Domenica 16 Maggio 2021 – Settima domenica di Pasqua
Letture bibliche: Salmo 1; Atti 1:15-17, 21-26; 1 Giovanni 5: 9-13; Giovanni 17: 6-19
L’altro giorno osservavo un gregge di pecore in un recinto, tutte uguali, con un numero dipinto in groppa. Quello che faceva l’una lo faceva l’altra. Non serviva loro tanta intelligenza. Dovevano fare ciò che è proprio alla loro specie e sottomettersi al loro pastore che se ne serve. Lo stesso naturalmente, vale per gli altri animali domestici. Molti oggi ritengono che la vita umana non sia sostanzialmente diversa da quella degli animali. L’essere umano, dicono, non è che una delle tante specie viventi presenti sulla terra. Si ammette certo che l’essere umano sia dotato di caratteristiche sue proprie, ma che fondamentalmente sia solo una delle componenti della natura. Per questo quando riflettono su che cosa sia la vita o come essa debba essere vissuta …guardano consapevolmente agli animali, ritengono che si debba prendere a modello quella che chiamano “la natura”, sia in bene che in male.
Talvolta chi segue questa filosofia naturalistica critica e deride chi si occupa della fede cristiana. La fede cristiana, infatti, afferma che noi non siamo animali, che gli animali, cioè, sono una cosa, e l’essere umano un’altra, che noi non dobbiamo seguire “la natura”, ma che dobbiamo conformarci alla volontà rivelata di Dio, alla cui immagine e somiglianza noi siamo stati creati. No, questo molti non lo accettano. Dicono: “Guarda gli animali, non si occupano di religione, seguono i propri istinti, vivono condizionati dal tempo atmosferico, dal luogo e dalle circostanze. Ciascuno di essi nasce, cresce come ‘un cucciolo’ che apprende giocando le regole della vita della sua specie, si accoppia, si riproduce, si crea la sua famiglia, fa il lavoro, svolge la funzione, che gli è propria, invecchia e muore. Fa tutto questo, naturalmente, seguendo il suo branco, conformandosi a quelli della sua specie”. Questo sarebbe il tutto della vita, il modello da cui non ci si dovrebbe allontanare, se non a proprio danno. Ritengono inoltre che sia inutile e pericoloso “pensare troppo” sul senso della vita, preferiscono vivere “come capita”.
Il naturalismo, però, dall’apparenza sensata e romantica, è una filosofia contraddittoria ed insensata, è un madornale e tragico errore. Chi vive secondo questa filosofia di vita umilia e degrada la sua umanità e la sua intelligenza. L’uomo che si illude di poter vivere “come un animale”, in realtà non lo diventa, ma fa di sé stesso “un mostro”, un’aberrazione, non priva di conseguenze molto negative. La Bibbia dice: “Non siate come il cavallo e come il mulo che non hanno intelletto, e la cui bocca bisogna frenare con morso e con briglia, altrimenti non ti si avvicinano” (Salmi 32:9).
Il Salmo n°1
L’antico re Davide era stato un esperto pastore di pecore. Le aveva certo osservate molto da vicino ed aveva fatto le sue riflessioni. Questo però, a differenza di molti oggi, non ne aveva dedotto che anche noi siamo come delle pecore e che avremmo dovuto imitarle… no, anzi, proprio nel suo primo Salmo, il primo delle meravigliose composizioni poetiche presenti nella Bibbia, egli mette in rilievo l’errore di chi vorrebbe farlo. Egli dichiara “beato”, anzi, davvero saggio ed intelligente colui che rifiutandosi di seguire le vie “basse” di questo mondo, rifiutandosi di conformarsi alla mostruosità di una vita vissuta non in comunione con Dio, segue con diligenza la via mostratagli dall’alto. Leggiamo questo Salmo e riceviamone l’insegnamento: è la Parola che Dio anche oggi vuole rivolgerci.
“Beato l’uomo che non cammina nel consiglio degli empi, non si ferma nella via dei peccatori e non si siede in compagnia degli schernitori, ma il cui diletto è nella legge dell’Eterno, e sulla sua legge medita giorno e notte. Egli sarà come un albero piantato lungo i rivi d’acqua, che dà il suo frutto nella sua stagione e le cui foglie non appassiscono; e tutto quello che fa prospererà. Non così sono gli empi; ma sono come pula che il vento disperde. Perciò gli empi non reggeranno nel giudizio, né i peccatori nell’assemblea dei giusti. Poiché l’Eterno conosce la via dei giusti, ma la via degli empi porta alla rovina” (Salmo 1).
Chi è “beato”
Una contrapposizione. Quando leggiamo questo Salmo veniamo subito posti di fronte ad una netta contrapposizione, quella tra l’uomo “giusto” e l’uomo “empio”. E’ un contrasto fondamentale nella Parola di Dio e nel suo insegnamento. La Bibbia, infatti, divide l’umanità a seconda del tipo di rapporto che hanno con Dio in Cristo, e queste due categorie hanno destini diversi. Essere in comunione con Dio come discepoli di Cristo significa comprendere chi veramente noi siamo come creature fatte ad immagine e somiglianza di Dio e vivere di conseguenza, significa avere vita nella sua pienezza; vivere come se Dio non esistesse, invece, significa essere “morti nei falli e nei peccati” (Efesini 2:1).
La beatitudine. Il Salmo 1 descrive l’uomo giusto come “beato”, parola usata da Cristo in Matteo 5 per descrivere i cittadini del Suo regno spirituale. Alcune traduzioni moderne traducono questa parola con “felice”. E’ vero, non esiste maggiore felicità di quella che si trova in comunione con Cristo, ma ho conosciuto cristiani “tristi” e molti non credenti “felici”. Questo però non è il criterio per giudicare la bontà di qualcosa. Il cristiano non è e non deve essere un “Buddha” sempre sorridente… Può esistere una tristezza legittima e una felicità superficiale e fallace. Per “beato” qui si intende un uomo particolarmente favorito da Dio, erede di una grande benedizione di salvezza e di benedizioni spirituali in Cristo. L’opposto di “beato” nella Scrittura, di “benedetto”, così, non è “triste”, ma “maledetto”, cioè senza contatto, senza pace, senza riconciliazione con Dio, al di sotto di quello che dovrebbe essere, anzi, sottoposto all’ira ed al giudizio di Dio. Essere “beato”, o “benedetto” significa essere in comunione con Cristo, favorito dal Suo amore, purificato o lavato dal Suo sangue.
Caratteristiche dell’uomo “beato”
Il Salmo n° 1 ci dice tre cose sull’uomo beato.
Vive per la gloria di Dio
L’uomo “beato” fa ogni cosa per la gloria di Dio. Che cammini, si fermi o si sieda, egli desidera che Dio, da ciò che fa, ne abbia la gloria, e Cristo la preminenza. Nel versetto 1 tre verbi denotano il tutto dei momenti di un uomo da sveglio: cammina, si ferma, si siede: questo è ciò che facciamo tutto il giorno! E’ desiderio ed obiettivo fondamentale della vita cristiana compiacere a Dio e non a noi stessi. L’apostolo Paolo ci dice: “Sia dunque che mangiate, sia che beviate, sia che facciate alcun’altra cosa, fate tutte le cose alla gloria di Dio” (1 Corinzi 10:31).
Notate pure che l’uomo “beato” sia riconoscibile non solo da quello che fa, ma pure da ciò che non fa. L’uomo che Dio ha benedetto non cammina nel consiglio degli empi, non si ferma nella via dei peccatori, non si siede in compagnia degli schernitori. Egli non trova soddisfazione nel “divertimento” che il mondo gli propone. Egli “non si ferma” nelle vie di questo mondo ritenendo che questo sia il tutto della vita. L’uomo che Dio ha benedetto ha ben pochi punti di contatto con coloro che parlano contro Dio e coloro che deridono e disprezzano il Salvatore. Conoscere le benedizioni di Dio significa voler compiacere a Dio – voltare le spalle a ciò che Dio considera peccato e vivere secondo ciò che Dio dichiara essere giustizia.
Ritenendo di essere “come pecore” l’uomo, la donna, insieme ai loro figli, “seguono il branco”, “camminando nel consiglio degli empi”. Non per nulla, ad esempio, la pubblicità viene spesso chiamata “consigli per gli acquisti”. Quali sono questi “consigli”? Compra sempre più cose, abbi maggiore successo, appari più giovane e più sexy, persegui ad ogni costo felicità personale, usa la gente per raggiungere quello che desideri… e così via. Una marca di benzina facendo la pubblicità del suo prodotto, diceva: “Noi ti faremo andare più veloce!”, come se il nostro problema fosse non sbrigarci abbastanza ed aver bisogno di qualcuno che ci facesse muovere più in fretta! Un’altra pubblicità di automobili diceva: “Se il denaro non può comprare la felicità, potresti fare un leasing!”. Quali sono “i consigli” che questo mondo rivolge ai giovani, spingendoli magari a rinnegare i valori in cui sono stati educati? Sono però consigli empi che portano alla rovina. Se ne rendono conto?
E non è forse spesso vero che vorrebbero invitarci a sedere con loro, “in compagnia degli schernitori”? In compagnia di coloro che deridono quelle stesse cose che umilmente dovrebbero perseguire – che deridono la Bibbia come se fosse irrilevante, che deridono l’Evangelo come “troppo stretto” per la mente moderna, che deridono l’ubbidienza alla legge di Dio, la fedeltà e l’integrità nei rapporti umani, e così via. E così anche chi è stato educato nei valori cristiani finisce per trovarsi “a casa” con questi “schernitori”. Ridiamo poi anche noi di coloro che vivono la vita come Dio voleva fosse vissuta.
Alla presenza di Dio egli rafforza la sua vita
L’intera forza e vita del cristiano è tratta dal Dio che ama e desidera servire. Quest’uomo ama la legge di Dio e medita su di essa “…ma il cui diletto è nella legge dell’Eterno, e sulla sua legge medita giorno e notte” (v. 2). La Bibbia diventa la passione del suo cuore e della sua mente. Essa lo sprona emozionalmente ed intellettualmente. Essa soddisfa i suoi bisogni più profondi, tanto da diventare il cibo e la bevanda del figlio di Dio.
La legge di Dio, amata, apprezzata ed approfondita, egli la scrive nel suo cuore, e la medita “di giorno”, quando tutto gli va bene, ed anche “di notte”, nella notte della prova e della tribolazione.
L’effetto di tutto questo lo si vede nel versetto 3: “Egli sarà come un albero piantato lungo i rivi d’acqua, che dà il suo frutto nella sua stagione e le cui foglie non appassiscono; e tutto quello che fa prospererà”: l’uomo “beato” ha radici e porta frutto, come un albero, la cui parte più importante della sua vita non è visibile, perché sta sotto terra e si tiene stretta, per la sua vita, a ciò che è immutabile e certo, beve alla bontà di Dio ed è sostenuto e reso fecondo dalla vita che è in Dio.
L’uomo contemporaneo “non ha radici”, non tanto in senso geografico, perché la vita moderna lo costringe a spostarsi molto spesso, anche a distanze molto lunghe, per lavoro o per divertimento, ad essere una sorta di zingaro. L’uomo contemporaneo spesso è uno zingaro dello spirito: prova questo e prova quest’altro, senza mai approfondire, secondo il momento… Egli è come una farfalla che si sposta da un fiore all’altro senza alcun criterio particolare, attirata ora dal profumo, ora dal colore dei fiori. La verità rivelata di Dio, su cui si radica il giusto è per lui punto di riferimento fisso e sicuro, e questo, come dice la Scrittura: “…affinché non siamo più bambini sballottati e trasportati da ogni vento di dottrina, per la frode degli uomini, per la loro astuzia, mediante gli inganni dell’errore” (Efesini 4:14).
E dove la fede prende radice, esso pure produce frutto, alla dovuta stagione, con foglie che non appassiscono perché le sue radici si nutrono costantemente di quella che la Scrittura chiama “acqua della vita”. Le “foglie” di questo mondo regolarmente “appassiscono”, ma, come dice la Scrittura, “L’erba si secca, il fiore appassisce, ma la parola del nostro DIO rimane in eterno” (Isaia 40:8). In effetti, “non appassiranno” coloro che nella loro vita avranno attinto a Cristo il loro “succo vitale”. L’apostolo Pietro scrive: “E quando apparirà il sommo pastore, riceverete la corona della gloria che non appassisce” (1 Pi. 5:4).
…e vi sarà frutto: infatti ciò che Dio inizia nel cuore viene manifestato in una vita che porta frutto. La Scrittura dice: “il frutto dello Spirito è: amore gioia, pace, pazienza, gentilezza, bontà, fede, mansuetudine, autocontrollo” (Efesini 5:22). Gesù disse: “Io sono la vite, voi siete i tralci; chi dimora in me e io in lui, porta molto frutto, poiché senza di me non potete far nulla… In questo è glorificato il Padre mio, che portiate molto frutto, e così sarete miei discepoli” (Giovanni 15:5-8).
Egli vede la sua vita nella prospettiva di Dio
L’uomo che davvero può considerarsi “beato” guarda alla vita non dal punto di vista di questo mondo, ma da quello di Dio stesso, da quello dell’eternità di Dio. Egli sa che vi sarà il giorno del giudizio, giorno in cui l’empio sarà condannato. Egli sa che la via dell’empio è una via in discesa che porta al peggio. Questi non sa di camminare su una tale via, non lo vede, lo nega, ma “la via degli empi porta alla rovina” (v. 6). Coloro che amano il Signore alla fine sapranno – nonostante la derisione degli avversari – di aver avuto ragione a vivere come a Dio piace. Quel giorno essi verranno riconosciuti da Dio come propri. Disse Gesù stesso: “Chiunque perciò mi riconoscerà, davanti agli uomini, io pure lo riconoscerò davanti al Padre mio che è nei cieli” (Matteo 10:32), come pure nell’Antico Testamento troviamo: “Essi saranno miei”, dice l’Eterno degli eserciti, “nel giorno in cui preparo il mio particolare tesoro, e li risparmierò, come un uomo risparmia il figlio che lo serve” (Malachia 3:17).
Conoscendo queste cose l’uomo “beato” conserva nel cuore quella che la Scrittura chiama “beata speranza” “aspettando la beata speranza e l’apparizione della gloria del grande Dio e Salvatore nostro, Gesù Cristo” (Tito 2:13), una speranza che lo motiva a purificare e santificare sé stesso come Cristo è puro (1 Giovanni 3:3). Vedere noi stessi come Dio ci vede – ricalcare i pensieri stessi di Dio – significa vedere noi stessi nella prospettiva dell’eternità, renderci conto quanto fragile ed effimera sia la nostra vita, quanto sia certa l’eternità, e quanto sia importante “redimere” il tempo che abbiamo per impiegarlo alla gloria di Dio e per il bene della causa di Cristo.
Incarnato in Cristo
“Beato l’uomo che non cammina nel consiglio degli empi, non si ferma nella via dei peccatori e non si siede in compagnia degli schernitori”. Chi è fondamentalmente quest’uomo? Sant’Agostino, in un commento a questo Salmo ci insegnava a identificarlo con lo stesso Signore Gesù Cristo.
Scriveva: “Beato l’uomo che non cammina nel consiglio degli empi” come fa l’uomo di questo mondo, il quale è d’accordo con sua moglie, ingannata dal serpente, a trasgredire i comandamenti di Dio. Egli “non si è fermato nella via dei peccatori”. Certo, Gesù ha camminato sulla via dei peccatori, essendo venuto al mondo come uno di loro, ma su questa via Egli non si è mai “fermato”, perché le tentazioni di questo mondo non avevano potuto far presa su di Lui. Egli “non si è seduto in compagnia degli schernitori”, perché gli scherni, come il pettegolezzo, le calunnie e la maldicenza sono una vera pestilenza. Gesù non ambiva con orgoglio ai regni di questo mondo, perché chi in questo mondo che sia libero dalla legge del potere e non ambisca all’umana gloria? Gesù era uomo davvero libero e non seguiva le tradizioni e le filosofie di questo mondo che, appunto come una pestilenza, infettano la nostra società e sembrano essere invincibili a contaminare tutto e tutti, come il naturalismo di cui parlavamo prima, il materialismo, o l’antropocentrismo. Davvero queste filosofie si diffondono come il cancro tanto da alienare persino le chiese più antiche e nobili, allontanandole dalla verità che avrebbero dovuto testimoniare.
Davvero, osserva Sant’Agostino, il nostro Salmo bene si esprime quando dice che l’empio “cammina” allontanandosi dalle vie di Dio, “si ferma” quando prende piacere nel peccato, e “si siede” quando il mondo lo conferma nel suo orgoglio tanto da non potersene più liberare, a meno che non sia liberato da Colui che “non ha camminato nel consiglio dell’empio, non si è fermato nella via dei peccatori, né si è seduto in compagnia degli schernitori”.
Era Gesù che davvero affondava “sue radici” in Dio, che ha “dato il suo frutto” nella sua stagione, le cui “foglie” non sono appassite (infatti la Persona e l’Opera di Cristo rimangono ancora oggi fresche e produttive), e che ha “prosperato” in tutto ciò che ha intrapreso, nonostante l’opposizione del mondo. Questo “albero” era “piantato lungo i rivi d’acqua”, cioè attingeva la Sua vitalità e fecondità dallo Spirito Santo che, nella Scrittura, viene spesso identificato come un fiume di vita.
Conclusione
Chi siamo, dunque? Una “specie animale” fra le tante che deve comprendere la sua vita “guardando la natura” e disprezzando tutto ciò che ci allontanerebbe da essa? E’ così per chi segue la fallace filosofia naturalista ed adora la “madre terra”, o “madre natura”. Gli idoli falsi e muti come questi hanno il potere di distruggere chi li adora perché sono posti da Satana, l’avversario di Dio, a nostra propria perdizione. L’uomo saggio e intelligente, però, non è miope come l’empio che vede le cose di questo mondo come se fossero gran cosa. Sembrano tali perché la sua vista è difettosa e distorta. Beato lui quando troverà gli “occhiali correttori” della Parola di Dio, beato lui quando si accosterà al Salvatore Gesù Cristo e si lascerà condurre da Lui sulla via della salvezza. E’ una strada impopolare che pochi coraggiosi percorrono. Essi vi camminano decisamente senza fermarsi intimiditi dagli schernitori, per sedersi sui loro banchi. Il Signore Iddio ci dice nella Sua Parola: “Non vi conformate a questo mondo, ma siate trasformati mediante il rinnovamento della vostra mente, affinché conosciate per esperienza qual sia la buona, accettevole e perfetta volontà di Dio”. Che Iddio voglia che questo avvenga per ciascuno di voi che ode questo messaggio.
Musiche utilizzate in questo programma:
- Zadok the Priest, G. F. Handel, John Keys,
- Beato l’uomo che teme il Signore, Salmo 111 e antifona, Antonio Parisi
- Santo, Santo, Santo, Antonio Parisi
- What a Friend We Have in Jesus, Faithful fathers.