Per grazia di Dio la decadenza si trasformerà in rinascita quando…  (2 Cronache 15)

Domenica 15 Settembre 2024

[Culto completo con predicazione, 57′]

[Solo predicazione, 33′]

Il libero Spirito della profezia 

Quando il Santo Spirito di Dio, libero e sovrano, “si impadronisce” di una persona e ne fa un profeta, il suo portavoce, questi non teme di denunciare la menzogna e l’ipocrisia, di annunciare anche verità scomode e “scorrette”. È il caso di un certo Azaria ben Oded che, al tempo di Asa, regnante in Gerusalemme, denuncia che: “Per lungo tempo Israele è stato senza vero Dio, senza sacerdote che lo ammaestrasse, e senza legge” (2 Cronache 15:3). “Ma come?”, si dirà, “Israele non è forse il popolo eletto, rappresentante di Dio sulla terra? Non gli era forse “garantita” la presenza di Dio in mezzo a loro?”. Formalmente sì, ma solo “a certe condizioni”. Può capitare, infatti, che l’istituzione religiosa, sia che si chiami Israele oppure Chiesa, nonostante le sue pretese, si dimostri fondamentalmente infedele e quindi del tutto disutile a Dio, e questo può accadere, purtroppo, anche “per lungo tempo”. Allora, come pure accade oggi, le tragiche conseguenze erano palesi e i più non lo vedevano, oppure, illudendosi, rifiutavano di vederlo. Ecco così che Azaria sospinto dallo Spirito di Dio, denuncia la situazione incancrenita di Israele e chiama alla conversione, “se mai avvenga che Dio conceda loro di ravvedersi per riconoscere la verità” (2 Timoteo 2:25). Per grazia di Dio questo avviene quando il profeta incontra il re Asa, regnante a quel tempo, e gli parla chiaramente, senza timore. Allora gli occhi del re si aprono. Egli dà così inizio ad una vasta opera di riforma che avrebbe dato origine a tempi di prosperità spirituale e pace. Nella storia del popolo di Dio, tempi anche molto lunghi di decadenza spirituale si alternano tempi di risveglio, riforma, rinascita, ricostruzione. Profeti e riformatori, spesso personaggi prima sconosciuti, ne sono gli strumenti. Gli eterni propositi di Dio, infatti, non possono essere frustrati e pregiudicati.

Oggi, così, rifletteremo sulle lezioni che ci provengono dal capitolo 15 del secondo libro delle Cronache. Vale la pena di ascoltarlo per intero.

Il testo biblico 

“Allora lo Spirito di Dio si impadronì di Azaria, figlio di Oded, il quale uscì a incontrare Asa, e gli disse: ‘Asa, e voi tutto Giuda e Beniamino, ascoltatemi! L’Eterno è con voi, quando voi siete con lui; se lo cercate, egli si farà trovare da voi; ma se lo abbandonate, egli vi abbandonerà. Per lungo tempo Israele è stato senza vero Dio, senza sacerdote che lo ammaestrasse, e senza legge; ma nella sua avversità egli si è convertito all’Eterno, all’Iddio d’Israele, lo ha cercato, ed egli si è lasciato trovare da lui. In quel tempo non c’era pace né per chi andava né per chi veniva; perché fra tutti gli abitanti dei vari paesi c’erano grandi agitazioni, ed essi erano schiacciati, nazione da nazione, e città da città; poiché Iddio li affliggeva con ogni sorta di tribolazioni. Ma voi, siate forti, non vi lasciate indebolire le braccia, perché la vostra opera avrà la sua ricompensa’. Quando Asa ebbe udito queste parole e la profezia del profeta Oded, prese coraggio, e fece sparire gli idoli abominevoli da tutto il paese di Giuda e di Beniamino, e dalle città che aveva preso nella regione montuosa di Efraim; e ristabilì l’altare dell’Eterno, che era davanti al portico dell’Eterno. Poi radunò tutto Giuda e Beniamino, e quelli di Efraim, di Manasse e di Simeone, che abitavano fra loro; poiché tanti tra la gente d’Israele erano passati dalla sua parte, vedendo che l’Eterno, il suo Dio, era con lui. Essi dunque si radunarono a Gerusalemme il terzo mese del quindicesimo anno del regno di Asa. In quel giorno offrirono in sacrificio all’Eterno, della preda che avevano portato, settecento buoi e settemila pecore e si accordarono in un patto a cercare l’Eterno, l’Iddio dei loro padri, con tutto il loro cuore e con tutta la loro anima; e chiunque non cercasse l’Eterno, l’Iddio d’Israele, doveva essere messo a morte, grande o piccolo che fosse, uomo o donna. Si unirono con un giuramento all’Eterno con grande voce e con acclamazioni, al suono delle trombe e dei corni. Tutto Giuda si rallegrò di questo giuramento; perché avevano giurato con tutto il cuore, avevano cercato l’Eterno con grande ardore ed egli si era lasciato trovare da loro. E l’Eterno diede loro pace da ogni lato. Il re Asa destituì anche dalla dignità di regina sua madre Maaca, perché aveva eretto un’immagine ad Astarte; e Asa abbatté l’immagine, la fece a pezzi e la bruciò presso il torrente Chidron. Tuttavia, gli alti luoghi non furono eliminati da Israele; sebbene il cuore di Asa fosse integro durante tutta la sua vita. Egli fece portare nella casa dell’Eterno le cose che suo padre aveva consacrato, e quelle che aveva consacrato egli stesso: argento, oro, vasi. E non ci fu più nessuna guerra fino al trentacinquesimo anno del regno di Asa” (2 Cronache 15:1-19).

Un profeta  e il suo re

Non sappiamo chi fosse questo Azaria. Quel che è sicuro è che non faceva parte dell’establishment politico-religioso di Israele. Era “un certo Azaria”, uno qualunque del popolo di Dio. Non aveva qualifiche ufficiali, ma la credibilità di una persona non dipende necessariamente dai titoli che possiede o dalla sua posizione eminente nella società. Quando Dio “si impadronisce” di una persona, la investe, la sospinge, facendone suo portavoce, essa proclama con forza verità spesso “scomode” che non possono essere ignorate. Dio fa in modo, infatti, che la sua autorevolezza, che trova in Dio soltanto la sua origine, si imponga e venga ascoltata.

Nell’Antico Testamento, diversi erano i profeti che non facevano parte dell’establishment politico-religioso di Israele. Questi profeti operavano spesso al di fuori delle istituzioni ufficiali, offrendo messaggi critici nei confronti del potere politico e religioso del loro tempo. Era il caso di Amos, un contadino. Non era un sacerdote né un profeta di professione legato al tempio o alla corte. Era stato chiamato da Dio per profetizzare contro le ingiustizie sociali e religiose del Regno di Israele. La sua denuncia delle disuguaglianze e della corruzione lo aveva posto in netto contrasto con l’establishment del tempo. Era il caso di Osea: il suo messaggio era fortemente critico nei confronti della decadenza morale e spirituale della nazione, evidenziando l’infedeltà del popolo e dei suoi leader nei confronti di Dio. Era il caso di Michea, proveniente da un villaggio rurale, Michea non apparteneva all’élite urbana o sacerdotale. Come Amos, denuncia l’ingiustizia sociale, la corruzione dei governanti e dei capi religiosi, e la falsa sicurezza che questi traevano dal loro status. Altri profeti simili se ne possono ancora menzionare [1]. Essi svolgono un ruolo di “outsider” rispetto alle istituzioni ufficiali, spesso criticando apertamente le pratiche religiose e politiche dei loro tempi e incarnando così un messaggio di ravvedimento, riforma e ritorno alla fedeltà a Dio.  

Il re Asa era nipote dello stolto figlio di Salomone, Roboamo, e di conseguenza era il terzo re di Giuda dopo la secessione del Nord. Aveva appena ottenuto una grande vittoria e stava tornando con il suo esercito trionfante a Gerusalemme, quando gli va incontro Azaria, che gli riversa addosso parole infuocate, esortando lui e il suo popolo ad aderire esclusivamente a Dio e a liberarsi degli idoli che corrompevano la nazione destinandola al peggio – cosa per altro minacciata dal patto che li legava a Dio. Asa non respinge Azaria né se lo fa togliere dai piedi come un importuno scocciatore. Riconosce la verità delle parole di Azaria. Il Signore Dio, nella Sua grazia sovrana, aveva già preparato il suo cuore a ricevere un messaggio che avrebbe dato inizio ad un risveglio e ad una riforma. Comprende che la prosperità della sua nazione e il successo delle sue imprese non dipende dai compromessi politici e religiosi che sembravano essere “convenienti” ai suoi predecessori, ma dalla fedeltà al “ruolo storico” che Israele doveva svolgere nei propositi di Dio, quelli che erano stati onorati dal suo antenato Davide.

Il Dio vero e vivente 

Qual è il messaggio che Azaria, portavoce di Dio, rivolge al re Asa? In primo luogo conteneva un’affermazione di principio.   “L’Eterno è con voi, quando voi siete con lui; se lo cercate, egli si farà trovare da voi; ma se lo abbandonate, egli vi abbandonerà” (2).

Per il potere politico, la religione è spesso considerata come un “instrumentum regni” [2] cioè un mezzo, uno strumento per mantenere e consolidare il proprio controllo sulla società. In quella prospettiva, la religione serve per mantenere il popolo sottomesso e ubbidiente o comunque per impartire dei freni morali che contribuiscano a mantenere l’ordine sociale. La religione diventa quindi uno strumento pragmatico, un mezzo utile per il raggiungimento di fini politici, indipendentemente dalla sincerità della fede o di quale sia questa religione. Con i successori del re Davide era andata perduta l’idealità della sua fede nel Dio vero e vivente e, per compiacere il popolo o per allinearsi con le idee, gli usi e i costumi dei popoli circostanti, l’idolatria era diventata sempre più comune. Che importava, per quei regnanti, quale religione il popolo praticasse: basta che fosse “conveniente” al potere politico, anche pratiche idolatriche pagane! Essi, però, si ingannavano: non avrebbero potuto raggiungere la prosperità che si basa sulla verità e sulla fedeltà al patto che li legava con Dio. Israele non doveva essere “una nazione come le altre”, ma testimonianza di fedeltà al Dio vero e vivente ed alle Sue leggi morali, unica garanzia di ordine e stabilità. Abbandonando il Dio vero e vivente essi sarebbero stati abbandonati da Lui ed essi stessi si sarebbero sciolti nella massa magmatica del paganesimo dove vale solo “la legge della giungla”. L’espressione “legge della giungla” [3], nel nostro parlare comune, descrive una situazione in cui vige la legge del più forte, dove non esistono regole morali, leggi giuridiche, o strutture sociali che tutelino i diritti e la dignità degli individui. Indica un ambiente caratterizzato da un’estrema competizione e violenza, dove la sopravvivenza dipende dalla capacità di sopraffare gli altri, quando le norme sociali vengono ignorate o annullate, portando a una situazione di anarchia o di conflitto in cui prevalgono l’egoismo e la brutalità. Questo non accade, però, quando la vita personale e sociale è caratterizzata da ciò che è riassunto nel Decalogo, la legge morale suprema stabilita dal Dio vero e vivente. L’esortazione a “cercare” il Dio vero e vivente, quindi, era quanto mai appropriata. Il Signore Iddio non delude e “si fa trovare” da coloro che diligentemente ed umilmente Lo cercano. Per grazia di Dio, il re Asa comprende ed accoglie il messaggio del profeta: “… ma nella sua avversità egli si è convertito all’Eterno, all’Iddio d’Israele, lo ha cercato, ed egli si è lasciato trovare da lui” (4).

La situazione 

Il re Asa prende così coscienza delle tragiche conseguenze dell’abbandonare Dio e dall’essere, di conseguenza, abbandonati da Lui: coloro che dovevano essere vivente testimonianza di fedeltà, perdono completamente il loro status e privilegi: “Per lungo tempo Israele è stato senza vero Dio, senza sacerdote che lo ammaestrasse, e senza legge” (3). Questo non era avvenuto solo da “ieri”, ma “per lungo tempo”. Si tratta dell’incipiente decadenza politica, sociale, morale e spirituale in cui era incorso Israele dopo i tempi di Davide e Salomone. C’era chi preferiva non vederlo e che si illudeva che Israele avrebbe “in ogni caso” conservato il suo status di “popolo eletto” e che la presenza di Dio gli fosse garantita. Si sbagliavano.

Benché professassero, a parole, di onorare il Dio vero e vivente, il Dio di Abraamo, Isacco e Giacobbe, il loro sincretismo e idolatria li aveva di fatto portati a rinnegare la loro confessione di fede fondamentale: “Sappi dunque oggi, e tienilo bene in cuore, che l’Eterno è Dio: lassù nei cieli, e quaggiù sulla terra; e che non ce n’è alcun altro (Deuteronomio 4:39). Interrogato sul comandamento primo fra tutti, anche Gesù riafferma: “Ascolta, Israele: Il Signore Dio nostro è l’unico Signore. Ama dunque il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore e con tutta l’anima tua e con tutta la mente tua e con tutta la forza tua” (Marco 12:20-30). Perduto quello si poteva davvero dire che fossero, a tutti gli effetti, “senza vero Dio”.

Benché professassero, a parole, di onorare la Legge morale suprema di Dio, essi, di fatto, erano “senza legge”. Le tragiche conseguenze interne ed esterne erano palesi. Dice il nostro testo: “In quel tempo non c’era pace né per chi andava né per chi veniva; perché fra tutti gli abitanti dei vari paesi c’erano grandi agitazioni, ed essi erano schiacciati, nazione da nazione, e città da città; poiché Iddio li affliggeva con ogni sorta di tribolazioni” (5-6).

Benché, poi, avessero sacerdoti dedicati al Dio vero e vivente, essi negligevano il loro compito fondamentale, cioè quello di istruire il popolo nella sana dottrina. Erano a tutti gli effetti: “senza sacerdote che lo ammaestrasse”.

La risposta del re Asa 

Di tutta questa situazione, il re Asa prende coscienza, ma non se ne lascia abbattere come se fosse ineluttabile e senza soluzione. Non si lascia “indebolire le braccia” secondo l’esortazione del profeta: “Ma voi, siate forti, non vi lasciate indebolire le braccia, perché la vostra opera avrà la sua ricompensa” (7). Come capo e guida del popolo e a nome di tutta la nazione, fa atto di sincero pentimento e soprattutto si dà da fare. Decreta e mette in atto riforme radicali di tutta la vita sociale e religiosa della nazione: “Quando Asa ebbe udito queste parole e la profezia del profeta Oded, prese coraggio, e fece sparire gli idoli abominevoli da tutto il paese … e ristabilì l’altare dell’Eterno, che era davanti al portico dell’Eterno” (8). L’effetto di queste riforme era tanto tangibile che: “tanti tra la gente d’Israele erano passati dalla sua parte, vedendo che l’Eterno, il suo Dio, era con lui” (9). L’Israele di cui qui si parla era il regno “concorrente” nel nord del paese aveva preso quella denominazione e che era diventato anche più corrotto che quello di Giuda. Nel regno dell’Israele settentrionale c’era pure chi non tollerava tale situazione e che era ben disposto di partecipare ad un tale programma di riforme.

Asa, inoltre, “mette a posto” le cose anche nella sua famiglia, com’è scritto: “Il re Asa destituì anche dalla dignità di regina sua madre Maaca, perché aveva eretto un’immagine ad Astarte; e Asa abbatté l’immagine, la fece a pezzi e la bruciò presso il torrente Chidron” (16). Disfarsi dell’idolatria, infatti, non era solo “una questione religiosa”, ma implicava anche assumere una concezione aliena del mondo e della vita che corrompe e distrugge, gradualmente, tutto ciò che Dio ha rivelato su Sé stesso e sul modo di vivere che Egli si attende dalle Sue creature. Oggi un’istruzione pubblica basata sull’ideologia umanistica contamina la mente dei credenti e dei loro figli e contribuisce a corrompere e neutralizzare la fede cristiana fondata sull’insegnamento biblico.

L’esito finale 

“La vostra opera avrà la sua ricompensa” (7) aveva detto il profeta da parte di Dio. Questa ristrutturazione, infatti, dell’intera vita nazionale, porta gran parte della popolazione a riconsacrarsi a Dio: “… si accordarono in un patto a cercare l’Eterno, l’Iddio dei loro padri, con tutto il loro cuore e con tutta la loro anima … Si unirono con un giuramento all’Eterno con grande voce e con acclamazioni, al suono delle trombe e dei corni. Tutto Giuda si rallegrò di questo giuramento; perché avevano giurato con tutto il cuore, avevano cercato l’Eterno con grande ardore ed egli si era lasciato trovare da loro”.

Esito ancora più stupefacente di tutto questo è che: “L’’Eterno diede loro pace da ogni lato” (15), come pure è scritto: “E non ci fu più nessuna guerra fino al trentacinquesimo anno del regno di Asa” (19).

A tutto questo bisogna però aggiungere un’appendice. Il re Asa viene certamente lodato dalla Parola di Dio, che mette in evidenza come, dopo la sua conversione, il suo cuore fosse rimasto integro durante tutta la sua vita. Ciononostante, egli commette due errori opposti. Da una parte, è scritto che: “…chiunque non cercasse l’Eterno, l’Iddio d’Israele, doveva essere messo a morte, grande o piccolo che fosse, uomo o donna” (13). È un’esagerazione, il “troppo zelo” tipico per certi governanti ricorrere all’uso della forza per costringere la gente persino alla vera religione, arrivando addirittura a condannare a morte chi vi si opponga. La storia è piena di casi come questi. Comunque lo potremmo giudicare, questo tipo di soluzioni radicali non sono nello spirito del Messia, del Cristo, che non ammette simili atti di violenza. D’altro canto, il re Asa era riuscito, ipocritamente a trovare giustificazioni politiche per non attuare, in certi casi, tutte le necessarie riforme. Infatti, trova delle scuse per non eliminare, come avrebbe dovuto, tutti i santuari pagani che erano stati edificati sulla cima di colline, gli “alti luoghi”: “Tuttavia, gli alti luoghi non furono eliminati da Israele; sebbene il cuore di Asa fosse integro durante tutta la sua vita” (17). Si tratta delle colpevoli contraddizioni della natura umana – e la Bibbia è sempre onesta ad ammetterlo. Essa, infatti, è realistica: non idealizza mai nemmeno i più grandi uomini e donne di Dio. Questo sarebbe indubbiamente stato il preludio a nuovi futuri periodi di decadenza e di corruzione.

Conclusione 

Il popolo di Dio e le sue istituzioni, sia nell’Antico che nel Nuovo Testamento, coltiva spesso pretese di rappresentare Dio e che Dio stia dalla loro parte – a prescindere. A causa dei suoi compromessi con le ideologie idolatriche di questo mondo, variamente giustificati, non si rende però conto che, dopo aver corrotto la fede data “una volta per sempre ai santi” potrebbe ben perdere il suo status o peggio, vedere affidare ad altri il “ruolo storico” che gli era stato dato. Deve perciò prestare attenzione a quanto il profeta Azaria aveva detto al re Asa: “Per lungo tempo Israele è stato senza vero Dio, senza sacerdote che lo ammaestrasse, e senza legge” (2 Cronache 15:3). Il popolo di Dio deve sempre interrogarsi criticamente e chiedersi se onora il vero Dio o il Dio delle loro pie fantasie, se i suoi “sacerdoti” davvero ammaestrino secondo la verità rivelata oppure siano in tutt’altre faccende affaccendati servendo altre agende. Se veramente la legge morale suprema di Dio sia la guida della loro fede e condotta in ogni ambito della vita.

Nemmeno, però, dobbiamo rassegnarci alla decadenza morale e spirituale, perché i propositi di Dio in Cristo andranno a pieno compimento. “Non vi lasciate indebolire le braccia, perché la vostra opera avrà la sua ricompensa” dice il profeta. La nostra “opera” è il ravvedimento, la fede e la fiduciosa personale mobilitazione per partecipare ai tempi di risveglio e di riforma. Verranno, nessuno ne dubiti. La sola questione è se ne vogliamo far parte.

Paolo Castellina, 4 Settembre 2024

Note

[1] Sui profeti “outsider”: https://www.tempodiriforma.it/mw/index.php?title=Teopedia/Profeti_non_establishment  

[2] Instrumentum regni: https://www.tempodiriforma.it/mw/index.php?title=Teopedia/Instrumentum_Regni&veaction=edit  [3] La “legge della giungla”: https://www.tempodiriforma.it/mw/index.php?title=Teopedia%2FLegge_della_giungla