Una sola porta della salvezza, per altro stretta e bassa! (Luca 13:22-30)

Domenica 26 Gennaio 2025 – Terza domenica di Epifanìa

[Culto completo con predicazione, 1h 3′]

[Solo predicazione, 36′]

Presunzioni e “brutte sorprese” 

In campo religioso, ma non solo, non sono rare le persone che presumono vere certe persuasioni senza avere prove, ragioni o autorità valide a loro sostegno. Le ritengono vere, ovvie, scontate, basate sulle proprie supposizioni, su tradizioni discutibili o magari su quello che ritengono essere il consenso della maggior parte della gente che, per loro è “decisivo” come se fosse “la democrazia” a decidere ciò che è verità! Si tratta di una forma di credulità o di pregiudizio che porta inevitabilmente, prima o poi, a “brutte sorprese” perché tali persuasioni non reggeranno e saranno sconfessate, spesso a proprio danno.

L’immaginario religioso contemporaneo è all’insegna dell’inclusività. Popolare oggi è l’idea del “un buon Dio” tollerante, amorevole e dalla “manica larga” che accoglie e perdona tutti senza discriminazione alcuna con l’eccezione, magari, di poche persone “veramente” e inguaribilmente malvagie – dalle quali naturalmente, ci affrettiamo a distinguerci. Si tratta di “pie illusioni”. “Abbiamo tutti i nostri difetti”, si sente dire, ma “in fondo io sono una brava persona. Dio lo comprende e lo apprezzerà. Non è così?”. Abili nell’arte di giustificarci, il giudizio che diamo di noi stessi è generalmente molto generoso, così come molto personali sono i criteri di giustizia che stabiliamo per noi stessi. Sono pure molti quelli che si consolano affermando: “Non mi è chiaro che esista un Dio, ma se c’è e mi giudicherà, troverò modo di mettermi d’accordo con lui. Non c’è da preoccuparsi”. C’è indubbiamente da chiedersi su che base abbiano questa sicumera, da dove venga questa sicurezza presuntuosa.

  A tutto questo Gesù, però, risponderebbe: “Voi errate, perché non conoscete le Scritture” (Matteo 22:29) e, soprattutto, noi potremmo dire, “voi non conoscete l’insegnamento di Gesù”, quello genuino, quello che autorevolmente le Sacre Scritture riportano, l’unico che faccia testo, non le nostre fantasie o scarsamente fondate persuasioni.

I “salvati”: pochi o tanti? 

L’inclusivismo, la salvezza a buon mercato, non fa parte dell’insegnamento di Gesù, se non equivocandone il concetto. Basti solo pensare ad una volta in cui, com’è scritto, mentre Gesù attraversava città e villaggi, insegnando e avvicinandosi a Gerusalemme, un tale gli disse: “Signore, sono pochi i salvati?”. Già questa domanda testimonia che questa persona aveva comunque compreso che ciò che insegnava Gesù sulla salvezza fosse piuttosto stretto ed impegnativo. Che cosa risponde Gesù in quell’occasione? Forse: “Non preoccuparti perché l’amore di Dio è immenso”? No, non quello. State a sentire il testo dell’evangelista Luca, al capitolo 13 dal versetto 21 al 30, e poi esamineremo una per una queste affermazioni.

“Egli attraversava città e villaggi, insegnando e avvicinandosi a Gerusalemme. Un tale gli disse: “Signore, sono pochi i salvati?”. Ed egli disse loro: “Sforzatevi di entrare per la porta stretta, perché io vi dico che molti cercheranno di entrare e non potranno. Quando il padrone di casa si alzerà e chiuderà la porta, voi, stando di fuori, comincerete a bussare alla porta, dicendo: ‘Signore, aprici’, ma egli, rispondendo, vi dirà: ‘Io non so da dove venite’. Allora comincerete a dire: ‘Noi abbiamo mangiato e bevuto in tua presenza e tu hai insegnato nelle nostre piazze!’. Ed egli dirà: ‘Io vi dico che non so da dove venite; allontanatevi da me, voi tutti operatori di iniquità’. Là ci sarà il pianto e lo stridore di denti, quando vedrete Abraamo e Isacco e Giacobbe e tutti i profeti nel regno di Dio e voi ne sarete cacciati fuori. E ne verranno da oriente e da occidente, da settentrione e da mezzogiorno, e si sederanno a tavola nel regno di Dio. Ed ecco, ve ne sono degli ultimi che saranno primi e dei primi che saranno ultimi” (Luca 13:22-30).

Radicate persuasioni

“Egli (Gesù) attraversava città e villaggi, insegnando e avvicinandosi a Gerusalemme” (22). Luca qui ci rammenta che Gesù stava procedendo irresistibilmente verso Gerusalemme. Questa sezione del vangelo secondo Luca la si potrebbe considerare un “diario di viaggio” (9:51-19:27): una serie di racconti che illustrano come Gesù prepari i Suoi discepoli alla Sua morte e resurrezione, l’avvenimento culminante della Sua opera di redenzione. Nel contempo, Gesù li addestra a vivere e diffondere il regno di Dio come un granello di senape in crescita o del lievito nella pasta (Luca 13:18-21). Per questo, sebbene diverso da ogni altro progetto politico e religioso umano, il Regno di Dio, per quanto abbia decisive implicazioni spirituali, è indubbiamente una realtà da diffondere e stabilire sulla terra, “un nuovo stile di vita”. Menzionare poi qui Gerusalemme serve anche per evidenziare l’ironia degli avvenimenti. Gerusalemme era l’epicentro della fede ebraica. Fieri del loro ruolo, i dirigenti dell’Israele di quel tempo avevano fatto compromessi con i poteri dominanti e trasformato la fede dei loro padri spirituali in un legalismo ipocrita ed alienante. Questo li aveva resi ciechi rispetto al ruolo messianico di Gesù e, di fatto, rifiutandolo, avrebbero perduto per sé stessi il compimento del Regno di Dio (ne sarebbero rimasti tragicamente esclusi) e ne avrebbero pervertita la sostanza. Come dimostrano le parabole dell’albero di senape e del lievito, il regno di Dio si sarebbe diffuso loro malgrado in tutto il mondo includendo un gran numero di convertiti dal paganesimo che sarebbero entrati, proprio loro, dalla “porta stretta” prima degli ebrei che ne vantavano il titolo. Una cieca presunzione già si contrapponeva così ai propositi di Dio, evidenti in Gesù, che seguono vie diverse da quelle che i primi immaginano.

Una domanda rivelante 

“Un tale gli disse: “Signore, sono pochi i salvati?” (23). Il testo non specifica chi fosse questo “tale”. Probabilmente uno qualunque di coloro che avevano udito Gesù insegnare alle folle. Questa è una domanda in un certo qual senso inevitabile, dato l’insegnamento controcorrente di Gesù. Non sarebbe stata necessaria questa domanda se Gesù avesse predicato un inclusivismo indifferenziato e “buonista”. È come se quel tale gli avesse detto: “Il tuo messaggio è piuttosto duro da accettare. Come pensi che potrebbe diventare popolare ed avere successo? Ti accontenteresti forse di una minoranza di seguaci? Quanti pensi che saranno coloro che lo accoglieranno: pochi o tanti?”. A questa curiosità “statistica” Gesù non risponde direttamente. Implica che non è affar nostro preoccuparcene. I propositi di Dio non seguono le supposizioni umane e i criteri di successo di questo mondo: sa che cosa sta facendo! L’unica cosa che ci debba importare è trovare “la porta della salvezza”, che è, di fatto, stretta e bassa, e passare attraverso di essa. Per passarvi ci si dovrà abbassare e pure abbandonare eventuali “bagagli” che vorremmo portarci appresso. Gesù, inoltre, stava parlando principalmente con ebrei. Gli ebrei davano per scontato che loro, collettivamente come popolo, sarebbero stati salvati, con eccezioni per coloro che peccavano in modi particolarmente eclatanti. Qui, però, Gesù si riferisce al destino individuale di singole persone e prevede chiaramente delle discriminanti. La “porta stretta” è “lo scandalo” dell’affidarsi alla Sua Persona come fattore determinante della salvezza ultima. Gesù è l’unica via, verità e vita (Giovanni 14:6; Atti 4:12). Respingere Lui come il Messia ed il Salvatore è il “peccato imperdonabile” più grave che si potrebbe commettere. Molti ebrei, compresi farisei e sacerdoti, attraverseranno sicuramente, dopo essere stati convertiti al Cristo, questa “porta stretta” e parteciperanno al Regno di Dio. Ma poiché la maggior parte dei leader religiosi di Israele non l’avrebbe fatto, perdendo così la loro funzione di accompagnare alla fede salvifica, molti più ebrei rimarranno perduti di quanti non trovino la salvezza. Lo stesso “scandalo” e la stessa “discriminazione” vale oggi per la fedeltà alle pratiche e persuasioni di altre religioni, cosa che non farà guadagnare la salvezza, né lo potrà fare qualche “buona opera” o essere genericamente brave persone, o persino morire in un modo eroico. Quando Gesù dice che la porta per accedere alla salvezza sia stretta, intende dire, ci piaccia o meno, che c’è solo una via per la salvezza: affidarsi all’efficacia, unica e insostituibile, della Sua opera redentrice. In termini relativi non si può che parlare, quindi, di minoranze che lo accettano!

Implica impegno 

“Ed egli disse loro: “Sforzatevi di entrare per la porta stretta, perché io vi dico che molti cercheranno di entrare e non potranno” (24). Ecco così che Gesù capovolge la domanda per mostrare l’aspetto più importante. Il punto cruciale non è sapere quante persone parteciperanno al Regno di Dio. È sapere come arrivarvi e farlo! Non è la dimensione della folla che conta, ma la dimensione della porta. E la porta è stretta. La porta è la grazia di Dio attraverso la fede nel Cristo di Dio, e questo implica fiducioso impegno. Per Noè, significava costruire l’arca (Ebrei 11:7). Per Abramo, aveva significato lasciare la sua casa e confidare che Dio gli avrebbe dato un erede (Ebrei 11:8–12, 17–19). Per Giacobbe e Giuseppe, era che i loro discendenti avrebbero ereditato la terra che Dio aveva promesso ad Abramo (Ebrei 11:21–22). Fiducia in Dio e conseguente fedele ubbidienza era la via insegnata all’antico Israele. Anche allora, tuttavia, la loro salvezza si basava sulla grazia di Dio che perdonava sovranamente tutti coloro che abbandonando i loro peccati camminavano sulla via dell’ubbidienza. Non si trattava di alcun tentativo di guadagnarsi il favore di Dio seguendo la legge mosaica o anche le regole extra-bibliche aggiunte dagli scribi e dai Farisei. La morte e la resurrezione di Gesù hanno chiarito la dimensione della porta. La salvezza è per grazia attraverso la fede nella promessa di Dio che coloro che accolgono Gesù come loro Salvatore e Signore saranno salvati (Efesini 2:8–9). Da considerare pure che la porta è anche stretta in quanto non rimarrà aperta a lungo. Le nostre vite sono fugaci e ritardando nell’attraversarla potremmo farci sfuggire l’opportunità offertaci, perché effettivamente la porta della grazia un giorno verrà chiusa. “Sforzarsi” di entrare implica precisa determinazione. Abbiamo noi la determinazione di entrarvi? Il termine deriva dalla stessa radice greca da cui deriva “agonia”. Non significa che dobbiamo impegnarci intensamente nel tentativo di guadagnarci la salvezza. Piuttosto, questo è posto in contrasto al pigro rifiuto di coloro che “vedendo, non vedono e, udendo, non odono e non intendono” (Matteo 13:13). Queste stesse persone possono predire il tempo e le stagioni, ma rifiutano di contemplare il significato della Persona ed opera di Gesù – che è l’unica “porta” che ci sia concessa.

Il rischio di non essere riconosciuti 

Quando il padrone di casa si alzerà e chiuderà la porta, voi, stando di fuori, comincerete a bussare alla porta, dicendo: ‘Signore, aprici’, ma egli, rispondendo, vi dirà: ‘Io non so da dove venite’” (25). Ci sono criteri su come entrarvi. Innanzitutto, dobbiamo entrarvi senza ritardo. C’è chi rimanda sempre ciò che deve fare attendendo tempi più propizi o convenienti. La vita per noi è incerta e l’opportunità della porta aperta potrebbe sfumare. La porta aperta ha una durata limitata. Anche se Gesù chiede al Padre un po’ più di tempo, alla fine la porta si chiuderà e a nessun altro sarà permesso di passare (Luca 13:6–9). Questo versetto sembra contraddire le precedenti parole di Gesù sul bussare alle porte: “Chiedete e vi sarà dato; cercate e troverete; bussate e vi sarà aperto. Poiché chiunque chiede riceve, chi cerca trova e sarà aperto a chi bussa” (Luca 11:9–10). Tuttavia, Gesù ha promesso questo nel contesto di un seguace di Dio che chiede ciò che Dio Padre vuole per i Suoi figli: il Suo regno, la vita, il perdono, l’obbedienza e gli strumenti per servire gli altri (Luca 11:1–8). Qui, Gesù sta parlando di persone che affermavano di seguirLo ma non Lo conoscevano veramente. Ascoltavano i Suoi insegnamenti ma non seguivano ciò che diceva. Mangiavano il cibo materiale che Lui offriva ma non il cibo spirituale di cui avevano bisogno (Giovanni 6:27, 35). Nonostante ciò che affermano, essi di fatto sono considerati “operatori di iniquità” (Luca 13:27). La cosa più significativa qui è che non hanno cercato la comunione con Gesù in tempo. La loro opportunità è perduta, e così anche loro (Luca 13:26–27) lo sono. Ancora più importante, Gesù non “sa” da dove vengano. Questo non significa che Gesù, Dio Figlio, non sappia tutto delle loro vite e origini. Vuol dire che Egli non li riconosce come Suoi, ma che sono di fatto sottomessi ad un altro signore. Non li lascerà, così, entrare, perché per Lui sono degli estranei ed avversari.

Ulteriori presunzioni 

“Allora comincerete a dire: ‘Noi abbiamo mangiato e bevuto in tua presenza e tu hai insegnato nelle nostre piazze!” (26). Gli esclusi protestano. Quali sono le loro argomentazioni? Tanti allora avevano avuto il privilegio di udire Gesù insegnare pubblicamente e persino di godere di molte Sue benedizioni, ma qual era la qualità del loro conoscerLo? Il fatto di “essere presenti” quando Egli insegnava e di godere dei benefici della comunità dei credenti non avrebbe garantito loro l’accettabilità di fronte a Dio. Erano veramente in comunione con Lui e in che misura? È “la sostanza” quella che più conta, un rapporto con Gesù basato su una fede genuina in Lui e nell’ubbidienza. Le formalità non contano. Allora tanti che avevano mangiato e bevuto grazie a Lui volevano farlo re, ma Lui rifiuta (Giovanni 6:1–15). Gesù aveva dovuto spiegare che essi si concentravano, però, solo su momentanee convenienze non su un amore profondo per Lui. Molti avevano ascoltato Gesù insegnare nelle loro strade. Sicuramente, pensavano, la Sua presenza nei loro quartieri era un segno che si identificasse con loro. Anche oggi tanti vivono in una società formalmente cristiana e dicono di onorare “la tradizione” e sostenere l’opera caritativa delle chiese. Basta però questo? No. Gesù predicava a decine o centinaia di migliaia di persone. Pochissimi si prendevano il tempo di capire veramente il senso di che cosa insegnava. Molti oggi potrebbero presumere di conoscere Gesù, ma è una conoscenza superficiale e spesso distorta. Alcuni che si proclamano credenti potrebbero compiere persino grandi azioni nel nome di Gesù (Matteo 7:22). Ma anche fare buone opere per rispetto di Gesù non significa essere un vero Suo discepolo. Dire di fare opere per Gesù non è la stessa cosa che conoscerLo ed amarlo. Lo stesso accade oggi. Puoi essere in comunione con altri credenti, pregare, leggere la Bibbia, ascoltare sermoni, persino sostenere una chiesa, eppure non conoscere ancora Gesù. Fare queste cose dovrebbe essere un segno distintivo dei cristiani, ma di per sé “non salva”. Conta solo conoscere Gesù per esperienza, sapere che è il Figlio di Dio che è venuto per prendere i peccati del mondo e avergli chiesto di prendere i nostri peccati per liberarcene. Ecco che cosa assicura di poter passare attraverso la porta stretta.

Conoscerlo ed essere conosciuti 

Ed egli dirà: ‘Io vi dico che non so da dove venite; allontanatevi da me, voi tutti operatori di iniquità’” (27). Gesù qui spiega che, sebbene Dio sia paziente, il tempo per riconciliarsi con Lui non è infinito. E ciò che è richiesto per la riconciliazione non è la stessa cosa di quella che potemmo chiamare “amicizia culturale” con Lui. Non significa solo “mangiare insieme” o solo ascoltare di tanto in tanto gli insegnamenti di Gesù o persino compiere opere nel Suo nome (Matteo 7:22). Riconciliazione significa ravvedimento, riconoscere il Cristo ed essere “conosciuti da Lui”. Significa che non apparteniamo di fatto al mondo ma a Dio (Giovanni 15:19). Ancora più scioccante per degli ebrei, questo non ha nulla a che fare con la discendenza fisica da Abramo, né con l’onorare la legge mosaica a parole, ma avere un rapporto vivo con Gesù. Qualcuno può apparire e agire come se provenisse dalla famiglia di Dio, ma di fatto essere maggiormente in sintonia con il nemico di Dio. I legami famigliari sono pure relativi: pure appartenendo alla stessa famiglia o nazione non impedirà di essere passati al vaglio dal giudizio discriminante di Dio.

Esclusi per sempre 

Là ci sarà il pianto e lo stridore di denti, quando vedrete Abraamo e Isacco e Giacobbe e tutti i profeti nel regno di Dio e voi ne sarete cacciati fuori” (28). Le “brutte sorprese” sorprenderanno e saranno all’ordine del giorno. Gesù non teme di infrangere le illusioni umane. Vantare di essere discendenti di antenati illustri, di grandi uomini di Dio, non basta se non se ne seguono di fatto le orme nella fede. L’eredità genetica, come discendenti di Abramo, non garantisce la salvezza spirituale: solo il ravvedimento e la fede in Gesù permettono di passare attraverso la “porta stretta” ed essere inclusi nel regno di Dio. “Non tutti i discendenti da Israele sono Israele” (Romani 9:6), dice l’Apostolo. Anche se il popolo ebraico in quanto tale  è stato scelto da Dio come nazione e destinatario delle promesse fatte ad Abramo, ciò non implica che tutti gli ebrei siano automaticamente salvati. Gesù sottolinea che il ravvedimento e la fede personale sono essenziali. Coloro che rifiutano di seguire Gesù saranno esclusi dal regno di Dio, “gettati nelle tenebre di fuori”, luogo di sofferenza e disperazione (Matteo 8:12). Oggi non sarebbe “politicamente corretto” o “di cattivo gusto” parlare dell’inferno! Gesù denuncia i leader religiosi ebrei per aver respinto i profeti e i loro avvertimenti, così come per il loro rifiuto di riconoscerlo come il Messia annunciato nelle Scritture. Accusa i dottori della legge di essere gli eredi degli assassini dei profeti e di perpetuare la loro colpa attraverso il rifiuto della verità su di lui. Questo tema verrà ripreso da Stefano, nel suo discorso finale, prima di essere lapidato.

Vero inclusivismo

C’è  un senso soltanto in cui il messaggio di Gesù è inclusivo. Il nostro testo afferma: “E ne verranno da oriente e da occidente, da settentrione e da mezzogiorno, e si sederanno a tavola nel regno di Dio” (29). Se da una parte vi saranno molti discendenti carnali di Abramo, Isacco e Giacobbe che saranno esclusi dal “banchetto” del Regno di Dio e dell’eterna comunione con Lui, avendo respinto il Signore e Salvatore Gesù Cristo – cosa scioccante da dire anche allora, Ancora più scioccante da dirsi, moltissime persone di ogni nazione vi parteciperanno, davvero da ogni angolo della terra, avendo accolto con fiducia l’Evangelo ed essendo diventati zelanti discepoli di Gesù. Ravveduti dai loro peccati e abbandonate le loro persuasioni e pratiche pagane hanno riposto la loro fiducia in Cristo Gesù come loro Signore e Salvatore. L’idea che persone convertite dal paganesimo di ogni dove conoscano Dio si ritrova, per altro, anche nei profeti dell’Antico Testamento (Isaia 45:6; 49:12; Malachia 1:11), ma questo era pure stato oscurato o equivocato dalla presunzione del Giudaismo.

Conclusione 

Il nostro testo biblico termina dicendo: “Ed ecco, ve ne sono degli ultimi che saranno primi e dei primi che saranno ultimi” (30). Gesù spiega che né il prestigio, né l’ascendenza, né le capacità personali sono necessarie per la salvezza, ma che tutto dipende dal ravvedimento e dalla fede in Cristo. Questo richiama l’urgenza di riconciliarsi con Dio, poiché il tempo è limitato. Molti ebrei, pur essendo fisicamente discendenti di Abramo, saranno esclusi dal regno di Dio, mentre molte persone di estrazione pagana, provenienti da ogni parte del mondo, saranno accolti. Sebbene gli ebrei fossero il popolo scelto da Dio e destinatari del patto con Abramo, la loro disobbedienza e il rifiuto di Gesù li escludono dal Regno.  Il concetto dei “primi” che diventano “ultimi” e degli “ultimi” che diventano “primi” si applica alla salvezza: i convertiti dal paganesimo, ultimi a conoscere Dio, sono spesso i primi ad accettare Cristo, mentre molti ebrei, che erano stati i primi destinatari del patto, non lo accolgono. Tuttavia, questo non significa che gli ebrei siano senza speranza: come spiegato in Romani 11, il rifiuto degli ebrei ha portato la salvezza ai gentili, ma ciò susciterà una “gelosia” che spingerà molti di loro a tornare a Dio.

Siete voi, allora, fra coloro che presumono vere certe persuasioni senza avere prove, ragioni o autorità valide a loro sostegno? Le ritenete vere, ovvie, scontate, basate sulle vostre supposizioni, su tradizioni discutibili o magari su quello che ritenete essere il consenso della maggior parte della gente che, per voi è “decisivo” come se fosse “la democrazia” a decidere ciò che è verità? Tutto questo potrebbe portarvi ad avere “brutte sorprese” se non corrisponde a ciò che il Salvatore Gesù Cristo ha insegnato. Da cui la necessità urgente di esaminare le Sacre Scritture, vagliando accuratamente con esse le vostre persuasioni, e abbandonando luoghi comuni, credulità e pregiudizi, qualunque ne sia la fonte. Sicuramente è “una porta stretta” da passare, ma non ve ne sono altre e rischiate di trovarla chiusa. Che il Signore vi dia la saggezza di farlo.

“Poiché nulla è più contrario alla carne della dottrina di Cristo, nessuno potrà mai fare grandi progressi in essa se non avrà imparato a limitare i propri sensi e sentimenti, in modo da mantenerli entro quei confini che il nostro Maestro celeste prescrive per frenare la nostra lussuria. Poiché gli uomini si lusingano volentieri e vivono in allegria e dissipazione, Cristo qui ricorda ai suoi discepoli che devono prepararsi a camminare, per così dire, lungo una strada stretta e spinosa. Ma poiché è difficile frenare i nostri desideri dalla malvagia licenziosità e dal disordine, egli placa questa amarezza con una gioiosa ricompensa, quando ci dice che la porta stretta e la strada angusta conducono alla vita” (Giovanni Calvino).

Paolo Castellina, 16 Gennaio 2025.