Un amore di qualità : segno distintivo dei discepoli di Gesù (Giovanni 13:34-35)

Domenica 22 settembre 2024 – Diciassettesima dopo quella dedicata alla Trinità

[Servizio di culto completo con predicazione, 52′]

[Solo predicazione, 26′]

Un’antica testimonianza 

“… eppure ci accusano di essere pericolosi per la società. E tuttavia, come dicono loro, c’è tra noi una tale mutua carità che siamo pronti persino a dare il nostro sangue l’uno per l’altro. ‘Guardate’, dicono, ‘come si amano gli uni gli altri’; loro infatti si odiano tra di loro. ‘E come sono pronti a morire l’uno per l’altro’; mentre essi sono più pronti a uccidersi l’un l’altro” [1]. Questo l’aveva scritto, nel terzo secolo Tertulliano (155-230) scrittore romano, filosofo e apologeta cristiano, fra i più celebri del suo tempo, nel suo scritto “Apologeticum” (capitolo 39) [2]. In questa frase egli offre una descrizione della vita comunitaria e fraterna dei cristiani di quel tempo. Se da una parte le autorità romane vedevano nei cristiani una forza “destabilizzante” e pericolosa per la società, dall’altra non potevano che ammirare ed esserne gelosi, la solidarietà e l’amore che i cristiani dimostravano tra loro. I cristiani, infatti, vivevano una vita di comunione e mutuo sostegno, e questo si contrapponeva visibilmente all’indifferenza, alla sopraffazione, allo sfruttamento, all’odio e alla violenza che spesso caratterizzava le relazioni tra i pagani. L’amore reciproco tra i cristiani, fondato sull’insegnamento di Cristo, era visibile a tal punto che i pagani ne restavano colpiti, riconoscendo che tra i cristiani esisteva una qualità di relazione che mancava nel loro mondo. L’amore fraterno diventa così il maggiore segno distintivo che rende particolarmente visibile la loro differenza rispetto all’ambiente circostante.

Qual è il segno distintivo dei cristiani? Una croce, il simbolo di un pesce, un modo particolare di vestirsi, una particolare bandiera che sventola sulle loro case? No, era l’amore, pratico, concreto, sacrificale, incondizionato, unico nel suo genere ed inconfondibile.

Il contenuto dell’amore cristiano 

Oggi il termine “amore” è inflazionato e banalizzato. Dobbiamo precisarne il contenuto. Lo faremo oggi a partire da un’affermazione del Salvatore Gesù Cristo che compare nel capitolo 13 del vangelo secondo Giovanni.

Io vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io vi ho amati, anche voi amatevi gli uni gli altri. Da questo conosceranno tutti che siete miei discepoli, se avete amore gli uni per gli altri” (Giovanni 13:34-35) [3].

Queste parole Gesù le rivolge ai Suoi discepoli durante l’ultima cena, prima della festa di Pasqua nell’ambito di quello che è stato definito il Discorso di Addio di Gesù. Non si trattava di una lezione teorica sull’amore: lo dimostrerà avviandosi subito dopo, senza reagire o fuggire, verso l’estremo sacrificio della sua vita morendo in croce come un criminale, consegnato dal traditore Giuda ai Suoi avversari. Sebbene quella fosse un’opera redentrice che solo Lui poteva compiere (dice infatti: “Dove vado io, voi non potete venire”, 13:33b) essa segnava anche per i Suoi discepoli uno stile di vita da imitare che dava un preciso contenuto al significato dell’amore del quale Lui parlava. Gesù fa, così, un gesto dimostrativo: lava i piedi ai Suoi discepoli, un compito riservato al più umile dei servi, inimmaginabile per chi aveva dimostrato di essere uno stimato maestro. Dopodiché dice: “Poiché io vi ho dato un esempio, affinché anche voi facciate come vi ho fatto io” (Giovanni 13:5). È in questo contesto che Gesù dice a loro e a noi: “Io vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io vi ho amati, anche voi amatevi gli uni gli altri. Da questo conosceranno tutti che siete miei discepoli, se avete amore gli uni per gli altri”.

Non un amore qualsiasi 

Questo passaggio pone al centro della vita cristiana l’amore reciproco, ma non si tratta di un amore qualsiasi. È definito dalla parola greca agape, che designa un amore altruista, disinteressato e incondizionato, molto diverso da ciò che oggi viene spesso banalizzato come “amore”. Approfondendo il significato di questo comandamento, emerge sia quella che potremmo chiamare “l’innovazione teologica” di Gesù, sia una distinzione chiara su cosa significhi per lui amare.

Nella società contemporanea, l’amore è spesso ridotto a sentimenti momentanei o al soddisfacimento di desideri personali. Questo “amore” è legato a emozioni, attrazione romantica o piaceri effimeri, e perde facilmente il suo valore sacrale, diventando superficiale. Gesù, tuttavia, parla di un amore radicalmente diverso: l’agape è un amore che non cerca il proprio interesse, ma il bene dell’altro, senza condizioni e senza aspettative di reciprocità.

L’agape che Gesù esemplifica è sacrificale. Nel contesto di Giovanni 13, egli sta per affrontare la croce, il sacrificio supremo del suo amore per i Suoi. Dice: “Amatevi come io ho amato voi”, indicando che l’amore cristiano deve rispecchiare il Suo stesso amore, disposto a dare la vita per gli altri, a dedicarla completamente agli altri. Questo amore non si limita così a un sentimento, ma è un impegno volontario che implica il servizio e il sacrificio. È l’amore che richiede di mettere gli altri al primo posto, anche quando comporta un costo personale.

La novità del comandamento   

Il comandamento di amare non era certo del tutto nuovo nella tradizione ebraica. L’Antico Testamento parla dell’amore per Dio e per il prossimo (Deuteronomio 6:5, Levitico 19:18). Tuttavia, ciò che rende nuovo il comandamento di Gesù è la qualità e la misura dell’amore richiesto: i discepoli devono amarsi come lui ha amato. Questo significa che l’amore non è più definito da un principio astratto o da una legge esterna, ma dal modello concreto che Cristo esemplifica.

Un amore sacrificale e incondizionato: L’amore che Gesù richiede è caratterizzato dal sacrificio. Egli non chiede solo di amare il prossimo come sé stessi, ma di amare come Lui, che offre Sé stesso fino alla morte. L’amore agape implica una disponibilità a dare la propria vita per l’altro, senza limiti o riserve. È questo rende l’amore di Gesù nuovo e radicale, poiché va oltre qualsiasi concetto di amore umano condizionato o limitato dalla reciprocità. Non più: “Io ti amo se tu…”, oppure: “Io ti dimostro il mio amore ma mi aspetto che tu…”.

Una nuova identità comunitaria: Il comandamento di amare introduce una nuova base identitaria per i discepoli di Gesù. Nel contesto della Legge mosaica, l’appartenenza al popolo di Dio era definita dal rispetto di regole e pratiche religiose, ma Gesù ridefinisce l’identità della sua comunità in termini di amore reciproco. “Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli”, afferma. L’amore diventa dunque il segno distintivo della comunità cristiana, ciò che la distingue e la rende riconoscibile al mondo.

L’amore come testimonianza e missione: L’amore reciproco tra i discepoli non ha solo un valore etico, ma è anche un atto di evangelizzazione. In un mondo caratterizzato da conflitti, egoismi e divisioni, la comunità cristiana, con il suo amore agape, diventa una testimonianza visibile della presenza di Dio. Questo amore, vissuto concretamente, attira gli altri e li conduce alla verità dell’Evangelo.

Che cosa non è amore per Gesù?   

Per comprendere meglio l’innovazione del comandamento di Gesù, è utile anche vedere cosa non sia l’amore secondo il Suo insegnamento. L’agape si distingue da forme di amore che spesso vengono confuse o sovrapposte a esso nella società moderna:

Non è egoismo o ricerca di vantaggio personale: L’amore di Gesù non è mai centrato sull’interesse proprio. Non è un amore interessato. È un amore che non cerca il proprio interesse o utile (1 Corinzi 13:5). Non è motivato da un desiderio di ottenere riconoscimento o favori, ma è un dono puro e gratuito.

Non è sentimentalismo o emozione temporanea: L’agape non si riduce a un’emozione o a un sentimento momentaneo che può variare a seconda delle circostanze. È un impegno costante e una scelta quotidiana, che richiede volontà e dedizione, anche in assenza di sentimenti positivi.

Non è condizionato dalla reciprocità: L’amore agape non dipende dalla risposta dell’altro. È incondizionato e non si ritira se non viene corrisposto. In questo senso, supera l’amore umano comune, che spesso dipende da relazioni di scambio.

Non è indifferenza: L’agape non è mai passivo o distaccato. Richiede partecipazione attiva, cura e attenzione per il bene dell’altro. Non tollera l’apatia o l’indifferenza, ma si traduce in azioni concrete di solidarietà e servizio.

Un amore che trasforma 

L’amore cristiano, così inteso, sottolinea la capacità così come insegnato e vissuto da Gesù, di produrre un cambiamento radicale sia nella vita individuale dei credenti sia nella comunità e, più in generale, nel mondo. Questo amore è una forza attiva e dinamica che porta trasformazione a vari livelli.

Trasformazione interiore della persona. L’amore che Gesù propone è un amore sacrificale e incondizionato che richiede un profondo cambiamento nel modo in cui una persona concepisce sé stessa e il proprio rapporto con gli altri. Questo amore trasforma il cuore umano perché:

Riorienta il desiderio umano dall’egoismo all’altruismo. L’amore di Gesù chiede di andare oltre l’auto-gratificazione e l’interesse personale, spingendo il credente a mettere gli altri al primo posto. Questa trasformazione interiore si manifesta nella volontà di servire, perdonare e accogliere, anche a costo di sacrifici personali.

Guarisce e purifica il cuore. L’amore cristiano, se vissuto pienamente, opera una guarigione interiore. Il perdono dei peccati, la riconciliazione con Dio e la grazia ricevuta attraverso Cristo rinnovano l’individuo, purificandolo dalle ferite dell’odio, del rancore e del peccato.

Trasformazione delle relazioni umane. L’amore che Gesù propone non si limita, però, a un’esperienza privata, ma è chiamato a rivoluzionare i rapporti tra le persone. Questo amore, infatti:

Supera le barriere di classe, etnia e cultura. Gesù invita ad amare senza condizioni, rompendo le divisioni sociali e culturali. Non si tratta di amare solo chi è amico o vicino, ma anche lo straniero e persino il nemico (Matteo 5:44). Questa visione radicale crea una comunità inclusiva, dove ogni persona è accolta.

Crea una comunione autentica. Nella comunità cristiana, l’amore trasforma le relazioni da meri legami funzionali o superficiali a una comunione profonda. Gesù chiede ai suoi discepoli di amarsi “come io ho amato voi” (Giovanni 13:34), creando un legame di reciproca cura, servizio e sostegno che diventa visibile agli occhi del mondo (Giovanni 13:35).

L’amore agape proposto da Gesù ha, infine, il potere di trasformare la società. Quando è vissuto collettivamente, questo amore:

Promuove la giustizia e la pace. L’amore cristiano si esprime anche nella ricerca del bene comune, nella lotta contro l’ingiustizia e nell’impegno per la dignità umana. I valori dell’Evangelo, incarnati nell’amore, portano alla costruzione di una società basata sulla solidarietà e sulla compassione, anziché sulla violenza o sull’oppressione.

È testimone e fermento di cambiamento. L’amore dei cristiani, visibile nelle loro azioni di carità, servizio e giustizia, diventa una testimonianza concreta che può ispirare il cambiamento anche nelle persone e nelle strutture che ancora non conoscono Cristo. Come affermava Tertulliano, l’amore reciproco tra i cristiani era un segno visibile che attirava l’attenzione dei pagani, testimoniando l’esistenza di una realtà diversa, permeata dall’amore divino.

Alla radice della trasformazione dell’amore cristiano c’è la dimensione spirituale e redentrice.

Partecipazione all’amore di Dio. Amando come Gesù ha amato, i credenti partecipano alla stessa vita di Dio. L’amore agape non è semplicemente umano, ma riflette l’amore divino. Questo conferisce alla vita del cristiano una dimensione trascendente, orientandolo verso il compimento finale in Dio.

Riconciliazione e nuova creazione: L’amore che trasforma è strettamente legato alla missione redentrice di Cristo. Attraverso la croce, Gesù riconcilia la creatura umana con Dio, offrendo la possibilità di una nuova creazione. L’amore agape che i cristiani sono chiamati a vivere è un riflesso di questa riconciliazione, e attraverso di esso, la realtà del peccato, dell’odio e della divisione può essere trasformata in redenzione, pace e unità.

Conclusione 

Tutto quanto abbiamo fin qui considerato indubbiamente ci mette tutti in questione. Gesù, nell’insegnamento che ci dà Giovanni 13:34-35, non solo offre un comandamento di amore, ma ne rivela la radicalità e novità. L’amore agape diventa il fondamento della comunità cristiana e il suo segno distintivo nel mondo. È un amore che sfida i discepoli a seguire l’esempio di Cristo, che dona sé stesso senza riserve. Questo amore non è sentimentalismo, ma un impegno sacrificale e una testimonianza vivente dell’amore di Dio.

In una società che spesso banalizza l’amore, riducendolo a un’esperienza individualistica e superficiale, Gesù propone un amore che trasforma: un amore che si realizza nel servizio agli altri, nell’offerta di sé, e che diventa strumento di redenzione e di testimonianza nel mondo. L’amore proposto da Gesù è trasformativo perché agisce a tutti i livelli: personale, relazionale, sociale e spirituale. Non si limita a un codice etico o a un sentimento emotivo, ma è una forza viva che rinnova il cuore umano, ridefinisce le relazioni tra le persone e modella una nuova comunità di fede, testimone della presenza di Dio nel mondo. Vivere questo amore significa partecipare al progetto di redenzione e di riconciliazione che Cristo ha inaugurato, diventando strumenti di trasformazione nel mondo. Il comandamento nuovo, quindi, non è solo un insegnamento etico, ma una chiamata a vivere l’amore con la stessa radicalità e intensità con cui Cristo ha amato, fino al sacrificio di noi stessi. Ne siamo all’altezza? Per grazia di Dio sì: è la direzione sulla quale dobbiamo muoverci con fiducia, confrontandoci costantemente con la Sua tabella di marcia, la Sua mappa, perché è un sentiero che non solo il Cristo ha percorso, ma che pure è quello sul quale hanno camminato molti Suoi discepoli nel corso della storia. Siamo chiamati a partecipare alla loro schiera.

Note 

[1] “Sed nos insidiatores publici dicimur. Atque adeo ad invicem, ut aiunt, tanta est dilectio, ut etiam ipsum sanguinem pro se impendunt. ‘Vide’, inquiunt, ‘ut invicem se diligant’; ipsi enim invicem oderunt. ‘Et ut pro alterutro mori sint parati’; ipsi enim ad occidendum alterutrum paratiores erunt.”

[2] https://it.wikipedia.org/wiki/Quinto_Settimio_Fiorente_Tertulliano  

[3] Ἐντολὴν καινὴν δίδωμι ὑμῖν, ἵνα ἀγαπᾶτε ἀλλήλους, καθὼς ἠγάπησα ὑμᾶς ἵνα καὶ ὑμεῖς ἀγαπᾶτε ἀλλήλους. ἐν τούτῳ γνώσονται πάντες ὅτι ἐμοὶ μαθηταί ἐστε, ἐὰν ἀγάπην ἔχητε ἐν ἀλλήλοις.

Paolo Castellina, 12 Settembre 2024.