Domenica 10 Novembre 2024 – terza domenica prima del tempo di Avvento
[Servizio di culto con predicazione, 55′]
[Solo predicazione, 29′]
Ogni specie di mali
Combattere ogni specie di mali, quelli che ci affliggono ad ogni livello, personale e sociale, è una costante della condizione umana, condizione che da sempre è stata un’ardua lotta per la sopravvivenza. Una delle cause di questi mali è espressa dal noto versetto biblico che dice: “Poiché l’amore del denaro è radice di ogni specie di mali e alcuni che vi si sono dati, si sono sviati dalla fede e si sono inflitti molti dolori” (1 Timoteo 6:10). In che modo, però, il male può essere combattuto e vinto? Un principio cristiano fondamentale, spesso ignorato e negletto (a nostro stesso danno) lo esprime l’apostolo Paolo quando scrive: “Non essere vinto dal male, ma vinci il male con il bene” (Romani 12:21).
Si tratta di un’esortazione potente e controintuitiva, cioè difficile subito da accettare o comunque da comprendere. Essa sfida la nostra tendenza naturale a rispondere all’ingiustizia con l’ostilità, cioè al male con altro male come se, in questo modo lo si potesse neutralizzare. Questa via – vinci il male con il bene – infatti, non implica lotte violente o un conflitti aperti, ma un impegno attivo a rispondere al male con bontà e amore. Lo afferma chiaramente la Parola di Dio. Molti, però, direbbero che “non funziona”! Pensano di saperla più lunga che Dio!
Oggi esaminiamo così questo principio cristiano fondamentale: “Non essere vinto dal male, ma vinci il male con il bene” nel contesto della lettera dell’apostolo Paolo ai cristiani di Roma e ne delineeremo molteplici applicazioni.
Il testo
L’Apostolo, dopo aver esposto la dottrina dell’Evangelo, passa alle sue conseguenze pratiche. Ascoltiamo quanto dice nel capitolo 12 che si conclude proprio con: “Vinci il male con il bene”.
“Io vi esorto dunque, fratelli, per le compassioni di Dio, a presentare i vostri corpi in sacrificio vivente, santo, gradito a Dio, che è il vostro culto spirituale. Non conformatevi a questo secolo, ma siate trasformati mediante il rinnovamento della vostra mente, affinché conosciate per esperienza quale sia la volontà di Dio, la buona, gradita e perfetta volontà. Per la grazia che mi è stata concessa, io dico quindi a ciascuno fra voi che non abbia di sé un concetto più alto di quello che deve avere, ma abbia di sé un concetto sobrio, secondo la misura della fede che Dio ha assegnata a ciascuno. Poiché, come in un solo corpo abbiamo molte membra e tutte le membra non hanno la medesima funzione, così noi, che siamo molti, siamo un solo corpo in Cristo e, individualmente, siamo membra l’uno dell’altro. Avendo pertanto doni differenti secondo la grazia che ci è stata data, se abbiamo dono di profezia, profetizziamo secondo la proporzione della nostra fede; se di ministerio, attendiamo al ministerio; se d’insegnamento, all’insegnare; se di esortazione, all’esortare; chi dà, dia con semplicità; chi presiede, lo faccia con diligenza; chi fa opere di misericordia, le faccia con gioia. L’amore sia senza ipocrisia. Aborrite il male e attenetevi fermamente al bene. Quanto all’amore fraterno, siate pieni d’affetto gli uni per gli altri, quanto all’onore, precedetevi gli uni gli altri, 11 quanto allo zelo, non siate pigri; siate ferventi nello spirito, servite il Signore; siate allegri nella speranza, pazienti nell’afflizione, perseveranti nella preghiera; provvedete alle necessità dei santi, esercitate con premura l’ospitalità. Benedite quelli che vi perseguitano, benedite e non maledite. Rallegratevi con quelli che sono allegri, piangete con quelli che piangono. Abbiate fra voi un medesimo sentimento; non abbiate l’animo alle cose alte, ma lasciatevi attirare dalle umili. Non vi stimate saggi da voi stessi. Non rendete ad alcuno male per male. Applicatevi alle cose buone davanti a tutti gli uomini. Se è possibile, per quanto dipende da voi, vivete in pace con tutti gli uomini. Non fate le vostre vendette, cari miei, ma cedete il posto all’ira di Dio, poiché sta scritto: “A me la vendetta; io darò la retribuzione”, dice il Signore. Anzi “se il tuo nemico ha fame, dagli da mangiare; se ha sete, dagli da bere; poiché, facendo così, tu radunerai dei carboni accesi sul suo capo”. Non essere vinto dal male, ma vinci il male con il bene” (Romani 12:1-21).
Presupposto
Parliamo dunque di “bene” e di “male” e di “vincere il male con il bene”. Per comprendere a fondo questo principio, è essenziale chiarire preliminarmente cosa intendiamo per “male” e “bene”. Nel pensiero cristiano, queste categorie non sono lasciate all’interpretazione soggettiva, ma vengono definite dalla rivelazione della Parola di Dio, che stabilisce valori eterni e criteri chiari. Secondo la Bibbia, il “male” è tutto ciò che si oppone alla natura e ai comandamenti di Dio, includendo azioni, parole e atteggiamenti che violano la giustizia, l’amore e la santità che Egli definisce. Allo stesso modo, il “bene” non si riduce a un ideale umano variabile, ma è ciò che Dio approva e che riflette la Sua essenza di amore, giustizia e misericordia. Senza questo riferimento, “male” e “bene” rischiano di diventare categorie fluide e soggette alle preferenze individuali. Ma per chi segue la Parola di Dio, essi sono già definiti: la Scrittura ci offre infatti una guida su ciò che Dio considera giusto e desiderabile. Accettare questo principio biblico implica quindi il riconoscimento che la distinzione tra male e bene non è arbitraria, ma fondata sull’autorità divina.
Inoltre, è altrettanto importante evidenziare come mettere in atto il principio “vinci il male con il bene” lo possano realmente fare solo persone spiritualmente rigenerate determinate a seguire l’insegnamento del Signore e Salvatore Gesù Cristo. Non si tratta, infatti, di cosa che verrebbe “naturale” a coloro la cui mente non sia stata “purificata” e “ristrutturata” dall’azione efficace su di loro dell’Evangelo di Gesù Cristo. Per questo è essenziale l’impegno all’annuncio pubblico dell’Evangelo.
In ogni caso, non seguire il principio di “vinci il male con il bene” porta a conseguenze gravi e pervasive su vari livelli: personale, relazionale, sociale e spirituale. Esploriamo dunque insieme come queste conseguenze possano manifestarsi, e perché sia così essenziale rispondere al male con il bene, secondo i criteri stabiliti da Dio. Tutto questo è espresso nel capitolo 12 di Romani.
Uno stile di vita impostato al bene
Questo capitolo ci offre numerosi esempi su che cosa voglia dire uno stile di vita impostato al bene – secondo la definizione che Dio stesso ce ne dà.
(1) La trasformazione attraverso il rinnovamento della mente: “Non conformatevi a questo secolo, ma siate trasformati mediante il rinnovamento della vostra mente, affinché conosciate per esperienza quale sia la volontà di Dio, la buona, gradita e perfetta volontà” (Romani 12:2). Paolo invita a non conformarsi alla mentalità del mondo ma a trasformarsi attraverso il rinnovamento della mente. Questo è essenziale per vincere il male con il bene. In un mondo che spesso risponde al male con il male, i cristiani sono chiamati a un approccio diverso, basato su valori nuovi, come la misericordia e l’amore. Ad esempio, potrebbero rispondere alla critica con comprensione o al rifiuto con accoglienza. Per cui: Come posso lasciarmi trasformare da Dio per rispondere al male con il bene? In quali aree della mia vita tendo a rispondere con la mentalità del mondo piuttosto che con quella di Cristo?
(2) L’umiltà e la misura della fede: “Per la grazia che mi è stata concessa, io dico quindi a ciascuno fra voi che non abbia di sé un concetto più alto di quello che deve avere, ma abbia di sé un concetto sobrio, secondo la misura della fede che Dio ha assegnata a ciascuno” (Romani 12:3). L’umiltà è essenziale per riconoscere la propria dipendenza da Dio e la propria fallibilità. Questo atteggiamento ci aiuta a rispondere con benevolenza e non con orgoglio o rivalsa. In caso di offesa o ingiustizia, l’umiltà aiuta a non reagire con arroganza. Chi è umile è capace di perdonare, lasciando spazio a Dio per fare giustizia e mostrando bontà anche verso chi fa del male. Per cui: In quali situazioni trovo difficile rispondere con umiltà? Posso individuare un’area in cui ho bisogno di crescere in umiltà per affrontare il male senza orgoglio?
(3) L’amore sincero senza ipocrisia: “L’amore sia senza ipocrisia. Aborrite il male e attenetevi fermamente al bene” (Romani 12:9). Paolo esorta a un amore genuino, la base per vincere il male con il bene, che desidera sinceramente il bene dell’altro, anche quando questi agisce in modo malevolo. Essere gentili con chi ci ha feriti richiede sincerità, andando oltre l’ipocrisia, per desiderare realmente il bene dell’altro. Questo può tradursi in gesti di cortesia o aiuto verso persone difficili. Per cui: Cosa significa per me amare sinceramente una persona che mi ha offeso? Sono disposto a pregare per chi mi ha fatto del male?
(4) La pazienza nella sofferenza e la perseveranza nella preghiera: “Siate allegri nella speranza, pazienti nell’afflizione, perseveranti nella preghiera” (Romani 12:12). La pazienza ci permette di sopportare le difficoltà senza reagire negativamente, mentre la preghiera ci prepara a rispondere nel modo giusto. In situazioni di conflitto o ingiustizia, la preghiera è un sostegno per evitare reazioni impulsive. Pazientare senza vendetta è già una forma di vittoria sul male. Per cui: Come posso rimanere paziente quando sono provocato? Quali aspetti della mia vita richiedono più perseveranza nella preghiera?
(5) La benedizione verso chi perseguita “Benedite quelli che vi perseguitano, benedite e non maledite” (Romani 12:14). Paolo chiede di benedire chi perseguita, non di maledirlo. Benedire il persecutore è un atto di forza spirituale che risponde al male in modo radicale. Pregare o benedire chi ci ha feriti ci libera dall’odio, aiutandoci a trasformare le relazioni conflittuali. Per cui: C’è qualcuno che mi ha ferito per cui posso pregare? Come potrebbe cambiare la mia vita se imparassi a benedire chi mi tratta ingiustamente?
(6) Non rendere male per male: “Non rendete ad alcuno male per male. Applicatevi alle cose buone davanti a tutti gli uomini” (Romani 12:17). Paolo esorta a non rispondere al male con il male, ma a cercare il bene di tutti, rifiutando la vendetta e perpetuando il male. In caso di offesa, possiamo rispondere con una gentilezza inattesa, spezzando la catena della vendetta e dimostrando una forza interiore. Per cui: In quali situazioni trovo difficile rispondere con gentilezza a chi mi fa del male? Sono pronto a rinunciare alla vendetta per lasciare spazio alla pace?
(7) Pace, per quanto possibile: “Se è possibile, per quanto dipende da voi, vivete in pace con tutti gli uomini” (Romani 12:18). Paolo consiglia di vivere in pace con tutti, per quanto dipende da noi, anche se non sempre la pace è raggiungibile. Anche in situazioni di ostilità, possiamo sforzarci di mantenere apertura e comprensione. Per cui: Sto facendo tutto il possibile per cercare la pace nelle mie relazioni? In che modo posso promuovere la pace senza compromettere i miei principi?
(8) Lasciare la vendetta a Dio: “Non fate le vostre vendette, cari miei, ma cedete il posto all’ira di Dio, poiché sta scritto: “A me la vendetta; io darò la retribuzione”, dice il Signore” (Romani 12:19). Confidare in Dio per la giustizia ci permette di lasciar andare l’ingiustizia subita, concentrandoci su azioni positive. Rinunciare alla vendetta permette di vivere con serenità, affidando a Dio la gestione delle situazioni ingiuste. Per cui: Posso ricordare un momento in cui ho deciso di lasciare la vendetta a Dio? In che modo la fiducia nella giustizia di Dio potrebbe cambiare il mio modo di reagire al male?
(9) Agire con generosità verso i nemici: “se il tuo nemico ha fame, dagli da mangiare; se ha sete, dagli da bere; poiché, facendo così, tu radunerai dei carboni accesi sul suo capo” (Romani 12:20). Compire atti di gentilezza verso chi si comporta male può suscitare riflessione e rimorso nel cuore dell’altro, creando potenzialmente apertura alla riconciliazione. La generosità verso i nemici può mostrare la differenza tra le due condotte e aprire la strada alla riconciliazione. Per cui: Riesco a immaginare un’azione di gentilezza verso qualcuno che mi ha trattato male? Come potrei rispondere in modo generoso la prossima volta che mi trovo di fronte a un’offesa?
La sfida
Il principio biblico di “Non essere vinto dal male, ma vinci il male con il bene” contenuto in Romani 12:21 è quindi un’esortazione che sfida la nostra tendenza naturale alla vendetta, alla difesa personale e alla risposta aggressiva. Esso invita a una via alternativa, una via di resistenza al male che, paradossalmente, non implica la lotta violenta o il conflitto aperto, ma un impegno attivo per rispondere al male con bontà e amore. Questo non è solo un ideale morale elevato, ma una vera e propria strategia spirituale che ha implicazioni personali, sociali e comunitarie profonde. Ignorare questo principio può avere conseguenze molto negative su più livelli.
(1) Conseguenze personali. Quando scegliamo di rispondere al male con altra malevolenza, cediamo a sentimenti di rabbia, rancore e amarezza, che non solo ci privano della serenità, ma ci conducono verso una schiavitù emotiva e spirituale. Il male, infatti, cresce in noi e si radica, portandoci a diventare prigionieri dei nostri risentimenti. È stato dimostrato che l’odio e il rancore, a lungo andare, danneggiano la salute mentale e fisica, creando un circolo vizioso di autodistruzione. Quando ci lasciamo vincere dal male, ci allontaniamo dalla pace interiore che Dio desidera per noi.
(2) Conseguenze relazionali. A livello relazionale, il male risposto con il male crea una spirale di conflitto e disgregazione. Una parola offensiva seguita da un’altra parola offensiva può distruggere amicizie, incrinare famiglie e generare inimicizie durature. Perché il male cresce quando trova un terreno fertile: le relazioni, che dovrebbero essere basate sulla fiducia, sul rispetto e sull’empatia, vengono minate dall’ostilità. Al contrario, scegliere di rispondere con il bene può spezzare la catena del rancore e aprire possibilità di riconciliazione.
(3) Conseguenze sociali. Sul piano sociale, una comunità che sceglie di rispondere al male con altro male diventa presto una comunità divisa, dominata dal conflitto e dall’ingiustizia. La violenza risponde alla violenza, le divisioni si approfondiscono, e la pace diventa sempre più distante. La storia ci mostra innumerevoli esempi di società cadute in questo circolo di ritorsioni, incapaci di raggiungere stabilità e prosperità. Ma una comunità che risponde al male con il bene può crescere in unità e coesione, divenendo un esempio di pace e giustizia per il mondo circostante.
(4) Conseguenze spirituali. Infine, a livello spirituale, cedere al male significa compromettere il nostro rapporto con Dio, che ci chiama a vivere come Suoi figli, riflettendo la Sua bontà. Quando permettiamo al male di prendere il sopravvento nei nostri cuori e nelle nostre azioni, ci allontaniamo dall’essere l’immagine di Dio, perché Dio è amore e perdono. Vincere il male con il bene, quindi, non è solo una scelta etica, ma un atto di fedeltà e obbedienza a Dio, che ci invita a camminare secondo la Sua volontà.
Conclusione
Il principio di “vincere il male con il bene” non è, quindi, un semplice consiglio morale, ma una strategia di vita che ha il potere di trasformare noi stessi, le nostre relazioni, e persino l’intera società. Ignorarlo non solo ci rende vittime di un male che cresce sempre di più, ma ci priva della pace e della gioia che Dio desidera per noi. Applicare questo principio cristiano, come autentici discepoli del Cristo e con la forza del Santo Spirito di Dio ci permetterà non solo la sopravvivenza fra i mali della condizione umana, ma vita, una vita significativa e di valenza eterna. Non si tratta di “belle teorie” ma della realtà che sarà un giorno ristabilita pienamente da Dio e della quale oggi, come discepoli di Gesù, dobbiamo esserne testimonianza ed anticipazione.
Chiediamoci, infine, come noi si possa insegnare alle nostre nazioni e governi a rispondere al male non con la ritorsione, ma con il bene. Anche questo è nostro dovere e responsabilità, come il Signore Gesù ci ha comandato: “Andate dunque e fate miei discepoli tutti i popoli (…) insegnando loro a osservare tutte quante le cose che vi ho comandate” (Matteo 28:18-20).Paolo Castellina, 31 Ottobre 2024.