Domenica 5 settembre 2021 – Quindicesima domenica dopo Pentecoste
Letture bibliche: Salmo 125; Proverbi 22:1-2, 8-9, 22-23; Giacomo 2:1-17; Marco 7:24-37
Fonte di stupore
Ci si lamenta spesso che nelle istituzioni (lo Stato o le organizzazioni ecclesiastiche) le persone più valide, competenti ed efficienti vengono lasciate da parte e “fanno carriera” le persone incompetenti, inette, indolenti, ignoranti e, soprattutto servili. Si potrebbe dire che tali criteri siano controproducenti e autolesionisti, ma alle istituzioni questo non sembra importare, perché esse si ritengono sicure ed inamovibili e vi prevale soprattutto rapporti di potere e clientelismo. Lo Stato o le organizzazioni ecclesiastiche diventano così “carrozzoni” inutili, inefficienti e parassitari, un peso per la società che sfida qualsiasi tentativo di riforma. Le organizzazioni private, però, benché non siano talvolta esenti da tali problemi, avendo sempre a che fare con la competizione, puntano alla massima efficienza e produttività. Esse valorizzano, quindi, persone competenti, efficienti e produttive, quanto esse effettivamente possano contribuire al successo dell’impresa. Lì le persone sono generalmente valutate in base al lavoro che hanno svolto ed alla qualità di tale lavoro. La valutazione delle prestazioni è la base dell’ambiente di lavoro in campo privato.
Del Signore e Salvatore Gesù Cristo “… stupivano oltremodo, dicendo: Egli ha fatto ogni cosa bene” (Marco 7:37). La gente si stupiva perché Egli faceva bene ogni cosa ed era di grande beneficio per tutti? Perché un tale stupore? Perché lo mettevano a confronto con l’inettitudine ed il peso opprimente delle istituzioni politiche e religiose del loro tempo, delle quali Gesù non faceva parte …e si vedeva! Egli insegnava come nessuno aveva mai insegnato e operava come nessuno aveva mai operato.
Non per nulla Gesù causava la gelosia e l’avversione nei Suoi confronti da parte delle istituzioni. Non per nulla la gente avrebbe voluto farlo re: “La gente dunque, avendo veduto il miracolo che Gesù avea fatto, disse: ‘Questi è certo il profeta che ha da venire al mondo’. Gesù quindi, sapendo che stavano per venire a rapirlo per farlo re, si ritirò di nuovo sul monte” (Giovanni 6:14-15). A Gesù, però, non interessava il potere secondo i criteri di questo mondo: era venuto per servire e per insegnare alla gente il reciproco servizio come criterio ultimo della vita, non per creare istituzioni e strutture di potere.
Il testo biblico
“Egli ha fatto ogni cosa bene”: ascoltiamo il testo dell’Evangelo dal quale è tratta questa esclamazione della gente.
“Partito di nuovo dai confini di Tiro, Gesù, passando per Sidone, tornò verso il mare di Galilea traversando il territorio della Decapoli. E gli menarono un sordo che parlava a stento; e lo pregarono che gli imponesse la mano. Ed egli, trattolo in disparte fuori dalla folla, gli mise le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua; poi, levati gli occhi al cielo, sospirò e gli disse: Effatà! che vuol dire: Apriti! E gli si aprirono gli orecchi; e subito gli si sciolse lo scilinguagnolo e parlava bene. E Gesù ordinò loro di non parlarne ad alcuno; ma più lo vietava loro e più lo divulgavano; stupivano oltremodo, dicendo: Egli ha fatto ogni cosa bene; i sordi li fa udire, e i mutoli li fa parlare” (Marco 7:31-37).
“Egli…”
La persona di Gesù, che insegna e guarisce, sta al centro dell’Evangelo. Gesù “andava attorno”, in piena ma non incontrastata libertà, come espressione storica della Parola creatrice di Dio. Sua determinazione era salvare l’anima e il corpo delle persone, liberandole ad ogni livello dall’asservimento a tutto ciò che rovina e distrugge la vita. Esso trova in ciò che la Bibbia chiama peccato la sua causa ultima: “Certa è questa parola e degna d’essere pienamente accettata: che Cristo Gesù è venuto nel mondo per salvare i peccatori” (1 Timoteo 1:15).
Egli faceva tutto questo, e senza indugio, attraverso l’insegnamento e in ogni circostanza, dovunque le persone si riunivano, nelle sale di culto, nei santuari, nei mercati, nelle campagne – dove la gente confluiva per ascoltarlo: “E vennero in Capernaum; e subito, il sabato, Gesù, entrato nella sinagoga, insegnava” (Marco 1:21). La Sua parola era diretta ed efficace, non un vano esercizio intellettuale: “E la gente stupiva della sua dottrina, perché egli li ammaestrava come avente autorità e non come gli scribi” (Marco 1:22). Infatti, Gesù non riportava, citandola, sapienza umana, ma insegnamento di prima mano (per esperienza diretta) che proveniva da Dio: “La mia dottrina non è mia, ma di Colui che mi ha mandato” (Giovanni 7:16).
Soprattutto, Gesù non parlava soltanto, ma realizzava efficacemente ciò che insegnava. “Voi sapete quello che è avvenuto per tutta la Giudea cominciando dalla Galilea (…): vale a dire, la storia di Gesù di Nazaret; come Iddio l’ha unto di Spirito Santo e di potenza; e com’egli è andato attorno facendo del bene, e guarendo tutti coloro che erano sotto il dominio del diavolo, perché Iddio era con lui” (Atti 10:37-38).
Egli, poi, forma discepoli chiamati ad insegnare ed operare nello stesso modo. Gesù non forma un’istituzione ecclesiastica ma un movimento al di fuori delle organizzazioni umane. “Ora Gesù, chiamati assieme i dodici, diede loro potestà ed autorità su tutti i demonî e di guarire le malattie. E li mandò a predicare il regno di Dio e a guarire gli infermi” (Luca 9:1-2).
La persona di Gesù e l’efficacia della Sua parola ed opera sta al centro dell’annuncio evangelico. L’apostolo Paolo scrive: “…quando venni a voi, non venni ad annunciarvi la testimonianza di Dio con eccellenza di parola o di sapienza; poiché mi proposi di non sapere altro fra voi, fuorché Gesù Cristo e lui crocifisso. (…) la mia parola e la mia predicazione non hanno consistito in discorsi persuasivi di sapienza umana, ma in dimostrazione di Spirito e di potenza, affinché la vostra fede fosse fondata non sulla sapienza degli uomini, ma sulla potenza di Dio” (2 Corinzi 2:1-5).
“Egli ha fatto…”
Quelli di Gesù sono fatti, non solo parole. “Gesù disse loro: ‘Il mio cibo è di fare la volontà di Colui che mi ha mandato, e di compiere l’opera sua’” (Giovanni 4:34). Primi ministri, presidenti della repubblica, papi, moderatori di strutture ecclesiastiche, predicatori di pulpiti compromessi con l’establishment ecc. sono esperti di parole e di dibattiti culturali. Sono parole formali, cerimoniali, discorsi vuoti e pomposi che parlano di astrazioni, buoni sentimenti, buoni propositi, principi morali… Dicono “così si dovrebbe fare”, ma non solo nascondono l’ipocrisia di questi oratori, ma lasciano il tempo che trovano perché non impartiscono all’uditorio la forza effettiva di realizzare quel che proclamano. Sono infatti parole al vento, belle parole, pie intenzioni. Rimangono appese nel vuoto perché nemmeno non organizzano l’auspicato cambiamento. Il tutto viene lasciato alla “buona volontà” umana, buona volontà che di fatto è un mito perché essa non esiste in questo mondo decaduto.
Quelle di Gesù, però sono, in greco, erga, cioè opere, impegno, ciò che si impegna a fare, impresa; qualsiasi prodotto, qualsiasi cosa compiuta a mano, arte, industria, o mente. La parola “ergon”, la stessa radice di “energia”, compare 169 volte nella Bibbia e quelli di Gesù sono fatti.
L’annuncio dell’Evangelo, la Parola di Gesù è la parola creatrice di Dio che quando è pronunciata con gran voce è come quando Gesù grida all’amico morto e deposto in una tomba: “Lazzaro vieni fuori!” (Giovanni 11:43), ed egli se ne esce. Lazzaro viene fuori dalla tomba perché da quella parola è vivificato e abilitato a farlo. Così l’annuncio dell’Evangelo anche oggi: quand’è autentico e proclamato con la potenza dello Spirito Santo produce in chi ascolta ravvedimento, fede, ed azione. “…poiché Dio è quel che opera in voi il volere e l’operare, per la sua benevolenza” (Filippesi 2:13).
E’ così che Cristo addestra i suoi discepoli, ieri ed oggi, ad agire con efficacia in questo mondo. “Poiché io v’ho dato un esempio, affinché anche voi facciate come v’ho fatto io” (Giovanni 13:15), dice Gesù dopo aver fatto ciò che di solito faceva il servo: lavare gli sporchi piedi agli ospiti prima che entrassero in casa. Quella di Gesù, infatti, non è solo ortodossia dottrinale ma anche ortoprassi, applicazione di tale scrittura nella vita quotidiana.
Gesù dice: “Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo egli mi ha unto per evangelizzare i poveri; mi ha mandato a bandir liberazione a’ prigionieri, ed ai ciechi ricupero della vista; a rimettere in libertà gli oppressi” (Luca 4:18).
Le opere sono una diretta conseguenza di una fede genuina. Da sé “la fede non basta”: ecco perché l’apostolo Giacomo scrive: “Che giova, fratelli miei, se uno dice d’aver fede ma non ha opere? Può la fede salvarlo? Se un fratello o una sorella sono nudi e mancanti del cibo quotidiano, e un di voi dice loro: Andatevene in pace, scaldatevi e satollatevi; ma non date loro le cose necessarie al corpo, che giova? Così è della fede; se non ha opere, è per se stessa morta” (Giacomo 2:16-17). Poi dice: “Tu credi che v’è un sol Dio, e fai bene; anche i demonî lo credono e tremano” (Giacomo 2:19). Il diavolo crede, ma rimane diavolo e per questo non è salvato. La salvezza autentica produce una fede operante.
“Egli ha fatto ogni cosa…”
Gesù ha fatto, ha operato, e Lui ha fatto “ogni cosa” per la nostra redenzione, non dobbiamo aggiungervi nulla: la Sua opera è perfetta, compiuta. L’Apostolo afferma: “E a lui voi dovete d’essere in Cristo Gesù, il quale ci è stato fatto da Dio sapienza, e giustizia, e santificazione, e redenzione” (1 Corinzi 1:30); “Poiché in lui noi abbiamo la redenzione mediante il suo sangue, la remissione de’ peccati, secondo le ricchezze della sua grazia” (Efesini 1:7).
Che Cristo abbia fatto tutto per noi che crediamo in Lui non vuol dire che ora possiamo beatamente goderci il riposo, nullafacenti, in attesa del Suo ritorno e ristabilimento di tutte le cose. L’opera di Cristo nel credente è a livello esistenziale, “posizionale”, ma è intesa alla nostra mobilitazione. Cristo rigenera il credente affinché si attivi in lui o lei un processo di rinnovamento personale che lo coinvolge nel mondo e lo impegna nell’allargamento del regno di Dio in ogni sfera delle attività umane. Non si tratta di “una vaga spiritualità” e non è qualcosa di “privatistico”. Esso crea comunità e un movimento di persone che attivamente esplicitano lo stile di vita di Cristo nel mondo, che denunciano ciò che è male agli occhi di Dio e che lo combattono.
Come disse un autore cristiano: “Non c’è un solo centimetro quadrato in questo mondo del quale Cristo non dica che Gli appartiene”. Per questo il cristiano si interessa ad ogni aspetto della vita culturale, sociale e politica per conquistarlo a Cristo. Come scrive l’apostolo: “Paolo, e Apollo, e Cefa, e il mondo, e la vita, e la morte, e le cose presenti, e le cose future, tutto è vostro” (1 Corinzi 3:22). Tutto deve essere oggetto del nostro interesse. Il cristiano autentico non si ritira dal mondo, ma si coinvolge nel mondo per testimoniarvi conformità al volere di Dio incarnatosi in Cristo e contenuto nella Legge rivelata da Dio. Infine:
“Egli ha fatto ogni cosa bene”
Sì, Cristo “ha fatto ogni cosa bene”. Quel “bene”, in greco καλῶς, significa magnificamente, ottimamente, giustamente, veramente, eccellentemente, nobilmente, lodevolmente. L’opera è completa, quella che serve, di nulla mancante, ineccepibile, al di là di ogni possibilità di critica. E’, però, anche bella e buona, come quella di Dio quando aveva terminato l’opera di ogni giorno della Creazione: “Dio vide tutto quello che aveva fatto, ed ecco, era molto buono” (Genesi 1:31). Anche tutto ciò che Dio ci comanda di fare in questo mondo siamo chiamati, a Sua imitazione, a farlo bene, diligentemente. “Osserverete diligentemente i comandamenti dell’Eterno, ch’è l’Iddio vostro, le sue istruzioni e le sue leggi che v’ha date” (Deuteronomio 6:17).
L’apostolo così esorta: “E siccome abbiamo dei doni differenti secondo la grazia che ci è stata data, se abbiamo dono di profezia, profetizziamo secondo la proporzione della nostra fede; se di ministero, attendiamo al ministero; se d’insegnamento, all’insegnare; se di esortazione, all’esortare; chi dà, dia con semplicità; chi presiede, lo faccia con diligenza; chi fa opere pietose, le faccia con allegrezza. L’amore sia senza ipocrisia. Aborrite il male, e attenetevi fermamente al bene. Quanto all’amore fraterno, siate pieni d’affezione gli uni per gli altri; quanto all’onore, prevenitevi gli uni gli altri; quanto allo zelo, non siate pigri; siate ferventi nello spirito, servite il Signore; siate allegri nella speranza, pazienti nell’afflizione, perseveranti nella preghiera; provvedete alle necessità dei santi, esercitate con premura l’ospitalità. Benedite quelli che vi perseguitano; benedite e non maledite. Rallegratevi con quelli che sono allegri; piangete con quelli che piangono. Abbiate fra voi un medesimo sentimento; non abbiate l’animo alle cose alte, ma lasciatevi attrarre dalle umili. Non vi stimate savî da voi stessi. Non rendete ad alcuno male per male. Applicatevi alle cose che sono oneste, nel cospetto di tutti gli uomini” (Romani 12:6-17). Non serve dire altro.
Conclusione
Come dicevamo all’inizio, il mondo delle istituzioni emargina ed esclude le persone più valide, competenti ed efficienti. Il movimento cristiano, che tale intende essere, però, non potrà essere neutralizzato o soppresso. Ci hanno provato e sempre ci provano. Le istituzioni ecclesiastiche ed i gruppi escapisti saranno svergognati nella loro compiacenza e conformismo. Chiamato a servire la causa di Dio con diligenza in ogni sfera della vita, il movimento cristiano militante avrà la meglio contro le forze del male perché, come promette Gesù, ferma e fedele roccia, ai Suoi: “sopra questa pietra io edificherò la mia chiesa, e le porte dell’inferno non la potranno vincere” (Matteo 16:18 Diodati).
Il Signore e Salvatore Gesù Cristo “ha fatto ogni cosa bene”. Potremmo noi, suoi discepoli, esserne da meno?
Paolo Castellina, 28 Agosto 2021.