Domenica 22-1-2023 – Servizio di culto evangelico-riformato
[formato del culto rinnovato: qui sotto i testi biblici con le riflessioni]
C’è, come sempre d’altronde, un filo conduttore che unisce le letture bibliche del Lezionario Comune Riveduto scelte per ogni domenica e, in particolare, per questa terza domenica dopo l’Epifania. Lo troviamo nella prima frase del Salmo 27: “L’Eterno è la mia luce e la mia salvezza, di chi temerò?”. Proprio così: con la Sua Parola e il Suo Spirito Dio guida la mia vita – dice il figlio di Dio – su sentieri buoni e giusti. Egli mi dà fermezza e sicurezza e anche se, vivendo in questo mondo decaduto, io mi trovassi nelle circostanze le più avverse. Egli mi dà la forza per affrontarle e guardare oltre con una speranza che so non rimarrà delusa. Questa è la testimonianza non solo dello scrittore di questo Salmo, ma di innumerevoli persone di ogni tempo e paese che si sono poste “sulla sua lunghezza d’onda”.
Vi è, però, chi si propone oggi a noi presentandosi ingannevolmente come “portatore di luce”. Ci dice che, se gli diamo retta, noi saremo “illuminati” e “progrediremo” umanamente e spiritualmente. Come? Liberandoci di ogni “primitiva superstizione” sull’esistenza di Dio per trovare in noi stessi il senso della nostra vita. “Senza nessuna regola che ci sia imposta dall’esterno noi progrediremo – dice – e diventeremo noi stessi ciò che attribuiamo a Dio”. ….dove l’ho già sentito questo suggerimento? E’ stato comunque recentemente proposto da un popolare moderno scrittore d’origine ebraica che, apostatando dalla fede del suo popolo, scrive:
“Il moderno patto di alleanza ci offre il potere alla condizione che rinunciamo alla nostra fede in un grandioso piano cosmico che dia senso alla vita (…) Il grande progetto politico, artistico e religioso della modernità è stato trovare un senso alla vita che non sia radicato in qualche fantasmagoria celeste. … Nessuno si preoccupa di noi o delle nostre azioni, quindi nessuno pone limiti al nostro potere …. L’antidoto a un esistenza priva di significato e di regole è stato fornito dall’umanesimo, un nuovo culto rivoluzionario … La religione umanista adora l’umanità e prevede che essa ricopra il ruolo che Dio interpretava nel cristianesimo … Di conseguenza la rivoluzione religiosa fondamentale della modernità non è stata smarrire la fede in Dio, bensì accrescere la fede nell’umanità” (Yuval Noah Harari, Homo Deus, p. 273,274).
…e in sole 500 e più pagine questo autore ci spiega quale meraviglioso futuro stia davanti a noi! E’ Yuval Noah Harari uno degli oratori favoriti al World Economic Forum di Davos che, a suo dire, si preoccupa del destino di questo mondo… Un altro Salmo definirebbe questo scrittore uno stolto di prim’ordine, ma tant’è… Sono molti a lasciarsi persuadere a seguire oggi questa via. Noi, però, preferiamo seguire la sapienza antica del Salmo 27 che ora ascoltiamo.
“L’Eterno è la mia luce e la mia salvezza; di chi temerò? L’Eterno è il baluardo della mia vita; di chi avrò paura? Quando i malvagi che mi sono avversari e nemici, mi hanno assalito per divorare la mia carne, essi stessi hanno vacillato e sono caduti. Se un esercito si accampasse contro di me, il mio cuore non avrebbe paura; se infuriasse la battaglia contro di me, anche allora sarei fiducioso. Una cosa ho chiesto all’Eterno, e quella ricerco: che io dimori nella casa dell’Eterno tutti i giorni della mia vita, per contemplare la bellezza dell’Eterno e meditare nel suo tempio. Poiché egli mi nasconderà nella sua tenda nel giorno dell’avversità, mi custodirà nel luogo più segreto della sua dimora, mi porterà in alto sopra una roccia. Già fin d’ora il mio capo si eleva sui miei nemici che mi accerchiano. Io offrirò nel suo padiglione sacrifici con giubilo; canterò e salmeggerò all’Eterno. O Eterno, ascolta la mia voce quando t’invoco; abbi pietà di me e rispondimi. Il mio cuore mi dice da parte tua: “Cercate il mio volto!”. Io cerco il tuo volto, o Eterno. Non mi nascondere il tuo volto, non respingere con ira il tuo servo; tu sei stato il mio aiuto; non lasciarmi, non abbandonarmi, o Dio della mia salvezza! Quand’anche mio padre e mia madre m’avessero abbandonato, pure l’Eterno mi accoglierà. O Eterno, insegnami la tua via, e guidami per un sentiero diritto, a motivo dei miei nemici. Non darmi in balìa dei miei nemici; perché sono sorti contro di me falsi testimoni, gente che respira violenza. Ah! se non avessi avuto fede di vedere la bontà dell’Eterno sulla terra dei viventi!” (Salmi 27:1-13).
Quando imperialisti e guerrafondai devastano il paese dove che abitiamo ed esso cade nelle tenebre oppure quando le nostre personali tenebre sono la malattia che devasta il nostro corpo, oppure ancora, quando la nostra esistenza sembra non avere più né senso né prospettiva, il Signore Dio ci viene incontro per parlarci come all’antico Israele: Ci dice: “Cercatemi e vivrete!” (Amos 5:4). “Io non ho parlato in segreto: in qualche luogo tenebroso della terra; io non ho detto … “Cercatemi invano!”. Io, l’Eterno, parlo con giustizia, dichiaro le cose che sono giuste” (Isaia 45:19) e noi come rispondiamo? “Io cerco il tuo volto, o Eterno … insegnami la tua via”.
La Scrittura ci parla di un tempo in cui l’antico popolo di Israele “vagava nelle tenebre”. Dio, allora, gli manda il Suo portavoce, il profeta Isaia e porta loro un messaggio, prospettando loro una via d’uscita. Lo fa descrivendo prima la loro situazione. Dice:
“Si aggirerà per il paese, affranto, affamato; quando avrà fame, si irriterà, maledirà il suo re e il suo Dio. Volgerà lo sguardo in alto, lo volgerà verso la terra, ed ecco, non vedrà che distretta, tenebre, oscurità piena di angoscia, e sarà sospinto in fitte tenebre. Ma le tenebre non dureranno sempre sulla terra che ora è nell’angoscia. Come nei tempi passati Dio coprì di obbrobrio il paese di Zabulon e il paese di Neftali, così nei tempi futuri coprirà di gloria la terra vicina al mare, di là dal Giordano, la Galilea dei Gentili. Il popolo che camminava nelle tenebre, vede una gran luce; su quelli che abitavano il paese dell’ombra della morte, la luce risplende. Tu moltiplichi il popolo, tu gli doni una grande gioia; esso si rallegra davanti a te come uno si rallegra al tempo della mietitura, come uno gioisce quando si divide il bottino. Poiché il giogo che gravava su di lui, il bastone che gli percuoteva il dorso, la verga di chi lo opprimeva tu li spezzi, come nel giorno di Madian. Poiché ogni calzatura portata dal guerriero nella mischia, ogni mantello sporco di sangue, saranno dati alle fiamme, saranno divorati dal fuoco” (Isaia 8:21-23; 39:1-4).
Nella terra di Israele a nord-est, “al di là del fiume Giordano” c’è una regione chiamata Galilea, occupata un tempo dalle tribù israelite di Zabulon e Neftali. due delle dodici tribù di Israele. Quando il profeta Isaia era stato chiamato ad annunciare la parola di Dio essa era stata invasa dalle truppe dell’Assiria che duramente tiranneggiavano la sua popolazione. Il profeta la descrive come una popolazione affranta ed affamata. Tutt’attorno ad essa non v’era che distretta, tenebre, oscurità ed angoscia. L’intero paese era coperto di obbrobrio e la popolazione, umiliata, maledice il suo re e persino Dio. Questa situazione era stata denunciata dal profeta come risultato dell’infedeltà del popolo di Dio che aveva abbandonato lo stile di vita prescrittole come popolo consacrato a Dio, compromettendolo con usi e costumi pagani e politiche sbagliate. La situazione, però, sempre annuncia il profeta, per la misericordia di Dio cambierà. “Le tenebre non dureranno sempre sulla terra che ora è nell’angoscia” (8:23). Sta per arrivare il tempo, “nei tempi futuri” in cui quella terra, “la terra vicina al mare, di là dal Giordano, la Galilea dei Gentili”, sarà “coperta di gloria”. Il popolo di Zabulon e Neftali, a causa della sua posizione all’estremità settentrionale di Israele, era stato il primo o tra i primi a cadere sotto lo stivale dell’Assiria, ma sarà anche tra i primi a vedere l’opera del Messia.
Questo antico testo di Isaia si interseca con quello del vangelo ed assume, al di là del suo immediato contesto storico, un nuovo significato per infondere concreta speranza nell’opera del Signore e Salvatore Gesù Cristo. Sarà dalla Galilea che partirà il movimento messianico guidato da Gesù di Nazareth per poi diffondersi e illuminare, convertire persone ed intere nazioni liberandole dalle tenebre del peccato.
Ascoltiamo così quanto ci dice la Parola di Dio in: Matteo 4:12-23 – Gesù inizia il Suo ministerio terreno.
Gesù, avendo udito che Giovanni era stato messo in prigione, si ritirò in Galilea. E, lasciata Nazaret, venne ad abitare in Capernaum, città sul mare, ai confini di Zabulon e di Neftali, affinché si adempisse quello che era stato detto dal profeta Isaia: “Il paese di Zabulon e il paese di Neftali, sulla via del mare, di là del Giordano, la Galilea dei Gentili, il popolo che giaceva nelle tenebre, ha visto una gran luce; su quelli che giacevano nella contrada e nell’ombra della morte, una luce è sorta”. Da quel tempo Gesù cominciò a predicare e a dire: “Ravvedetevi, perché il regno dei cieli è vicino”. Camminando lungo il mare della Galilea, egli vide due fratelli, Simone detto Pietro e Andrea suo fratello, i quali gettavano la rete in mare, poiché erano pescatori. E disse loro: “Venite dietro a me e vi farò pescatori d’uomini”. Ed essi, lasciate subito le reti, lo seguirono. Passato oltre, vide altri due fratelli, Giacomo di Zebedeo e Giovanni, suo fratello, i quali nella barca con Zebedeo, loro padre, rassettavano le reti, e li chiamò. Essi, lasciata subito la barca e il padre loro, lo seguirono. Gesù andava attorno per tutta la Galilea, insegnando nelle loro sinagoghe e predicando l’evangelo del regno, sanando ogni malattia e ogni infermità fra il popolo.
Si, “una gran luce” in questo mondo di tenebre. Il vangelo di Giovanni dice: “Il giudizio è questo: che la luce è venuta nel mondo e gli uomini hanno amato le tenebre più che la luce, perché le loro opere erano malvagie” (Giovanni 3:19). Eppure dicono di essere “illuminati”, di nascere dal periodo dell’Illuminismo, trionfo dell’umanesimo ateo.
La metafora della luce contenuta nel termine “Illuminismo”, o “secolo dei lumi” deriva dalla secolarizzazione e laicizzazione dell’idea di provvidenza o di progresso, intesa come attività storica esclusivamente umana. Come al solito il mondo si impadronisce di quello che appartiene solo a Dio! Si contrapponeva il concetto di ‘luce di natura’ alla rivelazione cristiana in quanto possesso originario della mente umana e solo di quella; così pure la scoperta delle leggi naturali sembrava una più piena rivelazione o ‘illuminazione’. Confluivano con questi due motivi le conclusioni ottimistiche del dibattito sulla natura umana e di Dio, e l’idea della superiorità dei moderni rispetto agli antichi, l’ideale continuità con la rivoluzione scientifica e con la rinascenza, lasciando emergere la caratteristica immagine del trionfo della ragione contro le tenebre del fanatismo e della superstizione, cosa che divenne corrente verso la metà del XVII secolo.
Il furto, l’appropriazione, che il mondo secolare ha fatto di valori giudeo-cristiani risulta evidente quando si leggono senza pregiudizi le Sacre Scritture dell’Antico e del Nuovo Testamento.
Il ministero pubblico di Gesù inizia nella “terra di Zàbulon e terra di Néftali, strada che va dal mare al Giordano” vale a dire la Galilea, allora abitata da una popolazione mista di ebrei e gente di altre nazioni, dalle credenze e dallo stile di vita impostato al paganesimo. Non si trattava per Gesù di una scelta casuale, ma che era già indicativa di ciò che le antiche profezie d’Israele avevano annunciato: la luce dell’Evangelo avrebbe raggiunto non solo ebrei, ma anche gente di altre nazioni. Si tratta di quanto annuncia il profeta Isaia.
Notate come vengono descritti gli abitanti di questi posto. Com’era la loro posizione prima che l’Evangelo li raggiungesse? Era un popolo che, letteralmente, “sedeva nelle tenebre”, giaceva, stava, viveva, era “immerso” nelle tenebre, nell’oscurità. Nella Bibbia il termine “tenebre” indica l’ignoranza al riguardo delle cose di Dio e dei doveri dell’uomo, accompagnati da empietà ed immoralità, insieme alla miseria che ne consegue per il tempo e l’eternità. Coloro che sono privi del Cristo, che è il Salvatore ed il Maestro per eccellenza, sono all’oscuro, anzi, essi sono le tenebre stesse.
Di più, essi abitavano “nella contrada e sotto l’ombra della morte”, il che denota non solo grande oscurità, ma grave pericolo. Una persona che sia disperatamente ammalata e verosimilmente non guaribile, vive “nella valle e nell’ombra della morte”. Non è ancora morta, ma alla morte ci è vicina. Non erano ancora caduti nell’abisso della dannazione, si trovavano sul suo bordo. Quel che era peggio è che si erano seduti proprio lì, “giacevano” proprio lì. Sedere o giacere è una posizione statica. Dove sediamo intendiamo rimanerci; erano al buio si aspettavano di rimane così. Non avevano speranza di uscirne; forse anche credevano che quella era “la normalità”, che non ci fosse altro in cui sperare. Quella era una posizione in cui si erano accomodati. Erano nelle tenebre e, in fondo amavano quel buio, avevano scelto di stare lì piuttosto che alla luce; erano volontariamente ignoranti. Era una condizione ben triste, e rimane la condizione di tanti oggi, una condizione veramente da commiserarsi. Tanti vi si rintanano compiacenti, nelle tenebre, nel loro agnosticismo. Dicono che “non sanno”, ma neppure vogliono sapere se vi sia luce perché, per loro, conoscere le cose ultime della vita “non è possibile”. Quindi neanche ci provano. Una posizione davvero irrazionale e persino suicida. Coloro, però, che sono nell’oscurità, perché è notte, possono essere sicuri che presto il sole sorgerà, ma coloro che sono al buio perché sono spiritualmente e volontariamente ciechi, non avranno così presto gli occhi aperti.
Che straordinario privilegio per loro, così, che Gesù passi, con il suo Evangelo di parole e potenza, nella loro regione. Presso di loro risuona la voce di Gesù che dice: “Ravvedetevi, perché il regno di Dio è vicino!“. Si, ravvedersi, “cambiare vita”, o meglio, “cambiare modo di vedere le cose” e quindi di vivere, dopo aver constatato il fallimento dell’antropocentrismo. Come dice il vangelo di Luca, è “l’Aurora dall’alto ci visiterà, per risplendere su quelli che giacciono in tenebre e in ombra di morte, per guidare i nostri passi verso la via della pace” (Luca 1:78,79).
Molti allora avrebbero accolto la persona e il messaggio di Cristo, e sarebbero essi stessi “diventati luce”, come dice l’Apostolo per I cristiani di Efeso: “Un tempo infatti eravate tenebre, ma ora siete luce nel Signore; camminate dunque come figli di luce” (Efesini 5:8). Altri, però, si sarebbero ancor più ritirati nel profondo delle loro tane, e da soli si sarebbero condannati. La luce è venuta dal cielo nel mondo, ma gli hanno preferito il buio alla luce, per fare i loro sporchi comodi.Noi, però, per grazia di Dio, abbiamo abbandonato il pensiero e il modo di vivere dell’incredulità o delle religioni contraffatte e false di questo mondo, le reti che ci avvinghiano – e che proprio non è il caso di “riparare”, “le barche dei nostri padri” ed abbiamo seguito Gesù e, seguendolo, abbiamo fatto esperienza di guarigione dalle nostre infermità e malattie, quelle che ci affliggevano nelle tenebre di questo mondo. Che possa essere così per tutti coloro che hanno ascoltato o letto oggi questa riflessione.