Oggi desideriamo concentrare la nostra attenzione su una domanda che Davide, nel Salmo 24, si pone. E' questa: "Chi salirà al monte dell'Eterno?".
Leggiamo, però, prima di tutto per intero questo Salmo, è Parola di Dio.
"(1) All'Eterno appartiene la terra e tutto ciò che è in essa, il mondo e i suoi abitanti. (2) Poiché egli l'ha fondata sui mari e l'ha stabilita sui fiumi. (3) Chi salirà al monte dell'Eterno? Chi starà nel suo santo luogo? (4) L'uomo innocente di mani e puro di cuore, che non eleva l'animo a vanità e non giura con frode. (5) Egli riceverà benedizioni dall'Eterno e giustizia dal DIO della sua salvezza. (6) Tale è la generazione di quelli che lo cercano, che cercano la tua faccia, o Dio di Giacobbe. (7) O porte, alzate i vostri capi; e voi, porte eterne, alzatevi, e il Re di gloria entrerà. (8) Chi è questo Re di gloria? È l'Eterno forte e potente, l'Eterno potente in battaglia. (9) porte, alzate i vostri capi; alzatevi, o porte eterne, e il Re di gloria entrerà. (10) Chi è questo Re di gloria? È l'Eterno degli eserciti; egli è il Re di gloria" (Salmo 24).
Immaginiamo un uomo importante, un uomo famoso, un presidente, un re, un grande uomo d'affari, un papa... Immaginiamo di volere chiedere udienza a questo importante personaggio. Desideriamo avere un colloquio privato con lui: vogliamo parlargli di qualcosa di vitale importanza.
Possiamo sperare di essere ricevuti nella sua reggia, nel suo palazzo, di incontrarlo faccia a faccia, di parlargli? Ne facciamo domanda scritta ai suoi funzionari. Potrebbero passare anni prima di poter avere udienza, semmai ci venisse concessa. La cosa è alquanto difficile. Mi ricordo di un film di qualche anno fa che rappresentava le peripezie di un uomo che voleva avere un colloquio privato con il papa di Roma. Aveva fatto di tutto, aveva provato ogni strada, lecita ed illecita, senza mai riuscire ad avere udienza. Alla fine muore davanti al Vaticano e viene portato via dalla polizia come un intruso, un importuno. Si intravede poi un altro, come lui che vorrebbe avere udienza... Le guardie svizzere si occupano di lui, ma sappiamo che le sue chance di incontrare questo personaggio importante sono pressoché nulle. Un personaggio come un papa è davvero inavvicinabile.
Noi sappiamo benissimo che, nonostante le sue pretese, il papa non è nessuno, che lui non è affatto "sua santità" come si fa chiamare. E' uno come gli altri, forse più presuntuoso di chiunque altro, ma semplicemente un uomo. Pensiamo ad un papa, ma potremmo pensare ad un personaggio ricco e potente come Bill Gates, o come la Regina d'Inghilterra. Chi è degno di avere udienza presso questi personaggi?
Se queste pretese di inavvicinabilità le può avere un essere umano, pensiamo a quanto più possa essere vero questo per Dio, l'unica "sua santità" che veramente abbia titolo a chiamarsi così, Colui che è "tre volte santo". In che modo ci si può avvicinare ad una tale maestà, alla maestà di Dio, al re dell'universo? Chi mai potrebbe pretendere di avere udienza presso Dio? Di essere ascoltato da Lui? Chi mai potrebbe essere degno di rivolgergli la parola? Chi mai potrebbe avere il diritto di accostarsi a Lui? Ecco il senso della domanda che Davide, il re Davide, si pone nel Salmo: "Chi salirà al monte dell'Eterno?".
"Salire al monte dell'Eterno" potrebbe significare sia la salvezza eterna della nostra anima, il nostro risiedere per sempre con Lui nella gloria, sia la preghiera, il semplice atto di culto a cui è tenuta la creatura umana.
E' una domanda questa, che la nostra generazione non comprende. Non la comprende per due motivi.
In primo luogo ...perché questa domanda normalmente non se la pone! Ai più non passa neanche per la testa di avvicinarsi a Dio per chiedergli udienza! Dio per loro non esiste o se esiste questo proprio non li riguarda, non ci pensano, di Lui non gliene importa proprio nulla. Più che chiedergli udienza, vogliono starsene ben lontani... e ci rimarranno, siatene pur certi.
In secondo luogo perché, con grande "spirito democratico" alcuni pensano che "non ci sono problemi" per avvicinarsi a Dio. Trattano Dio "alla pari", in modo casuale e superficiale come se fosse il loro "compagnuzzo" e "pretendono". Pretendono che Dio che Dio ascolti le loro preghiere, quando, come e dove faccia loro comodo. Pretendono che Dio li esaudisca, li protegga e salvi "automaticamente" la loro anima. Pensano di “esserselo guadagnato”. Credono che questo sia un loro diritto. Naturalmente protestano a viva voce se Dio non dà loro quello che loro si aspettano. "Come si permette Dio a non ascoltarci?". Dio dovrebbe essere al loro servizio, e loro pensano di non avere nessun dovere verso Dio. Dio dovrebbe dar loro tutto, e loro, a Dio, danno solo le briciole, se mai gliele danno.
Dio, invece, è Colui di cui ci parla il nostro Salmo, e, naturalmente, tutta la Bibbia. Dio è il Re dei re e il Signore dei Signori e noi, davanti alla Sua gloria e maestà, siamo meno che nulla. Eppure Davide sa di aver bisogno di Dio e si fa la domanda: "Chi salirà al monte dell'Eterno?", cioè, "chi mai potrà essere degno di avere udienza da Lui?". A Dio, infatti, "All'Eterno appartiene la terra e tutto ciò che è in essa, il mondo e i suoi abitanti" (1). Egli è l'inavvicinabile autorità suprema da cui tutto dipende. Davide è cosciente di questo: "Chi è questo Re di gloria? È l'Eterno forte e potente, l'Eterno potente in battaglia" (8). Chi mai potrà solo osare comparire alla Sua presenza, rivolgergli una preghiera?
Scrive in forma poetica il profeta Isaia: "Ecco, le nazioni sono come una goccia in un secchio, sono considerate come il pulviscolo della bilancia; ecco, egli solleva le isole come un piccolissimo oggetto. Il Libano non basterebbe a provvedere il combustibile per il fuoco, né i suoi animali basterebbero per l'olocausto. Tutte le nazioni sono come un nulla davanti a lui e sono da lui ritenute un nulla e vanità. ... Ma non lo sapete, non l'avete udito? Non vi è stato annunciato fin dal principio? Non avete compreso dalle fondamenta della terra? Egli è colui che sta assiso sul globo della terra, i cui abitanti sono come cavallette; egli distende i cieli come un velo e li dispiega come una tenda in cui abitarvi. Egli riduce i principi a un nulla e rende inutili i giudici della terra. Appena sono piantati, appena seminati, appena il loro stelo ha messo radici in terra, egli soffia su di loro ed essi seccano e l'uragano li porta via come stoppia. ... Levate in alto i vostri occhi e guardate: Chi ha creato queste cose? Colui che fa uscire il loro esercito in numero e le chiama tutte per nome; per la grandezza del suo vigore e la potenza della sua forza, nessuna manca" (Is. 40:15-26).
Questo è l'atteggiamento giusto da tenersi di fronte a Dio. Simile a questa era la domanda che si ponevano i fedeli al tempo della Riforma protestante. Era la domanda di Martin Lutero, il quale aveva sperimentato come fossero fallaci le risposte che la religione gli aveva dato fino a quel momento. Aveva provato di tutto: digiuni, pellegrinaggi, opere buone, mortificazioni di ogni genere... Sapeva di non essere mai degno abbastanza, abbastanza santo, abbastanza innocente solo di avvicinarsi da lontano a Dio. Questo sentimento è del tutto corretto, e faremmo bene a condividerlo anche noi. Martin Lutero era consapevole del suo peccato, di non essere giusto davanti a Dio. C'era anche chi gli diceva: "Ma no, non preoccuparti, tu fai il possibile, non esagerare...". No, però, i sentimenti di Lutero erano del tutto sani e corretti perché scritturali: facilone e presuntuose erano piuttosto le pretese dei suoi consiglieri.
Martin Lutero giustamente sapeva che la risposta alla domanda era ciò che dice il nostro Salmo, cioè: "L'uomo innocente di mani e puro di cuore, che non eleva l'animo a vanità e non giura con frode. Egli riceverà benedizioni dall'Eterno e giustizia dal DIO della sua salvezza" (4,5). Ecco l'uomo che troverà udienza da parte di Dio. Lutero sapeva, come dobbiamo sapere in cuor nostro ciascuno di noi, di non poter mai essere abbastanza retto, giusto, santo, puro, innocente, da potersi avvicinare a Dio.
Lutero sapeva che non gli poteva dare alcuna garanzia "di udienza", alcun diritto, né il suo battesimo, né le offerte in denaro, né le pratiche religiose e i sacramenti o le sue cosiddette "buone opere". La “cultura delle raccomandazioni” non funziona nel regno di Dio.
. Lutero giustamente sapeva che nessuno avrebbe potuto dargli udienza presso Dio: né i santi, né le madonne, né i sacerdoti, i vescovi e neanche il papa... Lutero conosceva la Parola di Dio e non si sarebbe lasciato ingannare dai mezzucci (per altro inutili) inventati dalle religioni umane per poter vantare alcunché davanti a Dio.
Lutero, continuando a studiare la Parola di Dio, trova la risposta alla domanda: "Chi salirà al monte dell'Eterno", e questa risposta la si potrebbe riassumere in una sola parola: "la grazia", la grazia di Dio nella persona e nell'opera di Gesù Cristo accolto come proprio personale Signore e Salvatore.
Il nostro Salmo, ad un certo punto, introduce l'immagine di un "re di gloria" che entra trionfalmente. "O porte, alzate i vostri capi; e voi, porte eterne, alzatevi, e il Re di gloria entrerà" (7). Sappiamo che questo testo è stato applicato profeticamente all'ingresso trionfale del Salvatore Gesù in Gerusalemme, poco prima del suo arresto, sofferenza, morte e risurrezione.
Gesù entra trionfalmente come? Fra la gente, come "uno qualsiasi", cavalcando un asinello. Gesù è Dio con noi, quel Dio che non è rimasto nel Suo palazzo inavvicinabile, ma è sceso in mezzo all'umanità per incontrarla lì dove essa si trova. Non è questa una meravigliosa notizia?
Certo, Lutero aveva coltivato una falsa immagine di Cristo. Pensava a Cristo come ad uno spietato giudice. Leggeva il Nuovo Testamento e comprendeva che l'Evangelo in questi termini: "Perché la giustizia di Dio è rivelata in esso di fede in fede, come sta scritto: «Il giusto vivrà per fede» (Ro. 1:17). L'Evangelo per lui rivelava "la giustizia di Dio" e pensava che per "giustizia" si intendesse la perfetta rettitudine che l'uomo dovesse avere per potersi avvicinare a Dio. E questa giustizia egli sapeva di non poterla mai conseguire, e per questo, in cuor suo, egli odiava Dio e Cristo. Un giorno però il vero significato di questo testo gli venne come una meravigliosa illuminazione. La giustizia di cui qui si parla non è la nostra, ma la rettitudine di Cristo, la quale ci viene accordata per grazia e misericordia di Dio per fede.
Si, nessuno è degno di accostarsi in alcuna maniera a Dio, ma Dio manifesta la Sua compassione verso le creature umane corrotte dal peccato, inviando il Salvatore Gesù Cristo. Quella giustizia, quella rettitudine che nessuno potrebbe mai conseguire, Egli la guadagna, la vive per loro, donandola a chiunque tende la mano verso di essa per riceverla fiduciosamente. La Scrittura parla della giustizia di Dio come di una veste.
Come nella parabola di Gesù, per entrare nel cospetto di Dio è necessaria questa "veste bianca" ed immacolata. Essa gli viene fornita da Dio stesso in Cristo. Nessuno può entrare alla presenza di Dio privo di quella veste. Se qualcuno pretende di farlo senza di essa ne verrà solo buttato fuori. Gesù dice in questa parabola: "Ora il re, entrato per vedere i commensali, vi trovò un uomo che non indossava l'abito da nozze; e gli disse: "amico come sei entrato qui senza avere l'abito da nozze?" E quegli rimase con la bocca chiusa. Allora il re disse ai servi: "Legatelo mani e piedi, prendetelo e gettatelo nelle tenebre di fuori. Lì sarà il pianto e lo stridor di denti. Poiché molti sono chiamati, ma pochi eletti»" (Mt. 22:11-15)
E' la stessa veste che il Padre porta all'indegno figlio (il figliol prodigo) che ritorna a casa pentito, dopo aver voltato le spalle a suo padre e sprecato ogni sua risorsa. "Ma il padre disse ai suoi servi: "Portate qui la veste più bella e rivestitelo, mettetegli un anello al dito e dei sandali ai piedi" (Lu. 15:22).
Si, Martin Lutero e, con lui, tutti coloro che scoprono l'autentico meraviglioso messaggio dell'Evangelo, scopre la verità illuminante che l'apostolo Paolo annuncia nella lettera ai Romani.
Dopo aver descritto la tragica situazione umana di colpevolezza insuperabile, di corruzione e di ingiustizia: "Non c'è alcun giusto, neppure uno" (Ro. 3:10), egli dice:
1. "Ma ora, indipendentemente dalla legge, è stata manifestata la giustizia di Dio, alla quale rendono testimonianza la legge e i profeti" (Ro. 3:21), cioè ora è stata manifestata una giustizia prima irraggiungibile da parte di ogni creatura umana (non importa quel che cercasse di fare), alla quale tutta la Scrittura rende testimonianza.
2. Che cos'è questa giustizia? "…cioè la giustizia di Dio mediante la fede in Gesù Cristo verso tutti e sopra tutti coloro che credono, perché non c'è distinzione" (22). Essa è la rettitudine di Cristo della quale Egli fa dono a tutti coloro che, senza distinzione la accolgono con fede rinunciando alle proprie pretese.
3. Difatti, sottolinea Paolo: "…poiché tutti hanno peccato e sono privi della gloria di Dio" (23), cioè tutti sono indegni di comparire alla presenza di Dio e di ricevere qualsiasi cosa da parte Sua.
4. "…ma sono gratuitamente giustificati per la sua grazia, mediante la redenzione che è in Cristo Gesù" (24). Si, quello che nessuno di noi potrebbe ottenere con qualsiasi mezzo immaginabile, Dio, nella Sua misericordia ce ne fa dono.
5. Cristo Gesù è stato inviato proprio per questo: "Lui ha Dio preordinato per far l'espiazione mediante la fede nel suo sangue, per dimostrare così la sua giustizia per il perdono dei peccati, che sono stati precedentemente commessi durante il tempo della pazienza di Dio" (25). Egli, Cristo, è l'unico che abbia potuto pagare il prezzo della nostra salvezza e della nostra accettabilità davanti a Dio.
6. Infatti, Cristo è venuto "…per manifestare la sua giustizia nel tempo presente, affinché egli sia giusto e giustificatore di colui che ha la fede di Gesù" (26). Cristo, il giusto, riveste il peccatore credente della Sua giustizia, e con questa giustizia, una giustizia che non è sua, che non ha prodotto né gli appartiene, può presentarsi di fronte a Dio.
7. Conclude così Paolo: "Dov'è dunque il vanto? È escluso. Per quale legge? Quella delle opere? No, ma per la legge della fede" (27). Si, nessuno così potrebbe mai vantare alcunché davanti a Dio, niente che egli avesse potuto conseguire con i suoi sforzi morali, religiosi o sociali, nemmeno la sua fede, che, in ogni caso, è pure dono di Dio.
8. Trionfalmente Paolo così afferma quella che è il punto qualificante di tutto l'autentico Evangelo cristiano, la bandiera della Riforma stessa: "Noi dunque riteniamo che l'uomo è giustificato mediante la fede senza le opere della legge" (28).
Si tratta di ciò che in termini tecnici si chiama "giustificazione", cioè l'atto per cui, mediante la fede in Gesù Cristo, il peccatore viene dichiarato da Dio "giusto". Solo così potrà poi avere la possibilità, gradualmente, di diventarlo davvero. Senza di questo ogni pretesa umana sarebbe solo una pia ed ingannevole illusione.
Ecco così la risposta alla domanda che il Salmo si poneva, e che deve porsi ogni persona coscienziosa: "Chi salirà al monte dell'Eterno?", al che si risponde: "L'uomo innocente di mani e puro di cuore, che non eleva l'animo a vanità e non giura con frode". Chi mai però potrà considerarsi tale? Nessuno che prima non abbia ricevuto "la veste" immacolata della giustizia di Cristo, unico requisito necessario a che Dio mai possa "darci udienza" e rispondere favorevolmente alle nostre preghiere.
Questo è l'Evangelo che noi annunziamo con forza e che il mondo, con le sue pretese e religioni, cerca in mille modi di mettere a tacere. Questo è l'Evangelo proclamato con forza dagli autentici seguaci della Riforma protestante e che non dovrà mai essere compromesso per nessuna ragione al mondo, neanche quella più apparentemente nobile. Si tratta di avere il coraggio di essere con essa "esclusivisti" e andare contro l'attuale moda della "insalata mista" o di chi dice che "tutto fa brodo"!
Ecco il significato irrinunciabile delle espressioni che caratterizzano la fede di ogni autentico cristiano:
1) Sola grazia - Soltanto la grazia e la misericordia di Dio ci può rendere degni di comparire alla Sua presenza, nulla che mai le opere umane possano pretendere.
2) Solo Cristo - perché è solo il Salvatore Gesù Cristo che è vissuto, è morto e risuscitato per la nostra salvezza. Questa sua opera Egli non l'ha condivisa con nessuno: né con altri personaggi umani, per quanto santi possano essere stati, né con la presunta virtù di riti o cerimonie religiose, né con istituzioni religiose, per quanto possano vantare d'essere.
3) Sola fede - perché non c'è nulla che noi possiamo fare per conseguire il diritto ad essere ammessi di fronte a Dio, solo la fiduciosa e passiva accettazione di ciò che Dio ci ha provveduto in Cristo.
4) Sola Scrittura - perché la conoscenza della verità ce la può dare solo la Bibbia, e niente e nessun altro al mondo. Solo la Bibbia può essere la regola di ogni fede e opera che a Dio sia gradita, perché essa è Parola rivelata di Dio.
5) Solo a Dio la gloria - perché la gloria dell'umana salvezza non è possibile ascriverla a nessun altra cosa o persona.
Si, a Dio solo vada la gloria, ora e sempre, per la Sua Persona ed opera meravigliosa.
(Paolo Castellina, sabato 6 novembre 1999. Tutte le citazioni bibliche, salvo diversamente
indicato, sono tratte dalla versione Nuova
Diodati, edizioni La Buona Novella, Brindisi, 1991).
1. La parabola delle nozze: Matteo 22:1-14
2. La sapienza, trascendenza e potenza di Dio: Isaia 40:12-31
3. Tutti gli uomini sono sotto peccato e possono
essere giustificati solo per la fede in Gesù: Romani 3:9-31.