Come estirpare la radice di ogni specie di mali (Luca 16:19-31)

Domenica 25 Settembre 2022 – Sedicesima domenica dopo la Pentecoste

(Culto completo con predicazione, 60′)

(Solo predicazione – con un canto iniziale, 30′)

Introduzione alle letture bibliche di oggi

Testi biblici: Salmo 91:1-6, 14-16; Geremia 32:1-3a, 6-15; 1 Timoteo 6:6-19; Luca 16:19-31

Abbiamo già udito all’inizio del culto le parole del Salmo 91 sull’unica certezza sulla quale posiamo e dobbiamo fondare la nostra vita. Con la lettura dal libro del profeta Geremia, capitolo 32, la nostra seconda lettura, troviamo la parola che Dio gli rivolge esortandolo a comprare un campo in una città ormai minacciata da certa distruzione da parte dei nemici d’Israele. Chi mai avrebbe mai voluto fare un simile investimento? Solo chi crede nel certo compimento delle promesse di Dio! Israele sarebbe stato ristabilita! Si potrebbe così dire: le attività commerciali sono legittime e sono benedette da Dio solo nel quadro dei Suoi propositi e volontà. L’atteggiamento da tenersi per i beni di questo mondo è ribadito dalla terza lettura, tratta dalla prima lettera a Timoteo, 6:6-19. Si parla del sapersi accontentare, perché i beni di questo mondo sono relativi e bisogna fare molta attenzione a noi stessi nel gestirli, perché, come  dice: “Lucal’amore del denaro è radice di ogni specie di mali; e alcuni che vi si sono dati si sono sviati dalla fede e si sono procurati molti dolori”. Per questo non dobbiamo “essere d’animo orgoglioso, e non riporre la loro speranza nell’incertezza delle ricchezze, ma in Dio, che ci fornisce abbondantemente di ogni cosa perché ne godiamo”. La parabola di Gesù in Luca 16:19-31 su “Il ricco e Lazzaro”, costituirà oggi l’oggetto della predicazione.


Come estirpare la radice di ogni specie di mali

“L’amore per il denaro”, dice un famoso versetto delle Sacre Scritture, “è radice di ogni specie di mali; e alcuni che vi si sono dati, si sono sviati dalla fede e si sono procurati molti dolori” (1 Timoteo 1:6-10). Dicendo così l’Apostolo si riferiva a tentazioni nelle quali erano caduti dei cristiani di quel tempo. Capita ancora oggi. Il principio, però, vale ancor di più in generale: l’ambizione smodata per il denaro e per il potere rimane la radice d’innumerevoli mali, persino della rovina d’intere nazioni e di guerre catastrofiche – come ben vediamo anche oggi. C’è una via d’uscita da questa situazione? Sì: prendere sul serio quanto insegnava e viveva il Salvatore Gesù Cristo, come vediamo nel racconto che Egli un giorno aveva proposto su “il ricco e Lazzaro”, in Luca 16:19-31 e che esaminiamo oggi. Ascoltiamolo. 

Il testo biblico

(19) «C’era un uomo ricco, che si vestiva di porpora e di bisso, e ogni giorno si divertiva splendidamente; (20) e c’era un mendicante, chiamato Lazzaro, che stava alla porta di lui, pieno di ulceri, (21) e bramoso di sfamarsi con quello che cadeva dalla tavola del ricco; e perfino i cani venivano a leccargli le ulceri. (22) Avvenne che il povero morì e fu portato dagli angeli nel seno di Abraamo; morì anche il ricco, e fu sepolto. (23) E nell’Ades, essendo nei tormenti, alzò gli occhi e vide da lontano Abraamo, e Lazzaro nel suo seno; (24) ed esclamò: “Padre Abraamo, abbi pietà di me, e manda Lazzaro a intingere la punta del dito nell’acqua per rinfrescarmi la lingua, perché sono tormentato in questa fiamma”. (25) Ma Abraamo disse: “Figlio, ricòrdati che tu nella tua vita hai ricevuto i tuoi beni e che Lazzaro similmente ricevette i mali; ma ora qui egli è consolato, e tu sei tormentato. (26) Oltre a tutto questo, fra noi e voi è posta una grande voragine, perché quelli che vorrebbero passare di qui a voi non possano, né di là si passi da noi”. (27) Ed egli disse: “Ti prego, dunque, o padre, che tu lo mandi a casa di mio padre, (28) perché ho cinque fratelli, affinché attesti loro queste cose, e non vengano anche loro in questo luogo di tormento”. (29) Abraamo disse: “Hanno Mosè e i profeti; ascoltino quelli”. (30) Ed egli: “No, padre Abraamo; ma se qualcuno dai morti va a loro, si ravvedranno”. (31) Abraamo rispose: “Se non ascoltano Mosè e i profeti, non si lasceranno persuadere neppure se uno dei morti risuscita”» (Luca 16:19-31).

Il punto focale di questo racconto

Per comprendere questo racconto dobbiamo chiederci dapprima dove esso si inserisca nel contesto del vangelo di Luca. Il capitolo 16 di questo vangelo inizia con la parabola dell’amministratore disonesto (vv. 1-13), un uomo che si salva dalla rovina economica facendo uso della sua scaltrezza. Diminuisce artificiosamente, infatti, l’ammontare dei debiti che il suo padrone ha verso i debitori di quello per ingraziarseli. Sorprendentemente Gesù loda la furbizia di quell’uomo dicendo: «Ogni ricchezza puzza d’ingiustizia: voi usatela per farvi degli amici; così, quando non avrete più ricchezze, i vostri amici vi accoglieranno presso Dio» (v. 9). Forse che Gesù qui loda un comportamento disonesto? No, attira la nostra attenzione sull’importanza di prendersi cura delle persone povere e vulnerabili e del “farsele amiche” perché esse sono le favorite da Dio. Questo concetto è rafforzato, nel vangelo secondo Luca, dalla sua vicinanza al racconto del testo biblico di questa domenica. 

Nel versetto 14 l’evangelista Luca mette in rilievo che: “I farisei stavano ad ascoltare tutto quel che Gesù diceva. Essi erano molto attaccati al denaro e perciò ridevano delle sue parole”. La loro teologia li aveva persuasi erroneamente che la ricchezza in sé stessa fosse un segno della benedizione di Dio e che la povertà un segno del dispiacere di Dio. Loro avrebbero considerato, infatti, una persona come il Lazzaro del racconto come l’unico responsabile della sua sofferenza, persino, a causa della situazione in cui si trovava, colpevole di qualche grave peccato. Gesù sfida questa credenza con l’affermazione che «ci sono cose che gli uomini considerano molto, mentre Dio le considera senza valore» (v. 15). 

Poi Gesù parla della Legge e dei Profeti (la rivelazione di Dio attraverso le Scritture) e della “buona notizia del regno di Dio” (v. 16) avvertendo che «È più facile che finiscano il cielo e la terra, piuttosto che cada anche la più piccola parola della legge di Dio» (v. 17), cioè non sarà trascurato da Dio neanche il minimo tratto di penna con cui questa parola è stata stilata. Essa è così importante che deve essere considerata ogni suo dettaglio. L’avvertimento che segue sul ripudiare la propria legittima moglie (v. 18) parla a uomini che, pur pagando fedelmente al Tempio la decima richiesta (11:42) erano disposti a lasciare le loro mogli alla deriva senza pensare di provvedere loro adeguatamente quanto avessero bisogno per vivere. Gesù accusa dunque questa gente che si riteneva molto religiosa e fedele all’insegnamento delle Sacre Scritture non solo d’ignorare le persone povere e vulnerabili ma di creare povertà e vulnerabilità – esattamente il contrario delle finalità stesse della Legge di Dio. 

Questi farisei avevano di fatto trasformato la Legge di Dio contenuta nelle Sacre Scritture in una serie di formalità religiose e ignoravano l’aspetto di fondo della Legge di Dio: stabilire l’armonia fra Dio e la creatura umana come pure l’armonia della società attraverso la giustizia e l’equità. È per questo che Gesù fa dire ad Abramo alla fine del Suo racconto (affermazione che ne costituisce la chiave interpretativa): “Se non ascoltano Mosè e i Profeti, non si lasceranno persuadere neppure se uno dei morti risuscita” (31). Gesù, infatti, onorando sempre pienamente come faceva la Legge etica e morale di Dio, la riconduce qui al suo significato ultimo: l’amore totale e incondizionato verso Dio e l’amore totale e incondizionato verso il nostro prossimo. Infatti, Gesù diceva: “Non dovete pensare che io sia venuto ad abolire la legge di Mosè e l’insegnamento dei profeti. Io non sono venuto per abolirla ma per compierla in modo perfetto” (Matteo 5:17), in altre parole: “Non fraintendete la ragione per cui sono venuto. Non sono venuto per abolire le leggi di Mosè e gli ammonimenti dei profeti. No, sono venuto per compierli e far sì che ognuno di essi si realizzi”.

Un racconto spesso travisato

Nel corso della storia, questo racconto di Gesù sull’uomo ricco e del povero Lazzaro è stato spesso travisato nelle sue finalità e abusato per i fini più diversi. 

È superfluo stare a speculare se esso sia una parabola oppure una descrizione di ciò che fosse veramente accaduto a un uomo che Gesù conosceva. Egli lo racconta e lo dobbiamo prendere così, come sta cercando quale sia il suo messaggio di fondo, l’obiettivo che si proponeva nel raccontarlo. Esso non intende parlarci di per sé dell’aldilà, della sopravvivenza dell’anima. Non ci vuole specificare quale sarà la retribuzione che in cielo riceveranno i giusti e descrivere l’eterno castigo riservato agli ingiusti – la questione dell’inferno. Certo, presuppone molte di queste cose, ma non è qui, in questo racconto, che dobbiamo cercare la dottrina sull’aldilà: inutile speculare sui suoi dettagli. Ci porterebbero solo fuori strada perché usa espressioni che riflettono la cultura del tempo. Non ci vuole parlare della salvezza eterna attraverso la pratica delle “opere buone”, perché l’insieme dell’insegnamento del Nuovo Testamento imposta tale questione in tutt’altro modo. Non si tratta nemmeno di un generico appello alla solidarietà sociale con chi non gode del nostro benessere – questo lo si può trovare più espressamente altrove nelle Scritture. Questo racconto non è inteso di per sé a condannare le ingiustizie operate dai “ricchi capitalisti” auspicando una ridistribuzione socialista delle beni più o meno forzosa, o come risultato di una rivoluzione o dell’azione dello Stato (c’è chi l’ha fatto!). Questo sarebbe un anacronismo e imporrebbe alle Sacre Scritture un’ideologia ad esse estranea. Questo racconto in sé stesso non è da usarsi neanche tanto a fini evangelistici come se fosse un generico appello a prendere seriamente le Sacre Scritture per trovarvi il Salvatore Gesù Cristo “prima che sia troppo tardi”. Che lo si debba fare è giusto e necessario, vero, ma non è questo il punto al quale qui Gesù intende arrivare.

Ciò che Gesù qui evidenzia è contenuto nell’ultima affermazione del racconto: “Se non ascoltano Mosè e i Profeti, non si lasceranno persuadere neppure se uno dei morti risuscita” (31). In breve: se l’uomo descritto in quel racconto e il tipo di società in cui viveva, avesse preso sul serio come avrebbe dovuto l’insegnamento delle Sacre Scritture (cioè Mosè e i Profeti) non avrebbe causato gli scompensi e le ingiustizie sociali di cui era testimone e non si sarebbe pregiudicato il suo destino eterno. Se quell’uomo e la società in cui viveva avesse avuto i giusti valori e le giuste priorità, non vi sarebbero stati mendicanti come quel Lazzaro, che stavano “alla porta dei ricchi”, “pieni di ulceri” e “bramoso di sfamarsi con quello che cadeva dalla tavola dei ricchi”. Vi sarebbe stata giustizia nell’organizzazione della società, così come giustizia nei riguardi dei suoi rapporti con Dio. La giustizia in senso biblico, infatti, è il risultato dell’applicazione dei principi e delle norme della Legge che Dio ha dato alle creature umane e che garantisce il loro bene ultimo. Dell’osservanza di queste norme il popolo di Dio di ogni tempo e paese deve essere testimone vivente di come si osservano e promotore della loro osservanza nel paese dove abitano. È questo che può rendere davvero realizzate e felici le creature umane, nel tempo e nell’eternità. In caso contrario non vi sarà altro che rovina e tormenti nel tempo e nell’eternità.

Due cose “che non vanno” in questo “uomo ricco”

C’è molto che “non va” nell’uomo ricco del racconto.

In primo luogo “non va” in quello che considera “i valori della vita”. Pensa che il tutto della vita sia acquisire il più possibile dei beni di questo mondo e goderne pure il più possibile perché, come pure tipicamente dicono molti anche oggi: “Questa è l’unica vita che abbiamo”. Grave errore di cui l’uomo del racconto si rende conto solo quando per lui sarà troppo tardi ravvedersene e cambiare strada. Di quest’uomo non ci viene detto neanche il nome. La sua identità, infatti, è definita in funzione delle cose che possiede! Quanti oggi pensano di valere in funzione di ciò che possiedono, e quanto spesso la nostra società è affascinata dall’uomo di successo, lo valuta e lo invidia!

Quest’uomo presenta due caratteristiche: (a) è vestito con abiti lussuosi: all’esterno di porpora e di sotto di bisso (lino); (b) si godeva tutto ciò che materialmente la vita poteva offrirgli. Il testo non parla esplicitamente della sua condizione spirituale, ma lascia intendere come la sua vita fosse fatta solo di esteriorità e che pensasse solo a soddisfare sé stesso egoisticamente. Però, “la pagherà”, come si dice, se non si ravvede. Iddio, nella Sua Parola ci rende noto come l’uomo sia creatura di Dio tenuto a dargli onore e gloria riconoscendo e rispettando il suo Fattore, seguendo con fiducia la Sua legge e servendo nel mondo i Suoi propositi rivelati. Iddio fornisce alla creatura umana, per il suo benessere, dei beni sia materiali che spirituali (la sua “eredità”): a essi deve dare il loro giusto valore relativo e devono essere condivisi.

In secondo luogo, si suppone che quest’uomo faccia parte del popolo di Dio e come tale sarebbe stato suo dovere essere moralmente esemplare. Non è ammissibile, infatti, che vi siano mendicanti che stiano alla sua porta e che lui li ignori mentre “si divertiva splendidamente”. Perché? Perché la Legge di Dio parla molto chiaramente al riguardo. Egli è tenuto a osservarla, e se non l’osserva dovrà patire le conseguenze penali previste per chi infrange il Patto che lo lega a Dio. 

“Mosè e i profeti”, infatti, la Bibbia, include numerose disposizioni per un trattamento dignitoso dei poveri e dei vulnerabili: il popolo di Dio non deve maltrattare stranieri, vedove od orfani; deve lasciare le spigolature ai poveri; deve portare le decime per mantenere i leviti, i forestieri, gli orfani e le vedove; deve cancellare tutti i debiti ogni sette anni ed essere generoso verso i bisognosi; deve includere i forestieri, gli orfani e le vedove nelle sue celebrazioni; deve osservare la giustizia; non deve sfruttare i lavoratori; deve perorare la causa degli orfani e difendere i diritti dei poveri; è ammonito a non usare bilance disoneste e di approfittare dei vulnerabili.

Luca scrive questo Vangelo molti anni dopo la risurrezione di Gesù. Ha visto i capi ebrei rispondere alla risurrezione di un altro Lazzaro complottando per uccidere Gesù (Giovanni 11:1-53). Ha visto che, anche se Gesù è risorto dai morti, le persone continuano a rifiutarsi di credere. Coloro che rifiutano di ascoltare la chiamata di Mosè e dei profeti a prendersi cura dei bisognosi e dei vulnerabili sono gli stessi che hanno ucciso Gesù e che continuano a opporsi al movimento cristiano nonostante la risurrezione. Rimaniamo a chiederci come le persone possano fallire così completamente la prova della compassione – come potrebbero non rispondere alla risurrezione – come potrebbero essere così accecate dall’amore per il denaro. Allora ci viene in mente che noi non siamo Lazzaro ma il ricco. Anche noi passiamo spesso accanto ai bisognosi senza vedere. Anche noi spesso non prendiamo su serio “Mosè e i profeti”. Anche noi non riponiamo piena fiducia nella risurrezione perché essa deve avere qui e oggi un riscontro pratico. Anche noi siamo spesso troppo amanti del denaro. Questa parabola non è una favola della buonanotte, ma un avvertimento. Dobbiamo chiederci se siamo disposti a vedere Lazzaro in mezzo a noi. Dobbiamo chiederci cosa abbiamo fatto ultimamente per fornire cibo, vestiario, riparo e umana solidarietà al “Lazzaro” in mezzo a noi.

Come fare per persuaderli

Il ricco protesta perché sa che è improbabile che i fratelli – che seguono le sue orme – rispondano alle Scritture più fedelmente in futuro di quanto non abbiano fatto in passato. Possiamo presumere che questi uomini siano stati versati nelle Scritture sin dalla loro infanzia. Se non ascolteranno la parola di Dio, non daranno certo ascolto a un uomo che conoscono solo come un mendicante, anche se ritorna dai morti per avvertirli.

Come fare, allora, per persuadere tali edonisti, coloro che considerano il piacere egoistico il principale scopo della loro vita, che le cose stanno veramente come ci dice il Signore nella Sua Parola? Certo non lo potrebbe fare, dice Gesù stesso, nemmeno lo shock di vedere un morto che tornando dall’aldilà testificasse loro che le cose stanno così. Troverebbe solo altre scuse per giustificarsi. “Se non ascoltano le parole di Mosè e dei profeti non si lasceranno convincere neppure se uno risorge dai morti”. Difatti, dice Gesù più avanti: “Perché è più facile per un cammello passare attraverso la cruna di un ago, che per un ricco entrare nel regno di Dio». Quelli che udirono dissero: «Chi dunque può essere salvato?». Egli rispose: «Le cose impossibili agli uomini sono possibili a Dio»” (Luca 18:25-27). 

La ristrutturazione del pensiero di un uomo corrotto e della società è il risultato dell’azione di Dio attraverso la fedele predicazione dell’Evangelo e della testimonianza concreta del popolo di Dio che esemplifica come sia possibile vivere secondo giustizia. Una vita secondo giustizia può attrarre l’attenzione di un mondo in cui è suscitata sana gelosia 

Come disse Mosè al popolo d’Israele dopo aver trasmesso loro le leggi morali di Dio: Osservatele con impegno: mostreranno la vostra saggezza e la vostra intelligenza di fronte agli altri popoli. Quando essi sentiranno parlare di tutte queste leggi, diranno: “Questa grande nazione è l’unico popolo saggio e intelligente!”. Infatti, nessun’altra nazione, anche se è forte, ha un Dio così vicino a sé, come il Signore, nostro Dio, è vicino a noi ogni volta che lo preghiamo. E nessuna grande nazione possiede leggi e norme giuste, come gli insegnamenti che oggi vi trasmetto. State però bene attenti! Fate di tutto per non dimenticare i fatti che avete visto con i vostri occhi: finché vivrete non svaniscano dal vostro cuore! Li racconterete anche ai vostri figli e ai figli dei vostri figli” (Deuteronomio 4:6-9).

Se ci troviamo nella situazione di quello “uomo ricco” e lo riconosciamo senza tentare di giustificarci, possiamo trovare il perdono di Dio attraverso il ravvedimento e la fede nella Persona e opera di Gesù Cristo e allora potrà iniziare in noi oggi quell’opera di “ristrutturazione” del nostro spirito e delle nostre opere che porterà anche noi a unirci nell’eternità ad Abraamo, il “padre dei credenti”. Altrimenti… altrimenti sarà per noi come Gesù illustra nel racconto della Sua Parola sul destino di quell’uomo ricco.

Paolo Castellina, 18 settembre 2022