Venite a Me come Salvatore
(Quarto della serie: "Perché dobbiamo andare a Lui")
Quando Gesù ci rivolge l'amorevole invito: "Venite a me, voi tutti che siete travagliati e aggravati, ed io vi darò riposo" (Mt. 11:28), Egli sa che noi abbiamo bisogno di Lui, un bisogno disperato. Ne siamo consapevoli? Spesso non ci rendiamo conto, anzi, lo neghiamo, di aver bisogno di Gesù Cristo. Eppure solo Lui potrebbe rispondere al problema di fondo, tragicamente irrisolto, della nostra condizione umana. Il Suo ruolo potrebbe essere descritto in diversi modi. Oggi considereremo in che modo Gesù Cristo possa essere per noi il Salvatore.
Il termine Salvatore
Ogni qual volta passa un elicottero rosso nei cieli della nostra valle pensiamo: è la squadra di salvataggio che sta andando a soccorrere sulle montagne un qualche alpinista infortunato, oppure che sta andando a prendere un malato grave per portarlo in ospedale. Quando passa un ambulanza è lo stesso: ecco in azione una squadra di soccorritori. Siamo preoccupati, pensiamo a chi possa essere, ma siamo riconoscenti per il servizio fornito da questi salvatori. Quanti pericoli attentano alla nostra integrità fisica, psicologica, spirituale! Per molti di essi esistono efficaci "servizi di salvataggio": sulle montagne, in mare, sulle strade, nelle città Sappiamo inoltre che anche noi abbiamo il preciso dovere di diventare dei 'salvatori' quando assistiamo ad un incidente stradale, oppure quando siamo di fronte, come capita oggi, ad intere popolazioni cacciate dalla loro terra e private del necessario per vivere. E' il dovere della solidarietà, per il quale nessuno deve ritenersi esonerato. Le situazioni di bisogno sono davvero molte: così tante che disperiamo di poterle tutte sovvenire. Io lo prendo per scontato ed indiscutibile che ciascuno di noi debba diventare, secondo le proprie possibilità, il salvatore di chiunque sia in pericolo o in condizione di bisogno.
Il Salvatore per eccellenza
La cultura della solidarietà e della salvezza, però, non nasce per caso in questo mondo, né è "naturale" e "congenita" alla natura umana. E' vero anzi il contrario. Lo spirito della solidarietà indiscriminata e della salvezza nasce da Colui che è stato chiamato il Salvatore per eccellenza, Gesù di Nazareth, e viene coltivata ancora oggi dai Suoi discepoli.
Ascoltiamo, a questo riguardo, le esplicite dichiarazioni della Bibbia, che dicono: "Carissimi, amiamoci gli uni gli altri poiché l'amore è da Dio e chiunque ama è nato da Dio e conosce Dio. Chi non ama non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore. In questo si è manifestato l'amore di Dio verso di noi, che Dio ha mandato il suo Figlio unigenito nel mondo, affinché noi vivessimo per mezzo di lui. In questo è l'amore: non che noi abbiamo amato Dio, ma che lui ha amato noi e ha mandato il suo Figlio per essere l'espiazione per i nostri peccati. Carissimi, se Dio ci ha amato in questo modo, anche noi ci dobbiamo amare gli uni gli altri. Nessuno ha mai visto Dio; se ci amiamo gli uni gli altri, Dio dimora in noi e il suo amore è perfetto in noi. Da questo conosciamo che dimoriamo in lui ed egli in noi, perché egli ci ha dato del suo Spirito. E noi stessi abbiamo visto e testimoniato che il Padre ha mandato il Figlio per essere il Salvatore del mondo" (1 Gv. 4:7-14).
Il Salvatore del mondo! Affermazione piuttosto ardita, non è vero? Su di essa però dobbiamo ben riflettere. In Gesù di Nazareth, infatti, non troviamo solo un esempio ed un maestro di solidarietà umana e sociale, ma molto di più. Forse questo è il problema di oggi. Gesù di Nazareth non è "solo" un esempio di altruismo. La Sua opera, opera unica e insostituibile, tocca livelli ben più profondi e fondamentali della condizione umana. Ci sono state e ci sono nel mondo "tante brave persone", ma solo di Gesù si può dire che Egli sia il Salvatore del mondo, e che io e voi abbiamo bisogno di Lui, bisogno di un'opera che niente e nessuno potrà sostituire per l'eterno nostro bene.
Guardiamo ora come si possa applicare questo al Signore Gesù. Perché Lo chiamiamo "Salvatore", il Salvatore per eccellenza?
La situazione di pericolo
La prima questione è quella del pericolo. Essere chiamato ad essere il nostro Salvatore implica che noi siamo in una situazione di pericolo. Se ci chiediamo in che cosa l'umanità sia in pericolo, abbiamo già esaminato le volte scorse la risposta.
L'essere umano, davanti a Dio, il Suo creatore, è colpevole, e la sua natura si è corrotta. Queste sono formidabili barriere che gli impediscono di accedere a Dio per trovarvi la vita autentica e significativa che solo in Lui è possibile. Non solo l'essere umano si trova i ponti distrutti verso Dio, ma ora ha a che fare con un Dio che per lui è solo Giudice, Giudice pronto ad infliggergli una giusta e meritata condanna. Questa è la situazione di pericolo in cui si trova la creatura umana. Dio è Creatore e Legislatore, ma non meno Giudice. Non vi può essere dubbio alcuno a questo riguardo. Questa conclusione la traiamo dalla Bibbia. Dio aveva creato l'uomo per precise ragioni. Ci aveva detto che dovevamo perseguire gli obiettivi per cui eravamo stati creati. Non deve sorprenderci, quindi, che Egli ci chiami a rendere conto davanti a Lui se abbiamo adempiuto ciò per cui eravamo stati creati oppure no. Non potrebbe essere altrimenti.
Dobbiamo allora farci la domanda che lo scrittore dei Salmi a suo tempo si era fatto: "Se tu dovessi tenere conto delle colpe, o Eterno, chi potrebbe resistere, o Signore?" (Sl. 130:3). La risposta ovviamente è: nessuno potrebbe resistere. Neanche uno! Il pericolo in cui ci troviamo, però, non è l'intera storia.
E' questo il punto in cui si frappone il Signore Gesù. Egli è "Salvatore" soprattutto da questa situazione di pericolo. Il nome stesso di "Gesù" significa "Salvatore". Proprio prima che nascesse, a Giuseppe era stato rivelato come quel bambino avrebbe dovuto essere chiamato: "ella partorirà un figlio e tu gli porrai nome Gesù, perché egli salverà il suo popolo dai loro peccati" (Mt. 1:21). Questo versetto riassume in modo molto chiaro in che senso Gesù è Salvatore: Gesù può salvarci dai nostri peccati, dalle conseguenze temporali ed eterne del nostro peccato, dalla colpevolezza e dalla corruzione che il peccato ha causato alla nostra vita.
Una colpa espiata
Quando Gesù ci rivolge il Suo appello e ci dice "Venite a me ", io vorrei che voi intendeste "Venite a me per poter ricevere perdono di Dio". Essere salvati dal peccato significa molto di più che vederci cancellata la nostra colpevolezza davanti a Dio, ma è il posto giusto dal quale partire: è della colpevolezza del peccatore, tolta via dal perdono, ciò di cui Gesù per prima cosa si parla quando ci dice: "Venite a me come vostro Salvatore".
Un perdono facile? Nessuno pensi che, in fondo, sia facile per Dio perdonare il nostro peccato. Per noi è fin troppo facile dire a qualcuno "Ti perdono": spesso non ci costa nulla o ben poco. Non che Dio lo faccia a malavoglia, ma perché per poterlo fare gli è costato in Cristo enorme dolore ed afflizione. Cristo portò su di Sé, sulla Sua propria persona, l'intera conseguenza penale connessa con l'infrangere la Legge di Dio. Ecco il senso in cui possiamo dire che non gli sia stato "facile".
Come un criminale. Lo scandalo della fede cristiana è un Dio-uomo che muore su una croce come un criminale. Gesù non era nato in regale splendore, né aveva vissuto una vita facile e comoda. Eppure la Sua morte era stata molto peggio. Eccolo là, deriso e disprezzato proprio da coloro per i quali prega, e là, su una croce, Egli è l'abbandonato, il dimenticato, proprio da Colui che aveva chiamato 'Padre'. Eppure questo terribile spettacolo rivela il cuore stesso del messaggio cristiano. Se volete ricevere il perdono, lo troverete nel contesto della Sua morte. O lo troverete lì, oppure non lo troverete in nessun altro posto. E' nella Sua morte che Egli fornisce il perdono al peccatore che si ravvede dal proprio peccato.
Le difficoltà di oggi. Oggi si prendono queste cose alla leggera o addirittura le si negano perché tutto questo non trova spazio nella nostra mentalità. Dobbiamo però ragionare in modo diverso, entrare nella prospettiva di Dio. Di fronte a queste verità, inoltre, dobbiamo stare molto attenti a non liquidare la questione troppo facilmente come qualcosa di "risaputo" dal quale bisognerebbe in fretta muoverci, come se esistessero "cose più rilevanti". Dobbiamo riflettere molto bene sull'opera di Cristo, visto che è così di fondamentale importanza! Guai a prenderla alla leggera: dobbiamo comprendere molto bene.
Venuto per morire Ecco le parole di Gesù che descrivono, riassumendola, il significato della Sua vita. Chiamando Sé stesso "Figlio dell'uomo", Gesù dice: "il Figlio dell'uomo non è venuto per essere servito, ma per servire e per dare la sua vita come prezzo di riscatto per molti" (Mr. 10:45). Poi, dopo la morte di Gesù, il Suo apostolo, Paolo, dice: "i Giudei chiedono un segno e i Greci cercano sapienza, ma noi predichiamo Cristo crocifisso, che è scandalo per i Giudei e follia per i Greci" (1 Co. 1:22,23). Ancora Paolo scrive: "mi ero proposto di non sapere fra voi altro, se non Gesù Cristo e lui crocifisso" (1 Co. 2:2), e ancora: "quanto a me, non avvenga mai che io mi vanti all'infuori della croce del Signor nostro Gesù Cristo, per la quale il mondo è crocifisso a me e io al mondo" (Ga. 6:14). Ciascuna di queste citazioni mostra quale sia la prospettiva del Nuovo Testamento: la morte di Cristo è il centro da cui tutto il resto trova significato. Perché è venuto Cristo? La sorprendente risposta che dà la Bibbia è: Cristo è venuto per morire.
Due questioni
La morte di Cristo solleva due domande. La prima è questa: in che modo voi ed io potremmo mai trarre beneficio dalla morte di Gesù Cristo? Quale connessione vi può mai essere fra la Sua morte e il perdono dei nostri peccati? La seconda domanda ha a che fare con le Sue motivazioni. Perché mai Cristo avrebbe voluto venire sulla terra per soffrire dolore e rigetto? Che cos'è stato a motivarlo? Per trovare risposta a queste domande, è bene partire dalle parole di Gesù citate poco fa, in cui Egli dice di essere venuto "per dare la sua vita come prezzo di riscatto per molti". Nel considerare la Sua vita un "prezzo di riscatto", Gesù ci fornisce la chiave per comprendere quale sia il collegamento fra la Sua morte ed il perdono dei nostri peccati.
Un riscatto. Oggi credo che si senta spesso parlare del "prezzo di riscatto" nel contesto di criminali rapimenti. Un personaggio importante (o suo figlio) scompare. Poi un parente trova una nota o riceve una telefonata che dice: "Se vorrete trovare vivo il vostro caro, è meglio per voi che raccogliate un bel po' di soldi prima del tramonto. Se coopererete, vi restituiremo il rapito senza alcun danno. Non c'è bisogno che vi dica che cosa gli accadrà se non lo farete". Ecco dunque che si propone uno scambio: molto denaro in cambio della persona che amate.
Una sostituzione. Un riscatto, quindi, è uno scambio. Il più delle volte lo scambio implica del denaro, ma non necessariamente. Se volessero, quei rapitori potrebbero esigere in scambio un'altra persona. Questo sarebbe una sostituzione: il signor A in cambio del signor B. E' proprio quest'idea di sostituzione di una vita per un'altra che il Signore Gesù aveva in mente quando parlava di offrire la sua vita come "prezzo di riscatto per molti".. Ciò che Egli soffre, i "molti" avrebbero dovuto soffrire. La sua morte è una morte al loro posto. Nel morire Egli onora la Legge che essi avevano sfidato. Il castigo che essi meritano cade invece su di Lui. Il Suo dolore è risultato della loro colpevolezza. Molto prima che nascesse Gesù, il profeta Isaia aveva parlato di questo scambio: "Eppure egli portava le nostre malattie e si era caricato dei nostri dolori; noi però lo ritenevamo colpito, percosso da DIO ed umiliato. Ma egli è stato trafitto per le nostre trasgressioni, schiacciato per le nostre iniquità; il castigo per cui abbiamo la pace è caduto su di lui, e per le sue lividure noi siamo stati guariti. Noi tutti come pecore eravamo erranti, ognuno di noi seguiva la propria via, e l'Eterno ha fatto ricadere su di lui l'iniquità di noi tutti. Ma piacque all'Eterno di percuoterlo, di farlo soffrire. Offrendo la sua vita in sacrificio per il peccato, egli vedrà una progenie, prolungherà i suoi giorni, e la volontà dell'Eterno prospererà nelle sue mani" (Is. 56:4-6,10).
Una grave colpevolezza. Queste terribili parole meritano la nostra più grande attenzione. Quando un uomo prende coscienza della propria colpevolezza, quando un senso di colpa sorge in lui, egli cerca di liberarsene. Se il senso di colpa per lui significa il fastidioso sentimento che lo distrae dai suoi affari, egli cercherà di sfuggire da questi pensieri, magari immergendosi sempre di più nel suo lavoro. Potrà o non potrà uscirne. E' notoriamente difficile, però liberarsi dal senso di colpa. Se un uomo però vedesse la propria colpevolezza esattamente come la vede Dio? Che speranza ci può essere per colui che è stato legalmente giudicato un trasgressore, di fronte al tribunale di Dio? Dove potrà fuggire un uomo che abbia infranto la Legge di Dio? E' una domanda temibile, questa, perché implica molto più che l'uomo e i suoi sentimenti. Tocca ogni aspetto del carattere di Dio. Dio giusto? Si, naturalmente. Potrà Egli mai cambiare. No, mai.
La buona notizia. "Dove potrò allora fuggire?" si chiede il peccatore. "Come potrò sfuggire alla Sua giustizia, in grado di scovarmi dappertutto? Come potrò sopravvivere al giudizio di un Dio tre volte santo?". Sta proprio qui la buona notizia. Se sei quell'uomo, il peccatore sulla via della disperazione, Isaia è il profeta per te! Egli è il profeta della sostituzione, il profeta della misericordia operata da un Dio giusto e retto! Guardiamo ancora alle parole di Isaia: " Eppure egli portava le nostre malattie si era caricato dei nostri dolori . trafitto per le nostre trasgressioni schiacciato per le nostre iniquità e l'Eterno ha fatto ricadere su di lui l'iniquità di noi tutti" (4, 5, 6). Ecco così il modo in cui Dio perdona. Il Signore ha "schiacciato" il Dio-uomo al nostro posto, Egli è stato "scambiato" con me. Si, se andrete a Cristo, Egli prenderà il vostro posto. Cristo vi chiederà il vostro peccato, e lo scambierà con la Sua rettitudine. Ecco che cosa egli farà per voi se ora vi volgete a Lui.
Non è giusto? Forse però vorreste porvi un'altra domanda che molto probabilmente viene in mente a chiunque prenda seriamente questa via di salvezza: Come potrebbe essere giusto un Dio che vorrebbe punire il Signore Gesù Cristo, affinché io potessi essere libero da questa condanna? Sono io il trasgressore. Potrebbe mai essere giusta una cosa del genere? Non sarebbe un po' come voler bastonare il mio vicino di casa per qualcosa che ho fatto io? Dov'è la giustizia in questo?
E' giusta perché Dio dice che è giusta! In un certo senso, questa domanda non è necessaria. Potremmo dire, e dire con certezza, che se Dio ha scelto di salvare i peccatori in questo modo, allora, senza dubbio, si tratta di cosa giusta e indiscutibile. Potremmo dire questo, anzi, lo dobbiamo dire! Anche questo rientra nel nostro dovere di dare fiducia a Dio, nel credere in Cristo. Sarebbe inutile infatti dire di essere nell'atteggiamento di ravvederci, se poi ci permettessimo di mettere in questione l'opera di Dio quando noi non la comprendiamo. Sarebbe un ben strano ravvedimento questo!
Vittima volontaria. La Bibbia, però, getta luce sulla questione nel seguente modo. Essa ci dice che non dovrei mai pensare al Signore Gesù come ad una vittima suo malgrado. Non è che Dio prenda Gesù e Gli dia ciò che io merito, sia che lo voglia oppure no. E' vero il contrario! Come Dio il Figlio, Egli è protagonista di questo proponimento. Ecco come lo stesso Signore Gesù vede la Sua propria morte: " come il Padre conosce me e io conosco il Padre, e depongo la mia vita per le pecore... Per questo mi ama il Padre, perché io depongo la mia vita per prenderla di nuovo. Nessuno me la toglie, ma la depongo da me stesso; io ho il potere di deporla e il potere di prenderla di nuovo; questo è il comando che ho ricevuto dal Padre mio" (Gv. 10:15,17,18). Queste parole non significano che Gesù non ebbe nessuna difficoltà a morire, ma mostrano che Egli non andò alla croce con riluttanza! Andarci o non andarci era completamente in Suo potere. Non si trattava di qualcosa capitatogli addosso inaspettatamente. Infatti, potremmo fare un passo in avanti e dire che fosse precisa Sua determinazione a compiere la volontà di dio nel morire per le Sue pecore, tanto da voler sopportare il dolore, l'agonia, l'orrore e la vergogna della crocifissione.
Le motivazioni. Giungendo al termine di questa riflessione, vorrei venire al secondo punto che ho fatto sulla morte di Cristo, la questione delle Sue motivazioni. Che cosa spinse Cristo a soffrire dolore, derisione e rifiuto? Supponendo che Egli sia venuto in questo mondo per morire, quali ne erano le motivazioni?
Amore. A questa domanda vi sono effettivamente due risposte, ma esse possono essere condensate in un'unica parola: AMORE. E' importante che io abbia detto "due risposte", piuttosto che una. Se udissimo che Gesù è morto "per amore" penseremmo molto naturalmente che si intenda: "per amor nostro". E' vero, ma solo in parte. Questa non è la prima cosa. C'è un altro amore qui: l'amore di Cristo per il Suo Padre celeste, e per il carattere di Suo Padre, per amore della Sua Legge e della Sua giustizia.
Se vi fosse stata una scorciatoia? Lasciate che vi faccia una domanda: Se Gesù avesse voluto portare perdono per voi e per me senza considerare la gloria di Dio, Lui l'avrebbe fatto? Supponete che vi fosse stata qualche scorciatoia alla nostra salvezza in cui Egli avesse potuto ignorare la giustizia di Dio, Gesù l'avrebbe presa? Chiedetevi questo: Se Gesù avesse voluto arrecarci felicità eterna senza considerare se il metodo fosse stato giusto o sbagliato, Lui l'avrebbe fatto? Non serve aver letto tanto del Nuovo Testamento per arrivare alla risposta: No. Egli non ci avrebbe salvato in quel modo. Gesù Cristo non avrebbe sopportato il pensiero di una salvezza che avesse lasciato una macchia sul carattere di Dio. Meglio che tutti periscano se questo non significa manifestare la giustizia di Dio! E perché è cosi? Perché Gesù Cristo amava la bellezza del carattere di Dio! La morte di Cristo era un atto di culto, un tributo all'eccelsa meraviglia della santità di Dio! Se non vediamo la Sua morte in questa luce, noi non comprenderemo mai la ragione di fondo della Sua morte. La giustizia esigeva la Sua morte quando Egli divenne il sostituto del peccatore! Questo però non è tutto: Gesù amava la giustizia di Dio come amava tutto ciò che appartiene al carattere di Dio, Suo Padre.
L'amore per i peccatori. Questo non significa, però, che noi dovremmo dimenticare l'amore di Cristo per i peccatori. Niente affatto! Come Dio-uomo il Signore Gesù partecipa alla compassione che Dio ha per i perduti. Come Dio-uomo Egli sente la pietà e la misericordia che ogni uomo sentirebbe per ogni altra creatura umana se il peccato non ci avesse derubato della nostra umanità originale. Entrambe queste cose sono vere. Ciascuna di queste espressioni di amore battono nel cuore di Gesù Cristo.
Un Dio da "ammansire"? Qui però devo mettervi in guardia da un equivoco comune. Sembra esservi in alcuni l'idea che Dio non amasse gli uomini fintanto che Gesù, in qualche modo, Lo avesse portato a farlo. Se questo fosse il caso, non sarebbe giusto parlare dell'amore e della compassione che Dio ha per i perduti. Non allora, almeno. A quel punto non vi sarebbe alcun amore di cui parlare. Questo falso schema prende questa forma: Dio era pieno di odio verso i peccatori. Se questo avesse fatto tutto il suo corso, esso lo avrebbe portato a distruggerci tutti. Ma poi il Signore Gesù intervenne. Con la Sua morte sulla croce Egli trasformò l'odio che Dio aveva per i peccatori, in amore. Vorrei che voi notasse come questa concezione sia del tutto errata. Dovunque possiamo trovare una stretta armonia fra il Padre e il Signore Gesù. Non c'è alcuna contraddizione. Sarebbe impensabile. Lo vediamo in Giovanni 3:16: " Dio ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo unigenito Figlio, affinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna". Qui è chiaro che la missione di Gesù è opera di Dio. Ascoltate ancora: " In questo si è manifestato l'amore di Dio verso di noi, che Dio ha mandato il suo Figlio unigenito nel mondo, affinché noi vivessimo per mezzo di lui. In questo è l'amore: non che noi abbiamo amato Dio, ma che lui ha amato noi e ha mandato il suo Figlio per essere l'espiazione per i nostri peccati" (1 Gv. 4:9,10).
La verità di questo versetto è: Il Padre ed il Figlio sono concordi nella salvezza degli uomini peccatori. L'amore per i peccatori procede dal cuore stesso di Dio.
Gesù ha amato come ognuno dovrebbe. Ancora una cosa: il Signore Gesù ama l'uomo decaduto perché Egli stesso è un uomo. Come uomo Egli ha pietà e compassione perché Egli è l'uomo perfetto, l'uomo che è tutto ciò che noi dovremmo essere, e saremmo stati, se non fossimo caduti in condizione di peccato. Il peccato è un ladro. Esso ci ha derubati dell'amore che Dio aveva radicato nel nostro cuore. Esso, però, non ha derubato Gesù. E' chiaro che noi dobbiamo amare Dio con tutto noi stessi: è ancora la prima cosa che Dio esige da noi. Gesù però disse che vi è pure un secondo comandamento: "ama il tuo prossimo come te stesso" (Mt. 22:39).
Senza nulla risparmiare. Ora noi non abbiamo compiuto queste cose: Gesù si, e nel fare la seconda cosa, amare il prossimo come sé stessi, il Signore Gesù non ha risparmiato nulla. Una volta disse: "Nessuno ha amore più grande di questo: dare la propria vita per i suoi amici" (Gv. 15:13). Per Gesù non si tratta di parole romantiche e pie. Sarebbe stato così se Egli le avesse solo pronunciate e poi si fosse messo a fare qualcos'altro. Gesù, però, fece più di questo: lo mostrò nel modo più costoso possibile: Egli morì per i Suoi amici. Fu l'amore a spingere Gesù a morire sulla croce, amore per Dio ed amore per la creatura umana. Alla croce l'amore si acquistò il diritto di dire: "Venite a me come Salvatore. Venite a me io posso guadagnarvi il perdono".
Conclusione
In Gesù Cristo possiamo trovare il perdono di cui noi abbiamo bisogno presso Dio: esso sorge dal Suo amore. Egli è il Salvatore del mondo. Questo perdono fondamentale per la nostra esistenza è già stato acquistato ed è disponibile per tutti coloro che vengono a Lui. La domanda è ora del tutto personale: ci siete andati? Vi andrete veramente. La Scrittura incoraggia ogni peccatore a farlo: affidarsi a Lui confessando il proprio peccato. Essa dice:
"Lasci l'empio la sua via e l'uomo iniquo i suoi pensieri, e ritorni all'Eterno che avrà compassione di lui, e al nostro DIO che perdona largamente" (Is. 55:7). "Li purificherò di ogni loro iniquità con la quale hanno peccato contro di me e perdonerò tutte le loro iniquità con le quali hanno peccato e con le quali si sono ribellati contro di me" (Gr. 33:8). "Ed ecco, gli fu presentato un paralitico disteso sopra un letto e Gesù, vista la loro fede, disse al paralitico: "Figliolo, fatti animo, i tuoi peccati ti sono perdonati!"" (Mt. 9:2). "Perciò ti dico che i suoi molti peccati le sono perdonati, perché ha molto amato; ma colui al quale poco è perdonato, poco ama"" (Lu. 7:47). "Se confessiamo i nostri peccati, egli è fedele e giusto, da perdonarci i peccati e purificarci da ogni iniquità" (1 Gv. 1:9).
(Paolo Castellina, sabato 29 maggio 1999. Tutte le citazioni bibliche, salvo diversamente indicato, sono tratte dalla versione Nuova Diodati, edizioni La Buona Novella, Brindisi, 1991).
Letture supplementari
Introduzione
: Lo spirito del culto viene reso magnificamente da Davide del quale in 2 Samuele 22:2-7 leggiamo un cantico di ringraziamento nel giorno in cui fu liberato dalla mano di tutti i suoi nemici.Prima lettura: L'Iddio vero e vivente parla ad Israele e manifesta la Sua sovrana potenza. Ascoltate che cosa dice attraverso il profeta Isaia: Isaia 45:8-13,17-25.
Seconda lettura: In Giovanni 4 una donna samaritana incontra Gesù di Nazareth e scopre in Lui l'atteso Salvatore. Ne diffonde poi la notizia nel suo villaggio. Molti odono, vanno a vedere, e fanno la stessa scoperta: Giovanni 4:21-30,39-42.
Documenti di "E' sempre ...Tempo di Riforma" - E-Mail paolo@castellina.org