Il profeta Isaia, al capitolo 59 del suo libro, parlando della situazione della società del suo tempo, afferma: “La via della pace non la conoscono e non c'è rettitudine nelle loro vie; rendono tortuosi i loro sentieri e chiunque vi cammina non conosce la pace. Perciò la rettitudine è lontana da noi e la giustizia non giunge fino a noi; aspettavamo la luce, ecco invece le tenebre, lo splendore, invece camminiamo nell'oscurità” (Is. 58:8,9).
“Non c’è rettitudine nelle loro vie”. Possiamo dire che anche nella nostra società vi sia una grande carenza di rettitudine a livello personale e di giustizia a livello sociale (i due concetti sono collegati strettamente). Quand’è che si può dire di essere davanti ad “una persona retta”? La rettitudine a livello personale e la giustizia a livello sociale, sono per voi dei valori importanti? Sono io una persona “retta”, siete voi delle persone “rette”? Vorreste voi essere ricordati dalle generazioni future come delle persone rette, dei “giusti”?
La riflessione di quest’oggi potrebbe essere considerata un ideale proseguimento di quella della scorsa domenica. Davanti all’inavvicinabile gloria della santità di Dio, nessuno può vantare o pretendere alcunché. L’unica base per la quale mai potremo essere accolti da Dio sono i meriti della completa rettitudine di Gesù Cristo, i quali ci vengono donati per grazia mediante la fede in Lui.
Ci domandiamo però: potremo mai sperare noi di essere veramente giusti e retti nella nostra vita? Forse non completamente quaggiù, ma il cristiano si incammina su quella retta via quando segue – come deve – il Signore Gesù, quando si lascia, per così dire “condizionare” dalla rettitudine di Cristo nella sua vita quotidiana. Che cos’è però la rettitudine? Cominciamo a chiarirne i termini.
Chiariamo i termini
Nel contesto della fede biblica, nella vita del popolo di Dio, il concetto di rettitudine ha sempre giocato un ruolo chiave, è sempre stato molto importante. Ancora oggi in Israele c’è un parco dove con grande solennità sono piantati alberi, ciascuno dei quali rappresenta, porta il nome, di un uomo o di una donna, riconosciuto a livello internazionale come “un uomo giusto”, “una donna giusta”, “un giusto”. In particolare si tratta di persone che si sono distinte per aver protetto e salvato, a loro rischio e pericolo, durante l’ultima guerra, degli ebrei dallo sterminio.
Che cosa vuol dire essere persone rette? Se consultiamo un vocabolario della lingua italiana, “retto” è ciò che è diritto, che procede secondo una linea che non si piega né da una parte né dall’altra. Di una persona penso, in particolare, a mo’ di esempio, alla tendenza delle giovani generazioni ad essere molto alte e quindi ad avere la schiena curva, frutto di pigrizia o di persistente portamento scorretto. Per estensione “retto” è figura di ciò che si ispira alla rettitudine morale: intenzioni, opinioni rette; animo retto, di retti sentimenti; persona retta, coerente, onesta. Retto è ciò che è onesto e giusto, senza errori, conforme alla regola. Sinonimi ne sono: diritto, onesto, probo. Da questo procede così la parola “rettitudine”, la qualità di chi, sempre secondo il vocabolario, nella vita pubblica e privata, agisce in pieno accordo con i principi morali universalmente accettati, onestà, probità, da cui: rettitudine d’animo, d’agire, rettitudine nel giudicare. Derivano da questo termine i verbi: correggere, rettificare.
Anche il frammento del nostro testo di Isaia gioca con le immagini di vie diritte e di vie storte. I contemporanei di Isaia: “rendono tortuosi i loro sentieri e chiunque vi cammina non conosce la pace”, sono cioè persone contorte, abili nella “arte” di confondere le idee della gente, di ingannarla, e di portarla su una via sbagliata e rovinosa. Qui i capi della nazione (i personaggi influenti) stavano portandola, con il loro comportamento, alla rovina. Già solo da questo possiamo trarre il pensiero di come la mancanza di rettitudine, a livello personale e sociale, porti di fatto, prima o poi, una nazione alla rovina.
In effetti, il concetto di rettitudine o di giustizia, nell’ambito della fede ebraica e cristiana, è centrale, di grande e decisiva importanza. Per un cristiano la rettitudine è quattro cose: 1. La rettitudine è una delle perfezioni di Dio. 2. La rettitudine è ciò che Dio richiede da noi, creature fatte a Sua immagine e somiglianza, cioè di conformarci alla rettitudine del Suo carattere. 3. La rettitudine è un dono di Dio attraverso la fede in Gesù Cristo. 4. La rettitudine è la nuova vita in Cristo che risulta, consegue, da questo dono. Vediamo meglio.
E’ importante affermare, in primo luogo, che il criterio per stabilire che cosa sia la rettitudine non è quello che afferma il vocabolario citato, cioè “il pieno accordo con i principi morali universalmente accettati”. La rettitudine non è definita dal consenso popolare, non è necessariamente quello che la gente generalmente crede tale, non è necessariamente quello che né io né voi consideriamo giusto. La rettitudine, ciò che è giusto, la giustizia, non si basa su mutevoli opinioni umane, non è un concetto relativo, ma è un concetto assoluto. Dio è santo e come tale è la fonte e criterio di ciò che è giusto. Se volete sapere che cosa sia la rettitudine, dovete guardare a ciò che Dio ha dichiarato essere tale nella Sua Legge rivelata, la quale rispecchia il Suo stesso carattere. E’ giusto ciò che Dio è e fa. Ciò che Dio è in sé stesso è la norma di ciò che è giusto, non quello che a noi pare! E’ Dio nella Sua assoluta sovranità che definisce “le regole del gioco”, regole insindacabili ed immutabili. Egli infatti è sovrano. L’apocalisse afferma: «Degno sei, o Signore, di ricevere la gloria, l'onore e la potenza, perché tu hai creato tutte le cose, e per tua volontà esistono e sono state create» (Ap. 4:11). Ecco alcune dei principali tratti morali del carattere di Dio come la Scrittura, accompagnati da alcune affermazioni paradigmatiche della Bibbia.
a. Iddio è somma bontà. “Poiché tu, o Signore, sei buono
e pronto a perdonare, e usi grande benignità verso tutti quelli che t'invocano”
(Sl. 86:5).
b. Dio è amore. “Poiché Dio ha tanto amato il
mondo, che ha dato il suo unigenito Figlio, affinché chiunque crede in lui non
perisca, ma abbia vita eterna.” (Gv. 3:16); “chi non ama non ha
conosciuto Dio, perché Dio è amore” (1 Gv. 4:8).
c. Dio è grazia. “…tu sei un Dio pronto a perdonare,
misericordioso, pieno di compassione, lento all'ira e di grande benignità. Tu
non li hai abbandonati” (Ne. 9:17), e questo è visibile in ciò che avviene
a chi si affida a Cristo: “…ma sono gratuitamente giustificati per la sua
grazia, mediante la redenzione che è in Cristo Gesù” (Ro. 3:24).
d. Dio è misericordia. “Ma Dio, che è ricco in misericordia per il suo grande amore con il quale ci ha amati, anche quando eravamo morti nei falli, ci ha vivificati con Cristo (voi siete salvati per grazia)” (Ef. 2:4,5).
e. Dio è longanime. Questa espressione biblica associa
longanimità a giustizia: “L'Eterno è lento all'ira e grande in misericordia;
egli perdona l'iniquità e il peccato, ma non lascia impunito il colpevole,
punendo l'iniquità dei padri sui figli, fino alla terza e alla quarta
generazione" (Nu. 14:18). Si tratta di una longanimità finalizzata al
pentimento: “Ovvero disprezzi le ricchezze della sua benignità, della sua pazienza
e longanimità, non conoscendo che la bontà di Dio ti spinge al ravvedimento?” (Ro.
2:4).
f. Dio è giusto. “Giustizia e diritto formano la base del
tuo trono; benignità e verità vanno davanti al tuo volto” (Sl. 89:14). “L'Eterno
è giusto in tutte le sue vie e benigno in tutte le sue opere” (Sl. 145:17).
Egli non fa favoritismi: “…E se invocate come Padre colui che senza
favoritismi di persona giudica secondo l'opera di ciascuno, conducetevi con
timore per tutto il tempo del vostro pellegrinaggio” (1 Pi. 1:17).
g. Dio è verace e fedele. “Dio non è un uomo, perché
possa mentire, né un figlio d'uomo, perché possa pentirsi. Quando ha detto una
cosa, non la farà? O quando ha dichiarato una cosa, non la compirà?” (Nu.
23:19). “Se siamo infedeli, egli rimane fedele, perché egli non può
rinnegare se stesso” (2 Ti. 2:13).
Tutto questo, e altro ancora, Iddio lo ha rivelato
attraverso la storia del Suo popolo eletto, Israele, e soprattutto lo ha
manifestato nella Persona di Gesù Cristo, Dio fattosi uomo per la nostra
salvezza.
2. Ciò che Dio richiede da noi
Dio, così rivela il Suo meraviglioso carattere, la Sua rettitudine, in queste ed altre simili caratteristiche. Noi, d’altro canto, siamo Sue creature, intese ad essere il riflesso della Sua Persona. Noi eravamo stati creati, infatti, a Sua immagine e somiglianza. L’umanità, ribellandosi alla Sua legittima autorità, ha sfigurato questa immagine. Essa però torna ad essere quella che deve caratterizzare il Suo popolo fedele, quel popolo che Egli ha redento, affinché testimoniasse nel mondo la rettitudine alla quale siamo da Lui chiamati.
Che cos’è la rettitudine personale, riflesso del carattere di Dio, se non la conformità alla sua legge rivelata? Essa deve essere il punto costante di riferimento del cristiano, l’oggetto della sua quotidiana meditazione quando egli esamina la sua vita alla sua luce. Il cristiano studia ed approfondisce il contenuto della legge di Dio, applicandola alla sua vita, perché così egli vuole compiacere il Signore che egli ama e che lo ha salvato in Cristo.
Il modo classico di contemplare la legge di Dio è quello di vederla nelle sue approssimazioni sempre più vaste. Gesù stesso l’ha condensata in quelli che Egli chiama i due più grandi comandamenti: «Ama a il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente, e il prossimo tuo come te stesso» (Lu. 10:27). La rettitudine personale, infatti, la si misura nell’adempimento dei propri doveri verso Dio e verso il prossimo.
Una successiva approssimazione è il riassunto della Legge di Dio nei dieci comandamenti. Ognuno di quei comandamenti però è, per così dire, “il titolo” di ciò che Iddio ha disposto per ogni ambito della vita umana.
L’uomo retto incentra in Dio solo l’intera sua vita, promovendo in ogni cosa l’onore e la gloria di Dio, che non deve essere data a niente e a nessun altro. L’uomo retto rende a Dio il culto che Gli è dovuto, in spirito e verità, secondo quanto Egli stesso ha disposto, con i modi, mezzi, luoghi e tempi da Lui stabiliti. L’uomo retto finalizza la sua vita, in ogni sua attività, al servizio di Dio, adempiendo agli scopi generali e particolari che per la sua vita Egli ha disposto. A questo si può aggiungere il vedere ogni cosa dalla prospettiva di Dio, dono della Sua grazia ed esserne riconoscenti, come pure la paziente accettazione di quei giudizi da parte di Dio anche quando ci sono avversi o non li comprendiamo.
L’uomo retto onora le autorità legittime che sono state poste su di lui e tratta i suoi simili con onore e rispetto. L’uomo retto difende e promuove la vita, ogni vita, che è dono e proprietà di Dio, sapendo che non ne può disporre a piacimento, ma solo nei limiti che gli sono concessi. L’uomo retto usa della sua sessualità nei limiti stabiliti da Dio nei Suoi decreti. L’uomo retto difende la proprietà a si adopera a che tutti abbiano i mezzi per vivere in modo degno. L’uomo retto si adopera per promuovere e difendere la verità, ad ogni livello. L’uomo retto tiene sotto attento controllo i suoi impulsi e desideri, per farli corrispondere alla volontà di Dio.
Per questo, in ordine sparso, la rettitudine è associata altresì a tratti come la misericordia, la generosità, la benevolenza, la bontà d’animo, l’amore per il prossimo, la compassione per il povero e il debole, la gentilezza, la capacità di dare gioia, l’innocenza, la pazienza, il riconoscimento delle proprie mancanze, il coltivare la propria vita spirituale, la veracità, la giustizia specialmente verso i bisognosi, la castità, il rispetto verso i propri genitori, la concordia, l’integrità, la costanza, il coraggio, il dominio sui propri impulsi, la moderazione, la sobrietà, l’apprezzamento delle virtù altrui, la riflessione e l’intelligenza, il senso di discernimento.
La lista sarebbe molto lunga, ma basti questo per sottolineare come la rettitudine sia l’attiva ricerca, a livello personale e sociale, di compiacere a Dio in tutto ciò che siamo, pensiamo, diciamo e facciamo. Questo implica impegno, ma l’impegno è la caratteristica di ogni essere responsabile.
3. La rettitudine è un dono di Dio attraverso la fede in Gesù Cristo ed è la vita nuova che risulta da questo dono.
Certo, tutto quanto abbiamo fin ora esaminato può intimidire perché davvero ci si può chiedere chi mai sia all’altezza di tutto questo! Tutto questo non deve spaventare, e per diversi motivi.
a. La rettitudine che Dio si aspetta da noi non è il requisito della nostra salvezza, perché, se fosse così, nessuno mai potrebbe essere salvato. La salvezza è un dono, cioè qualcosa che non dobbiamo e comunque non possiamo guadagnarci. La salvezza eterna è un dono che Dio, nella Sua grazia e misericordia, fa a chiunque affida la sua vita al Signore e Salvatore Gesù Cristo. E’ Lui che ci salva per metterci in grado di avviarci verso la rettitudine.. Non saremo mai retti indipendentemente dall’aiuto di Dio. Potremmo dire che la rettitudine non è il requisito della salvezza, ma la salvezza è il requisito della rettitudine. E’ solo nella misura in cui siamo in rapporto e in comunione con Dio, riconciliati con Lui, che mai potremmo diventare veramente giusti. E’ solo il Giusto che può renderci giusti, è solo in comunione con il Santo che noi possiamo aspirare ad essere santi, è solo in unione esistenziale con Colui che per eccellenza è retto, che noi potremo, seguendolo, imparare la rettitudine.
b. La rettitudine personale che Dio si aspetta da noi è quindi un lungo processo, fatto di alti e bassi, che dura tutt’una vita. Perché, si domanda qualcuno, è necessario che il cristiano, per tutta la sua vita, si nutra costantemente della Sua Parola (attraverso la predicazione, lo studio biblico, la riflessione personale, i sacramenti, e la preghiera)? Perché non basta “aver letto una volta nella vita la Bibbia”? Perché, a causa della nostra debolezza, noi abbiamo continuamente bisogno di “carburante” spirituale, sennò la nostra “auto” spirituale che deve seguire la strada di Cristo, si fermerà!
c. La rettitudine spirituale alla quale dobbiamo aspirare non deve essere, infine, qualcosa che ci causa ansia e timore. E’ un cammino (certo impegnativo) che noi dobbiamo fare con fiducia, conoscendo la misericordia e la pazienza di Dio, che conosce la nostra natura e sa “di che pasta siamo fatti”!
4. Un necessario ammonimento
Una parola di ammonimento, a questo punto, è però anche necessaria: Gesù parlava anche dell’esistenza<di una falsa rettitudine, quella che può trovarsi in coloro che ritengono di essere in sé stessi giusti e giustificati a causa dei loro veri o presunti successi in campo morale. Coloro che davvero sono giustificati sono quelli che riconoscono il loro peccato e confidano in Dio per essere perdonati e ricevere la Sua giustizia. “«Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati; io non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori a ravvedimento» (Mr. 2:17).
Ricordate la parabola del Fariseo e del pubblicano? “Disse ancora questa parabola per certuni che presumevano di essere giusti e disprezzavano gli altri. «Due uomini salirono al tempio per pregare; uno era fariseo e l'altro pubblicano. Il fariseo, stando in piedi, dentro di sé pregava così: "O Dio, ti ringrazio che non sono come gli altri uomini, rapaci, ingiusti, adulteri, e neppure come quel pubblicano. Io digiuno due volte la settimana e pago la decima di tutto ciò che possiedo". Il pubblicano invece, stando lontano, non ardiva neppure alzare gli occhi al cielo; ma si batteva il petto, dicendo: "O Dio, sii placato verso me peccatore". Io vi dico che questi, e non l'altro, ritornò a casa sua giustificato, perché chiunque si innalza sarà abbassato e chi si abbassa sarà innalzato»” (Lu. 18:9-14).
Il nostro mondo cammina nelle tenebre e nell’oscurità perché c’è sempre meno rettitudine. I più preferiscono le loro rovinose vie tortuose. La rettitudine è lontana da noi. Noi siamo chiamati però a far parte di un popolo, il popolo di Dio, che diventi testimonianza permanente alla luce. Noi siamo chiamati a perseguire con diligenza la rettitudine e l’integrità personale perché amiamo Dio e con Lui amiamo tutto quello che Lui è e ha stabilito, fonte di pace, armonia, e gioia.
Eppure ancora, come nei Salmi dice Davide: “Mi addentrerò nelle potenti opere del Signore, dell'Eterno, e ricorderò la tua giustizia, la tua soltanto”. Perché Davide mette così in evidenza di voler solo parlare della giustizia di Dio? Vuol dire forse che l’ubbidienza e gli atti giusti di un credente sono di poca o nulla importanza? Vuol dire forse che non esista nulla nel credente che possa essere considerato un’opera buona? Niente affatto! Ogni vero credente produce buone opere ed atti giusti.
Davide intende dire prima di tutto che la giustizia di Cristo, accreditatagli per fede, è l’unica base sulla quale un peccatore possa trovare accoglienza presso Cristo. Inoltre, Davide intende dire che le buone opere e gli atti giusti del credente non sorgono da una rettitudine che gli sia propria per natura o che in alcun modo possa considerare meritoria, ma proprio dal fatto che Dio gli accredita una giustizia non sua. Non solo questo. Davide intende pure dire: “Quando io esamino i miei atti di giustizia… non posso vedere la differenza che esiste fra le mie opere buone e quelle cattive. Le mie opere di giustizia non sono che stracci sporchi, e la sola speranza che possiedo è la rettitudine di Cristo. Questa è la sola giustizia alla quale possa fare certo riferimento sia davanti a Dio che davanti agli uomini. “ricorderò la tua giustizia, la tua soltanto”.
(Paolo Castellina, giovedì 11 novembre 1999. Tutte le citazioni bibliche, salvo diversamente
indicato, sono tratte dalla versione Nuova
Diodati, edizioni La Buona Novella, Brindisi, 1991).
1. Salmo 9:1-10
2. Frutti e vantaggi della sapienza: Proverbi 2.
3. L’adempimento della legge: Matteo 5:17-48