Il tribunale supremo di Dio e i suoi avvocati (Giovanni 16:5-15)

Domenica 10 Marzo 2024 – Quarta domenica del tempo di Quaresima

(Servizio di culto completo con predicazione, 58′ 01″)

(Solo predicazione, 32′ 56″)

Tribunali

Il 17 luglio 1998 è stato istituito il Tribunale Penale Internazionale (ICC) durante una conferenza diplomatica dello “Statuto di Roma”. È diventato operativo solo il 1 luglio 2002, dopo che un numero sufficiente di paesi ha ratificato questo Statuto. Lo Statuto di Roma, creando la Corte Penale Internazionale, ha così stabilito un organismo giuridico permanente con giurisdizione su crimini internazionali, inclusi crimini di guerra, crimini contro l’umanità, genocidi e aggressione. Il tribunale è stato creato per garantire che coloro che commettono tali crimini siano tenuti responsabili a livello internazionale. I giudici della Corte Penale Internazionale sono eletti dall’Assemblea degli Stati che fanno dello “Statuto di Roma”, composta dai rappresentanti che lo hanno ratificato o vi hanno aderito, attualmente 123. Il Tribunale Penale Internazionale è stato talvolta accusato di essere influenzato da tendenze politiche, che la corte, cioè, sia soggetta a pressioni da parte di potentati a livello globale, compromettendo così la sua imparzialità, ma tale tribunale rimane di indubbia importanza.

Recentemente il governo dello stato di Israele è stato portato davanti a questa corte internazionale con l’accusa di genocidio del popolo palestinese, in particolare nella Striscia di Gaza. Dagli avvocati delle parti sono state portate prove ed argomentazioni che dimostrano il fatto o lo negano. Non entro oggi nel merito di questo o altri casi sottoposti al Tribunale Penale Internazionale e rimando chi vorrebbe approfondire la cosa alla documentazione appropriata. Vorrei solo attirare l’attenzione sul fatto che la convivenza, sia fra delle persone che delle nazioni, è sempre basata sul concetto di rispetto per la Legge e degli accordi, e quindi sull’importante funzione assunta dei tribunali che ne vagliano e ne condannano le trasgressioni. La funzione principale dei tribunali, infatti, è quella di garantire che la giustizia sia amministrata in modo equo, coerente e in conformità con le leggi stabilite.

La prospettiva giuridica è pure indispensabile per comprendere correttamente il messaggio biblico, sia dell’Antico che del Nuovo Testamento. Dio, infatti, ha inquadrato le creature umane, razionali e responsabili, in un contesto legale. Se non si comprende il significato giuridico, ad esempio, di Legge morale suprema, di peccato, di patto, di benedizioni e maledizioni, e quello della stessa Grazia, si può dire di non avere compreso ciò che insegna la Bibbia e il significato dell’Evangelo stesso. Così come, per esempio, il peccato è definito come violazione della Legge suprema di Dio (1 Giovanni 3:4), la Grazia è il decreto per il quale, nell’ambito del tribunale di Dio, al peccatore che si affida all’opera del Salvatore Gesù Cristo viene condonata la pena che merita e perdonato – per cui è importante comprenderne che cosa la renda possibile e quali ne siano le implicazioni. L’ignoranza o la sottovalutazione di questo contesto legale non raramente è persino promossa da predicatori disavveduti che così “annacquano” e banalizzano l’Evangelo rendendolo così inefficace.

Dio ha reso ogni creatura umana responsabile di sé stessa davanti a Lui e alla Sua Legge suprema e tutti si dovranno presentare davanti a tale tribunale, la cui esistenza è più sicura di qualsiasi tribunale terreno. Sottovaluteremmo la cosa solo a nostro rischio e pericolo. La Scrittura afferma infatti a chiare lettere: “… è stabilito che gli uomini muoiano una volta sola, dopo di che viene il giudizio” (Ebrei 9:27).

Gli avvocati

Oggi tratteremo di un testo biblico che parla pure dell’esistenza, nell’ambito del tribunale di Dio, di un particolare avvocato. Ne parla lo stesso Gesù Cristo quando preannuncia la venuta e l’opera dello Spirito Santo di Dio, che Gli sarebbe subentrato sulla terra dopo la Sua ascensione al cielo. Ascoltiamo quanto ci dice il vangelo secondo Giovanni, al capitolo 16 dal verso 5 al 15.

“(5) Ma ora me ne vado a colui che mi ha mandato e nessuno di voi mi domanda: ‘Dove vai?’. (6) Invece, perché vi ho detto queste cose, la tristezza vi ha riempito il cuore. (7) Pure, io vi dico la verità: è utile per voi che io me ne vada, perché, se non me ne vado, non verrà a voi il Consolatore, ma, se me ne vado, io ve lo manderò. (8) Quando sarà venuto, convincerà il mondo quanto al peccato, alla giustizia e al giudizio. (9) Quanto al peccato, perché non credono in me; (10) quanto alla giustizia, perché me ne vado al Padre e non mi vedrete più; (11) quanto al giudizio, perché il principe di questo mondo è stato giudicato. (12) Molte cose ho ancora da dirvi, ma non sono per ora alla vostra portata, (13) però quando sarà venuto lui, lo Spirito della verità, egli vi guiderà in tutta la verità, perché non parlerà di suo, ma dirà tutto quello che avrà udito e vi annuncerà le cose a venire. (14) Egli mi glorificherà perché prenderà del mio e ve l’annuncerà. (15) Tutte le cose che ha il Padre, sono mie: per questo ho detto che prenderà del mio e ve lo annuncerà” (Giovanni 16:5-15).

Un termine variamente tradotto

In questo testo, Gesù annuncia la venuta e l’opera dello Spirito Santo di Dio, Colui che, in questo mondo, dopo la Sua partenza, avrebbe svolto un ruolo simile rispetto al Suo. In che modo Gesù Gli si riferisce? Il termine originale greco è παράκλητος (paraklētos), letteralmente “colui che è chiamato a stare accanto”. La maggior parte delle traduzioni italiane, così come quella di cui noi qui facciamo uso, lo rendono come “il Consolatore”. Questo termine, però, non rende bene l’idea che sottende, anzi, potrebbe portarci addirittura fuori strada. La versione cattolica italiana ufficiale della Bibbia CEI2008 non lo traduce e, facendone un calco, lo rende così: “… se non me ne vado, non verrà a voi il Paràclito”. Questo termine, nell’originale, fa parte del linguaggio giuridico e il contesto è, appunto, quello dell’aula del tribunale dove si giudicano i trasgressori della Legge. Questo è il contesto concettuale che Gesù stesso descrive in questo brano. Il termine, infatti, si può tradurre come “avvocato” e così è tradotto in diverse lingue. La versione Martini in Giovanni 14:16 traduce: “E io pregherò il Padre, e vi darà un altro Avvocato, affinché resti con voi eternamente”. Di fatto il Nuovo Testamento chiama Gesù stesso nostro avvocato difensore presso il tribunale di Dio: “Figlioli miei, io vi scrivo queste cose affinché non pecchiate; ma se qualcuno ha peccato, noi abbiamo un avvocato presso il Padre: Gesù Cristo, il giusto” (1 Giovanni 2:1).

La descrizione dello Spirito Santo come “Paraclito” (“avvocato”) è unica nel Vangelo di Giovanni (14:16, 26; 15:26; e 16:7). Nella prima epistola di Giovanni, nell’unico altro uso della parola nel Nuovo Testamento, è Gesù, non lo Spirito Santo, ad essere descritto come παράκλητος (paraklētos) nel senso di “avvocato difensore” o “intercessore”. Il contesto suggerisce l’intercessione nel senso di difesa legale, poiché l’accento è posto sulla giustizia di Gesù (“Gesù Cristo, il giusto”). Il concetto dell’intercessione di Gesù a favore dei credenti ricorre altrove nel Nuovo Testamento, in particolare in Romani 8:34 [“Chi li condannerà? Cristo Gesù è colui che è morto e, ancor più, è risuscitato, è alla destra di Dio e anche intercede per noi”] ed Ebrei 7:25 [“… perciò può anche salvare appieno quelli che per mezzo di lui si accostano a Dio, vivendo egli sempre per intercedere per loro”].

L’apparente confusione di ruoli fra Gesù e lo Spirito Santo, entrambi “avvocato” può essere risolta osservando come Gesù sia “l’avvocato della difesa”, mentre lo Spirito Santo, nel contesto del nostro brano di Giovanni 16, di fatto assume il ruolo di “avvocato dell’accusa”, come vedremo fra un attimo, il che rende problematica la traduzione qui che vede lo Spirito Santo come “Consolatore”, se non nel senso della consolazione di vedere la verità proclamata trionfare. La funzione dell’avvocato dell’accusa!

Secondo questo brano del vangelo, quale ruolo, quindi, svolgerà questo “avvocato”? Sostanzialmente quello di fungere, di fronte al mondo, attraverso la proclamazione dell’Evangelo, da “avvocato dell’accusa”, una sorta di “pubblico ministero” che dichiara, dimostra, tre cose: (1) che l’umanità è colpevole rispetto alla Legge suprema di Dio e meritevole di condanna; (2) che l’opera redentrice di Gesù Cristo è stata compiuta una volta per tutte; (3) che le forze del male che dominano questo mondo sono state sconfitte e non possono più avanzare pretesa alcuna.

Ecco così come la funzione dello Spirito Santo sia quella di potenziare la proclamazione dell’Evangelo “convincendo” il mondo: “Quando sarà venuto, convincerà il mondo quanto al peccato, alla giustizia e al giudizio” (8). Che cosa significa: “convincerà il mondo”? Il verbo originale tradotto con “convincere” è ἐλέγχω (elenchō). I suoi possibili significati sono: (1) dimostrare la colpevolezza di qualcuno, quindi “condannare”, o meglio, “rendere passibile di condanna”; (2) “portare alla luce o esporre qualcosa; e (3) “correggere o punire qualcuno”. Questa terza possibilità deve essere esclusa perché non rientra in questo contesto. Dimostrare la colpevolezza dell’imputato, in un tribunale, è propria, appunto, dell’avvocato dell’accusa. Anche conosciuto come pubblico ministero, egli rappresenta lo Stato o la Corona ed è responsabile di presentare prove a sostegno dell’accusa durante il processo penale. La sua funzione è quella, cioè, di dimostrare la colpevolezza dell’imputato oltre ogni ragionevole dubbio. Il suo ruolo è cruciale nel garantire che la giustizia sia fatta e che i responsabili di crimini rispondano delle proprie azioni davanti alla Legge.

Spesso si intende che il significato qui è che il Paracleto “convincerà” il mondo del suo errore, così che almeno alcuni si pentiranno. Qui, però, il verbo ἐλέγχω non implica necessariamente la conversione o la riforma del colpevole. È molto più probabile che, come in un processo, si intenda fornire prove di colpevolezza in senso giuridico, che l’imputato sia effettivamente ritenuto colpevole (non necessariamente che riconosca la propria colpevolezza). Di fatto siamo di fronte ad un’umanità che rifiuta la verità della propria colpevolezza. Giovanni 14:17 afferma: “… lo Spirito della verità, che il mondo non può ricevere, perché non lo vede e non lo conosce” e in Giovanni 3:20, dov’è scritto che “chiunque fa cose malvagie odia la luce e non viene alla luce, perché le sue opere non siano riprovate”, per timore che le sue azioni siano smascherate per quello che realmente sono. Il compito quindi qui del Paracleto è dimostrare chiaramente, attraverso la proclamazione dell’Evangelo, che il mondo intero è sottoposto a condanna da parte di Dio. Si tratta di quello che pure afferma l’apostolo Paolo: “Ora noi sappiamo che, tutto quel che la legge dice, lo dice a quelli che sono sotto la legge, affinché ogni bocca sia chiusa e tutto il mondo sia sottoposto al giudizio di Dio” (Romani 3:19). Quando i cristiani evangelizzano nella potenza dello Spirito Santo essi, proclamando l’eterna validità della Legge di Dio, rispetto alla quale “il mondo” deve rendere conto di sé stesso, essi dichiarano la sua giusta condanna e perdizione. Lo rende così inescusabile.

Il nostro testo dice che: “Quando sarà venuto, convincerà il mondo quanto al peccato” (8). Anche in questo caso, l’uso del verbo “convincere” non è del tutto giusto, perché convincere in italiano significa persuadere o far credere qualcosa a qualcuno, mentre di fatto il verbo originale significa “dichiarare colpevole”, dimostrare la colpevolezza del mondo. Infatti, il versetto 9 dice: “Quanto al peccato, perché non credono in me”. “Il mondo” non crede che Gesù sia venuto per salvarlo dalla condanna che merita in quanto come peccatori. Il mondo dice: “Non ci riteniamo colpevoli: perché mai dovremmo accogliere Gesù come nostro Salvatore?”. Colpevoli però lo sono, e la predicazione cristiana sostenuta dallo Spirito Santo lo dimostra. Il mondo viene dichiarato colpevole riguardo al peccato, e la ragione addotta è il loro rifiuto di credere in Gesù. L’effetto della venuta di Gesù nel mondo come Luce del mondo era stato quello di provocare il giudizio, costringendo le persone a schierarsi a favore o contro di lui, ma i più avevano scelto le tenebre piuttosto che la luce. Proprio alla fine del ministero pubblico di Gesù nel Vangelo di Giovanni, molte persone si rifiutavano ancora di credere in lui.

Quanto alla giustizia e al giudizio

Che cosa significa, però che quando sarà venuto, lo Spirito Santo di Dio “convincerà il mondo quanto … alla giustizia … perché me ne vado al Padre e non mi vedrete più”? L’idea che il ritorno di Gesù al Padre costituisce la sua “giustizia” (δικαιοσύνη) è intesa nel senso di rivendicazione, la conferma dell’efficacia dell’opera da Lui compiuta per guadagnare la grazia della salvezza dei Suoi eletti, il Suo popolo. Gesù aveva ripetutamente affermato di essere unito al Padre, e i suoi oppositori lo avevano ripetutamente rifiutato etichettandolo come un ingannatore, un peccatore e un blasfemo. Gesù, però, con la sua risurrezione e glorificazione, ritornando al Padre, conferma la verità e giustizia delle sue affermazioni, nonostante le contestazioni. Nella sua rivendicazione vengono pure coinvolti come Suoi, a Lui appartenenti, coloro che Lo seguono. Essi sono legati a Lui irrevocabilmente perché la Sua giustizia davanti a Dio è stata loro attribuita. In Giovanni 17:11 Gesù dice: “Io non sono più nel mondo, ma essi sono nel mondo e io vengo a te. Padre santo, conservali nel tuo nome, quelli che tu mi hai dato”. Il mondo che rifiuta Gesù non Lo avrebbe più veduto come Salvatore, ma solo come giusto Giudice che sancisce la loro definitiva condanna.

Infatti, Gesù aggiunge infine che quando sarà venuto, lo Spirito Santo di Dio “convincerà il mondo quanto … al giudizio … perché il principe di questo mondo è stato giudicato” (8,11). Il “principe” o dominatore di questo mondo, indica Satana, il capo delle forze spirituali della malvagità, quelle che hanno incitato e incitano la ribellione a Dio delle creature umane e che le dominano. Il mondo empio ed incredulo, ingannato da Satana, si crede libero ed autonomo rispetto a Dio, ma di fatto è asservito a queste forze che mirano solo alla sua distruzione. Le forze del male vinceranno? No, nessuno si faccia illusioni. L’opera di Cristo è tale da riportare vittoria su di esse. Satana è stato giudicato e condannato irreparabilmente. I suoi “colpi di coda” non devono fare illudere nessuno. Cristo gli ha inferto una “ferita mortale” e non prevarrà. Lo Spirito Santo, attraverso la predicazione dell’Evangelo, dichiara la verità della sua sconfitta. Dio regna sovrano ed alla fine prevarrà completamente.

Conclusione

All’insegnamento che Gesù ci impartisce sulla funzione del Santo Spirito di Dio dopo la Sua partenza da questo mondo, nel brano del vangelo secondo Giovanni che oggi abbiamo considerato, Egli vi aggiunge: “Egli vi guiderà in tutta la verità … dirà tutto quello che avrà udito e vi annuncerà le cose a venire. Egli mi glorificherà perché prenderà del mio e ve l’annuncerà” (13-15). Di questo ne parleremo un’altra volta. Oggi abbiamo particolarmente evidenziato, prima di tutto, quanto sia importante comprendere il “quadro giuridico” nel quale si pone e deve porsi la proclamazione dell’Evangelo, il messaggio cristiano. In quest’ambito, la funzione dello Spirito Santo di Dio è indubbiamente molteplice ed un aspetto importante, come abbiamo visto, è quello di accompagnarne e potenziarne la proclamazione. In che modo? Svolgendo in primo luogo il ruolo di “avvocato dell’accusa”. Egli è “lo Spirito della verità” che rivela anche cose che il mondo non vorrebbe ascoltare perché “scomode”. Egli ci conduce a dire chiaramente: (1) che l’umanità (e quindi ciascuno di noi) è colpevole rispetto alla Legge suprema di Dio e meritevole di condanna; (2) che l’opera redentrice di Gesù Cristo è compiuta una volta per tutte ed è la sola che possa tirarci fuori da questa giusta condanna; (3) che le forze del male che dominano questo mondo sono state sconfitte e non possono più avanzare pretesa alcuna. Il Regno di Dio trionfa su di esse dovunque l’Evangelo di Gesù Cristo è fedelmente annunziato e vissuto perché è l’unico strumento di effettiva trasformazione delle persone e della società umana. Quanti, però, si convinceranno che le cose stiano effettivamente così e giungeranno al ravvedimento ed alla fede salvifica in Gesù? Coloro ai quali lo stesso Spirito Santo di Dio aprirà la mente e il cuore per ricevere la grazia della salvezza in Cristo! “Non dipende dunque né da chi vuole né da chi corre, ma da Dio che fa misericordia” (Romani 9:16).

Paolo Castellina, 1 Marzo 2024.

Supplemento

1.

Non è nostro compito di cristiani: convertire le persone, salvarle, produrre in loro fede e ravvedimento, convincerle… È nostro compito comunicare loro l’Evangelo con la parola e l’esempio. Convincere, indurre fede e ravvedimento, convertire e salvare, è compito ed opera sovrana dello Spirito Santo.

2.

Le Sacre Scritture parlano di un solo nostro “avvocato difensore”, il Signore e Salvatore Gesù Cristo, come pure dello Spirito Santo di Dio come “avvocato dell’accusa” come Colui che “convincerà il mondo quanto al peccato, alla giustizia e al giudizio”. Il Cattolicesimo romano introduce surrettiziamente una figura chiamata “avvocata nostra”, cioè nientemeno che Maria, la madre di Gesù. La dottrina che designa Maria come “avvocata nostra” nel contesto della teologia del cattolicesimo romano si basa sull’idea che Maria, come madre di Gesù, avrebbe un ruolo speciale di intercessione e mediazione tra i credenti e suo Figlio, Gesù Cristo. Il termine “avvocata” deriva dal latino “advocata”, che significa “colei che è chiamata a favore di”. In questo contesto, si riferisce al fatto che Maria è considerata un’interceditrice potente e compassionevole presso Dio. L’origine di questa dottrina viene giustificata tramite inferenze illegittime essere fatta risalire al ruolo di Maria nei Vangeli, dove è presente in momenti significativi della vita di Gesù e viene detta partecipare attivamente alla sua missione. La Chiesa cattolica interpreta questi ruoli come indicativi della speciale relazione tra Maria e Gesù, sottolineando la sua intercessione a favore dei credenti. Il titolo “avvocata nostra” sottolinea il ruolo di Maria come difensore e soccorritore spirituale dei fedeli. Questa dottrina è stata sviluppata nel corso dei secoli attraverso la tradizione e il magistero della Chiesa cattolica, inclusi concili e insegnamenti dei papi, anche se questa concezione di Maria come avvocata può variare tra le diverse correnti teologiche all’interno della Chiesa cattolica.