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Domenica 16 febbraio 2025, la terza domenica prima della Quaresima
[Culto completo con predicazione, 52′]
[Solo predicazione, 22″]
Carburante per l’azione
Alcuni guardano alla preghiera come qualcosa di passivo in cui si chiede a Dio di operare invece di darci noi da fare. In realtà la preghiera cristiana autentica non è solo una richiesta a Dio affinché agisca, ma spesso è il mezzo con cui Dio trasforma chi prega, spingendolo a essere parte della risposta. Pregare è, di fatto, il presupposto dell’azione perché è come il carburante che si mette nel motore di un’automobile affinché essa possa muoversi. Pregare, infatti, significa mettersi a disposizione di Dio, accogliere la sua volontà e agire di conseguenza. In molti casi, la preghiera è il momento in cui il credente riceve luce su ciò che deve fare, coraggio per affrontare le sfide e forza per portare avanti il compito assegnatogli. Così era per il Salvatore Gesù Cristo e così Egli insegnava ai Suoi discepoli. La preghiera non sostituisce l’azione, ma la precede, la ispira e la sostiene, rendendo il credente uno strumento attivo nella realizzazione dei propositi di Dio.
Questi concetti, così come li ho qui sintetizzati, fanno parte di quanto dice il Salvatore Gesù Cristo sulla preghiera, così com’è contenuto nell’episodio dei vangeli in cui Egli insegna quel che va sotto il nome di “Padre Nostro”. Come abbiamo visto la scorsa settimana, il Padre Nostro non è una formula da ripetere o qualcosa da ostentare, ma un modello che pone chi prega nel giusto atteggiamento e che gli indica quali debbono essere le priorità del nostro privato e spontaneo dialogo con Dio – il che è la sostanza della preghiera.
Il “Padre nostro”
Riascoltiamo così il testo dal vangelo secondo Matteo al capitolo 6:5-15 e poi rifletteremo sul significato delle frasi: ‘Padre nostro”, “che sei nei cieli”, e sia santificato il tuo nome.
“Quando pregate, non siate come gli ipocriti, poiché essi amano pregare stando in piedi nelle sinagoghe e agli angoli delle piazze per essere visti dalla gente. Io vi dico in verità che questo è il premio che ne hanno. Ma tu, quando preghi, entra nella tua cameretta e, chiusa la porta, rivolgi la preghiera al Padre tuo che è nel segreto e il Padre tuo, che vede nel segreto, te ne darà la ricompensa. Nel pregare non usate ripetizioni senza senso come fanno i pagani, i quali pensano d’essere esauditi per il gran numero delle loro parole. Non siate come loro, poiché il Padre vostro sa le cose di cui avete bisogno, prima che gliele chiediate. Voi dunque pregate così: ‘Padre nostro che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome; venga il tuo regno; sia fatta la tua volontà anche in terra com’è fatta nel cielo. Dacci oggi il nostro pane quotidiano, e rimettici i nostri debiti come anche noi li abbiamo rimessi ai nostri debitori e non ci esporre alla tentazione, ma liberaci dal maligno’. Poiché, se voi perdonate agli uomini le loro colpe, il Padre vostro celeste perdonerà anche a voi, ma, se voi non perdonate agli uomini, neppure il Padre vostro perdonerà le vostre colpe” (Matteo 6:5-15).
Dopo aver dato, così, alcuni ammonimenti e regole che mettono in rilievo come la preghiera autentica sia un dialogo privato e spontaneo con Dio, Gesù offre un modello di preghiera che sostanzialmente indica quali debbano esserne le priorità, ciò che meglio si confà al nostro relazionarci con la divina maestà. Oggi esaminiamo le prime tre frasi.
Padre nostro
In primo luogo, l’appellativo che Gesù ci esorta ad usare nel rivolgerci a Dio è quello di “Padre nostro”. Il termine semitico originale qui era probabilmente Abbà, un modo affettuoso per rivolgersi al padre. Il termine è indubbiamente, nella pratica degli israeliti, un po’ insolito in una preghiera personale a Dio e suggerisce una stretta relazione familiare.
In genere si pensa oggi a Dio come un’entità inaccessibile nella sua spaventosa grandezza e maestà, tanto che presumere di accostarci a Lui non è cosa che si possa sperare di fare o persino ritenere possibile – come se osare farlo si rischiasse di essere fulminati all’istante! Per quanto, però, per Dio si debba avere sommo rispetto, con l’appellativo di “padre nostro” Gesù mette in rilievo come noi, essere umani, siamo speciali ai Suoi occhi, siamo Sue creature destinate ad accompagnarci a Lui, a collaborare con Lui. Egli ci è davvero padre, Egli ci ha generati. “Egli ci ha di sua volontà generati mediante la parola di verità, affinché siamo in certo modo le primizie delle sue creature” (Giacomo 1:18). L’essere umano, fra tutte le creature, infatti, è diverso e privilegiato, è fatto “a sua immagine e somiglianza” e Dio vuole rapportarsi a noi come esseri dotati di ragione, vuole essere “in dialogo” con noi. L’apostolo Paolo scrive: “Poiché voi non avete ricevuto lo spirito di servitù per ricadere nella paura, ma avete ricevuto lo Spirito di adozione, per il quale gridiamo: ‘Abbà! Padre!’” (Romani 8:15).
Anche lo scrittore della lettera agli Ebrei dice: “Accostiamoci dunque con piena fiducia al trono della grazia, affinché otteniamo misericordia e troviamo grazia per essere soccorsi al momento opportuno” (Ebrei 4:16). Accostarci a Dio con piena fiducia! Di chi altri potremmo mai averne bisogno!
Indubbiamente c’è una barriera, un muro, fra noi e Dio. Il profeta Isaia esprime anche una verità universale quando dice: “Sono le vostre iniquità quelle che hanno posto una barriera fra voi e il vostro Dio, sono i vostri peccati quelli che gli hanno fatto nascondere il suo volto da voi, per non darvi più ascolto” (Isaia 59:2). Questo muro non ci doveva essere: il Salvatore Gesù Cristo è venuto per abbattere quel muro, per riconciliarci con Dio, per ristabilire fra noi e Lui quella comunione che ci era propria prima che il peccato rovinasse i nostri rapporti con Lui e ci dannasse. L’antico popolo di Israele era stato inteso come modello di un rapporto ristabilito con Dio basato su un Patto e regolato da precise leggi. Ora in Cristo Gesù i privilegi che un tempo erano stati dati a Israele, temporaneamente funzionali ai Suoi propositi di salvezza, sono stati estesi a persone di tutte le altre genti: “Poiché è lui che è la nostra pace; lui che dei due popoli ne ha fatto uno solo e ha abbattuto il muro di separazione” (Efesini 2:14).
Dio ci è venuto a cercare in Cristo per redimerci dalle conseguenze disgreganti dei nostri peccati. In Lui siamo stati riconciliati con Dio, posti nuovamente in comunione con Dio. Ora, “a tutti quelli che l’hanno ricevuto [come Signore e Salvatore] egli ha dato il diritto di diventare figli di Dio, a quelli, cioè, che credono nel suo nome, i quali non sono nati da sangue, né da volontà di carne, né da volontà d’uomo, ma sono nati da Dio” (Giovanni 1:12-13). Ora possiamo davvero chiamarlo “padre nostro”.
Che sei nei cieli
Perché poi Gesù specifica “nei cieli”? Per non creare equivoci e controbilanciare, in un certo qual senso, quanto aveva detto prima sull’intimità che dobbiamo e possiamo avere con Dio. L’espressione «Padre nostro che sei nei cieli» non si riferisce semplicemente alla “collocazione” di Dio, come se Egli fosse confinato in un luogo specifico. Infatti, la Scrittura afferma chiaramente che Dio è onnipresente: “’Non riempio io il cielo e la terra?’ dice l’Eterno” (Geremia 23:24). Il significato dell’espressione «nei cieli» indica diverse realtà.
La trascendenza di Dio. Dire che Dio è «nei cieli» sottolinea che Egli è al di sopra di noi, al di là della realtà terrena, temporale e limitata. quella cui sono confinati i nostri sensi. Dio non è come gli dèi pagani, spesso legati a luoghi specifici o forze naturali. Egli è il Sovrano dell’universo, distinto dalla creazione e superiore ad essa.
Il suo dominio e la sua autorità. Nella Bibbia, il cielo è spesso associato al trono di Dio: «L’Eterno ha stabilito il suo trono nei cieli, e il suo regno signoreggia su tutto» (Salmo 103:19). L’espressione implica dunque la signoria assoluta di Dio, il fatto che Egli regna sovrano su tutte le cose.
La perfezione e la santità di Dio. Il cielo è anche un simbolo della purezza e della santità di Dio, distinto dal mondo corrotto dal peccato. Isaia, nella sua visione, vede Dio «alto ed elevato» nei cieli, circondato dagli angeli che proclamano la sua santità (Isaia 6:1-3).
Quando preghiamo «Padre nostro che sei nei cieli», riconosciamo quindi almeno tre cose: (1) Che Dio è il nostro Padre, ma non è nostro pari – È vicino a noi come Padre, ma resta il Re dell’universo. La nostra preghiera deve essere confidente ma anche riverente. (2) Che possiamo fidarci del suo governo – Poiché Egli è nei cieli, nulla sfugge al suo controllo. Anche quando la terra sembra caotica, Egli rimane il Signore della storia. (3) Che dobbiamo, per così dire, sempre guardare verso l’alto – Le nostre preghiere non devono essere dominate solo da bisogni terreni, ma devono ampliarsi fino ad assumere un orizzonte celeste, eterno. Questo è il senso in cui l’Apostolo Paolo dice: «cercate le cose di sopra dove Cristo è seduto alla destra di Dio» (Colossesi 3:1). Non si tratta quindi di “alto” e “basso” in senso fisico o spirituale, ma di elevazione di valori, rispetto a quelli infimi.
L’espressione «che sei nei cieli» ci ricorda che il nostro Dio è un Padre vicino, ma anche il Signore trascendente e glorioso, degno di fiducia, adorazione e obbedienza. Gesù ci insegna, nella Sua saggezza a sempre tenere assieme le due cose.
Sia santificato il tuo nome
La prima richiesta che Gesù ci insegna così a fare nella Sua preghiera è “Sia santificato il tuo nome”. L’espressione «sia santificato il tuo nome» può suonare astratta o arcaica a chi non è abituato al linguaggio biblico. Tuttavia, il concetto è molto concreto e profondo. Come si può spiegarlo in modo semplice?
Riconoscere Dio per chi è veramente. “Santificare” significa riconoscere qualcosa come speciale, unico, puro e degno di rispetto. Qui si tratta di riconoscere che Dio è diverso da tutto ciò che conosciamo: è perfetto, giusto, santo e buono. Così si è rivelato attraverso le Sacre Scritture e soprattutto in Cristo Gesù. Egli si distingue nettamente da qualunque altra pseudo-divinità adorata in questo mondo.
Onorare Dio con la nostra vita. Chiedere che il nome di Dio sia santificato significa desiderare che Lui sia rispettato e onorato, non solo con parole, ma con il modo in cui noi viviamo, per la Sua gloria: “Qualunque cosa facciate, in parola o in opera, fate ogni cosa nel nome del Signore Gesù, rendendo grazie a Dio Padre per mezzo di lui” (Colossesi 3:17). È come dire: «Fa’ che tutti comprendano quanto sei grande e che il tuo nome sia trattato con il rispetto che merita».
Che il mondo riconosca la gloria di Dio. In un certo senso, il “Padre nostro” è una preghiera missionaria. Significa chiedere che più persone conoscano Dio per chi Egli è veramente, che il Suo carattere e la Sua gloria siano visibili nel mondo. Se volessimo dirlo con parole più comuni, potremmo esprimerlo così: «Fa’ che tutti, a partire da me, riconoscano quanto sei grande e ti rispettino davvero». Oppure: «Aiutami a onorarti e a vivere in modo che il tuo nome non sia disonorato». O anche: «Che il mondo veda chi sei e impari ad amarti e seguirti», così come noi intendiamo fare.
In definitiva, questa richiesta del Padre Nostro non riguarda solo parole o rituali, ma il desiderio che Dio sia riconosciuto e onorato nella vita di tutti, a partire dalla nostra vita.
Conclusione
Soltanto le prime tre espressioni della preghiera-modello che Gesù ci ha insegnato ci insegnano così verità importanti. (1) Padre nostro: ci parlano di chi è Dio e di chi siamo noi allorché, grazie a Gesù, siamo riconciliati e possiamo essere in dialogo costante con Lui. (2) “Che sei nei cieli” ci parla della Sua realtà trascendente e gloriosa, dei suoi valori di gran lunga superiori a quelli di questo mondo, come pure del destino glorioso che possiamo avere per Sua grazia. (3) “Sia santificato il tuo nome”, che, in Cristo è “al di sopra di ogni principato e autorità, potenza, signoria e di ogni altro nome che si nomina non solo in questo mondo, ma anche in quello a venire” (Efesini 1:21).
Anche solo tutto questo lo potremo considerare davvero un “un carburante super” per motivare ed attivare la nostra azione tesa a glorificarlo in noi e nel nostro agire in questo mondo. Che possa essere così anche per ciascuno di voi. Considereremo così la prossima settimana altre espressioni di questa preghiera, a partire da “venga il Tuo regno” chiedendocene il quando ed il come dobbiamo far nostra questa preghiera.
Paolo Castellina, 6 febbraio 2025.
Per approfondire ulteriormente vedasi https://www.tempodiriforma.it/mw/index.php?title=Corsi/Essere_cristiani/33 e seguenti.