Domenica 11 Aprile 2021 – Seconda domenica di Pasqua
Letture bibliche: Salmo 133; Atti 4:32-35; 1 Giovanni 1:1-2:2; Giovanni 20:19-31
Non sono pochi oggi coloro che lamentano il “fallimento storico” del movimento cristiano, pregiudicato sia dalla sua corruzione interna che dall’apparente invincibilità dei suoi molti nemici che appaiono prevalere. Sono i nemici della fede cristiana, infatti, che sembrano oggi comprendere e godere dello spirito della risurrezione! Essi rifioriscono, infatti, sempre in nuove forme, nomi e principi ispiratori, dando addosso ai cristiani in ogni maniera e talvolta con furia omicida. Sono soddisfatti e compiaciuti quando riescono ad eliminare ogni traccia dell’influenza di Cristo e della Bibbia sui singoli e sulla società. Perseguitano i cristiani, sottomettendoli ed emarginandoli, come pure, in diversi luoghi, sopprimendoli fisicamente. In diversi paesi chiudono e bruciano chiese, abbattono croci, monumenti e dissacrano tombe. Gli avversari della fede cristiana trovano sempre giustificazioni nel fare quel che fanno.
Si tratta, però, di fatto, di “una storia infinita” che testimonia piuttosto della frustrazione di queste forze a non riuscire a liberarsi del loro “odiato nemico”. Si tratta della stessa frustrazione che hanno quando non riescono a sopprimere i fratelli dei cristiani, cioè il popolo ebraico. L’antisemitismo, infatti, risorge sempre in nuove forme.
Di fronte a tutto questo molti cristiani si lasciano sopraffare dallo scoramento e dalla depressione. Si tratta della stessa che aveva comprensibilmente colto i discepoli di Gesù dopo la Sua crocifissione. Per quanto l’analisi dei motivi del loro e nostro fallimento sia giustificata, qualcosa, però, avviene a dare loro nuova vita e speranza: il Signore Gesù è vivo ed insopprimibile, e si presenta loro più volte per perdonarli, incoraggiarli e fortificarli con il Suo Spirito. Lo troviamo nei racconti delle apparizioni del Risorto. Qui, però, non è solo Gesù ad essere risorto. La Pasqua, infatti, annunciando la risurrezione di Gesù, esemplifica e promette anche altre “risurrezioni”: quelle dei suoi discepoli, ieri e oggi.
Certo, dopo la morte del loro maestro e leader, i discepoli di Gesù sentono tutto il peso di quello che credono essere il completo fallimento delle loro aspirazioni e speranze. Sono abbattuti, delusi e si sentono ormai inutili per sé stessi e per gli altri, ma non deve essere così!
Leggiamo il racconto evangelico in Giovanni 20: 19-31.
“Ora, la sera di quello stesso giorno, il primo della settimana, mentre le porte del luogo dove erano radunati i discepoli erano serrate per paura dei Giudei, Gesù venne e si presentò là in mezzo, e disse loro: «Pace a voi!». E, detto questo, mostrò loro le sue mani e il costato. I discepoli dunque, vedendo il Signore, si rallegrarono. Poi Gesù di nuovo disse loro: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, così io mando voi». E, detto questo, soffiò su di loro e disse: «Ricevete lo Spirito Santo. A chi perdonerete i peccati, saranno perdonati, e a chi li riterrete, saranno ritenuti». Or Tommaso, detto Didimo, uno dei dodici, non era con loro quando venne Gesù. Gli altri discepoli dunque gli dissero: «Abbiamo visto il Signore». Ma egli disse loro: «Se io non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi, e se non metto il mio dito nel segno dei chiodi e la mia mano nel suo costato, io non crederò». Otto giorni dopo, i discepoli erano di nuovo in casa, e Tommaso era con loro. Gesù venne a porte serrate, si presentò in mezzo a loro e disse: «Pace a voi!». Poi disse a Tommaso: «Metti qua il dito e guarda le mie mani; stendi anche la mano e mettila nel mio costato; e non essere incredulo, ma credente». Allora Tommaso rispose e gli disse: «Signor mio e Dio mio!». Gesù gli disse: «Perché mi hai visto, Tommaso, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto». Or Gesù fece ancora molti altri segni in presenza dei suoi discepoli, che non sono scritti in questo libro. Ma queste cose sono state scritte, affinché voi crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio e affinché, credendo, abbiate vita nel suo nome”.
I racconti del Vangelo su Gesù dopo la sua risurrezione dai morti rivelano alcune cose su cosa significa per lui essere di nuovo vivo e il suo corpo essere glorificato. A volte le persone lo riconoscono immediatamente, a volte no. Entra in una stanza anche quando la porta è chiusa a chiave. Le ferite della crocifissione rimangono visibili nelle sue mani, nei suoi piedi e nel fianco. Sente e parla, consuma cibo e in un’occasione prepara persino la colazione per i suoi discepoli. I racconti della risurrezione ci rivelano alcune cose su come Gesù rimanga lo stesso e. nel contempo, come sia diverso da prima. Mi sembra, però, che questi racconti di risurrezione siano maggiormente interessati a ciò che accade ai Suoi discepoli: come essi rimangono gli stessi eppure diversi in seguito all’incontro con Gesù risorto dai morti. Il vangelo di oggi è un esempio calzante.
La storia inizia la sera del giorno di Pasqua. La paura ha vinto i discepoli. Il loro senso di smarrimento non è passato. Il loro maestro è stato messo a morte dalle autorità e sepolto in fretta, e temono che essi saranno i prossimi a morire. Così si nascondono in una stanza chiusa con le tende tirate, ascoltando attentamente ogni rumore che provenga dalla strada sottostante. Si considerano ormai uomini morti. E cosa succede? Tra loro appare un morto tornato in vita, un uomo che conoscono bene. Questo è lo stesso Gesù la cui crocifissione era avvenuta due giorni prima.
Allora questi uomini non gli erano stati di grande aiuto. Uno di loro, ora scomparso, era diventato traditore e aveva organizzato la sua cattura. Tutti tranne i più giovani sono fuggiti quando le cose si erano fatte difficili. L’anziano tra loro lo aveva seguito a distanza, ma quando era stato interrogato da una serva aveva negato di aver mai sentito parlare di Gesù. Questi cosiddetti discepoli si sono dimostrati dei falliti. Ora Gesù è tornato. Lo hanno deluso ed è ora che ne paghino il prezzo.
La sua apparizione in quella stanza chiusa li spaventa fino al midollo. Così fa quello che dice loro: “La pace sia con voi”. Non li condanna, né li rimprovera. Invece, dissolve la loro paura. Guarisce il loro dolore. “La pace sia con voi”.
Non ignora il passato, ma lo supera con grazia. I discepoli sono perdonati per il loro fallimento. Questo perdono mette a riposo i loro cuori sconvolti. Questo è il suo dono di pace. Questa non è una pace silenziosa; è una pace che rende possibile l’azione, e così Gesù emette un comando: “Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi”.
I discepoli, come hanno ricevuto, così devono dare agli altri. Devono diffondere il dono della pace a chiunque sia intrappolato nel fallimento, nel dolore e nella paura. Cristo che li perdona li manda in missione in modo che per gli altri essi possano essere il Cristo che perdona. Gesù esala un grande e caldo respiro sui loro volti, e in questo modo dona una nuova fonte di vita, lo Spirito Santo, che sarà loro necessario come l’aria che respirano. Così hanno il potere di estendere il dominio del perdono in cui sono stati inclusi.
Questi discepoli riuniti rimangono certo per molti versi gli stessi. Ma in modi importanti sono diversi da quello che erano prima. Una volta erano fallimenti. Ora sono passati oltre il punto in cui il fallimento e il successo hanno un significato. Una volta vinti dalla paura. Ora hanno incontrato altre realtà che da sole meritano la loro fedeltà.
La storia ha un seguito. Tommaso era assente dal gruppo quando appare Gesù, e in seguito i suoi amici con gli occhi spalancati gli raccontano cosa è successo. Né le loro parole eccitate né le loro vite cambiate sono sufficienti per convincerlo che quello che dicono è vero. Esige altre prove, prove familiari: la vista del volto di Gesù di nuovo vivo, la sensazione della sua carne calda e ferita. È per questo motivo che è stato chiamato Tommaso il dubbioso. Ma il suo dubbio non è un gioco intellettuale distaccato; coinvolge il centro di ciò che è. Tommaso dubita di cuore.
La scena finale si verifica una settimana dopo il giorno di Pasqua, in altre parole, oggi. Gesù appare di nuovo in quella stanza chiusa, non invitato. Ancora una volta dice: “La pace sia con voi”. Poi si rivolge a Tommaso. Gesù non lo rimprovera per la sua diserzione durante le lunghe ore della Passione, né per la sua assenza la domenica sera precedente. Invece, aiuta a “resuscitare” Tommaso. È dalla sua particolare tomba angusta di incertezza e insistenza che Tommaso si alza. Per certi versi egli rimane lo stesso Tommaso. Coloro che lo conoscono riconoscono ancora la sua faccia. Eppure l’incontro con Gesù lo cambia. Passa da un cuore pieno di dubbi a un cuore pieno di fede.
Il rifiuto di credere senza prove tangibili che è venuto così facilmente alle sue labbra sette giorni prima lascia il posto a un’audace confessione di fede, il saluto che sbotta: “Mio Signore e mio Dio!” In tutto il Vangelo non appare una dichiarazione migliore di chi è Gesù di queste parole di colui che faremmo bene a chiamare Tommaso il Credente. Tommaso passa dall’essere dominato dal dubbio all’essere liberato dalla fede. Questa è la sua risurrezione.
I discepoli in quella stanza chiusa si lasciano alle spalle una vita di fallimento, colpa e paura per entrare in una vita reale dove sperimentano la profonda pace del perdono e condividono quella pace con gli altri. Questa è la loro risurrezione.
Il Nuovo Testamento ci dice ancora di più che sono risuscitati dalla risurrezione di Gesù: persone che rimangono se stesse, ma sono in qualche modo diverse. Ci sono punti nella storia in cui Pietro è prominente. Passa dall’essere l’arci-codardo durante il tempo della Passione a quello la cui restaurazione rappresenta la restaurazione di ogni discepolo. Pietro, che rinnega Gesù di fronte alla frivolezza di una serva, appare nella lettura odierna di Atti come una persona molto diversa. A una folla turbolenta che potrebbe facilmente afferrarlo e picchiarlo, non esita ad annunciare che Gesù vive nonostante la loro malizia e che Gesù offre loro perdono e speranza. Pietro è ancora Pietro: turbolento, emotivo, appassionato. Eppure è diverso. Questa è la sua risurrezione.
Paolo è un altro suscitato dalla risurrezione di Cristo. Non viene semplicemente sollevato dalla polvere della via che porta a Damasco dopo essere stato gettato a terra dal suo cavallo. Viene anche elevato dalla carriera di persecutore al ministero di apostolo. La fede che una volta ha cercato di distruggere gli viene dato un incarico di propagarla. Il fuoco dell’odio dentro di lui lascia il posto alla fiamma viva dell’amore. Paolo è ancora Paolo, intenso, intellettuale, zelante. Eppure è diverso. Questa è la sua risurrezione.
Anche noi siamo risuscitati dalla risurrezione di Gesù. Rimaniamo i nostri sé familiari, ma diventiamo diversi. La parte peggiore di noi stessi ascolta il messaggio di pace, la chiamata a una nuova responsabilità, e viene riportata a una vera vita. Ci alziamo, ci alziamo dalla nostra particolare tomba stretta per unirci alla compagnia di coloro – Gesù e Tommaso, Pietro e Paolo e gli altri discepoli – che ora vivono dall’altra parte della morte.
Nel tempo della riflessione dopo aver ascoltato queste mie parole, chiederei a ciascuno di voi di riflettere su voi stessi, di guardarvi dentro e di rispondere ad alcune domande. Possiamo essere amareggiati e delusi dal fallimento del progetto cristiano. Come vengo, però, “risuscitato” dalla risurrezione di Gesù? Da quale particolare morte vengo liberato? Quale messaggio di pace mi parla Gesù risorto? Che mandato mi dà? Quale nuova vita trasmette che mi lascia quello che sono eppure diverso? Ognuno di noi avrà le proprie risposte a domande come queste.
Dedicate un po ‘di tempo a questa riflessione e ringraziate che Gesù non è solo nella sua risurrezione, ma che noi con Lui risuscitiamo dalla morte alla vita. Dio, dalla sconfitta, porta nuova speranza e nuove alternative.
Paolo Castellina, 3 aprile 2021
Tratto da: https://sermonwriter.com/sermons/new-testament-john-2019-31-resurrections-hoffacker/