Combattere il crimine dell’indifferenza (Marco 9:38-42)

Domenica 26 settembre 2021 – Diciottesima domenica dopo Pentecoste

Letture bibliche: Salmo 124; Ester 7:1-6, 9-10; 9:20-22; Giacomo 5:13-20; Marco 9:38-50

La disponibilità

Una delle più grandi lezioni che Gesù insegna ai Suoi discepoli, con la parola e con l’esempio, è il sincero interesse e disponibilità che essi devono sempre manifestare verso gli altri. Allo stesso modo in cui Dio, in Gesù, ha dato Sé stesso completamente per sovvenire alle necessità di coloro che soffrono nel corpo, nella mente e nello spirito, così le creature umane, fatte ad immagine e somiglianza di Dio, sono chiamate ad essere ed agire come Lui.

Come creature umane noi eravamo destinati fin dall’inizio portare in noi stessi le caratteristiche morali e spirituali di Dio: conoscenza, sapienza, bontà, amore, grazia, misericordia, pazienza, santità, giustizia, veracità, capacità, e forza. Allontanandoci però da Dio, ecco che siamo degenerati, perdendo o pervertendo quelle caratteristiche che sole possono qualificare, nobilitare e dare senso alla nostra vita. Il nostro animo ed il nostro mondo è diventato così brutto e sporco, impostato così com’è, dall’esatto contrario di ciò che dovevamo essere e generare. Ecco così l’ignoranza, la stupidità, la cattiveria, l’egoismo, lo spirito vendicativo, la crudeltà, l’impazienza, la perversione, l’ingiustizia, la menzogna, l’incapacità e la debolezza… Tutto questo Gesù è venuto nel nostro mezzo per sanare.

Un’estesa lezione

Nel testo della Parola di Dio che oggi è sottoposto alla nostra attenzione, tratto dal capitolo 9 dell’Evangelo secondo Marco, troviamo così Gesù, il Maestro, nel corso di un’estesa lezione sul valore dell’accoglienza e della disponibilità, in contrapposizione con l’indifferenza, il sospetto e l’ostilità.

E’ per loro un’intensa giornata di lezioni da imparare. I discepoli di Gesù non studiano sul banco di una scuola, ma “sul campo”, sul terreno della pratica. Ecco così che all’inizio del capitolo 9 li troviamo mentre si prendono cura di un fanciullo epilettico. Non riusciranno subito a guarirlo. Devono ancora imparare che potranno trarre la loro forza dal loro costante rapporto con Dio, cioè dalla preghiera. Gesù poi continua a parlare loro della Sua totale dedizione a Dio ed agli altri che Lo porterà ben presto alla sofferenza ed alla morte da parte dei Suoi avversari. I discepoli di Gesù devono sempre aver presente che camminare sulla Sua via può essere molto duro, ma che l’impegno scaturirà nella vittoria, la risurrezione (v. 31). Nasce poi una disputa fra i discepoli che si trasformerà in un’ulteriore lezione sulla vera grandezza di una persona, la quale passa sempre attraverso il servizio disinteressato.

Poi Gesù insegna a loro ed a noi sull’accoglienza. Gesù prende dapprima in braccio un bambino, simbolo di coloro a cui il mondo non accorda importanza ed interesse e dice loro: “Chiunque riceve uno di questi bambini nel mio nome, riceve me; e chiunque riceve me, non riceve me, ma colui che mi ha mandato” (v. 37).

Tutti coloro che agiscono nello spirito di Gesù…

A questo punto, però, Giovanni interrompe Gesù. Gli è venuto in mente qualcosa e non esita a sottoporgli la questione. Ha udito di uno sconosciuto, che non fa parte dell’immediato circolo dei discepoli di Gesù, e che, avendo compreso, evidentemente, lo spirito con il quale Gesù opera, fa del bene ad altri nel nome e nello spirito di Gesù stesso.

Giovanni gli disse: Maestro, noi abbiam veduto uno che cacciava i demonî nel nome tuo, il quale non ci seguita; e glielo abbiamo vietato perché non ci seguitava. Ma Gesù disse: Non glielo vietate, poiché non v’è alcuno che faccia qualche opera potente nel mio nome, e che subito dopo possa dir male di me. Poiché chi non è contro a noi, è per noi. Perché chiunque vi avrà dato a bere un bicchier d’acqua in nome mio perché siete di Cristo, in verità vi dico che non perderà punto il suo premio (Marco 9:38-42).

Giovanni, quello stesso discepolo che solo poco prima stava con gli altri discutendo su chi fra di loro fosse il più grande (v. 34) e che pensava in termini di potere, non comprende che questi criteri sono del tutto mondani e non appartengono allo stile di vita insegnato da Gesù. Giovanni deve comprendere che chiunque accoglie Gesù nella sua vita ed accogliendo Lui accoglie e pratica il Suo stile di vita e lo spirito in cui Lui opera, acquisisce la potenza di invadere con successo il territorio di Satana distruggendone le malefiche opere. Anche se, come direbbe oggi qualcuno, “non appartiene alla nostra chiesa”, questi si inserisce nelle finalità per cui Gesù stesso è venuto. Per questo non deve essere respinto, anzi, ci si deve rallegrare che lui lo faccia. “Chi non è contro di noi è per noi”, dice Gesù. Qualsiasi dono che si dia ad altri nel nome e nello spirito di Gesù, sia attraverso una manifestazione spettacolare come cacciare un demone oppure solo offrire un bicchiere d’acqua, è come un dono fatto a Gesù stesso, è un onore reso a Colui che totalmente si dava a Dio ed agli altri.

Due aspetti del problema

Riflettendo sul concetto di disponibilità ed accoglienza vi sono due aspetti della questione che credo sia particolarmente importante per noi recepire dal testo biblico di oggi: l’indifferenza verso Cristo e l’indifferenza verso gli altri, cose che entrambe producono malefici effetti.

Indifferenza verso Cristo. Nel testo dell’Evangelo che abbiamo letto, Gesù dice ai Suoi discepoli: ” Poiché chi non è contro di noi, è per noi ” (Mr. 9:40). Al pastore di una comunità cristiana un giorno avevano chiesto: “Quanto è grande la sua comunità?”. “Abbiamo 400 membri di chiesa”, risponde. “E quanti sono i membri attivi?” ribatte l’altro, domanda sempre imbarazzante. Il pastore però dice: “Tutti! Metà lavora con me, e l’altra metà contro di me”. Quel pastore, giustamente, credeva che non possono esistere “membri di chiesa passivi”: o come membro di chiesa fai quello che il Signore ti chiede di fare, oppure la tua semplice passività, in realtà, si rivela un danno, un’azione più o meno consapevolmente ostile che ti equipara in ogni caso ad un nemico della causa di Cristo. 

Conoscete “la teologia della bacinella”? Nel racconto della Passione, Gesù mostra ai suoi discepoli, con il Suo esempio, che cosa si debba fare con la Sua Presenza nella loro vita. Prende una bacinella e procede a lavare loro i piedi. Quando Ponzio Pilato doveva decidere che fare con la Presenza di Gesù nella sua vita, si fece portare una bacinella e procede a lavarsene le mani dell’intera questione”. Già: o “lavi i piedi degli altri” nello spirito di Gesù, oppure di Gesù “te ne lavi le mani”. “Lavandotene le mani”, però, non manifesti “neutralità” nei Suoi confronti, ma diventi Suo nemico, come Pilato ha chiaramente dimostrato. In un altro luogo, Gesù dice: “Chi non è con me è contro di me; e chi non raccoglie con me, disperde” (Matteo 12:30). Tutt’e due queste espressioni di Gesù sono intese a comunicare questo messaggio: quando si tratta di arrivare al nocciolo della questione del nostro rapporto con Cristo, l’Evangelo non ammette alcuna neutralità.

A differenza di quanto accade nelle istituzioni e nelle associazioni di questo mondo, qualsiasi nozione di membri di Chiesa attivi o passivi, oppure membri di Chiesa indifferenti, è una contraddizione in termini. Qualunque siano gli obiettivi che si pone un’istituzione di questo mondo, in ultima analisi essi sono limitati. Vi sono dei limiti nei doveri e nelle responsabilità del membro individuale. Vi è un punto in cui l’impegno o viene messo in secondo piano rispetto ad altri impegni più importanti, oppure termina. Persino l’impegno più duraturo che si possa immaginare per una qualsiasi causa, per quanto importante, cessa al momento della morte. C’è però una società, ed è la sola, che differisce in questo aspetto da qualunque altra. Questa società la chiamiamo la Chiesa. La Chiesa è completamente diversa da qualunque altro raggruppamento umano. La chiesa non è una società come le altre. C’è la società dei cacciatori, la società di musica, la bocciofila, la società culturale, e poi c’è anche la chiesa… “Sono membro di chiesa, ma …io sono appassionato di bocce e l’impegno che ho verso la società bocciofila va al primo posto. Credo che stare con i miei amici di bocce valga altrettanto che andare in chiesa”. No, questo non va bene, se si ha veramente compreso chi è Cristo. Nessuno che sia autenticamente membro di una chiesa può dire: sono membro di chiesa ma i molti altri miei impegni mi impediscono di parteciparvi attivamente. No, questo non è possibile nello spirito di Cristo. Non c’è nulla che sia più importante dell’impegno esplicito per la causa di Cristo. Ogni altra cosa deve essere vista in funzione di essa. La priorità ce l’ha sempre Cristo, …se veramente sei un cristiano.

Questo per diversi motivi: in primo luogo l’ampiezza dell’impegno dell’essere membri di Chiesa attivi è senza limiti, cioè, abbraccia l’intera vita, è “un impegno esistenziale”. I doveri e le responsabilità dei suoi membri non sono limitati a poche attività specifiche o ad un determinato settore soltanto della vita, ma l’intero raggio della vita umana. In secondo luogo la durata dell’impegno non è limitata ad un periodo determinato di tempo. Persino la morte non trasforma un membro di Chiesa in un ex-membro di Chiesa! L’impegno implicato nell’essere membri di Chiesa è radicato nell’eternità. In terzo luogo i raggruppamenti e le società normali sono concepite e stabilite da esseri umani come noi. Solo la società che chiamiamo Chiesa può affermare di avere il Figlio unigenito di Dio come suo Fondatore e Capo. Solo la Chiesa di Gesù Cristo può pretendere l’impegno totale dei suoi membri. Solo la Chiesa di Gesù Cristo può affermare di avere la vita eterna come obiettivo della sua costituzione di base.

Detto con le parole dell’apostolo Paolo: “Dio ci ha fatto conoscere il segreto della sua volontà: quello che fin da principio generosamente aveva deciso di realizzare per mezzo di Cristo. Così Dio conduce la storia al suo compimento: riunisce tutte le cose, quelle del cielo e quelle della terra sotto un unico capo, Cristo”. (Efesini 1:9,10 TILC). Questo è il significato della Chiesa e il compito della Chiesa. Ora, ovviamente, se la Chiesa, nei propositi di Dio, consiste nell’unificazione di “tutte le cose, quelle del cielo e quelle della terra sotto un unico capo, Cristo”, certo la Chiesa ancora deve realizzare il suo pieno potenziale. La Chiesa è ancora impegnata nel processo di divenire. Chiesa è movimento, un avvenimento continuo che si sta compiendo nella storia e attraverso i suoi membri, tutti senza distinzione e ciascuno con i suoi doni.

E’ gente come noi che viene caricata dei doveri e delle responsabilità illimitate di riconciliare ogni cosa in Cristo. E’ gente come noi a cui viene chiesto di dedicare l’intera nostra vita, anima e corpo, a questo compito. E’ gente come noi che viene sfidata a radicare il nostro impegno nell’eternità. Per gente come noi, per i compiti che la Chiesa si prefigge,  non esistono tempi di cui “si è in vacanza”, “a riposo”, o “in pensione”. Non si va in pensione da cristiani a 65 anni… Esistono società a responsabilità limitata, ma non possono esistere cristiani a responsabilità limitata… Non abbiamo alcun “tempo libero” in cui veniamo esonerati dall’essere ciò che Dio chiede a ciascuno di noi, un tempo in cui possiamo smettere di amare, smettere di essere giusti e solidali, smettere di servire Dio, smettere di rendergli culto. Non c’è un tempo in cui possiamo “prenderci del tempo libero” e non confessare più “momentaneamente” che Cristo è il nostro Signore e Redentore, perché ogni cosa, noi inclusi, deve essere portata sotto la permanente signoria di Gesù Cristo.

Indifferenza verso gli altri

Di pari passo con l’indifferenza verso Dio oggi va l’indifferenza verso gli altri. Seppure gli altri ben si vedano con i nostri sensi, con tutti i loro bisogni e necessità, spesso facciamo finta di non vederli o tiriamo fuori sempre un sacco di scuse, più o meno giustificate, per non trovare mai tempo neanche per loro.

E’ un’indifferenza che tocca anche chi si professa cristiano. Mentre uno dei più grossi problemi che il mondo soffre è che i malvagi certo non dormono e non cessano di escogitare maniere per fare il male, la cosiddetta “gente buona” va a dormire e …non ci pensa più. Non c’è virtù alcuna nel non far nulla. Non c’è virtù alcuna nel nostro fare normale se noi identifichiamo la bontà con l’indifferenza. Non c’è virtù alcuna nel nostro fare quotidiano se consideriamo gli oppressi e gli emarginati del nostro tempo come problemi che prima o poi saranno risolti, piuttosto che fratelli e sorelle che hanno bisogno per essere aiutati delle nostre mani, anche se questi magari non sono quelli che vorremmo.

Abbiamo bisogno di udire e di accettare senza riserve la promessa che Gesù ci fa in questo testo dell’Evangelo, a chiunque rifiuti l’indifferenza e sia, come Gesù, la persona che fu creata ad immagine e somiglianza di Dio: chiunque dia anche solo un bicchier d’acqua nel Suo Nome, non perderà la sua ricompensa. L’esperienza più soddisfacente nella vita, ci dice Gesù, proviene dal dare quel sorso d’acqua – specialmente a coloro che maggiormente sono assetati di qualcuno che si prenda cura di loro: a questo siamo stati destinati come discepoli di Cristo e creature di Dio. L’atto di dare e di ricevere è l’esperienza più soddisfacente che ci sia nella vita nei termini di sapere chi siamo, perché lo siamo e dove stiamo andando.

Andiamo in un locale di culto la domenica e offriamo a Dio espressioni di lode. Parliamo di Dio. Cantiamo di Dio. Leggiamo di Dio. Non faremo però mai esperienza dell’amorevole Presenza di Dio in questo mondo e nella nostra anima, se noi non diventiamo quei “donatori di un bicchier d’acqua” che Gesù vuole che noi siamo. Date quel sorso d’acqua, non solo a coloro che trovate più facili da amare, ma pure e specialmente a quelli ai quali è più difficile dare amore. Dare, dare, dare, e poi venire in Chiesa come cristiani genuini per lodare il Dio che avete scoperto attraverso la gioia del dare, e ringraziatelo per la Sua amorevole presenza nel vostro atto di dare.

Conclusione

Una delle più grandi lezioni che Gesù insegna ai Suoi discepoli, con la parola e con l’esempio, è il sincero interesse e disponibilità che essi devono sempre manifestare verso gli altri, siamo stati creati per questo ed in questo troveremo la migliore realizzazione di noi stessi. Allo stesso modo in cui Dio, in Gesù, ha dato Sé stesso completamente ai propositi di Dio Padre e per sovvenire alle necessità di coloro che soffrono nel corpo, nella mente e nello spirito, così coloro che furono creati ad immagine e somiglianza di Dio, sono chiamati ad essere ed agire come Lui. Appartenere veramente a Cristo, essere membri attivi del movimento “chiesa cristiana” implica amore per i nostri fratelli e sorelle in Cristo e per tutte le creature di Dio. In questo non possiamo essere neutrali: essere indifferenti sarebbe un crimine che miete oggi già fin troppe vittime e del quale non rimarremmo impuniti.

(Paolo Castellina, riduzione della predicazione dell’8 marzo 1998)

Introduzione alle letture bibliche di oggi

Sin dai tempi più antichi ci hanno provato e continuano a provarci in tutte le maniere immaginabili. Le forze del male non risparmiano alcuna risorsa per imporre e consolidare il proprio potere tirannico, cercando di neutralizzare ed eliminare la principale forza di opposizione alle loro aspirazioni totalitarie: il popolo fedele a Dio. Emarginato, asservito e combattuto senza scrupolo alcuno con i metodi più perversi, perseguitato e massacrato, il popolo fedele a Dio, però, resiste, vive e prospera. Imperi ed aspiranti imperatori non sanno più che cosa escogitare, la loro frustrazione è massima: non ci riusciranno mai a distruggerlo. La sopravvivenza del popolo di Dio attraverso i secoli ed i millenni è un miracolo dell’opera provvidenziale di Dio. Non a caso, ebrei e cristiani condividono un comune destino: l’odio omicida nei loro confronti da parte di questo mondo ribelle a Dio  Non prevarrà mai. Il ripetuto intervento di Dio ha fatto sì che un popolo fedele a Lui, quand’anche fosse solo un residuo, fosse sempre presente come testimonianza perenne a Lui, alla verità ed alla giustizia. Questa azione provvidenziale di Dio è celebrata dalle prime nostre due letture bibliche: il Salmo 124 (che già abbiamo udito) e le vicende del libro di Ester che hanno dato origine alla festa ebraica di Purim – che celebra la provvidenziale preservazione di Israele, benché in esilio in Babilonia. Per i figlioli di Dio, una delle più preziose risorse per lenire le sofferenze di ogni tipo è la comunione con Dio attraverso la preghiera personale e comunitaria: ce ne parla l’apostolo Giacomo nella terza nostra lettura. Infatti, “molto può la preghiera” in nome di di Cristo, soprattutto per debellare le forze spirituali della malvagità che non solo scorrazzano per questo mondo ma possono anche agire in noi. Questo viene evidenziato nella nostra lettura finale tratta dal vangelo secondo Marco, dove Gesù evidenzia come la preghiera vada necessariamente di pari passo con l’azione: essenziale per continuare noi ad essere “sale” che dà sapore alla vita.

Le musiche in questo programma

Unless the Lord has been there (Psalm 124) – Crown & Covenant

  • Geneva Psalm 124 · Miroslav Dvorsky · Yves Rechsteiner · Zoltán Kodály · Ensemble vocal
  • Vai, vendi ciò che hai (Paolo Auricchio)
  • Insegnami la strada (Fabio Baggio) 
  • Verso di Te veniamo Signore (Gen Rosso)
  • Padre Nostro (Iva Zanicchi)