Domenica 13 Dicembre 2020 – Terza di Avvento
Letture bibliche: Salmo 126; Isaia 61:1-4, 8-11; 1 Tessalonicesi 5:16-24; Giovanni 1:6-8,19-28
Stanno moltiplicando dovunque le telecamere di sorveglianza. Stanno diventando un incubo non solo per i malintenzionati, ma anche per gli onesti a causa dell’invasione della privacy che rappresentano e come minaccia alla libertà. Una volta si ammoniva dicendo: “Dio ti vede”. Non è un modo di dire. La Bibbia afferma: “Non v’è nessuna creatura che possa nascondersi davanti a lui; ma tutte le cose sono nude e scoperte davanti agli occhi di colui al quale dobbiamo render conto” (Ebrei 4:13). Non so se questo ancora possa oggi spaventare. Il cristiano, però, è riconoscente di vivere alla presenza di Dio. Che cosa implica? E’ quello che vedremo oggi nella nostra riflessione biblica.
C’è chi non ci pensa mai e c’è chi dice: “Non voglio proprio pensarci”, oppure “Un giorno ci penserò”.
A che cosa? A chi? A Dio, Colui che ci ha dato la vita e che la sostiene, nelle cui mani sta il nostro presente e il nostro futuro. Certo è che, nella nostra condizione attuale a Dio tanti proprio non ci pensano e vivono come se Egli non esistesse, con la scusa magari che di Lui non si può sapere nulla di certo (benché la nostra coscienza e l’osservazione del creato portino di lui tracce inconfondibili, e spesso brucianti). L’essere umano vorrebbe essere padrone del proprio destino e l’unico ad essere in controllo della propria vita. Di fatto chi pensa così si illude, si inganna, solo per passare da un tiranno all’altro. E’ come rifiutare un sovrano legittimo, buono e giusto, e assoggettarsi a despoti malvagi, bugiardi ed assassini.
Riconciliati con Dio attraverso l’opera del Salvatore Gesù Cristo, persone di ogni estrazione, luogo, cultura e lingua hanno imparato ed imparano a vivere alla presenza di Dio o, secondo una vecchia espressione latina, Coram Deo, che riassume l’idea di vivere alla presenza di, sotto l’autorità e per l’onore e la gloria di Dio.
Contrariamente a quanto tanti affermano, vivere consapevolmente alla presenza di Dio non è “oppressivo”, ma un’esperienza liberante. Di questo, l’intera Bibbia rende testimonianza: persone di fede e soprattutto Gesù, chiamato “il Figlio di Dio” perché vive in stretta comunione con Dio, lo dimostrano e lo insegnano.
Non c’è che l’imbarazzo della scelta per descrivere, dalle Sacre Scritture, che cosa voglia dire vivere alla presenza di Dio. Uno dei testi biblici propostici per questa domenica, ce lo illustra molto bene.
“Siate sempre allegri. Non cessate mai di pregare. In ogni cosa rendete grazie, perché tale è la volontà di Dio in Cristo Gesù verso di voi. Non spegnete lo Spirito. Non disprezzate le profezie. Provate ogni cosa, ritenete il bene. Astenetevi da ogni apparenza di male. Ora il Dio della pace vi santifichi egli stesso completamente; e l’intero vostro spirito, anima e corpo siano conservati irreprensibili per la venuta del Signor nostro Gesù Cristo. Fedele è colui che vi chiama, e farà anche questo” (1 Tessalonicesi 5:16-24).
Ai cristiani di Tessalonica, che con ansia attendevano il ritorno imminente di Cristo, l’apostolo Paolo parla della necessità di una condotta ispirata a santità di vita: una testimonianza vivente del carattere del Signore stesso che attendevano. In questa epistola l’Apostolo rivela come sarebbero stati gli ultimi tempi di questo mondo corrotto e destinato alla perdizione, ma nel contempo indica quelle che devono essere in ogni circostanza le caratteristiche del cristiano, allora come oggi.
I doveri elencati negli insegnamenti che dà sono così vincolanti per il credente che sono stati definiti come “le regole di procedura”, gli “ordini permanenti” dell’Evangelo. Essi riguardano la motivazione interiore che dà alla condotta cristiana il suo marchio distintivo.
1. “Abbiate sempre gioia”. Talora le circostanze della vita, e la frustrazione che ci danno, fanno si che il nostro volto manifesti che siamo preoccupati, oppressi, stanchi come se portassimo un grande fardello sulla schiena. Possiamo certo averne motivo, ma le nostre prospettive dovrebbero essere molto più vaste delle circostanze in cui viviamo.
La Bibbia ci mostra come la fede cristiana non sia qualcosa di cupo e di aspro, ma piena di gioia, così piena di gioia che il credente può essere gioioso anche nelle circostanze più avverse. Non è una gioia “naturale”, ma parte è qualcosa che ci dona lo Spirito Santo di Dio. L’apostolo Paolo si dimostra gioioso anche attraverso le difficoltà del suo ministero e persino segregato nella cella buia e puzzolente di un carcere. La gioia dei primi cristiani, anche nella persecuzione, era uno dei loro segni distintivi, che stupivano il mondo pagano ed attraevano uomini e donne a Cristo. Il cristiano ha una fonte segreta di gioia, un Salvatore presente, una beata speranza. “Siate allegri nella speranza, pazienti nella tribolazione, perseveranti nella preghiera” (Romani 12:12). Vivere alla presenza di Dio `significa conoscere e vivere questa gioia di fondo.
2. “Non cessate mai di pregare”. Gesù esortava a “pregare sempre e non stancarsi” (Luca 18:1). Non si tratta evidentemente dell’atto formale della preghiera, ma dell’esigenza che la vita del credente sia permeata da una costante coscienza della presenza di Dio, da un “colloquio” silenzioso e costante con Lui. “Pregate in ogni tempo, per mezzo dello Spirito, con ogni preghiera e supplica; vegliate a questo scopo con ogni perseveranza” (Efesini 6:18). Qualcuno disse: “Non è col movimento delle labbra ma nell’elevazione del cuore a Dio ciò di cui consiste la preghiera. E’ così che fra i doveri comuni della vita e la ricreazione che è possibile essere impegnati nella preghiera”. Vivere alla presenza di Dio significa vivere in spirito di preghiera, in rapporto costante con Dio.
3. “In ogni cosa rendete grazie”. Siate sempre riconoscenti per i benefici di Dio, e sempre esprimete il vostro grazie. Qualcuno ha detto “Ogni nuvola ha un bordo argenteo”. Anche le circostanze più avverse cooperano per il bene del credente. Non c’è situazione in cui non possa essere trovato un motivo di riconoscenza. Ristabilita la comunione con Lui, Dio è con noi qualunque cosa ci accada. E’ volontà di Dio che troviamo gioia in ogni preghiera, in Cristo Gesù, in ogni condizione di vita. Un tale atteggiamento è frutto della grazia e questo contrasta nettamente con l’ingratitudine che caratterizza il pagano: “Poiché, pur avendo conosciuto Dio, non l’hanno però glorificato né l’hanno ringraziato come Dio, anzi sono divenuti insensati nei loro ragionamenti e il loro cuore senza intendimento si è ottenebrato” (Romani 1:21). Vivere alla presenza di Dio significa vivere in spirito di riconoscenza.
4. “Non spegnete lo Spirito”. Il tempo del verbo greco qui usato, il presente imperativo, implica il cessare dal fare qualcosa o non avere l’abitudine di farlo. E’ una figura ardita. Alcuni cercavano di spegnere il fuoco dello Spirito Santo, forse doni speciali dello Spirito Santo. In che modo potremmo “gettare acqua sul fuoco” dell’azione sovrana ed imprevedibile di Dio? Certo la manifestazione dei doni dello Spirito Santo deve essere fatta “dignitosamente” e sempre per edificare gli altri. Oggi, come allora vi sono due estremi sui doni spirituali, o fredda indifferenza o fanatico eccesso. Non è difficile estinguere il fuoco del fervore e della forza spirituale. Non resistetegli, o contrastando la Sua influenza con una vita sensuale. Lo fa chi disubbidisce alla parola di Dio, o rifiuta di seguire le esortazioni dello Spirito, oppure chi fa tacere la propria coscienza. Vivere alla presenza di Dio significa essere consapevoli della Sua presenza operante, che a volte contraddice i nostri desideri ed aspettative.
5. “Non disprezzate le profezie”, lett. “Smettete di considerare come se le profezie non meritassero alcuna considerazione”. La parola per “profezia” qui è “pro-dizione” (dire davanti, proclamare), più che “pre-dizione” (“dire prima”). Si tratta del maggiore fra i doni spirituali promessi da Dio ai Suoi. E’ il dono del discorso intelligibile e edificante che proviene da Dio. Evidentemente era sottovalutato in Tessalonica come più tardi a Corinto. I profeti nella chiesa primitiva erano persone particolarmente ispirate. Allora erano necessari perché non vi erano ancora come guida le Scritture del Nuovo Testamento. La predicazione ispirata non deve essere disprezzata. La predicazione della Parola di Dio è il centro del culto, il suo piatto forte e non accessorio, che va preparata, condotta e udita con grande diligenza. Vivere alla presenza di Dio significa valorizzare ed esaltare il momento della proclamazione della Sua Parola, desiderandola, prestandole attenzione in fiduciosa ubbidienza.
6. “Esaminate ogni cosa e ritenete il bene”, cioè ciò che è utile, elevato, moralmente bello, che edifica ed è in sintonia con la volontà rivelata di Dio. Ciò che i profeti dicevano doveva essere messo alla prova. Vi erano allora coloro che sapevano “discernere gli spiriti” (1 Corinzi 12:10). Vi erano anche regole per fare questa verifica. Vivere alla presenza di Dio significa verificare quanto ogni cosa in noi e fuori di noi sia conforme alla Sua volontà e agendo di conseguenza.
7. “Astenetevi da ogni specie di male”. Evitate il male in ogni sua forma. Il male aveva un modo tutto suo di manifestarsi anche nei doni spirituali, inclusa la profezia, quando si trattava di una contraffazione della Parola di Dio. Vivere alla presenza di Dio significa perseguire solo e sempre, in ogni cosa, ciò che a Dio è gradito.
Vorrei terminare queste riflessioni con una citazione del teologo R. C. Sproul, recentemente scomparso, che dice:
“Vivere alla presenza di Dio significa capire che qualunque cosa stiamo facendo e ovunque la facciamo, agiamo sotto lo sguardo di Dio. Dio è onnipresente. Non c’è luogo così remoto da cui possiamo sfuggire al suo sguardo penetrante. Essere consapevoli della presenza di Dio significa anche essere acutamente consapevoli della Sua sovranità. L’esperienza uniforme del cristiano è riconoscere che se Dio è Dio, allora Lui è davvero sovrano. Quando Saulo si trovò di fronte alla fulgida gloria del Cristo risorto sulla strada di Damasco, la sua domanda immediata fu: “Chi sei, Signore?” Non era sicuro di chi gli stesse parlando, ma sapeva che chiunque fosse, gli era certamente sovrano. Vivere sotto la sovranità divina implica qualcosa di più di una riluttante sottomissione alla pura sovranità motivata dalla paura della punizione. Implica il riconoscimento che non c’è obiettivo più alto dell’offrire onore a Dio. Le nostre vite devono essere sacrifici viventi, oblazioni offerte in uno spirito di adorazione e gratitudine. Vivere tutta la vita Coram Deo significa vivere una vita di integrità. È una vita di integrità che trova la sua unità e coerenza nella maestà di Dio. Una vita frammentata è una vita di disintegrazione, caratterizzata da incoerenza, disarmonia, confusione, conflitto, contraddizione e caos. Il cristiano che divide la propria vita in due sezioni, quella religiosa e quella non religiosa, non è riuscito a coglierne il concetto di base secondo cui tutta la vita è religiosa, o non lo è affatto. Dividere la vita tra il religioso e il non religioso è di per sé un sacrilegio. Ciò significa che se una persona adempie la sua vocazione in acciaieria, come avvocato o come casalinga coram Deo, allora quella persona si comporta religiosamente come un evangelista che conquista l’anima che adempie la sua vocazione. Significa che Davide era religioso quando obbediva alla chiamata di Dio di essere un pastore di pecore come lo era quando era stato unto con la grazia speciale della regalità. Significa che Gesù era religioso tanto quando lavorava nella falegnameria di suo padre quanto lo era nel Giardino di Getsemani. L’integrità si trova dove uomini e donne vivono la loro vita secondo un modello di coerenza. È un modello che funziona allo stesso modo di base in chiesa e fuori dalla chiesa. È una vita aperta davanti a Dio. È una vita in cui tutto ciò che si fa è fatto come per il Signore. È una vita vissuta per principio, non per convenienza; per umiltà davanti a Dio, non per sfida. È una vita vissuta sotto la tutela della coscienza che è tenuta prigioniera dalla Parola di Dio. Coram Deo … davanti al volto di Dio. Questa è la grande idea. Accanto a questo concetto, i nostri altri obiettivi e ambizioni diventano semplici sciocchezze”.