Scritta non per deprimere ma per incoraggiare (Apocalisse 1:4-8)

Domenica 24 Aprile 2022 – Seconda domenica di Pasqua

(culto completo con predicazione, 55′)

(Solo predicazione, 22′)

Introduzione alle letture bibliche

Letture bibliche: Salmo 150; Atti 5:27-32; Apocalisse 1:4-8; Giovanni 20:19-31

Nell’apertura delle letture bibliche di oggi, con un’intera orchestra di strumenti musicali il popolo di Dio, nel Salmo 150, rende a Dio lode e adorazione. Questo canto di lode, però, non è limitato a espressioni cultuali, ma è dimostrato nell’impegno degli apostoli a vivere con gioia lo stile di vita cristiano e ad ammaestrare tutte le nazioni, insegnando loro a osservare tutto ciò che Egli ha loro comandato. Essi lo fanno anche disobbedendo alle autorità umane che volevano proibirglielo, perché il loro Signore è solo uno, cioè Cristo Gesù. Lo vediamo nella seconda lettura tratta dagli Atti degli Apostoli. Essi lo fanno perché Egli ama il Suo popolo e lo ha dimostrato liberandoli dai loro peccati con il Suo sangue e facendoli essere “un regno e sacerdoti all’Iddio e Padre suo”. E’ quello che viene ribadito nella terza lettura, tratta dal libro dell’Apocalisse in attesa del promesso ritorno glorioso di Cristo. Conclude le nostre letture di oggi il racconto dell’apparizione ai discepoli riuniti del Signore risorto. Non tutti all’inizio avevano creduto alla Sua reale risurrezione, perché i loro occhi “erano impediti”, ma ne avranno prova inconfutabile. Chiediamo anche noi oggi al Signore di toglierci da davanti ogni impedimento alla fede in Cristo, riconoscere la Sua signoria e seguirlo con fiducia.

Data non per deprimere ma per incoraggiare

Le ambizioni dei signori della storia

Chi sono “i signori della storia”? Alcuni non esitano a identificarli come quegli ambiziosi globalisti che intendono portare l’umanità alle allucinanti distopie che essi considerano il progresso dell’evoluzione umana. Altri li identificano con gli irresponsabili imperialisti guerrafondai del giorno d’oggi che, con la loro sete di potere ben presto porteranno l’umanità a un’apocalisse senza più ritorno e all’estinzione dell’umanità stessa. Tutto questo oggi suscita, sia in circoli religiosi che laici, numerose speculazioni e fantasie “apocalittiche” con l’unico effetto deprimente di portare molti alla disperazione, a un fatalismo immobilizzante e talvolta solo a un morboso interesse. Anche questo può essere una forma di strumentale terrorismo.

Si tratta però largamente, a nostro giudizio, di un abuso del libro biblico dell’Apocalisse che, letto (se è effettivamente letto) al di fuori dal quadro complessivo della teologia biblica, porta spesso fuori strada. Come scrive l’apostolo Pietro al riguardo degli scritti di Paolo, anche gli scritti apocalittici della Bibbia “sono per la vostra salvezza”. Non sono fatti per spaventare e certo non per intrattenere la nostra morbosa fantasia, ma per incoraggiare il popolo di Dio alla fiducia nei vittoriosi propositi di Dio in Gesù Cristo. Accade, però, che: “…in essi ci sono alcune cose difficili a capire, che gli uomini ignoranti e instabili torcono, come anche le altre Scritture, a loro propria perdizione” (2 Pietro 3:15-16).

Un testo incoraggiante

Il testo biblico sul quale rifletteremo oggi, tratto dal primo capitolo del libro dell’Apocalisse, si pone proprio in questa prospettiva positiva: non terroristica ma positiva ed edificante per tutti coloro che ripongono in Cristo la loro fiducia. Tanto che lo scrittore, a questo riguardo, dice: “Beato chi legge e beati coloro che ascoltano le parole di questa profezia e serbano le cose che sono scritte in essa” (Apocalisse 1:3). Ascoltiamo così quanto troviamo nei versetti 4-8.

“Giovanni alle sette chiese che sono nell’Asia: Grazia a voi e pace da Colui che è, che era e che viene, e dai sette Spiriti che son davanti al suo trono, e da Gesù Cristo, il fedele testimone, il primogenito dei morti e il principe dei re della terra. A lui che ci ama, e ci ha liberati dai nostri peccati col suo sangue, e ci ha fatti essere un regno e sacerdoti all’Iddio e Padre suo, a lui siano la gloria e l’imperio nei secoli dei secoli. Amen. Ecco, egli viene colle nuvole; e ogni occhio lo vedrà; lo vedranno anche quelli che lo trafissero, e tutte le tribù della terra faranno cordoglio per lui. Sì, Amen. Io son l’Alfa e l’Omega, dice il Signore Iddio che è, che era e che viene, l’Onnipotente” (Apocalisse 1:4-8).

Non formalità retoriche

Il libro dell’Apocalisse, benché unico nel suo genere nella Bibbia, prende la forma di una lettera – secondo il formato che si usava a quel tempo. Di questa lettera questo testo è la significativa introduzione. Menziona, infatti, il destinatario della lettera, il suo mittente, e comprende un saluto e una dossologia. Non si tratta di formalità retoriche, ma di affermazioni di verità, non fatte solo con carta e penna (elementi deperibili), ma come scolpite sulla roccia.

A chi dunque è destinato questo libro? E chi ne è il mittente? Il v. 4 dice: “Grazia a voi e pace da Colui che è, che era e che viene, e dai sette Spiriti che son davanti al suo trono” (4). Giovanni specifica che sta scrivendo l’Apocalisse a sette chiese dell’Asia minore. Molto probabilmente, però, qui il numero sette non indica il numero effettivo di queste chiese, ma ha un carattere simbolico. Lo troviamo, infatti anche nella menzione del mittente: “i sette spiriti che sono davanti al trono di Dio”. Il numero sette nella cultura ebraica biblica è il numero della completezza – associata generalmente a Dio. E’ quindi una lettera che l’Apostolo manda a tutte le comunità cristiane. Il numero sette, in particolare, caratterizza il patto che lega Dio alle comunità del Suo popolo, un popolo che è “santo”, vale a dire che è chiamato a essere speciale, differente da ogni altro e che deve riflettere il carattere di Dio. Bene lo dice l’apostolo Pietro quando scrive: “Come Colui che vi ha chiamati è santo, anche voi siate santi in tutta la vostra condotta” (1 Pietro 1:15). Il saluto “pace” è il tipico saluto ebraico (shalom), ma qui lo troviamo con il tocco cristiano della “grazia”. Quest’intera opera è dunque un’espressione della comunione di grazia tra Dio e il Suo popolo, una comunicazione fra Dio e i Suoi.

Non c’è, però, comunicazione fra Dio e i Suoi, che non avvenga tramite il Mediatore, Gesù Cristo, che troviamo associato al mittente: “…da Gesù Cristo, il fedele testimone, il primogenito dei morti e il principe dei re della terra” (5a). A Gesù vengono dati tre titoli: In primo luogo, Egli è il “testimone fedele”. Da sempre alla presenza di Dio, Gesù può esserne autentico testimone e rivelare chi è Dio, la Sua volontà e propositi, il senso delle cose che sono accadute, accadono e accadranno. Lo ha fatto, in particolare, durante la sua vita sulla terra. 

Il secondo titolo di Gesù è “il primogenito dai morti”. Questo titolo si riferisce alla risurrezione di Gesù. Come “secondo Adamo”, Egli, infatti, è stato il primo a risorgere dai morti, a essere la primizia della nuova creazione. Per grazia di Dio, i cristiani sono stati associati alla risurrezione di Cristo e di questo il Battesimo ne è simbolo. Rigenerati spiritualmente da Cristo essi hanno affidato a Lui la loro vita e da Lui sono accompagnati alla risurrezione finale. Lo scrive l’apostolo Pietro: “Benedetto sia l’Iddio e Padre del Signor nostro Gesù Cristo, il quale nella sua gran misericordia ci ha fatti rinascere, mediante la risurrezione di Gesù Cristo dai morti” (1 Pietro 1:3).

Il suo terzo titolo è “il principe dei re della terra”, il sovrano, Colui che detiene il potere ultimo in cielo e sulla terra e che determina ogni cosa. Benché vi siano molti che aspirano a essere potenti sulla terra e che vorrebbero determinare la sorte dei popoli e persino della storia, di fatto uno solo è il Signore, il Cristo. A Lui come cristiani dobbiamo fedeltà prima e ultima. Nell’ultimo giorno di questo mondo tutti si inchineranno davanti a Gesù, “anche quelli che lo trafissero”.

A tutto questo segue una dossologia, un’espressione, cioè, di lode e adorazione. Essa è rivolta a Cristo e descrive il suo ministero di Redentore. “A lui che ci ama, e ci ha liberati dai nostri peccati col suo sangue, e ci ha fatti essere un regno e sacerdoti all’Iddio e Padre suo, a lui siano la gloria e l’imperio nei secoli dei secoli. Amen” (5b-6).

Gesù ama il Suo popolo di credenti e lo ha dimostrato dando la Sua vita per noi per liberarci dalla schiavitù al peccato. La stessa profezia data prima della sua nascita sulla terra era infatti: “Ella [Maria] partorirà un figlio, e tu gli porrai nome Gesù, perché è lui che salverà il suo popolo dai loro peccati” (Matteo 1:21). Il Suo popolo è formato da coloro che Dio Padre gli ha dato perché ricevessero i benefici della Sua opera. Sono coloro che ascoltano la Sua voce e Lo seguono: “Le mie pecore ascoltano la mia voce, e io le conosco, ed esse mi seguono; e io do loro la vita eterna, e non periranno mai, e nessuno le rapirà dalla mia mano” (Giovanni 10:27-28), come pure quando Egli dice: “Io prego per loro; non prego per il mondo, ma per quelli che tu m’hai dato, perché son tuoi” (Giovanni 17:9).

Tutto questo ci consente di essere “re e sacerdoti”. Non più servi, ma persone libere e, in comunione con Dio, abbiamo il privilegio di cooperare con i Suoi propositi in questo mondo. Questa era la vocazione originale d’Israele. Dio aveva detto loro tramite Mosè: “Or dunque, se ubbidite davvero alla mia voce e osservate il mio patto, sarete fra tutti i popoli il mio tesoro particolare; poiché tutta la terra è mia; e mi sarete un regno di sacerdoti e una nazione santa. Queste sono le parole che dirai ai figliuoli d’Israele” (Esodo 19:5-6). A Israele la grazia di Dio in Gesù Cristo ci ha associati – noi che apparteniamo ad altre genti – come un unico popolo. Abbiamo così una posizione regale agli occhi di Dio, ai Suoi occhi ciascuno di noi “conta” e abbiamo accesso alla Sua presenza.

La dossologia a Cristo continua, descrivendo ciò che sarà quando Lui tornerà fisicamente tra di noi, come ha promesso. “Ecco, egli viene colle nuvole; e ogni occhio lo vedrà; lo vedranno anche quelli che lo trafissero, e tutte le tribù della terra faranno cordoglio per lui” (7). Cristo annuncia il Suo certo ritorno per stabilire compiutamente il Suo giusto e santo governo su tutta la terra. La fine dell’attuale realtà, quella che noi conosciamo: “sta arrivando”. Giovanni usa due testi dell’Antico Testamento per comporre questo versetto: le espressioni del profeta Daniele: “…ed ecco venire sulle nuvole del cielo uno simile a un figliuol d’uomo” (Daniele 7:13) e quelle del profeta Zaccaria: Essi riguarderanno a me, a colui ch’essi hanno trafitto, e ne faranno cordoglio come si fa cordoglio per un figlio unico, e lo piangeranno amaramente come si piange amaramente un primogenito” (Zaccaria 12:10). Il “Figlio dell’uomo” è colui che “viene con le nuvole” (figura biblica dell’intervento di Dio) per prendere possesso del Regno. Egli però è anche “il trafitto” che sta davanti a Israele come Colui che è stato respinto. Gesù trafitto alla croce serve come primo compimento di questa profezia. Anche tutto il resto, però, si compirà e quelli che lo hanno respinto, in quel giorno se ne rammaricheranno profondamente.

In conclusione, Giovanni dichiara: “Sì, Amen. Io sono l’Alfa e l’Omega, dice il Signore Iddio che è, che era e che viene, l’Onnipotente”. Il Signore Dio è l’inizio e la fine di tutte le cose, la prima e l’ultima lettera dell’alfabeto – incluse tutte le lettere che stanno in mezzo a quelle! Come Dio ha pronunciato la prima parola della creazione, il Suo “Sia”, così Sua sarà pure l’ultima parola. Egli, infatti copre tutti i tempi del verbo – passato, presente e futuro. Sono molti quelli che in questo mondo “parlano” e con arroganza pensano, con la potenza che essi pretendono di avere, di determinare la storia. Uno solo, però è l’Onnipotente, supremo su tutte le cose, supremo su tutte le circostanze.

Un incoraggiamento nonostante le tenebre

I credenti del I secolo, che vivevano sotto il terrore dell’imperatore romano Domiziano, potrebbero essersi chiesti chi di fatto avesse il controllo degli avvenimenti, se Dio avesse il controllo. Di fronte alla violenza, alla morte e alla distruzione della persecuzione autorizzata dallo Stato, dov’era la mano protettrice del Signore?

Tutti facciamo l’esperienza del caos della vita, ed è proprio perché crediamo in un Dio sovrano amorevole che rimaniamo perplessi dall’apparente trionfo del male. Se Dio è per noi, come mai le circostanze della vita sembrano agire contro di noi?

Naturalmente, la soluzione semplicistica per la sofferenza è guardare all’intervento divino, ma il nostro Dio non è un Dio necessariamente “interventista”. In molte occasioni, durante la storia del popolo d’Israele e della chiesa cristiana, il popolo di Dio ha aspettato invano che la sua mano fermasse subito un potere malvagio. I propositi di Dio hanno i loro tempi – tempi che noi non possiamo determinare. Anche noi potremmo aspettare invano quando guardiamo a Dio che ci dia lunga vita, salute, ricchezza e felicità… Anche quando la preghiera è usata come leva per sollecitare l’azione divina, i guai spesso continuano. Possiamo allora speculare sul “perché” della nostra sofferenza. Come gli amici di Giobbe, i problemi possono essere facilmente ricondotti al “peccato insito” o alla “poca fede”. Entrambi sono suggerimenti comuni, ma alla fine sono suggerimenti insensati.

Quando Giovanni si rivolge alle sette chiese in Asia, proclama una verità teologica centrale che ha il potere di affrontare i loro problemi in sospeso. Dio in Cristo è supremo su tutte le cose. Lui è l'”Onnipotente”. È questa verità che dà incoraggiamento e sostegno in tempi di crisi. In che modo allora la supremazia di Cristo si interseca con i nostri guai? Essendo colui che è l’inizio e la fine di tutte le cose, nulla può frustrare la sua volontà eterna. Qualunque cosa accada, le intenzioni ultime di Dio per noi sono buone; lui ci ama. Possiamo essere coinvolti nel caos di questa epoca, ma nelle mani di Dio Onnipotente, questo caos non può vanificare le Sue intenzioni sovrane per noi. 

Quindi, dobbiamo distogliere lo sguardo dai guai, dalle ombre, e guardare a Gesù la fonte della verità e della vita: Gesù Cristo, il fedele testimone, il primogenito dei morti e il principe dei re della terra. A lui che ci ama, e ci ha liberati dai nostri peccati col suo sangue” (5). In Lui siamo stati perdonati e quindi abbiamo il diritto a un legittimo dominio sul mondo di Dio e il diritto al libero accesso alla presenza di Dio. Infatti: ci ha fatti essere un regno e sacerdoti all’Iddio e Padre suo” (6). Soprattutto, verrà presto il giorno in cui Gesù tornerà per giudicare quest’epoca e il suo male e così vendicare il suo popolo: Ecco, egli viene colle nuvole; e ogni occhio lo vedrà; lo vedranno anche quelli che lo trafissero, e tutte le tribù della terra faranno cordoglio per lui. Sì, Amen” (7). 

Che dobbiamo allora dire delle rivelazioni che compaiono nei capitoli successivi dell’Apocalisse? Di fronte alla tragica situazione del nostro mondo, c’è di meglio da fare che speculare su descrizioni facilmente equivocabili senza tenere il nostro sguardo sull’intero complesso della teologia biblica. L’Apocalisse ci dà solo un certo numero di flash sulle realtà ultime che sono in sé stessi insufficienti per creare un sistema coerente – come noi piacerebbe. Come dice l’apostolo Pietro, “Noi abbiamo … la parola profetica più certa a cui fate bene a porgere attenzione, come a una lampada che splende in un luogo oscuro, finché spunti il giorno e la stella mattutina sorga nei vostri cuori” (2 Pietro 1:19). Una lampada a quel tempo era una lampada a olio che emanava una luce molto fioca che permetteva a malapena di discernere i contorni degli oggetti. Più che concentrarci su punti che Dio ha volontariamente lasciato in ombra e magari esserne spaventati, dobbiamo coglierne il loro messaggio complessivo. Dio sarà trionfatore sulle forze del male che devastano questo mondo. Noi che per la Sua grazia siamo stati associati a Lui e alla Sua risurrezione siamo chiamati a diventare oggi “le primizie” del nuovo mondo che ne uscirà. Soprattutto dobbiamo prepararci insieme al ritorno promesso di Cristo. Quando Lui tornerà, ci troverà forse impegnati a speculare e discutere animatamente sui dettagli dell’Apocalisse, oppure impegnati a vivere come Egli ci ha insegnato? 

Il mandato che il Signore Gesù Cristo ci ha lasciato è “Mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra. Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” (Matteo 28:18-20). Benedetti sotto la mano di Dio Onnipotente allora le ombre svaniranno nella luce brillante del nuovo cielo e della nuova terra.

Paolo Castellina, 18-4-2022