Aspirazione all’eccellenza (Luca 6:27-36)

Domenica 20 Febbraio 2022 – Quinta domenica dopo l’Epifania

(Servizio di culto completo con predicazione)

(solo predicazione)

Introduzione alle letture bibliche

Letture bibliche: Salmo 37:1-12, 39-40; Genesi 45:3-11, 15; 1 Corinzi 15:35-38,42-50; Luca 6:27-38

Gente malvagia ed empia opera perversamente e sembra sempre prevalere: al bene è rimasta qualche chance? Potrebbe sembrare di no: potremmo essere infatti tentati a invidiarla, quella gente, unirci a loro e adottare la sopraffazione come unico e normale nostro valore per sopravvivere. Come dice il Salmo 37, è una tentazione da respingere, perché Dio non tarderà a eseguire sui malvagi il Suo giusto giudizio di condanna. Noi rimettiamo la nostra sorte nell’Eterno Iddio, in Lui prendiamo il nostro diletto, Egli è il nostro aiuto, guida e liberazione e godremo della Sua grazia. Come poi risulta nella vicenda di Giuseppe in Genesi 45, dei malvagi avevano prevalso su di Lui, ma, come dirà: “Voi avevate pensato del male contro di me; ma Dio ha pensato di convertirlo in bene, per compiere quel che oggi avviene: per conservare in vita un popolo numeroso” (Genesi 50:20). Lo stesso per il nostro nemico ultimo, cioè la morte. Come dice la terza nostra lettura da 1 Corinzi 15, essendo in comunione con Cristo noi condivideremo con Lui la risurrezione in gloria. Insomma, i nemici del nostro bene abbondano: dovremmo scoraggiarci e dichiararci vinti? Giammai! Al male rispondiamo con il bene, testimoniando da oggi lo “stile di vita” che un giorno prevarrà, a vergogna degli empi. Questa è l’etica del Regno di Dio, illustrata dal Signore Gesù nella nostra quarta lettura.


Aspirazione all’eccellenza

L’essere umano ha la straordinaria capacità di accogliere e vincere sfide che gli permettono di andare oltre i limiti delle sue normali possibilità. Ciò che è “normale”, però, è ben inferiore alle nostre effettive possibilità, perché pregiudicato dalla corruzione del peccato che ci condiziona negativamente. Eccelliamo nel male, ma anche le nostre migliori aspirazioni si rivelano fallimentari. Quando Gesù ci sfida ad andare oltre anche alla migliore giustizia riconosciuta in questo mondo (come nel caso di Luca 6:27-36) ci sembra che la Sua sia una pretesa esagerata. In realtà sono “ideali” che diventano possibili solo quando in noi si risolve debitamente la questione del peccato. Egli li incarnava e con Lui diventano realizzabili.

Oltre i limiti

L’essere umano ha capacità limitate in dipendenza dalla sua costituzione fisica e mentale, ma ha la straordinaria capacità di accogliere e vincere sfide che gli permettono di andare oltre i limiti delle sue normali possibilità. Lo può fare attraverso lo sviluppo della tecnologia, che testimonia della creatività che il Creatore gli ha concesso e che è una componente della sua somiglianza con Dio. Lo dimostra nella pratica dei cosiddetti “sport estremi” attraverso i quali alcuni aspirano a entrare nel catalogo del “Guinness dei Primati”. Questo, però, è già più discutibile, perché nella Sua legge Dio ci proibisce di assumerci rischi non necessari che potrebbero pregiudicare la vita nostra e degli altri. Del tutto riprensibile, però, è la capacità umana di raggiungere livelli di perversione e di malvagità che non hanno paralleli nel mondo animale. Possiamo, infatti, creare mostri ed essere noi stessi abominevoli mostri che ci rendono di fatto simili a esseri diabolici.

L’eccellenza morale e spirituale, però, è qualcosa a cui Dio stesso ci chiama ad aspirare. Un giorno Gesù disse nel Suo Sermone sul Monte: “Io vi dico che se la vostra giustizia non supera quella degli scribi e dei farisei, voi non entrerete affatto nel regno dei cieli” (Matteo 5:20). Scribi e farisei erano allora una categoria di persone che aspiravano al massimo della conformità morale alla Legge di Dio, che la Bibbia chiama “giustizia”. Non che ci riuscissero, anzi, Gesù denunciava la loro ipocrisia. In ogni caso, Gesù chiamava i Suoi discepoli a essere di più e meglio di loro quanto ad aspirazioni! 

Il testo biblico

Questa vocazione ad “andare oltre i limiti” nel bene è testimoniata dal testo del vangelo di cui ci occupiamo quest’oggi, che l’evangelista Luca pone nel quadro letterario del “Sermone nella Pianura” e che troviamo nel suo sesto capitolo. Ascoltiamolo.

“Ma a voi che ascoltate, io dico: Amate i vostri nemici; fate del bene a quelli che vi odiano; benedite quelli che vi maledicono, pregate per quelli che vi oltraggiano. A chi ti percuote su una guancia, porgigli anche l’altra; e a chi ti toglie il mantello non impedire di prenderti anche la tunica. Da’ a chiunque ti chiede; e a chi ti toglie il tuo, non glielo ridomandare. E come volete che gli uomini facciano a voi, fate voi pure a loro. Ma se amate quelli che vi amano, qual grazia ve ne viene? Poiché anche i peccatori amano quelli che li amano. E se fate del bene a quelli che vi fanno del bene, qual grazia ve ne viene? Anche i peccatori fanno lo stesso. E se prestate a quelli dai quali sperate ricevere, qual grazia ne avete? Anche i peccatori prestano ai peccatori per riceverne altrettanto. Ma amate i vostri nemici, e fate del bene e prestate senza sperarne alcun che, e il vostro premio sarà grande e sarete figli dell’Altissimo; poiché Egli è benigno verso gli ingrati e malvagi. Siate misericordiosi com’è misericordioso il Padre vostro” (Luca 6:27-36).

Si tratta di espressioni che indubbiamente ci lasciano perplessi e di fronte ad alcune simili una volta i discepoli erano rimasti molto sbigottiti e avevano detto: “Chi dunque può essere salvato?” (Matteo 19:25), come per dire: “Che esagerazione! Così è impossibile!”. Eppure Gesù credeva nel potenziale umano e lo riteneva necessario appunto in forza del nostro essere stati creati a immagine e somiglianza di Dio. Perché Gesù credeva nel potenziale umano? Perché riaffermava che l’essere umano era stato creato a immagine e somiglianza di Dio, e questa non è dottrina astratta e accademica: presa sul serio può avere enormi implicazioni, più di quando immaginiamo.

L’alternativa cristiana

“Ma a voi che ascoltate…”. Notate quest’espressione. Uno potrebbe dire: Ovvio! Ma si può essere sordi in tanti modi! Sordo certamente alle Sue parole è chi le ascolta con spirito critico, derisorio o scandalizzato. Il discorso di Gesù è indubbiamente discriminante: lo rivolge a coloro che odono senza pregiudizi e con disponibilità, pronti a imparare e a mettere in pratica ciò che ascoltano. Siamo noi fra questi?

“Amate i vostri nemici”: “…fin ora avete ascoltato ciò che la logica e la tradizione umana vi suggeriva. Al mondo sembra logico odiare i propri nemici, conservare nel cuore risentimento nei loro riguardi, e vendicarsi di loro. Però, se volete elevarvi spiritualmente e moralmente io vi dico di fare proprio il contrario, di amarli anche se vi danneggiano: ecco che cosa si rivelerà davvero rivoluzionario!”. È normale avere nemici. La fede cristiana, soprattutto quando è vissuta coerentemente, si fa molti nemici. Confondete dunque i vostri nemici con l’atteggiamento che non si aspetterebbero: amateli! Certamente questo non significa approvare ciò che essi fanno o non esprimere mai nei loro confronti giusta indignazione; ma la persona deve essere amata, trattata con gentilezza e pietà, anche se vi è ostile. Certo questo amore non potrà essere l’amore spirituale che unisce fratelli in fede, uniti da un comune e profondo legame con Cristo, ma …dimostrate loro amore! Allo stesso modo:

“Fate del bene a coloro che vi odiano”. “Avete fin ora udito di fare del bene solo a coloro che vi sono amici e di maledire in cuor vostro coloro che vi odiano e vi arrecano danno, ma io vi dico di fare loro del bene!”. La Scrittura dice: “Se dunque il tuo nemico ha fame dagli da mangiare, se ha sete dagli da bere; perché, facendo questo, radunerai dei carboni accesi sul suo capo” (Romani 11:20), in altre parole: lui si vergognerà del suo comportamento verso di voi… Lo farai arrossire di vergogna. In pratica: neutralizzerai il suo odio.

“Benedite quelli che vi maledicono, pregate per coloro che vi oltraggiano” (28). “Vi sono coloro che dicono male di voi in pubblico e vi maltrattano senza ragione, per invidia, malevolenza, cieco spirito di parte… Voi rispondete a tutto questo dicendo bene di loro e pregando per loro affinché Dio dia loro la grazia del ravvedimento! “Lascia che ti maledica, non reagire”, aveva detto l’Eterno a Davide di fronte alle continue maledizioni di Scimei. La Scrittura dice: “Davide e la sua gente continuarono il loro cammino; e Scimei camminava sul fianco del monte, dirimpetto a Davide, e cammin facendo lo malediva, gli tirava dei sassi e gli buttava della polvere” (2 Samuele 16:13). Che fastidio! Eppure la Scrittura dice: “…non rendendo male per male, od oltraggio per oltraggio, ma, al contrario, benedicendo; poiché a questo siete stati chiamati onde ereditiate la benedizione” (1 Pietro. 3:9). Si, dite buone parole, usate un linguaggio gentile, espressioni pacate e pazienti. Benedire qui non significa lodare, ma continuare a usare verso un comportamento benevolo.

Pregare per coloro che ci maltrattano è proprio quello che fece Cristo stesso quando, inchiodato sulla croce, pregava per i Suoi crocifissori che Lo trattavano nel modo più crudele e Lo insultavano. Diceva: “Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno”. Lo stesso si rileva nell’atteggiamento di Stefano condannato alla lapidazione. Si tratta del tipico spirito dell’autentico cristianesimo. 

Le parole seguenti aumentano le nostre difficoltà… “A chi ti percuote su una guancia, porgigli anche l’altra; e a chi ti toglie il mantello, non impedire di prenderti anche la tunica” (29). Non c’è nulla di più contrario alla nostra natura, eppure questo è stato l’atteggiamento costruttivo di tanti eroi della fede. Porgi a chi ti ha schiaffeggiato anche la guancia sinistra, per colpire anche quella, se lo desidera. È un’espressione proverbiale, ma che sta a significare la maggior forza morale del perseguitato. Gesù la usa per insegnare la pazienza nel sopportare ingiurie e affronti, non cercare vendetta privata, al contrario, soffrire di più che indulgere nella rivalsa. Per sottolineare Gesù prosegue con un’espressione similare. Non dobbiamo essere estremi nell’esigere il nostro diritto. Sii disposto a “lasciargli anche la tunica” pur di non litigare. Qui il valore da privilegiare non è la giustizia, ma l’assenza di conflitti. Lascia a Dio difendere la tua causa. 

Però, come in un insopportabile e provocatorio crescendo, Gesù rincara la dose: “Dà a chiunque ti chiede; e se qualcuno ti toglie il tuo, non glielo ridomandare” (30). “Ma questo è inaccettabile!”, diranno molti. Eppure, a tutti, Giudei o pagani che siano, amici o nemici, credenti o non credenti, buoni o cattivi, degni o indegni, che lo meritino oppure no, che chiedono elemosine, sia cibo che denaro: Dà gratuitamente, con prontezza, con gioia, certo secondo le tue possibilità, e secondo che la necessità, secondo le circostanze, …ma dà, dona, offri. Qui Gesù parla di chi ti chiede un prestito …e tu sai che probabilmente non sarà in grado di restituire. A tale persona non esigere la restituzione, ma, se non potrà restituire, condonagliela. Ogni quel tanto in Israele veniva proclamato il Giubileo, cioè “Il tempo della remissione”. Cristo l’ha riaffermato come pratica costante! Se Dio ha disposto che quel debitore sia insolvente, non pretendere contro di lui il vantaggio di quel che pure sarebbe giusto che tu avessi!

Ed ecco la “regola aurea” della fede cristiana che tanto la rende tipica: “E come volete che gli uomini facciano a voi, fate voi pure a loro” (31). Questo vuol dire: Fate finta che voi siate in quella situazione. Come vorreste che gli altri si comportassero con voi? Questa “regola d’oro” è la somma della Legge e dei profeti, cioè di tutto l’insegnamento biblico.

La motivazione di fondo

In tutto questo comportamento che Gesù ci comanda, vi è pure una logica a esso inerente. “Ma se amate quelli che vi amano, quale grazia ve ne viene? Poiché anche i peccatori amano quelli che li amano” (32). Anche nella logica corrente l’amore vero è un atto di gratuita generosità. Amare chi ci ama è facile. Amare chi ci ama è un debito di riconoscenza, un dovere da compiere per il quale non bisogna aspettarsi un grazie, è uno scambio naturale. Amare chi non ci ama, amare chi ci odia e certo non apprezzerà il nostro gesto è impegnativo, implica sforzo, iniziativa, è una sfida, andare ai limiti della capacità umana come un’impresa sportiva che ci mette a dura prova, è eroico.

Ecco dunque che come cristiani siamo chiamati proprio a oltrepassare ciò che è comune a questo mondo. Amare chi ci ama lo possono anche fare coloro che non tengono in alcun conto l’onore della Persona e della legge di Dio.

“E se fate del bene a quelli che vi fanno del bene, qual grazia ve ne viene? Anche i peccatori fanno lo stesso” (33). Anche fare del bene a chi ci fa del bene non implica alcuna gloria e merito. Lo “scambio di favori” è comune anche, mettiamo fra i mafiosi! Prestiti e atti di solidarietà fra gente dello stesso clan, gruppo, famiglia, fra coloro che si sono legati da un patto di solidarietà è normale. Fare del bene a chi non si è tenuti a farlo, a chi nemmeno si è legato a un patto di reciprocità, questo si che è notevole! 

“E se prestate a quelli dai quali sperate di riavere, qual grazia ne avete? Anche i peccatori prestano ai peccatori, per riceverne altrettanto” (34). Il prestito di denaro è meritorio? Beh, è utile e conveniente, ma è una virtù? Il prestito di denaro è pratica comune. Si presta denaro con l’intesa che verrà restituito. Le banche traggono dal prestito di denaro, attraverso gli interessi, un cospicuo guadagno. E poi vi sono gli usurai e gli strozzini che applicano interessi altissimi. Essi si ritengono degli utili benefattori, ma lo sono davvero? Prestare invece a chi magari non potrà restituirci il prestito, senza volerne trarre un guadagno personale: questo è meritorio, dà gloria e onore a Dio! La solidarietà autentica è gratuita. Amare chi ci ama è facile, fare del bene a chi ci fa del bene è facile, prestare da chi sappiamo ci restituirà è facile. Gesù però non ci propone ciò che è facile. Gesù non ha mai detto essere facile seguirlo.

“Ma amate i vostri nemici e fate del bene e prestate senza sperarne alcun che, e il vostro premio sarà grande e sarete figli dell’Altissimo, perché egli è benigno verso gli ingrati e malvagi” (35). Questo comportamento dimostrerà che voi siete veramente figli di Dio, dello stesso carattere dimostrato da Dio, compatibili con Lui, e in questo sarà il vostro premio. Questa è la motivazione di fondo dell’etica del cristiano: nel proprio comportamento assomigliare a Dio! C’è chi non fa questo perché ha paura d’impoverire e di andare in fallimento. Qui però c’è la sorpresa, la contraddizione alle nostre umane paure: Dio vi benedirà nelle vostre sostanze terrene quaggiù, e non dimenticherà nemmeno dopo quello che avrete fatto. Coloro che agiscono sulla base del principio della grazia e con esso agiscono con disponibilità e beneficenza verso i propri consimili, verranno resi manifesti come autentici figli di Dio. Perché? Perché sarà palese che sono nati da Lui, che sono stati resi partecipi della Sua divina natura, che Gli rassomigliano imitandolo. Infatti Dio è proprio così, Egli è “benigno verso gli ingrati e i malvagi”.

Ma ecco il nostro versetto finale: “Siate dunque misericordiosi, come è misericordioso il Padre vostro” (36). Abbiate il “cuore tenero”, siate gentili e disponibili a tutti, amici e nemici, come il vostro Padre celeste, buono verso tutti. Egli è il misericordioso per eccellenza. Un giorno, in una parabola Gesù paragona Dio a un creditore che, con grande compassione, aveva condonato a un uomo un grandissimo debito, aspettandosi poi che questi condonasse i debiti molto più piccoli che altri dovevano a lui. Certo, se siamo cristiani, se abbiamo riposto in Cristo la nostra fede, noi sappiamo che Dio ci ha condonato la giusta condanna che noi meritavamo a causa del nostro peccato, avendola pagata Lui al nostro posto. Questo però comporta che noi ci rapportiamo anche in questo modo con i nostri simili, usando misericordia nei loro confronti. Che magnifica conferma alle parole della nostra evangelizzazione se noi ci comportiamo con gli altri in coerenza e somiglianza con il carattere e il comportamento di Dio!

Conclusione

L’etica che ci propone Gesù certamente suscita le perplessità, la derisione e l’opposizione di molti nostri contemporanei. Essi non ascoltano Gesù, o se Lo odono Lo disprezzano e Lo trattano con sufficienza. “A voi che ascoltate”, però, a voi che Lo udite senza pregiudizi e con disponibilità, pronti a imparare e a mettere in pratica ciò che da Lui ascoltano, voi vi librerete al di sopra della mediocrità e del conformismo improduttivo per scoprire quanto più costruttivo, producente e positivo sia ciò a cui Gesù ci chiama. Questo significa essere all’altezza di come eravamo destinati a essere, aspirare all’eccellenza, la stessa incarnata da Gesù Cristo, perché siamo stati creati a immagine e somiglianza con il Dio che Gesù ci ha insegnato a chiamare Padre. E noi vogliamo manifestare il carattere della famiglia a cui apparteniamo, non è vero? …e non si tratta nemmeno di guadagnarci o meritarci così la salvezza. Non è a questo che guardiamo: guardiamo a Colui che ci ama e che noi amiamo, al quale desideriamo somigliare.

Sono tanti oggi coloro che si distinguono in cattiveria. A chi si rendono simili? “Peggio che bestie”, si dice. Gesù, però, lo diceva meglio ad alcuni Suoi avversari: “Voi siete dal diavolo, che è vostro padre, e volete fare i desideri del padre vostro; egli è stato omicida fin dal principio e non si è attenuto alla verità, perché non c’è verità in lui. Quando dice il falso, parla del suo perché è bugiardo e padre della menzogna” (Giovanni 8:44). Non c’è nulla da guadagnare a essere “figli del diavolo”, perché verrà definitivamente sconfitto da Cristo, il Figlio di Dio per eccellenza. A chi volete voi somigliare? 

Paolo Castellina, 13-2-2022, rifacimento di una mia predicazione del 20-06-1997