C’è una parabola di Gesù che parla di un uomo che aveva passato
l’intera sua vita ad accumulare tesori. Di primo acchito, questo mi fa venire
in mente un personaggio di Walt Disney: lo zio Paperone. Ve ne ricordate? Quel
vecchio, avido ed avaro, che accumulava tutti i suoi soldi in un’enorme
forziere straboccante e ben custodito. Non erano soldi da spendere, guai, solo
da accumulare! E lo zio Paperone viveva come un poveraccio, risparmiando ogni
centesimo e lanciando tuoni e fulmini contro lo spendaccione nipote Paperino…
Lo zio Paperone, un personaggio per ridere, riprende però quello inventato
dallo scrittore Charles Dickens, lo zio Scrooge, nel “Racconto di Natale”.
Si tratta di personaggi inventati? Certo si tratta di caricature, ma,
anche se noi non abbiamo forzieri stracolmi di denaro, l’avarizia, l’avidità,
la cupidigia, non sono “cose da riderci sopra” ma un peccato capitale
di cui molti, anche fra noi, sono affetti.
Ascoltiamo prima
Gesù, in Luca, capitolo 12.
“Or qualcuno
della folla gli disse: «Maestro, di' a mio fratello che divida con me l'eredità»
(13). Ma egli gli disse: «O uomo, chi mi ha costituito giudice e arbitro su di
voi?» (14). Poi disse loro: «Fate attenzione e guardatevi dall'avarizia, perché
la vita di uno non consiste nell'abbondanza delle cose che possiede» (15). Ed
egli disse loro una parabola: «La tenuta di un uomo ricco diede un abbondante
raccolto (16); ed egli ragionava fra sé dicendo: Che farò, perché non ho
posto dove riporre i miei raccolti? (17) E disse: "Questo farò, demolirò
i miei granai e ne costruirò di più grandi, dove riporrò tutti i miei
raccolti e i miei beni, (18) poi dirò all'anima mia: Anima, tu hai molti beni
riposti per molti anni; riposati, mangia, bevi e godi (19). Ma Dio gli disse:
"Stolto, questa stessa notte l'anima tua ti sarà ridomandata e di chi
saranno le cose che tu hai preparato?" (20) Così avviene a chi accumula
tesori per sé e non è ricco verso Dio» (21)”.
Avidità, ingordigia, avarizia, dunque… Ho letto che lo
scorso ultimo decennio è stato chiamato “il decennio ingordigia e
dell’egoismo”. Può darsi, ma dubito che noi si sia stati allora
particolarmente avidi ed avari. Temo che questa sia stata, purtroppo, da sempre,
una caratteristica umana. Il primo scheletro che gli archeologi avevano
scoperto fra le rovine vulcaniche della città di Pompei ancora presentava una
mano che teneva stretto un pugno di monete d’argento. Queste erano scivolate
via tintinnando, da quella mano scheletrita, mentre gli archeologi la
dissotterravano. Un uomo, in pericolo di morte, sotto un’eruzione vulcanica
che si aggrappa al proprio denaro? Non è patetico? Il denaro l’avrebbe
salvato? Che lezione impressionante questa per coloro che danno tanta
importanza ai beni di questo mondo! Eppure quanta gente si aggrappa ad essi come
se fossero il valore più importante in assoluto della vita!
L’avarizia è il secondo dei sette peccati capitali, fondamentali, o mortali, secondo l’elenco che ci è pervenuto dalla tradizione cristiana e che sto considerando in questo periodo. Quali sono? (1) la superbia, (2) l’avarizia, (3) la lussuria, (4) l’ira, (5) la gola, (6) l’invidia, (7) l’accidia.
Il termine “avarizia”, l’essere avari, gretti,
spilorci, taccagni, tirchi, in italiano non esprime completamente il concetto
biblico espresso dal secondo peccato capitale. Al concetto di “avarizia”
bisogna associare quello di “cupidigia” che, secondo la Bibbia, è la radice
di tutti i mali, l’atteggiamento, cioè, che abbiamo verso i beni di questo
mondo.
Riprendo in questo modo un’antica spiegazione del concetto: “Quando … il cuore dell’uomo è in sé confuso e turbato e l’anima ha perduto il conforto di Dio, allora egli cerca un vano sollievo nei beni di questo mondo. L’avarizia … è una brama che si ha nel cuore di possedere cose terrene. Altri dicono che l’avarizia consiste nell’ammassare molti beni, senza dare nulla a chi è nel bisogno. Si capisce che l’avarizia non riguarda solo la terra e gli averi, ma talvolta anche il sapere e la gloria: in ogni specie di eccesso c’è avarizia e cupidigia! E la differenza fra l’avarizia e la cupidigia è questa: la cupidigia consiste nel bramare quello che non si ha e l’avarizia sta nel tenere e serbare quello che si ha, senza giusta necessità”[i].
La prima è dunque desiderare avidamente, la seconda avidamente conservare per se stessi ed accumulare. L’avarizia è l’avidità, il movimento centrifugo che cerca di afferrare per sé i beni di questo mondo. La misericordia, invece è il movimento centripeto a dare, a condividere con altri i beni del mondo, persino con chi non se lo merita.
Altri hanno detto (cito a memoria): “l’avarizia
può derubarci di gran parte della nostra umanità, ci può spogliare di ogni
compassione. Quando si diventa infatuati del perseguire ricchezze, perdiamo
del tutto il buon senso”.
Una delle cose che
fa dell’avidità una cosa così mortale è che il suo ipnotico maleficio
ci impedisce di gustare la bellezza del dare e dell’usare ciò che Dio ha
voluto che noi possedessimo. Se ci lasciamo affascinare solo acquisire, perdiamo
la capacità stessa di vivere.
Il taccagno si concentra sulla sua ricchezza e non può neanche
goderne. La persona avida finisce sempre con l’avere, ma non con il
godere ciò che possiede perché pensa solo ad accumulare. E’ come vivere
in un museo, conservare tutto per paura che qualcosa della ricchezza materiale
si possa consumare.
Nella sua tirchieria e nel suo essere
possessivo, la persona avida fa della sua anima un luogo miserabile e povero.
L’avaro, come è stato sempre rappresentato nella letteratura e nel
teatro, vezzeggia il suo denaro, gli rende culto: la Scrittura,
infatti, la rappresenta come idolatria.
L’avarizia è l’amore del possedere per il semplice fatto di
possedere, come se le acquisizioni materiali fossero un monumento al proprio
io. L’avidità è l’amore eccessivo per le ricchezze materiali, è un amore
e dedizione mal riposto.
La
persona avara non può mai averne abbastanza.
La persona avida, in pratica, non crede che sia Dio a provvederci dei
beni necessari, ed è estranea al confidare a che sia Lui a provvedere.
Come l’orgoglio, l’avarizia tocca
veramente tutti, sia ricchi che poveri: non fa differenza di classi. Anche i
poveri possono essere avari e avidi.
L’avarizia è un altro dei peccati capitali e mortali: perché essa
conduce ad altri peccati, come la menzogna, il furto, il gioco d’azzardo[ii],
l'usura, l'inganno, la durezza con il prossimo, la frode, la perfidia, lo
spergiuro, la violenza, il tradimento, l'indurimento del cuore contro la
misericordia, il sospetto ed il giudizio temerario, la rapina. Una persona avara
o avida diventa posseduta, posseduta da ciò che possiede: è una
schiavitù senza dubbio mortale.
La Bibbia dice: “L'avidità del denaro infatti è la
radice di tutti i mali e, per averlo grandemente desiderato, alcuni hanno
deviato dalla fede e si sono procurati molti dolori” (1
Ti. 6:10). Anticamente, per indicare l’avidità si parlava di concupiscenza,
o cupidigia, il desiderio immoderato di possedimenti temporali che può
essere valutato in denaro. Non è sbagliato provvedere a noi stessi ed alle
nostre famiglie, e nemmeno è sbagliato risparmiare per il futuro: è sbagliato l’accumulo
fine a sé stesso, ed è qualcosa che ci fa spostare lo sguardo dal culto
e dal servizio dovuto al Dio vero e vivente e concentrarlo sul culto e servizio
di un idolo.
Virtù opposte sono il sapersi accontentare, e la generosità. Il Nuovo
Testamento dice: “Ora la pietà è un mezzo di grande
guadagno, quando uno è contento del proprio stato” (1 Ti. 6:6).
Hanno scritto:
“L’avarizia è grande mancanza di sapienza, una follia filosofica, perché
presume che la felicità venga dal possedere, dall’avere cose. Questa è una
menzogna”. Eppure milioni di persone ne sono ingannate.
Sono di fatti anche
i paesi più poveri ad essere avidi, proprio come gli individui. Quando vedono
altri con abbondanza di possedimenti, essi possono diventare avidi del livello
di vita altrui in modo privo di ritegno.
Ricchezza e povertà
non sono necessariamente risultato di ingiustizie, come falsamente ci hanno
indotto a pensare, generalizzando ingannevolmente, le ideologie “di
sinistra”. Infatti, questo pensiero entra molto di rado nella mente sia di
individui che di economisti: Forse Dio non ha voluto che ogni individuo o
nazione fosse altrettanto ricco degli altri. Forse Dio, nei Suoi sapienti
piani non ha stabilito che voi foste super ricchi. Se questo è il caso,
vorreste passare il resto della vostra vita in modo contrario alla volontà
di Dio, cercando di acquisire ciò che Egli non vi darà mai? Oppure viene
il momento anche di accettare ciò che Egli vi ha dato ed esserne contenti?
Forse persino a cercare di darlo via ad altri?
Le cose di questo mondo sono importanti al nostro corpo, ma
non possono salvare la nostra anima. Possono esserci utili per un po’ di
tempo, ma non sono queste a dare valore alla nostra umanità.
Fondamentalmente l’avidità è una prospettiva sbagliata sulle cose, il tentativo di fare per sé stessi ciò che Dio non ha voluto fare. E’ desiderio d’avere di più, maggiore ricchezza materiale, più di quello che hanno gli altri, o più in generale. L’avarizia non è mai soddisfatta, ne vuole sempre di più. Se noi confidassimo in Dio e nella Sua provvidenza, noi ci accontenteremmo di quello che Egli ci dà. Davvero opposti a quelli del mondo sono la logica, i principi e i comandamenti di Dio[iii]
La ricchezza materiale non è sbagliata in sé stessa. Non c’è nulla di sbagliato nell’essere previdenti e nel risparmiare in vista di tempi difficili, anzi, è saggio farlo. L’atteggiamento, però, di sfiducia, la paura di rimanere senza, è sintomo di avidità. Se noi non possiamo mai essere soddisfatti con qualsiasi cifra, allora siamo avidi. Volete forse voi più di quanto Dio vi abbia dato? Forse che lavorate e vi dedicate per raggiungere più di quello che Dio vuole che voi abbiate? Forse, rispondere a questa domanda può aiutarci a vedere perché la cosa sia tanto peccaminosa. Essere avidi significa minimizzare ciò che di fatto Dio provvede per la vostra vita.
La ricchezza materiale non è sbagliata in sé stessa. Dio ci chiama ad essere buoni amministratori dei beni, secondo la Sua volontà, non ad essere poveri. La differenza fra amministrazione ed avidità si potrà vedere in questo: la persona avara non spende mai, per paura di esaurire le sue risorse. Ricordate la parabola di Gesù sui talenti? Uno di quei servitori non investe il denaro del padrone, ma lo sotterra per paura di perderlo. Gli altri invece lo investono: questo gli era stato chiesto dal padrone[iv]. L’amministratore di Dio spende in obiettivi approvati dal suo Maestro. L’avaro si concentra sulla sostanza netta, mentre il servitore si focalizza sul bene che ha fatto per il suo padrone, i fini, non i mezzi.
L’avaro vede i beni come i propri. Egli ne è il padrone,
mentre l’amministratore sa che quei beni sono del padrone, e solo cose
affidategli. La grande differenza sta nella proprietà più l’atteggiamento
che l’accompagna. L’avarizia è un peccato di atteggiamento, non dipendente
dalla ricchezza in sé stessa.
L’Antico Testamento parla chiaro sul pericolo dell’avarizia.
La sapienza. Nei libri sapienziale troviamo: “Tale è la fine di chi si dà alla rapina; la cupidigia toglie di mezzo colui che ne è dominato” (Pr. 1:19); “Sconvolge la sua casa chi è avido di guadagni disonesti; ma chi detesta i regali vivrà” (Pr. 15:27). “Se ne vanno in fumo queste ricchezze per un cattivo affare e il figlio che gli è nato non ha nulla nelle mani” (Ec. 5:13). Un caso esemplare nell’Antico Testamento è però quello di:
Akan ad Ai. Akan
presso la città di Ai. Questo personaggio spesso lo perdiamo di vista quando ci
concentriamo sulla caduta di Gerico. Però il pericolo dell’avidità si mostra
ben preso nella storia di Israele. Il problema di Akan era quello di non aver
saputo aspettare che Dio provvedesse loro materialmente. Aveva voluto
precederlo.
Il fatto era
successo poco dopo che Israele aveva cominciato a conquistare la terra promessa.
Avevano riportato una grande vittoria su Gerico. Sono tutti eccitati. Si
dirigono ora verso la prossima città, forse un po’ troppo fiduciosi in sé
stessi, perché vi mandano solo 3000 uomini. Questo, però, non era il loro
problema principale. Il loro problema era un peccato nascosto nel loro stesso
campo. Il peccato era l’avidità, viene scoperto, e ne segue una sconfitta. Le
truppe di Israele si danno alla fuga davanti a quelle di Ai, e ritornano a casa
con 36 morti. La popolazione di Ai era riuscita a respingerli, e il generale
Giosuè si getta con il viso a terra confuso e spaventato. Il Signore gli dice
che il problema sta con qualcuno che ha disubbidito al Signore appropriandosi
di parte del bottino di Gerico. Giosuè trova così i responsabili. Li
cercano tribù dopo tribù, clan dopo clan, famiglia dopo famiglia, fintanto che
identificano Akan. Giosuè gli chiede così perché mai abbia fatto una
tal cosa. Ascoltate la sua risposta: «In verità, sono io che ho peccato
contro l'Eterno, il DIO d'Israele e questo è ciò che ho fatto. Quando vidi fra
il bottino un bel mantello di Scinar, duecento sicli d'argento e un lingotto
d'oro del peso di cinquanta sicli, li desiderai grandemente e li presi;
ed ecco, or sono nascosti in terra in mezzo alla mia tenda; e l'argento è sotto»
(Gs. 7:20,21).
Il cuore del
problema di Akan era di volere ciò che pensava appartenergli, e di volerlo
presto, più presto di quanto Dio avesse stabilito. Non aveva voluto aspettare
Dio, la sua avidità era prevalsa. Sembra di sentire una canzone di qualche
tempo fa che diceva: “Lo voglio tutto, lo voglio tutto, e lo voglio subito”.
L’avidità è la determinazione di ottenere ciò che pensiamo sia meglio,
quando Iddio ha chiaramente detto No! In questo, essa non è molto diversa dalla
concupiscenza o da qualsiasi altro peccato.
Nei Vangeli Gesù
dice: “Guardatevi dall’avarizia” (Lu. 12:15), o meglio: “Guardatevi
e tenetevi lontano da ogni cupidigia” (CEI), perché vi è una grande
varietà o forme di cupidigia, di avarizia. C’è avidità di denaro, …avidità
di giocattoli per adulti, avidità di prestigio, avidità di sicurezza futura,
l’avidità d’avere più ancora, quando uno è già ricco. Agur dice bene in
Pr. 30:8,9 “Non darmi né povertà né ricchezza, cibami del pane che mi è
necessario, perché, una volta sazio, non ti rinneghi e dica: Chi è l’Eterno?
Oppure, divenuto povero, non rubi e profani il nome del mio Dio”. Vi è pure l’avidità che ci porta a desiderare essere in controllo
totale delle situazioni e dell’uso egoistico dei beni. Siamo avidi di cose
materiali, perché non abbiamo alcuna soddisfazione interiore con Dio.
Vi sono molti
tipi di avarizia, e Gesù ci
dice di stare in guardia contro tutte le sue varianti. Evidentemente questo è
un compito costante, una vocazione, simile a quella del carceriere. Dobbiamo
tenere l’avarizia sotto chiave,. Dobbiamo legarla a ceppi e catene.
Dobbiamo metterla sotto custodia, vigilando sempre a che non fugga.
Rinuncia. Cristo
chiese ai Suoi discepoli di rinunciare a tutti i possedimenti terreni, di
lasciarci dietro ogni cosa e di seguirlo. Egli non vuole che nulla si frapponga
al discepolato. Forse che la cupidigia ti sta ostacolando o rallentando? Forse
oggi dovresti essere più onesto di quanto tu sia stato recentemente. Nella tua
vita, forse che l’avidità, la cupidigia, la concupiscenza, costituisce un
problema, un peccato? Spesso, per essere discepoli di Gesù è necessaria
determinazione. Gesù disse: “Nessuno che ha messo la mano all’aratro e
poi si volge indietro, è adatto per il regno di Dio” (Lu. 9:62).
Sollecitudini. Gesù
parlava spesso de “le sollecitudini di questo mondo”. Nella Sua prima
parabola ci parla di 4 diverse risposte che si possono dare alla Parola di Dio.
Una di queste è quando il seme cade in un terreno pieno di piante spinose. Il
seme rappresenta la persona che: “ode la parola, ma le sollecitudini di
questo mondo e l’inganno delle ricchezze soffocano parola; ed essa diviene
infruttuosa” (Mt. 13:22). Le ricchezze possono essere ingannevoli,
specialmente se guardiamo ad essere come fonte di salvezza.
I Farisei. In Luca 12 Gesù comanda: “Vendete i vostri beni e dateli in elemosina; fatevi delle borse che non invecchiano, un tesoro inesauribile nei cieli, dove il ladro non giunge e la tignola non rode” (33). I Farisei sono “i cattivi” del Nuovo Testamento. Sono l’empio vivente dell’opposizione al nostro Signore e del male. Gesù dice a loro – e a noi – che una persona non può servire simultaneamente sia Dio che Mammona. In questo caso Mammona rappresenta l’intero sistema mondiale di accumulazione della ricchezza. In Luca 6:14 è scritto: “Ora i farisei, che erano amanti del denaro, udivano tutte queste cose e si beffavano di lui” (Lu. 16:14). Al cuore stesso dell’opposizione a Gesù, era il loro amore per il denaro. Quella era la radice del loro peccato.
Il giovane ricco. Un esempio tragico di avarizia nel Nuovo Testamento è il giovane ricco. Molti di voi conoscono il brano che ne parla. Un ricco benestante viene da Gesù e vuole essere inserito nella lista dei Suoi discepoli. Questo cittadino importante voleva aiutare la causa di Gesù. Probabilmente pensava che Gesù sarebbe stato contento di avere il suo appoggio, come se l’uomo potesse contribuire a Dio. Si accosta a Gesù chiamandolo “Maestro buono”. Gesù però subito lo interrompe: “Nessuno è buono, fuorché Dio”, forzandolo a tornare sul suo terreno. Gesù voleva che quest’uomo prima riconoscesse con chi Lui stesse trattando.
Stabilito questo punto Gesù procede. Dice al giovane che
dovrà ubbidire ai comandamenti. Gesù ripete la seconda tavola della legge e
dice al giovane di osservare questi comandamenti. Questi ne rimane soddisfatto e
sollevato, perché li ha osservati fin da piccolo. Gesù, naturalmente, sapeva
che sarebbe stata questa la sua risposta. Ed ecco che Gesù ora lo sfida al
cuore stesso della questione. Gesù dice: “Se vuoi ereditare il regno,
allora va, vendi tutto quello che possiedi, e dallo ai poveri” (Lu.
18:22). Questo episodio non termina con una nota felice. L’uomo non si
converte. Se ne scivola via, insoddisfatto, perché possedeva molto e non se ne
voleva certo privare. Amava troppo quel che aveva per lasciare tutto. Se ne va
allora tutto triste, perché aveva molte ricchezze. Preferisce dar via la
propria vita eterna. Certo è un investimento molto miope, e questo perché
amava troppo le cose di questo mondo. L’avidità è idolatria, e gli costa la
vita stessa. Anche a noi può costarci la vita.
L’avidità, o
cupidigia, è un peccato grave, e lo vediamo pure nel resto del Nuovo
Testamento.
Anania e Saffira. Esemplare è il caso di Anania e Saffica (Atti 5) membri della prima comunità cristiana. Apparentemente essi avevano una ragionevole fonte di ricchezza, ma ancora non erano soddisfatti di quello che possedevano. Un altro problema di Anania e Saffira era che essi volevano usare la loro avarizia per promuovere la loro posizione davanti agli altri. Così vendono un pezzo della loro terra, e, con il ricavato, ne danno una parte in dono alla chiesa. In quello non c’era nulla di male. Dio non aveva loro comandato di vendere quella terra e dare l’intero ricavato alla Chiesa. Avrebbero potuto farlo, ma non erano obbligati a farlo. Eppure, quando era giunto il momento di dare la loro offerta, in qualche modo avevano voluto farsi belli di fronte agli altri, vantandosi di aver venduto la loro terra e di averne dato tutto il ricavato alla Chiesa. Lo Spirito Santo, però, rivela agli apostoli che questo non era il caso. Allora essi contestano ad Anania e Saffira il fatto di aver mentito a Dio, lo Spirito Santo. Perché avevano dare di sé un’immagine diversa di quello che erano? La motivazione che li aveva spinti a far quello era l’avidità. Pensavano di aver scoperto il modo per vantare dei meriti di fronte agli altri, di sembrare d’aver dato di più degli altri. Per questo avevano mentito, ed essi furono severamente giudicati da Dio: erano colmi di cupidigia, per beni materiali o sociali, non importa.
Nonostante molteplici sforzi, l’avarizia è profondamente incapace di tenersi stretto ciò che possiede. Noi moriamo, e i nostri beni vanno a qualcun altro.
Insieme all’immoralità. Romani 1:29 ci dice che l’ira di Dio si rivela dal cielo contro ogni empietà ed ingiustizia degli uomini. Elencato fra i peccati dell’umanità depravata, insieme all’immoralità sessuale, vi è la cupidigia. Iddio non considera l’avidità un peccato meno grave che l’omosessualità. Questo può sorprendervi, ma è del tutto in sintonia con le Scritture.
Idolatria. Efesini 5:3 comanda: “…né impurità alcuna, né avarizia siano neppure nominate fra di voi”. Colossesi giunge persino a dire (ascoltate con attenzione): “…desideri cattivi e avidità, che è idolatria”. Avete bene afferrato? L’avidità è chiamata “idolatria”, e senza dubbio lo è. L’avarizia è innalzare delle cose, il culto di non-divinità. Una persona avida si costruisce una piccola cappella – di solito un altare invisibile – per rendere culto alla propria ricchezza. Altri potranno anche non vederlo, ma Dio lo vede. Quando rendiamo culto all’ammasso di ricchezze, e non ci possiamo rinunciare per nulla al mondo, è questo che ci lega, ci trattiene, ci incatena. Ciò che possediamo ci possiede. E’ il culto di ciò che voi producete, piuttosto di Dio che provvede. 1 Co. 6:10 ci ammonisce dicendo: “…né i ladri, né gli avari, né gli ubriaconi, né gli oltraggiatori, né i rapinatori erediteranno il regno di Dio”. Se una persona è magneticamente concentrata sulle proprie ricchezze e controllata dall’avidità, essa non ha io al centro della sua vita, e non erediterà il Regno dei cieli, come chiunque non abbandoni il suo peccato. L’avarizia è davvero tanto mortale!
Giacomo. Giacomo, nel Nuovo Testamento, accusa chi negli ultimi giorni avrà accumulato tesori (5:3). I responsabili della Chiesa non devono svolgere questo compito “per avidità di guadagno” (1 Pi. 5:2), mentre le persone settarie “hanno il cuore esercitato alla cupidigia e sono figli di maledizione” (2 Pi. 2:14). Faranno di tutto pur di arricchire. Chi è “amante del denaro” non è adatto per posizioni di responsabilità nella Chiesa (1 Ti. 3:3, 3:8). E’ interessante come questo venga citato due volte nelle qualifiche.
1 Timoteo 6:10 è molto esplicito al riguardo: “L’avidità del denaro, infatti, è la radice di tutti i mali e, per averlo grandemente desiderato, alcuni hanno deviato dalla fede e si sono procurati molti dolori”. Attenzione, dunque. Più avanti, nello stesso capitolo, dice: Se Dio vi ha benedetto con grandi risorse, voi che siete ricchi non dovreste essere arroganti, confidando nelle vostre ricchezze. Al contrario: “fate del bene, siate ricchi in buone opere, generosi e pronti a dare” (17,19).
Giacomo 4:1,2: “Da che cosa derivano le guerre e le liti che sono in mezzo a voi? Non vengono forse dalle vostre passioni che combattono nelle vostre membra? Bramate e non riuscite a possedere e uccidete; invidiate e non riuscite ad ottenere, combattete e fate guerra! Non avete perché non chiedete” (Gm. 4:12); “Diventati così insensibili, si sono abbandonati alla dissolutezza, commettendo ogni sorta di impurità con avidità insaziabile” (Ef. 4:19).
C’è un rimedio all’avarizia e alla cupidigia. Si, la conversione a Gesù Cristo, Signore, Salvatore e Maestro. Egli solo può ribaltare i nostri valori per riportarli in armonia con la volontà di Dio rigenerando la nostra natura corrotta e “sbagliata”. Certo, quando il peccato è così radicato in noi, delle abitudini che genera non si può liberarcene all’improvviso. Anche il cristiano dovrà continuare a lottare contro sé stesso per tutta la sua vita. Potremmo aver bisogno di apprendere nuove abitudini, modelli di vita totalmente nuovi, ma se vogliamo salvare la nostra anima, dobbiamo seguire Cristo con serietà. Dobbiamo seguire il modello di Zaccheo, un uomo ricco ed avido, che fu guarito e restituì quattro volte di più di quello che aveva sottratto agli altri.
Il rimedio contro l’avarizia
sono la misericordia e la pietà in senso lato. Gesù vuole che i nostri occhi
siano puri, o generosi (Mt. 6:22). Paolo esorta i cristiani ad essere generosi
(Ro. 12:8). L’antidoto dell’avidità è la generosità. Il rimedio
dell’avidità è la liberalità, la filantropia. Perché? “Perché
l’avaro non dimostra né pietà né misericordia verso il prossimo, in quanto
tutto il suo godimento sta nel tenere in serbo il proprio tesoro e non nel
soccorrere ed aiutare i propri fratelli in Cristo … segue a tale misericordia
la pietà nel compirti opere caritatevoli e misericordiose. E sono queste le
cose che muovono l’uomo alla misericordia di Gesù Cristo: il fatto che Egli
si sia donato per la nostra colpa, abbia sofferto per misericordia la morte e ci
abbia perdonato il peccato … concedendoci la grazia di bene operare e infine
la beatitudine del cielo. Le specie di misericordia sono: il prestare e il dare,
il perdonare e l’assolvere, l’avere in cuore pietà e compassione per le
disgrazie dei propri fratelli in Cristo … Altro rimedio contro l’avarizia è
una ragionevole liberalità; ma in verità qui conviene tenere conto della
grazia di Gesù Cristo, dei suoi beni temporali, ed anche dei beni eterni che
Cristo ci ha dato, ricordando che ci aspetta la morte, e che allora dovremo
lasciare tutto ciò che possediamo, eccetto quanto abbiamo speso in opere
buone”[v]
Nella logica di Dio “perdendo si guadagna”. “La pietà è un mezzo di grande guadagno, quando uno è contento del proprio stato. Non abbiamo infatti portato nulla nel mondo, ed è chiaro che non possiamo portarne via nulla” (1 Ti. 6:6,7). Qualcuno ha detto: “Invece di morire ricchi, dovremmo forse cercare di morire poveri, di usare tutto quello che il Signore ci dà per aiutare gli altri. Certamente ci è comandato di risparmiare e di provvedere per la nostra famiglia e per i nostri eredi, ma dopo quello, dovremmo sforzarci di usare il nostro Mammona per Dio. Il denaro è permesso da Dio, ma deve essere dato via, non deve essere qualcosa a cui aggrapparci, con pugno chiuso, fino alla morte”. Sarà così per ciascuno di noi?
(Paolo Castellina,
sabato 5 agosto 2000
. Tutte le citazioni bibliche, salvo diversamente indicato, sono tratte
dalla versione "Nuova Diodati", edizioni "La Buona Novella",
Brindisi, 1991).
1. Salmo 106 (solo l’inizio)
2. Giosuè 7 (la storia di Akan)
3. Luca 9:1-26 (Zaccheo; la parabola delle mine)
[i] G. Chaucer, “I racconti di Canterbury”, Milano: Mondatori, Oscar classici, 1981, p. 390.
[ii] “C’è poi il gioco d’azzardo con tutto ciò che ad esso appartiene, carte e dadi, da cui derivano inganni, falsi giuramenti, accuse, ruberie d’ogni genere, bestemmie ed imprecazioni contro Dio, odio verso il prossimo, sperpero di beni, perdita di tempo, e talvolta omicidi. I giocatori d’azzardo non possono certo essere senza peccato grave finché coltivano quell’arte” (Chaucer, op. cit. p. 393).
[iii] “I loro ordini sono diametralmente opposti. Il primo vi comanda di camminare per fede, l’altro di camminare per visione; il primo di essere umili, il secondo di essere arroganti; il primo di rivolgere la nostra attenzione alle cose che stanno in cielo, l’altro alle cose che stanno sulla terra; il primo di guardare alle cose invisibili ed eterne, l’altro di guardare alle cose visibili e materiali; il primo di camminare verso il cielo, l’altro di tenersi stretti alla polvere; il primo di non avere eccessive preoccupazioni, l’altro di stare in ansia: il primo di essere contenti delle cose che si possiedono, il secondo di ampliare il più possibile i vostri desideri; il primo di considerare l’interesse degli altri, il secondo di pensare solo ai propri affari; il primo di cercare la propria gioia nel Creatore, l’altro di trovare la propria gioia nella creatura" (Jay, citato da AW Pink, An Exposition of the Sermon on the Mount (Baker, 1983, pp. 215-216.)
[iv]
“«Inoltre il regno dei cieli è simile
a un uomo che, partendo per un viaggio chiamò i suoi servi e affidò loro i
suoi beni. A uno diede cinque talenti, a un altro due e a un altro uno, a
ciascuno secondo la sua capacità; e subito partì. Ora colui che aveva
ricevuto i cinque talenti, andò e trafficò con essi e ne guadagnò altri
cinque. Similmente anche quello dei due ne guadagnò altri due. Ma colui che
ne aveva ricevuto uno andò, fece una buca in terra e nascose il denaro del
suo signore. Ora, dopo molto tempo, ritornò il signore di quei servi e fece
i conti con loro. E colui che aveva ricevuto i cinque talenti si fece avanti
e ne presentò altri cinque, dicendo: "Signore, tu mi affidasti cinque
talenti, ecco, con quelli ne ho guadagnati altri cinque. E il suo signore
gli disse: "Bene, buono e fedele servo; tu sei stato fedele in poca
cosa, io ti costituirò sopra molte cose; entra nella gioia del tuo
signore". Poi venne anche colui che aveva ricevuto i due talenti e
disse: "Signore, tu mi affidasti due talenti; ecco, con quelli ne ho
guadagnati altri due". Il suo signore gli disse: "Bene, buono e
fedele servo; tu sei stato fedele in poca cosa, io ti costituirò sopra
molte cose; entra nella gioia del tuo signore". Infine venne anche
colui che aveva ricevuto un solo talento e disse: "Signore, io sapevo
bene che tu sei un uomo aspro, che mieti dove non hai seminato e raccogli
dove non hai sparso; perciò ho avuto paura e sono andato a nascondere il
tuo talento sotto terra; ecco te lo restituisco". E il suo signore
rispondendo, gli disse: "Malvagio e indolente servo, tu sapevi che io
mieto dove non ho seminato e raccolgo dove non ho sparso; tu avresti dovuto
affidare il mio denaro ai banchieri e così, al mio ritorno, l'avrei
riscosso con l'interesse. Toglietegli dunque il talento e datelo a colui che
ha i dieci talenti. Poiché a chiunque ha, sarà dato e sovrabbonderà, ma a
chi non ha gli sarà tolto anche quello che ha. E gettate questo servo
inutile nelle tenebre di fuori. Lì sarà il pianto e lo stridor di denti»”
(Mt. 25:17-30).
[v] Chaucer, op. cit. p. 394, v, «Scrivi: Beati i morti che d'ora in avanti muoiono nel Signore; sì, dice lo Spirito, affinché si riposino dalle loro fatiche, perché le loro opere li seguono» (Ap. 4:13).