cristo Gesù. Egli è pienamente sufficiente, disponibile ed efficace.
9. “È la nostra fede che proclama la guerra contro tutti i vizi, raccomanda tutte le virtù e insiste sulla necessità della santità e delle buone opere per la salvezza”. L’impegno nella personale santificazione è evidenza della nostra salvezza, se siamo veramente credenti in Cristo. La predichiamo come essenziale!
10. “… colloca la pietà e il culto, non in esercizi corporali, che sono di scarsa utilità (per esempio la distinzione del cibo, l’osservanza di feste, digiuni, pellegrinaggi, flagellazioni e altre cerimonie esterne e culti, che Dio non ha ingiunto in nessun luogo), ma nel culto in spirito e verità, consistente in un cuore puro, una buona coscienza, una fede non finta, un amore e una pratica delle buone opere”.
11. “È la nostra fede che reca solida pace e consolazione all’anima del credente in vita e in morte per la vera fiducia che gli ordina di riporre non nell’incertezza e nella vanità della propria giustizia o delle soddisfazioni umane, ma nell’unica misericordia di Dio e giustizia perfettissima di Cristo, la quale, applicata al cuore mediante la fede, toglie dubbi e diffidenze e genera una viva persuasione di salvezza dopo questa vita”.
12. “È la nostra fede che non solo non vieta la lettura delle Sacre Scritture in quanto pericolosa, ma lo comanda come estremamente utile e altamente necessario; che non vuole che le cose sacre siano compiute in una lingua straniera, per cui gli incolti non capiscono Dio che parla e sono tenuti nell’ignoranza i più lontani dai misteri; ma loda l’uso della lingua comune conosciuta da tutti affinché possa consultare per l’edificazione e l’istruzione di tutti”.
13. È la nostra fede che, contenta dei due sacramenti istituiti da Cristo (il Battesimo e la Cena), rifiuta tutti gli altri come invenzioni umane. Riconosce la presenza vera, spirituale ed unica salvifica di Cristo nella Cena e non può ammettere la presenza corporea (…) per la quale Dio si crede non solo fatto dall’uomo ma anche mangiabile, in contrapposizione al senso, alla ragione e alla fede e pieno di diecimila contraddizioni”.
Il Turrettini così conclude la sezione della sua risposta che riguarda la nostra fede riformata: “Ora, quale falsità o empietà si può scoprire in tutte queste cose? D’altra parte, cosa si può trovare che non trasmetta verità e sincerità e non sia d’accordo con la parola di Dio e con lo spirito del cristianesimo? Può esserci qualcuno così spudorato da osare dire che coloro che credono veramente e osservano sinceramente tali cose dovrebbero essere consegnati alle fiamme eterne e condannati senza speranza di salvezza?”.
Conclusione
L’Antico Testamento conteneva dunque: “regole carnali imposte fino al tempo della riforma” perché il Signore e Salvatore Gesù Cristo ha realizzato tutto ciò che l’antico culto nel Tempio di Gerusalemme rappresentava. Per questo non abbiamo più bisogno né di templi, né di sacerdoti, né di altari o sacrifici, né di sacre liturgie! Tutto ciò di cui abbiamo bisogno per vivere pienamente la fede cristiana è contenuto autorevolmente e normativamente solo nella Parola di Dio, Cristo Gesù, così com’è annunciato e spiegato una volta per sempre nelle Sacre Scritture. Nessuna “teologia creativa”, da chiunque provenga e comunque voglia essere giustificata può essere considerata legittima.
Di quali “regole carnali” dovete voi liberarvi per vivere pienamente i frutti dell’Evangelo di Cristo? Come scrive l’apostolo Giuda: “Diletti, avendo un grande desiderio di scrivervi della nostra comune salvezza, mi sono trovato costretto a farlo per esortarvi a combattere strenuamente per la fede, che è stata una volta per sempre tramandata ai santi. Poiché si sono infiltrati fra noi certi uomini (…), empi che volgono in dissolutezza la grazia del nostro Dio e negano il nostro unico Padrone e Signore Gesù Cristo” (Giuda 3,4). È sempre Tempo di Riforma perché tali “uomini” li troviamo dovunque!
Paolo Castellina, 21 ottobre 2023.
Note
[1] https://sfero.me/article/-chiesa-riformata-vera-chiesa-
[2] https://www.tempodiriforma.it/mw/index.php?title=Pagina_principale