Ascoltare Lui: l’istruzione permanente del cristiano

“Sei giorni dopo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo, Giovanni e li condusse soli, in disparte, sopra un alto monte. E fu trasfigurato in loro presenza; 3 le sue vesti divennero sfolgoranti, candidissime, di un tal candore che nessun lavandaio sulla terra può dare. 4 E apparve loro Elia con Mosè, i quali stavano conversando con Gesù. 5 Pietro, rivoltosi a Gesù, disse: «Rabbì, è bello stare qua; facciamo tre tende: una per te, una per Mosè e una per Elia». 6 Infatti non sapeva che cosa dire, perché erano stati presi da spavento. 7 Poi venne una nuvola che li coprì con la sua ombra; e dalla nuvola una voce: «Questo è il mio diletto Figlio; ascoltatelo». 8 E a un tratto, guardatisi attorno, non videro più nessuno con loro, se non Gesù solo. 9 Poi, mentre scendevano dal monte, egli ordinò loro di non raccontare a nessuno le cose che avevano viste, se non quando il Figlio dell'uomo fosse risuscitato dai morti. 10 Essi tennero per sé la cosa, domandandosi tra di loro che significasse quel risuscitare dai morti. 11 Poi gli chiesero: «Perché gli scribi dicono che prima deve venire Elia?» 12 Egli disse loro: «Elia deve venire prima e ristabilire ogni cosa; e come mai sta scritto del Figlio dell'uomo che egli deve patire molte cose ed esser disprezzato? 13 Ma io vi dico che Elia è già venuto e, come è scritto di lui, gli hanno anche fatto quello che hanno voluto»” (Marco 9:2-13).

Introduzione: I maestri ed il Maestro

Che cosa vi ricordate del tempo in cui andavate a scuola? Quali ricordi avete dei vostri insegnanti e professori? Erano dei buoni insegnanti? Sono sicuro che le vostre memorie più belle hanno a che fare con insegnanti che erano interessanti da seguire e stimolanti. Gli insegnanti sicuramente migliori erano quelli che sapevano stabilire un rapporto personale con gli sudenti, insegnanti che davvero si prendevano cura di voi personalmente, che effettivamente imparaste e che seguivano da vicino il vostro sviluppo umano, culturale e spirituale. Scommetto che vi starete domandando se insegnanti così veramente esistano!

Questo “stile di insegnamento” può essere realizzato soprattutto da chi potremmo anche definire un tutore. Nell’antica Roma il tutore era colui al quale veniva affidata la crescita e la formazione dei giovani romani appartenenti a famiglie importanti ed oggi, in diverse nazioni, tutore è colui o colei che ha la responsabilità di istruire un gruppo di studenti, non solo per farli apprendere il curriculum scolastico, ma anche di farli maturare umanamente secondo canoni di integrità morale e sprituale.

Un altro termine interessante, a questo riguardo, è quello del mentore. Mentore è un personaggio dell'Odissea, al quale Ulisse affida il piccolo Telemaco prima di partire per la guerra di Troia. Per antonomasia il termine mentore significa oggi nel linguaggio comune consigliere fidato, guida saggia, precettore.

Mi sarebbe veramente piaciuto avere insegnanti così. Il più delle volte, però, si trattava di insegnanti che, dopo aver fatto la loro lezione, pretendevano da noi dei risultati senza insegnarti veramente a studiare, senza tenere conto delle nostre singole capacità ed inclinazioni e che ci lasciavano a noi stessi, alle nostre risorse. Non sorprende quindi che molti fallissero gli studi e dovessero ripetere la classe. Allora non c’erano “insegnanti di sostegno” come oggi. Quanti fra voi vorrebbero avere avuto molti di più veri insegnanti che si prendessero tempo per voi, un padre o una madre con queste caratteristiche, come pure dei pastori cristiani che veramente si adoperassero a promuovere a livello spirituale la vostra crescita spirituale?

Il migliore insegnante possibile lo era veramente Gesù di Nazareth, il nostro Signore e Salvatore, il Maestro per eccellenza, con la M maiuscola! Di Lui l’apostolo Pietro scrive: “...eravate erranti come pecore, ma ora siete tornati al pastore e guardiano delle vostre anime”[1]. Mi sarebbe proprio piaciuto vivere allora e seguire Gesù sulle polverose strade della Palestina, certo piuttosto “scomode” per tanti versi rispetto alla comodità delle nostre scuole, ma indubbiamente sarebbe stato un insegnamento efficace!

Discepoli pieni di speranze ma piuttosto perplessi

Seguire Gesù come uno dei Suoi primi discepoli doveva essere stata veramente un’esperienza stupefacente e stimolante. Possiamo a mala pena immaginare che cosa avesse potuto essere seguire letteralmente Gesù, maestro o predicatore itinerante, con nessuna certezza terrena se non le “grandi aspettative” che Egli sapeva suscitare in loro.

Aver fede in Gesù, confidare in Lui, significava certamente molto di più che quello che generalmente si intende oggi per “credere in Gesù”. Allora significava letteralmente abbandonare quelle che per noi sono le sicurezze di una casa, una famiglia o un lavoro, e lanciarsi in un’avventura dagli incerti risultati. Ho detto “incerti risultati”? Beh, i primi discepoli di Gesù erano certi di ciò che Egli aveva loro promesso, anche se sicuramente anche in loro spesso balenavano dei dubbi. Erano umani né più né meno di noi. Essi, però, nonostante tutte le difficoltà che incontravano avevano perseverato, benché anche non fossero pochi quelli che pure dopo un po’ si tiravano indietro[2].

Fede in Gesù, per loro, significava veramente investire in Lui tutto quello che avevano, come fanno oggi coloro che investono in borsa, magari su una promettente società, tutti i loro averi, sperando in grandi profitti, anche se potenzialmente possono correre pure il rischio di perdere tutto. Gesù stesso aveva detto: “Il regno dei cieli è anche simile a un mercante che va in cerca di belle perle; e, trovata una perla di gran valore, se n'è andato, ha venduto tutto quello che aveva, e l'ha comperata[3]. Avremmo noi, allora, seguito Gesù a queste condizioni? E’ sempre un miracolo dell’irresistibile grazia di Dio quando questo avviene, perché, anche oggi, se uno si rende veramente conto che cosa voglia dire seguire Gesù, quali ne siano i costi e le condizioni, credereste voi che, conoscendo come siamo fatti, una qualsiasi persona lo volesse veramente fare?

Se indubbiamente le aspettative erano alte, quello che spesso confondeva e rendeva perplessi i Suoi stessi discepoli era Gesù stesso. Difatti spesso parlava della sorte non certo desiderabile alla quale stavano andando incontro e che, verosimilmente, avrebbe condannato al fallimento “tutta l’impresa”. Poco prima dell’avvenimento della stessa Trasfigurazione, quello che stiamo oggi esaminando, è scritto che: “Poi cominciò a insegnare loro che era necessario che il Figlio dell'uomo soffrisse molte cose, fosse respinto dagli anziani, dai capi dei sacerdoti, dagli scribi, e fosse ucciso e dopo tre giorni risuscitasse. Diceva queste cose apertamente”[4]. Pietro non riusciva a comprendere il senso di tutto questo e troviamo che egli persino rimprovera Gesù per aver detto queste cose che, per lui, non erano nient’altro che puro disfattismo, parole che non avrebbero certo incoraggiato i discepoli a perseverare. Ecco così che Gesù, “Gesù si voltò e, guardando i suoi discepoli, rimproverò Pietro dicendo: «Vattene via da me, Satana! Tu non hai il senso delle cose di Dio, ma delle cose degli uomini»”[5], in altre parole: “Pietro, tu ragioni come ragionerebbe il mondo, o persino come fa l’avversario, Satana stesso”.

Come se, poi, questo non bastasse, Gesù, rivolgendosi ai Suoi discepoli ed alla folla circostante, dice: “Se uno vuol venire dietro a me, rinunci a se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vorrà salvare la sua vita, la perderà; ma chi perderà la sua vita per amor mio e del vangelo, la salverà”[6]. Sicuramente i discepoli di Gesù, invece che queste cose, sognavano il trionfo di marciare vittoriosamente in Gerusalemme, dopo aver sconfitto miracolosamente le corrotte classi dirigenti di Isaraele e gli stessi occupanti romani, per sedersi poi accanto al trono di Cristo. Che cos’erano allora tutto questi discorsi su sofferenza e croci? Il solo pensiero di finire in croce, la sorte che i Romani infliggevano a criminali e sovversivi, simbolo di indicibili sofferenze, era qualcosa per loro di assolutamente terrorizzante, impensabile. Con queste prospettive, chi mai avrebbe voluto seguire Gesù? “Gesù, sei pazzo. No, grazie. Se c’è una via facile e comoda va bene, ma questa proprio no! Eppure avrebbero dovuto imparare quello che Gesù avrebbe un giorno detto al governatore romano Pilato: “Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori combatterebbero perché io non fossi dato nelle mani dei Giudei; ma ora il mio regno non è di qui”[7]. A queste “condizioni”, per il momento solo l’irresistibile grazia di Dio avrebbe potuto tenere con Gesù quei perplessi discepoli – che per altro per la più gran parte, alla croce Lo abbandoneranno.

Eppure no, l’intenzione di Gesù non era quella di scoraggiare i Suoi discepoli, ma di dare loro “una lezione di realismo”, per altro scolpita nell’universale motto latino “Per aspera ad astra”, vale a dire, se vuoi arrivare alle stelle, la via è dura e aspra.

Gesù, però, non era irragionevole: Egli controbilanciava sempre questi ammonimenti da autentici incoraggiamenti e la visione del certo trionfo finale. Egli lo fa quando dice: “verrà nella gloria del Padre suo con i santi angeli”[8]. Egli non si limita, però, ad annunciare quanto avverrà nel futuro lontano. Ai Suoi discepoli Egli dice: “In verità vi dico che alcuni di coloro che sono qui presenti non gusteranno la morte, finché non abbiano visto il regno di Dio venuto con potenza”[9]. Così dicendo li stava forse Egli illudendo con vuote speranze? No, essi avevano già visto le evidenze della potenza di Gesù attraverso i Suoi segni miracolosi. Sarebbero stati un giorno testimoni della Sua risurrezione ed avrebbero visto la vasta diffusione del movimento cristiano attraverso il mondo allora conosciuto.

Nell’episodio del vangelo che consideriamo oggi vediamo come Gesù dia ad un gruppo scelto di Suoi discepoli quel che potremmo considerare “un assaggio di paradiso”, la Sua trasfigurazione.

Un assaggio di paradiso

Perché Gesù sceglie Pietro, Giacomo e Giovanni come destinatari di questa speciale rivelazione? Forse perché a loro sarebbe stata affidato di mettere per iscritto l’insegnamento di Gesù come principali Suoi testimoni verso le future generazioni di cristiani. Essi avrebbero indubbiamente veduto “il regno di Dio venuto con potenza” durante il tempo stesso della loro vita prima di fare esperienza della morte. Con la trasfigurazione di Gesù essi avrebbero avuto una straordinaria conferma che, per quando Gesù ripetutamente avesse parlato loro dell’imminente Sua sofferenza e morte, Egli di fatto era l’atteso Messia e che i propositi di Dio, proprio passando attraverso quei dolorosi avvenimenti, si sarebbero a suo tempo pienamente realizzati.

1. Ecco così che quel giorno Gesù conduce Pietro, Giacomo e Giovanni, da soli, su un alto monte. Possiamo immaginare quel che pensavano: perché il Maestro desidera allontanarsi con noi, che cosa ci vorrà dire? Che cosa ci vorrà mostrare? Indubbiamente, il fatto stesso di recarsi su un monte suggerisce l’esperienza di Mosè, chiamato ad incontrare Dio sul Sinai, dove avrebbe ricevuto le tavole della Legge, oppure dello stesso Mosè al quale Dio, dall’alto di un monte, mostra l’estensione della terra che Dio aveva promesso al Suo popolo e nella quale sarebbero presto entrati (eccetto lui!). Non si trattava comunque di una gita, di una scampagnata... ma di un avvenimento rivelatorio. Avrebbero visto la radiante gloria di Gesù nascosta dietro le Sue sembianze completamente umane e che per non è accessibile solo per fede. A differenza loro, infatti, “camminiamo per fede e non per visione”[10].

2. Sulla sommità di quel monte Gesù “fu trasfigurato in loro presenza” (v. 2). Anche lo scrittore sacro ha difficoltà a spiegare esattamente quanto fosse avvenuto, tanto che il fulgore di Gesù lo descrive così: “le sue vesti divennero sfolgoranti, candidissime, di un tal candore che nessun lavandaio sulla terra può dare” (v. 3). Il Nuovo Testamento proclama che un giorno i giustificati riceveranno, per entrare in cielo, riceveranno un nuovo corpo glorificato[11]. I giustificati condivideranno così parte della gloria di Dio. A questo riguardo l’apostolo Paolo scrive: “E noi tutti, a viso scoperto, contemplando come in uno specchio la gloria del Signore, siamo trasformati nella sua stessa immagine, di gloria in gloria, secondo l'azione del Signore, che è lo Spirito” (2 Corinzi 3:18). Questo ci rammenta il modo in cui lo stesso Mosè, su Sinai, tanto era stato esposto alla sfavillante gloria di Dio che, ritornando davanti al popolo, aveva dovuto coprirsi il viso[12].

Nella trasfigurazione di Gesù, Pietro Giacomo e Giovanni ricevono il privilegio di avere “un’anteprima” della grande gloria che Gesù apparteneva a Gesù e che pure essi, un giorno, insieme a tutti coloro che Gli appartengono, avrebbero condiviso.

3. Poi due antichi profeti compaiono accanto a Gesù. Non sappiamo come Pietro, Giacomo e Giovanni riconoscano in quelle figure Mosè ed Elia. Probabilmente è ciò che Gesù spiegherà loro in seguito. Una cosa, però, è chiara, vale a dire che Mosè ed Elia rappresentano l’Antico Testamento pienamente realizzato in Gesù. Gesù è tutto ciò che l’Antico Testamento prefiguravba e preannunciava.

E’ pure rilevante che, dopo aver parlato con Gesù, Mosè ed Elia scompaiono. Essi rimangono importanti ed indispensabili, come per i cristiani rimane importante ed indispensabile l’Antico Testamento in quanto proclama e spiega il Cristo, ma Cristo soltanto deve rimanere in primo piano. E’ lo spirito che caratterizza Giovanni Battista che, al riguardo di Gesù, esclama: “Bisogna che egli cresca, e che io diminuisca”[13].

4. Mosè rappresenta la Legge di Dio, attraverso il quale ci è stata data. La Legge di Dio è stata pienamente osservata da Cristo, il solo che, attraverso di essa, ha compiuto ogni giustizia[14] . Quello che infatti la Legge non poteva fare perché noi, corrotti come siamo dal peccato, non siamo in grado in modo soddisfacente di adempiere a tutto ciò che essa esige, Gesù l’ha compiuto e l’ha compiuto per coloro che Gli si affidano. La Sua giustizia è ora accreditata a tutti quei peccatori ravveduti che ripongono completamente in Lui la loro fiducia. Proprio a causa di ciò che Egli ha fatto per loro, essi possono ora ricevere la grazia di essere perdonati di tutti i loro peccati, rinnovati nella loro vita e finalmente accolti con Dio in eterna salvezza.

5. Inoltre, nella Bibbia, Mosè rappresenta il ministero profetico delle Scritture ed Elia raffigura la presenza degli ultimi tempi, la venuta del Giorno del Signore: “Ecco, io vi mando il profeta Elia, prima che venga il giorno del SIGNORE, giorno grande e terribile”[15]. Come ci viene detto nell’Antico Testamento, Elia era stato rapito in cielo, ma ritornerà come araldo dellla venuta del Messia. Gesù stesso dice che Elia stesso era già tornato nel ministero di Giovanni Battista, il Precursore: “Ma io vi dico che Elia è già venuto e, come è scritto di lui, gli hanno anche fatto quello che hanno voluto” (v. 13).

6. Spaventati dall’esperienza di quella visione, Pietro, Giacomo e Giovanni non san più in quel momento che dire e, “straparlano”. Vorrebbero solo che quella magnifica visione potesse continuare per sempre. Pietro, infatti, esclama: “E’ bello stare qua” (v. 5). Avrebbero voluto persino metter in piedi, su quel monte, tre tende, tre ripari, o meglio, tre capanne come quelle rappresentate nell’omonima “Festa delle Capanne”[16]. Secondo il profeta Zaccaria[17], Sukot assumerà valore di festa universale nell'era messianica. Essi ritenevano che il Regno di Dio fosse ormai compiuto, che fosse ormai giunto il tempo dei nuovi cieli e della nuova terra, la vita eterna. Tutto questo, però, era solo un’anticipazione, una “prima”. Essi avrebbero a malincuore dovuto ritornare “quaggiù” e, come Mosè, avere ancora a che fare con l’idolatria persino fra lo stesso popolo di Dio. Essi avrebbero dovuto ritornare in questo mondo di sofferenze ed essere testimoni viventi dell’amore di Dio in Cristo, fare del bene e proclamare l’Evangelo.

7. C’è pure un’altra ragione per la quale la luce dello splendore del volto di Cristo avrebbe dovuto essere temporaneamente “spenta” per essere scoperta solo per fede attraverso la predicazione dell’Evangelo. Come l’apostolo Paolo, a Pietro sarebbe piaciuto stare lassù per sempre con il Signore. Il “dovere”, però lo richiamava “quaggiù”. Paolo scrive: “Sono stretto da due lati: da una parte ho il desiderio di partire e di essere con Cristo, perché è molto meglio; ma, dall'altra, il mio rimanere nel corpo è più necessario per voi”[18].

8. La visione di Pietro, Giacomo e Giovanni termina con un’altra stupefacente proclamazione, questa volta non visiva, ma auditiva. Com’era accaduto durante l’Esodo quando il popolo di Dio attraversava il deserto, la presenza di Dio si manifestava sulla “tenda dell’incontro” con una nube: “Poi venne una nuvola che li coprì con la sua ombra; e dalla nuvola una voce: «Questo è il mio diletto Figlio; ascoltatelo»” (v. 7). Il “tempo di scuola” per loro non era ancora terminato. Avrebbero dovuto imparare molto altro ancora da Gesù e far esperienze nella pratica dell’ubbidienza quotidiana, molto più da ascoltare con attenzione ed imparare. Sì, avrebbero avuto molto di più da “studiare” e da passare molte altre ancora “prove d’esame”, e questo, fino al giorno in cui avrebbero detto, come l’apostolo Paolo: “Quanto a me, io sto per essere offerto in libazione, e il tempo della mia partenza è giunto. Ho combattuto il buon combattimento, ho finito la corsa, ho conservato la fede. Ormai mi è riservata la corona di giustizia che il Signore, il giusto giudice, mi assegnerà in quel giorno; e non solo a me, ma anche a tutti quelli che avranno amato la sua apparizione”[19]

9. Ecco così che, come Gesù aveva loro comandato, “Essi tennero per sé la cosa” (v. 10), e questo fino a dopo la risurrezione di Cristo. Molto più tardi, incoraggiando il popolo di Dio ad attenersi strettamente alla verità della Parola scritta di Dio, Pietro scriverà: “Infatti vi abbiamo fatto conoscere la potenza e la venuta del nostro Signore Gesù Cristo, non perché siamo andati dietro a favole abilmente inventate, ma perché siamo stati testimoni oculari della sua maestà. Egli, infatti, ricevette da Dio Padre onore e gloria quando la voce giunta a lui dalla magnifica gloria gli disse:” «Questi è il mio diletto Figlio, nel quale mi sono compiaciuto». E noi l'abbiamo udita questa voce che veniva dal cielo, quando eravamo con lui sul monte santo. Abbiamo inoltre la parola profetica più salda: farete bene a prestarle attenzione, come a una lampada splendente in luogo oscuro, fino a quando spunti il giorno e la stella mattutina sorga nei vostri cuori. Sappiate prima di tutto questo: che nessuna profezia della Scrittura proviene da un'interpretazione personale; infatti nessuna profezia venne mai dalla volontà dell'uomo, ma degli uomini hanno parlato da parte di Dio, perché sospinti dallo Spirito Santo”[20]

Conclusione

Qualunque sia la nostra età, il tempo di scuola ancora non è finito.

Se ricevete questa mia affermazione con orrore, probabilmente la ragione è che gli insegnanti che avete avuto in passato sono stati inadeguati e non hanno saputo trasmettervi l’importanza ed il piacere di imparare, di studiare. Siete soddisfatti di quello che già sapere? Beh, non dovreste esserlo, specialmente perché, se siete cristiani, vale a dire, per definizione stessa “discepoli”, studenti di Gesù, voi dovreste essere impegnati in quella che oggi si chiama “educazione permanente”[21], sia a livello teorico che pratico (e le die cose vanno sempre assieme).

Perché? Perché la nosta conoscenza delle “profondità di Dio”[22] e particolarmente delle nostre capacità sociali, morali e spirituale, è ancora ben lungi dall’essere soddisfaciente! Noi cresciamo costantemente come “nuove creature”, secondo quanto afferma l’Apostolo: “vi siete rivestiti del nuovo, che si va rinnovando in conoscenza a immagine di colui che l'ha creato”[23]. Dovremmo farlo, come dice la Scrittura: “fino a che tutti giungiamo all'unità della fede e della piena conoscenza del Figlio di Dio, allo stato di uomini fatti, all'altezza della statura perfetta di Cristo; affinché non siamo più come bambini sballottati e portati qua e là da ogni vento di dottrina per la frode degli uomini, per l'astuzia loro nelle arti seduttrici dell'errore”[24].

E’ proprio per questa ragione che Dio ha donato alla Sua chiesa, vale a dire a ciascuno di noi: “...alcuni come apostoli, altri come profeti, altri come evangelisti, altri come pastori e dottori, per il perfezionamento dei santi in vista dell'opera del ministero e dell'edificazione del corpo di Cristo”[25]. Dovremmo così essere fieri di frequentare cion gioia e diligenza la scuola dei nostri evangelisti, pastori e dottori, come pure essi dovrebbero essere impegnati ad essere maestri come era Maestro il nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo, fondati saldamente sull’insegnamento degli apostoli e dei profeti che troviamo nella Bibbia.

I nostri nostri evangelisti, pastori e dottori non dovrebbero mai nascondere il fatto che la vita cristiana è difficile. Al contrario, dovrebbero fornire il popolo di Dio degli strumenti e risorse che Dio stesso ci mette a disposizione per affrontare queste difficoltà e, soprattutto, essere “esempi del gregge[26]. Questo è ciò che Gesù faceva mentre insegnava ai Suoi discepoli, ma non senza confortarli ed incoraggiarli sempre, come abbiamo visto avvenire nell’episodio della Trasfigurazione.

Il popolo di Dio dovrebbe essere costantemente impegnato a studiare ed approfondire i principi della dottrina cristiana come sono contenuti nelle Scritture dell’Antico e del Nuovo Testamento.

Dio Padre ci dice oggi pure, indicandoci il Suo Figlio Gesù Cristo: “Ascoltatelo!”, pderché Egli, come Parola di Dio, sta al centro della Bibbia. La teologia cristiana, l’etica, la filosofia e l’apologetica non dovrebbero, infatti, essere riservate agli “specialisti” o alle persone particolarmente inclini “agli studi”, ma dovrebbero essere il tesoro amato e gioiosamente investito da tutto il popolo di Dio oggi, come lo era per i cristiani delle passate generazioni. Non ci sono scuse per non doverlo fare.

Dio ci dice ancora oggi: “Non conformatevi a questo mondo, ma siate trasformati mediante il rinnovamento della vostra mente, affinché conosciate per esperienza quale sia la volontà di Dio, la buona, gradita e perfetta volontà”[27]. Possa essere così per ciascuno di noi oggi.

Paolo Castellina, 19 febbraio 2012


[1] 1 Pietro 1:25.

[2] “Da allora molti dei suoi discepoli si tirarono indietro e non andavano più con lui. Perciò Gesù disse ai dodici: «Non volete andarvene anche voi?» Simon Pietro gli rispose: «Signore, da chi andremmo noi? Tu hai parole di vita eterna; e noi abbiamo creduto e abbiamo conosciuto che tu sei il Santo di Dio»” (Giovanni 6:66-69).

[3] Matteo 13:45-46.

[4] Marco 8:31-32.

[5] Marco 8:33.

[6] Marco 8:34-35.

[7] Giovanni 18:36.

[8] Marco 8:38.

[9] Marco 9:1.

[10] 2 Corinzi 5:7.

[11] 1 Corinzi 15:42-49; 2 Corinzi 5:1-10.

[12] Esodo 34.

[13] Giovanni 3:30.

[14] Matteo 3:15.

[15] Malachia 4:5-6.

[16] O “Sukot”, cfr. http://it.wikipedia.org/wiki/Festa_delle_capanne

[17] 14:6-19.

[18] Filippesi 1:23-24.

[19] 2 Timoteo 4:6-8.

[20] 2 Pietro 1:16-21.

[21] http://it.wikipedia.org/wiki/Educazione_permanente

[22] 1 Corinzi 2:10.

[23] Colossesi 3:10.

[24] Efesini 4:13-14.

[25] Efesini 4:11-12.

[26] 1 Pietro 5:3.

[27] Romani 12:2.