Il film. Nel film “Un giorno di ordinaria follia”[1] il regista Joel Schumacher, rappresenta un uomo (impersonato dall’attore Michael Douglas) che “non ce la fa più” al ritmo e le pressioni della vita moderna di una grande metropoli, frustrazioni, arrabbiature, contraddizioni, problemi personali… “Ora basta!”, dice. Così la sua ira esplode, con furia incontrollata ed omicida, seminando il terrore nella città. Bill Foster, questo è il suo nome, è più che arrabbiato: vuole “pareggiare i conti” con i suoi datori di lavoro, con gli immigrati di colore, con sua moglie, petulante e pretenziosa. Si procura un arma e comincia a fare strage di chiunque gli si ponga davanti. “Me ne vado a casa”, dice Foster abbandonando la sua auto, bloccata in mezzo al traffico, nel giorno più torrido dell’anno. Invece finisce dritto in un incubo metropolitano. Emulo di Charles Bronson (che almeno sapeva dove andare a parare, con il suo “Giustiziere della notte”), Michael Douglas diventa estremamente pericoloso quando dà i numeri, seminando la paura in città, che è teatro delle sue disgrazie professionali e familiari. Fortuna che a metterci una pezza interviene Robert Duvall, poliziotto quasi in pensione… Il regista così rappresenta un cittadino medio che “non ce la fa più”, un tempo modello, ed ora psicotico suo malgrado. E’ un film violento, ma rappresenta bene, non solo la follia della vita moderna, che potrebbe far arrabbiare chiunque, ma dove può portare l’ira che – a volte giustificata – produce molti più danni di quelli che vorrebbe risolvere.
Vi è capitato? Quest’oggi desidero parlarvi del quinto peccato capitale: l’ira o collera. Vi è mai capitato di essere furiosamente in ira, o in collera, con qualcuno? Capita quando si è di fronte alla stupidità, alla testardaggine, al conformismo, all’ipocrisia, all’irresponsabilità, all’ostinata incompetenza, al disordine, al menefreghismo, all’arroganza, all’egoismo… a chi impunemente vuole profittare delle situazioni, a chi mente, è intrigante o ti danneggia apposta per qualche suo secondo fine, o cose di questo genere... “Questo proprio non lo sopporto”, diciamo, “mi fa venire il voltastomaco”… E allora ti vien voglia di… (ciascuno completi la frase)! Ebbene, potreste anche aver avuto ragione, ma le conseguenze dell’ira sono davvero funeste. Per questo bisogna conoscere l’ira ed affrontarla facendola spegnere, prima che produca effetti deleteri e irrimediabili.
Omero. Ben
lo sapeva anche l’antico poeta Omero, quando, scrivendo l’Iliade, inizia con
questi versi: “Cantami, o diva, del Pelide Achille l’ira funesta, che
infiniti addusse lutti agli Achei molte, anzi tempo all’Orco, generose
travolse armi d’eroi, e di cani e d’augelli orrido pasto, lor salme abbandonò
(così di Giove l’alto consiglio s’adempia), da quando primamente disgiunse
aspra contesa, il re dei prodi Atride, e il divo Achille” (Omero, Iliade).
Gentili e tolleranti? Nella nostra epoca molti aspetti della civiltà moderna sono veramente piacevoli e positivi. Uno di questi è che siamo usciti in qualche modo da una barbarie esteriore (anche se molti avrebbero dei dubbi al riguardo) e sono oggi valori riconosciuti la cortesia, la buona educazione, la gentilezza, la tolleranza. Il mondo in cui noi viviamo non ha più “denti e artigli” come nelle epoche passate. Nel passato, quando uno era in collera contro qualcuno, non ci pensava due volte a mozzargli di netto la testa, o a farsi immediata vendetta. Nella nostra società questo non ci è permesso. Grazie a Dio, anche se a volte sembra che stiamo ritornando ai modi del passato, normalmente noi non picchiamo, non bastoniamo qualcuno quando ci fa arrabbiare. Quante volte però sentiamo di un marito arrabbiato per i fatti suoi e che, tornando a casa …picchia moglie e figli con ogni pretesto, perché dice che “non li sopporta più”. Che tragedia, non è vero? E quali ne sono le conseguenze?
Non passata di moda. La collera non è “passata di moda”. Ogni anno
che passa anche nel nostro paese, i crimini violenti aumentano sensibilmente
(gli “efferati delitti” di cui anche da noi sono piene le cronache). Eppure,
quando ci arrabbiamo veramente, siamo stati educati ad interiorizzare la nostra
rabbia, piuttosto che ad esprimerla esternamente. Così, anche se potremmo non
darlo a vedere, a volte possiamo dire di “bollire di rabbia” dentro. Chi fra
noi potrebbe dire di non essersi veramente arrabbiato, per qualche cosa, la
scorsa settimana? Anche il migliore e il più mite fra di noi si può veramente
arrabbiare, esplodere, tanto che si dice: “Guardatevi dall’ira di chi
normalmente è mite e gentile”, perché potrebbe esplodere peggio di chi è
normalmente iracondo. Non arrabbiarsi mai è impossibile, e a volte è
giustificato, ma dovremmo imparare a riconoscere quando l’ira è un peccato,
ed imparare a venirne a capo. E’ quello che, appunto, vogliamo considerare
oggi.
Vocabolario. Che cos’è l’ira? Consultiamo, come sempre, al riguardo, un vocabolario della lingua italiana. Ira: (1) improvvisa accensione d’animo contro qualcuno; si manifesta con grida, strepiti, atti violenti, improperi, minacce, offese e, quanto meno, con parole e gesti inconsulti. Ma anche: (2) collera giustificata, giusto sdegno e furore. Sinonimi ne sono: collera, furore, rabbia. Iracondo è colui che è molto incline ad adirarsi, che si adira con estrema facilità, infuriato, irato, iroso, incollerito. In altre parole l'ira è un impulso a reagire contro una persona o cosa che è ci stata contraria e ci ha fatto soffrire. Si manifesta prima con impazienza, poi con collera, poi con violenza, poi con fremore e infine con l'odio che pretende e prepara la vendetta per il solo piacere di fare del male.
Conseguenze. I peccati che scaturiscono dall'ira sono la vendetta, l'indignazione, l'ingiuria, la bestemmia, lo sdegno, l'inimicizia, le separazioni, le percosse, ferite, omicidi, guerra e disgrazie. L’ira, in quanto peccato, è il sentimento o l’intenzione di fare del male. L’ira vuole danneggiare e distruggere, mentre la mansuetudine rifiuta di fare del male e l’essere pacifici previene la distruzione. L’ira è il tentativo dell’uomo di “mettere a posto” l’avversario, di “restituirgli” il torto subito, e questo, la vendetta, la Bibbia dice che non è una nostra prerogativa, ma solo quella di Dio. L’apostolo Giacomo ci ammonisce dicendo: “l’ira dell’uomo non promuove la giustizia di Dio” (Gm. 1:20). Ogni qual volta, dunque sorge in noi l’ira, noi andiamo contro alle vie di Dio e non realizziamo le vie di Dio.
Il peccato di Mosè
Anche i santi di Dio nella Bibbia si infuriano occasionalmente. La Bibbia è un libro così onesto e verace che non ci riporta solo ciò che è sentimentale e ideale. I personaggi della Scrittura ci vengono presentati con tale realismo che essa non si vergogna a rivelare persino i loro difetti più marcati.
Un particolare personaggio che, nella Bibbia, viene ripreso da Dio per il peccato dell’ira è lo stesso Mosè. In Numero 20 lo troviamo durante l’Esodo, mentre conduce il popolo di Israele alla terra promessa attraverso il deserto. E’ duro per il popolo camminare nel deserto. Fa’ caldo, manca acqua e cibo, e dice “Si stava meglio quando si stava peggio”, vorrebbe tornare indietro in Egitto… Spesse volte si rende colpevole di incredulità e ribellione, non credendo che Mosè sia lo strumento di Dio per la loro salvezza e che li accompagnerà sicuramente nella terra promessa. La grazia di Dio però è anche pazienza e tolleranza. Quante volte Dio fa trovare al popolo l’acqua e il cibo di cui ha bisogno. Nonostante questo il popolo ritorna a lamentarsi. La pazienza di Dio è grande, quella di Mosè un po’ meno …ed è Mosè a perdere la pazienza.
Nella località di Meriba, alle ripetute lamentale del
popolo, Dio provvede ordinandogli questo: “prendi il bastone; tu e tuo
fratello Aaronne convocate l'assemblea e davanti ai loro occhi parlate alla
roccia, ed essa darà la sua acqua; così farai sgorgare per loro acqua dalla
roccia e darai da bere all'assemblea e al suo bestiame” (Nu. 20:8). Mosè,
però, infuriato verso il popolo, e forse anche verso Dio, amareggiato, deluso,
e decisamente arrabbiato, non “parla” alla roccia, ma la colpisce con
violenza ripetutamente. E’ Mosè, però ad essere fortemente redarguito da
Dio, che gli dice: «Poiché non avete creduto in me per dare gloria a me
agli occhi dei figli d'Israele, voi non introdurrete questa assemblea nel paese
che io ho dato loro» (Nu. 20:12).
Questo
sembra essere un castigo un po’ eccessivo da parte di Dio verso uno dei Suoi
leader maggiori, eccessivo, per un “semplice” scatto d’ira, che Dio gli
neghi l’accesso alla terra promessa. Forse Dio è ingiusto, oppure il peccato
di Mosè è considerevolmente più grave di quello che potrebbe apparire a prima
vista? Dobbiamo supporre che sia vera quest’ultima ipotesi, perché non vi può
essere la benché minima ingiustizia in Dio. Egli non può, né mai è stato,
“troppo” severo. Ogni qual volta che nella Scrittura riscontriamo la severità
da parte di Dio, è perché l’affronto alla Sua santità è stato pure troppo
grande. Mosè stesso lo riconoscerà, infatti, Mosè non si lamenta mai di avere
subito un’ingiustizia da parte di Dio, anzi, riafferma come Dio sia stato
giusto in tutte le Sue vie.
La rabbia è un
peccato pericoloso, e per tutto il popolo di Dio. Egli ci dice di evitarla, di
fuggire da essa, perché essa conduce ad altri problemi. E’ complessa nella
sua natura, e inevitabilmente comporta spiacevoli conseguenze.
La Scrittura ha il
suo proprio modo per affrontare l’ira. Eppure, noi umani abbiamo concepito
altri metodi. Di fatto abbiamo creato una religione contraffatta molto moderna,
cioè la religione della TERAPIA PSICOLOGICA che, esattamente all’opposto di
ciò che dice Dio, ritiene che la rabbia sia OK e che vada espressa.
E’ stupefacente
come noi di solito inventiamo misure che siano l’esatto opposto di ciò che
Dio raccomanda. Iddio non dice che noi si debba sfogare liberamente la
nostra rabbia, scaricarla su altri, come se si trattasse di liberare del vapore
e che la cosa sia “sana” in sé stessa. Eppure oggi ci consigliano di
sfogare tutto il nostro malumore su coloro che stanno attorno a noi, di “non
tenercelo dentro”. Ci consigliano di assicurarci di non reprimerlo mai in noi
stessi.
Questo non è ciò
che Dio ha detto. Egli vuole che noi esaminiamo bene la nostra rabbia e ce ne
liberiamo, non liberandola, ma eliminandola, spegnendola, e
l’idea è di farlo attraverso il perdono.
Vi sono molti che
nutrono il desiderio di vendicarsi, di “rendere pan per focaccia” di
“restituire” agli altri ciò che a loro è avvenuto. Nessuno di questi modi
è appropriato per eliminare la rabbia. L’ira è una sfida costante, se noi
siamo tentati da questo peccato.
Il testo. La
lettera agli Efesini, capitolo 4, ci dà magnifiche istruzioni al riguardo della
vera cura dell’ira. Ascoltiamo:
"...[siate] rivestiti dell'uomo nuovo, creato secondo Dio nella giustizia e santità della verità. Perciò, messa da parte la menzogna ciascuno dica la verità al suo prossimo perché siamo membra gli uni degli altri. Adiratevi e non peccate; il sole non tramonti sul vostro cruccio; e non date luogo al diavolo. Chi rubava non rubi più, ma piuttosto si affatichi facendo qualche buona opera con le proprie mani, affinché abbia qualcosa da dare a chi è nel bisogno. Nessuna parola malvagia esca dalla vostra bocca, ma se ne avete una buona per l'edificazione, secondo il bisogno, ditela affinché conferisca grazia a quelli che ascoltanE non contristate lo Spirito Santo di Dio, col quale siete stati sigillati per il giorno della redenzione. Sia rimossa da voi ogni amarezza, ira, cruccio, tumulto e maldicenza con ogni malizia. Siate invece benigni e misericordiosi gli uni verso gli altri, perdonandovi a vicenda, come anche Dio vi ha perdonato in Cristo" (Ef. 4:24-32).”
Il contesto. Notiamo prima il contesto generale di questo brano.
(a) Prima di affrontare l’ira, ci viene rammentato che – almeno per i cristiani – “siamo membra gli uni degli altri” (25). Può esserci molto d’aiuto rammentarci di ciò che ci lega agli altri, come famiglia spirituale.
(2) Poi ci vengono date alcune istruzioni. La prima è quella di “mettere da parte la menzogna”, e di dire la verità l’uno all’altro. In qualche modo la menzogna è connessa all’ira. Fa’ meraviglia? La maggior parte delle volte in cui ci arrabbiamo veramente è quando siamo stati accusati di qualcosa di falso, o siamo stati ingiustamente biasimati. Anche il migliore fra i cristiani si infuria quando ciò accade. Un po’ meno di menzogne condurrebbe a molta meno ira. Dobbiamo, anzi, parlare al nostro prossimo in verità. I cristiani devono avere uno standard morale più alto degli altri. Quando parliamo non dobbiamo affondare nell’adulazione e nelle bugie. Più tardi, nel versetto 29 dello stesso brano di viene detto “Nessuna parola malvagia esca dalla vostra bocca, ma se ne avete una buona per l'edificazione, secondo il bisogno, ditela affinché conferisca grazia a quelli che ascoltano”. Il modo in cui parliamo, quindi, è di cruciale importanza se vogliamo ridurre l’ira. Il linguaggio è una potente prevenzione dell’ira.
(3) Al v. 30 troviamo qualcos’altro che è molto importante per il contesto in cui ci viene dato questo comando: “E non contristate lo Spirito Santo di Dio, col quale siete stati sigillati per il giorno della redenzione” (30). L’ira rattrista lo Spirito Santo. Il credente che ama Dio desidera evitare questo il più possibile.
(4) Ed ecco così al versetto 31 e 32 il punto della questione: “Sia rimossa da voi ogni amarezza, ira, cruccio, tumulto e maldicenza con ogni malizia. Siate invece benigni e misericordiosi gli uni verso gli altri, perdonandovi a vicenda, come anche Dio vi ha perdonato in Cristo”. Il cristiano riceve così chiare istruzioni a eliminare l’ira, ed il perdono è uno dei metodi per controllarlo. Il metodo preferito della Scrittura per eliminare l’ira è il perdono, non la “terapia” dello sfogo e delle urla…
Ritorniamo così
al v. 26 e 27 per vedere tutto il cuore della questione: “Adiratevi e non
peccate; il sole non tramonti sul vostro cruccio; e non date luogo al
diavolo”. Notate qui tre cose:
(1)
L’imperativo è chiaro: anche se vi arrabbiate, fate in modo che l’ira
non sia essa a controllare la vostra vita. Adiratevi,
ma non peccate. Questo è il comando. E’ semplice e si applica in ogni caso. In
nessun caso è decretato che voi vi dobbiate arrabbiare come modo per risolvere
il problema che avete. E se vi arrabbiate, cercate il perdono e ravvedetevi. Di
più: non andate a letto la sera se prima non avete risolto la vostra
arrabbiatura. Non perdete il sonno per questo!
(2) L’ira pare
avere una dimensione cumulativa. Non lasciate
che cresca, si accumuli. E’ necessario affrontarla subito, senza ritardo. se
non lo fate, verosimilmente essa aumenterà. Ecco perché il versetto dice: “il
sole non tramonti sul vostro cruccio”. Dobbiamo affrontare l’ira e
risolverla, anche se questa sera abbiamo un impegno… Non minimizzate l’ira,
o pensate che si tratti di un peccato leggero. Bisogna darle immediata e piena attenzione, quando la si commette.
(3) Non
affrontarla per quello che è vuol dire concedere a Satana un vantaggio,
permettere di mettergli un piede nella porta. Gesù
stesso insegnò queste stesse cose. Nel Sermone sul monte dice: “Se tu
dunque stai per presentare la tua offerta all'altare, e lì ti ricordi che tuo
fratello ha qualcosa contro di te, lascia lì la tua offerta davanti all'altare
e va' prima a riconciliarti con tuo fratello; poi torna e presenta la tua
offerta” (Mt. 5:23,24). E’ importante questo in vista della
partecipazione alla Cena del Signore. Un
altro rimedio lo indica Gesù quando dice: “Beati i facitori di pace”.
Spetta a Lui solo. La cosa più importante della quale tenere conto è che l’ira, la retribuzione del malvagio, la vendetta, non appartiene a noi, non ci compete. L’apostolo Paolo dice: “Non fate le vostre vendette, cari miei, ma lasciate posto all'ira di Dio, perché sta scritto: «A me la vendetta, io renderò la retribuzione, dice il Signore»” (Ro. 12:19). Allo stesso modo in cui non ci è consentito, nella società, la giustizia privata (il linciaggio!), ma questa compete alla magistratura, che, come dice la Scrittura, “non porta la spada invano”, non ci è consentita, da Dio, la vendetta. Essa è prerogativa di Dio, al quale vanno portate le nostre “denunce”.
La giusta Sua indignazione. La Bibbia parla dell’a “ira di Dio”, perché è l’unica ira ammissibile, l’unica ira che non sia peccaminosa. Guardate alla situazione dell’essere umano: è una creatura di Dio, che deve fiducioso ed ubbidiente riconoscimento della Sua sovranità e legge. Che succede, però? L’uomo, misero fuscello, vuole fare di testa sua, ignorando Dio ed essendo legge a sé stesso. Il Dio tre volte santo questo non lo può tollerare in alcun modo. Per questo la Bibbia parla della giusta ira di Dio sull’uomo peccatore. Romani 1:18 dice “l'ira di Dio si rivela dal cielo sopra ogni empietà e ingiustizia degli uomini, che soffocano la verità nell'ingiustizia”. Si, Dio è un Dio d’ira; Egli, contrariamente a quanto normalmente si suppone oggi, Egli del peccato umano è indignato, arrabbiato, irato, infuriato. Questo è del tutto legittimo. Anche se noi cerchiamo di sopprimere questa verità, noi siamo inescusabili, e l’ira di Dio è sospesa sulla testa di ciascuno di noi come la spada di Damocle.
Eravamo sotto la Sua ira. L’apostolo Paolo, scrivendo alla comunità di Efeso, dice: “…nei quali già camminaste, seguendo il corso di questo mondo, secondo il principe della potestà dell'aria, dello spirito che al presente opera nei figli della disubbidienza, fra i quali anche noi tutti un tempo vivemmo nelle concupiscenze della nostra carne, adempiendo i desideri della carne e della mente, ed eravamo per natura figli d'ira, come anche gli altri” (Ef. 2:2,3). Un tempo, dice a quei cristiani, eravamo morti nei nostri peccati, e sotto l’influenza di Satana, ed eravamo focalizzati solo sul soddisfare tutti i nostri desideri. Il risultato era che, come tutti, noi eravamo “per natura figli d’ira”. E’ stupefacente come di solito noi si tenda a trascurare questo punto. Prima della nostra conversione eravamo oggetto d’ira, dell’ira di Dio.
Una realtà indiscutibile. Isaia, Geremia, ed Ezechiele parlano tutti della “coppa dell’ira di Dio”. Sofonia dice: “Il giorno dell'Eterno è vicino, è vicino e giunge in gran fretta. Il suono del giorno dell'Eterno è amaro” (So. 1:14), “Quel giorno è un giorno di ira, un giorno di calamità e angoscia, un giorno di distruzione e desolazione, un giorno di tenebre e caligine, un giorno di nuvole e fitta oscurità” (1:15). Ebrei 12:29 ricorda ancora ai cristiani che “Dio è un fuoco consumante”. La sua ira può distruggere qualunque cosa. Nessuno può pensare di sfuggire all’ira di Dio. Quel giorno non serviranno le nostre misere giustificazioni.
Alla fine della storia umana, Dio distruggerà, nella Sua ira, tutti coloro che Gli fanno opposizione. "...e dicevano ai monti e alle rocce: «Cadeteci addosso e nascondeteci dalla faccia di colui che siede sul trono e dall'ira dell'Agnello... Dalla sua bocca usciva una spada acuta per colpire con essa le nazioni; egli governerà con uno scettro di ferro ed egli stesso pigerà il tino del vino della furente ira di Dio onnipotente" (Ap. 6:16; 19;15).
La soluzione. Eppure Dio ha provveduto un mezzo per vedere la Sua ira distogliersi da noi e dai nostri peccati. L’Evangelo dice: “Chi crede in lui non è condannato ma chi non crede è già condannato, perché non ha creduto nel nome dell'unigenito Figlio di Dio. Ora il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo e gli uomini hanno amato le tenebre più che la luce, perché le loro opere erano malvagie” (Gv. 3:18-20). Più tardi conclude il capitolo dicendo: “Chi crede nel Figlio ha vita eterna ma chi non ubbidisce al Figlio non vedrà la vita, ma l'ira di Dio dimora su di lui” (Gv. 3:36). Questo è Gesù che parla. L’ira di Dio è una realtà che rimane sul peccato. Come è possibile vedere cessare su di noi la giusta ira di Dio?
Illustrata dalla Santa Cena. Questa verità è efficacemente illustrata dall’istituzione della Santa Cena: essa è il suggello che Dio ha fatto cessare la Sua ira. Essa rappresenta come Cristo, infatti, abbia preso su di Sé la giusta ira di Dio che i nostri peccati meritano. Quando pensiamo all’ira, vediamo che si tratta di qualcosa che non va via da sola. In qualche modo deve essere portata via, eliminata. Quando c’è veramente un torto che abbiamo ricevuto, non scompare da sola. L’ira deve essere placata, calmata, sedata. Nei rapporti umani essa necessita del perdono, e normalmente che qualcosa accada prima di essere riconciliati. Nell’ambito spirituale, questo è già avvenuto per gli eletti di Dio da Dio stesso. La Santa Cena è appunto una regolare memoria di questo.
Rimozione totale. Pensate un attimo a come l’ira di Dio sia placata, portata via.. E se quell’ira non viene rimossa, e rimossa con efficacia, noi saremmo solo destinati all’inferno. Però, dice il versetto seguente, “Ma Dio, che è ricco in misericordia per il suo grande amore con il quale ci ha amati…” (Ef. 2:4): il Suo grande amore, la Sua grazia, in Cristo. Romani 5:9 dice: “Molto più dunque, essendo ora giustificati nel suo sangue, saremo salvati dall'ira per mezzo di lui”: ecco come Dio ci libera dall’ira. Dato che ora siamo stati giustificati dal Suo sangue, quanto più, tramite Lui, saremo salvati dall’ira.
Scaricata su un Altro. Si, la Sua ira è stata deviata. E’ stata posta su un Altro. Il peccato che noi commettiamo, merita il castigo, e Dio castiga! Solo che Egli ha punito qualcun altro al nostro posto. Ha punito Gesù, il perfetto Agnello sacrificale, che toglie il peccato del mondo. Egli porta su di sé l’ira di Dio per noi. Egli soffre al nostro posto, Colui che non conobbe peccato. Egli toglie da noi l’ira di Dio. Ogni volta che noi partecipiamo alla Santa Cena dovremmo rammentarci di questo. Pensate a come Dio ha tolto l’ira che noi meritavamo. Ha spezzato un altro corpo, ha versato il sangue di un altro, ha preso la vita di un altro. La Sua ira si è placata, essa è terminata. Ecco il significato della parola “propiziazione”.
Ecco dunque una realtà che noi tutti ben conosciamo a livello di esperienza: l’ira, la collera, che può anche essere ispirata da buoni motivi. Essa però per noi è pericolosa: non dobbiamo in alcun modo favorirla, perché le conseguenze sarebbero tragiche. Con l’aiuto di Dio dobbiamo identificarla come tale, analizzarla, e farla sciogliere, spegnere, attraverso il perdono e il ravvedimento personale (perché l’ira è peccato) come pure la consapevolezza che solo Dio potrà fare giustizia e “fargliela pagare”. La vendetta appartiene a Dio. A noi spetta solo la fiduciosa ubbidienza a Lui. Dobbiamo essere inoltre consapevoli che noi solo meriteremmo di essere distrutti dall’ira di Dio sul nostro peccato e che, per grazia di Dio, riceviamo perdono e riconciliazione, quando ci affidiamo al Signore e Salvatore Gesù Cristo, vero e proprio “parafulmine” della giusta ira di Dio.
Termino con questa promessa che vale per chiunque accoglie l’Evangelo di Gesù Cristo: “Poiché Dio non ci ha destinati all'ira, ma ad ottenere salvezza per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo, il quale è morto per noi perché, sia che vegliamo sia che dormiamo, viviamo insieme con lui.” (1 Ts. 5:9,10).
(Paolo Castellina,
sabato 2 settembre 2000
. Tutte le citazioni bibliche, salvo diversamente
indicato, sono tratte dalla versione “La Nuova Diodati”, edizioni La
Buona Novella, Brindisi, 1991).
1. Salmo 95.
2. Numeri 20:1-13 – Le acque di Meriba, il comando di Dio e il peccato di Mosé.
3. Efesini 4:17-32 – La santità cristiana in opposizione ai costumi corrotti dei pagani.