Perché dobbiamo andare a Lui

3. Il significato dell'invito


In questo periodo ho ritenuto importante, nelle mie predicazioni, di trattare ripetutamente il significato di un invito e di una magnifica promessa che ancora oggi ci rivolge il Salvatore Gesù e che ci dice: " Venite a me, voi tutti che siete travagliati e aggravati, ed io vi darò riposo. Prendete su di voi il mio giogo e imparate da me, perché io sono mansueto ed umile di cuore; e voi troverete riposo per le vostre anime" (Mt. 11:28). Dicevo la volta scorsa che, affaticata ed oppressa dal vuoto e dalla futilità che sente nella sua vita, come pure dalle conseguenze della negatività che tutto sembra rovinare, è preziosissimo, e tutto da gustare a fondo, il compassionevole invito che Dio ci fa in Gesù Cristo. Dio divenne uomo in Gesù Cristo per eliminare le barriere che si frappongono fra noi e Dio. Abbiamo visto come queste barriere siano la corruzione della nostra propria natura e la nostra colpevolezza verso Dio. Il problema risiede completamente dalla nostra parte, in noi e nel rapporto che abbiamo con la legge di Dio. Ecco perché Dio è diventato uomo. Ecco perché dovremmo prestare attento ascolto quando Gesù Cristo, il Dio-uomo, ci parla. Faremmo bene a prestargli attenzione anche se le Sue parole fossero di giudizio e di terrore. Eppure qui cogliamo un tono misericordioso. Le Sue sono parole amorevoli. Egli ci invita a Sé. Vediamo di cogliere ciò che questo significa.

Un modo particolare di "venire a Lui"

Gesù dice: "Venite a me, voi tutti che siete travagliati e aggravati, ed io vi darò riposo" (Matteo 11:28).

A prima vista sembra esistere un problema nel venire a Cristo perché Egli non si trova fisicamente fra di noi. Quando un padre dice: "vieni qui", o "vieni da me", un bambino sa che deve fare. Attraversa la stanza, il campo, la strada, o qualunque spazio vi sia fra lui e suo padre. In questo modo lui ubbidisce al comando di suo padre. Per la maggior parte non è difficile rispondere a questo invito quando solo poco spazio si frappone fra due persone, e se Gesù Cristo fosse qui, noi potremmo rispondere al Suo invito allo stesso modo.

Naturalmente, però, non possiamo vedere Gesù Cristo, ed anche se potessimo, in sé questo non potrebbe soddisfare il nostro bisogno. Dopo tutto, la gente che aveva udito il Signore Gesù dire queste parole, erano fisicamente in Sua presenza. Fare ressa intorno a Lui non avrebbe soddisfatto il loro bisogno di riposo. No. Quando Gesù disse: "Venite a me", Egli aveva qualcos'altro in mente, e noi, che non Lo possiamo vedere, possiamo essere riconoscenti che lo intendesse in quel modo!

Un illuminante doppio invito

Il giorno in cui Gesù pronunzia queste parole Egli esprime lo stesso invito in due modi diversi. Penso che ci potrebbe aiutare a vederli l'uno accanto all'altro:

"Venite a me, voi tutti che siete travagliati e aggravati, ed io vi darò riposo" (Mt. 11:28).

"Prendete su di voi il mio giogo e imparate da me, perché io sono mansueto ed umile di cuore; e voi troverete riposo per le vostre anime" (Mt. 11:29).

Se consideriamo attentamente queste due vedremo che ciascuna di esse si divide in tre parti. Lo stesso breve schema potrà servire per entrambi i versetti:

  1. Un invito (che è pure un comando)
  2. Una descrizione
  3. Una promessa

La prima colonna contiene l'invito che abbiamo già considerato. Notate però la seconda colonna. Anch'essa è un invito. Lo stesso invito. Tutt'e due iniziano con un comando di Gesù, e tutt'e due terminano con una promessa. È chiaro che qui Gesù si sta ripetendo per sottolineare e chiarire il concetto. Già da questo solo fatto possiamo capire come noi non lo si debba assolutamente fraintendere!

Fra il Suo invito e la Sua promessa, Gesù ha posto due descrizioni. Nella prima colonna Egli descrive persone che sentono tutto il peso della vita sulle loro spalle. Queste persone sono "travagliate ed aggravate". Nella seconda colonna Gesù descrive Sé stesso: "Io sono mansueto ed umile di cuore". Gesù è proprio il tipo di persona che l'uomo o la donna travagliata ed aggravata vorrebbe incontrare.

Una corrispondenza

Guardiamo bene ai due modi in cui Gesù formula questo invito. Scorgete come Gesù evidentemente voglia che le due affermazioni iniziali vogliano dire la stessa cosa? "Venite a me" e "Prendete su di voi il mio giogo ed imparate da me" sono frasi gemelle. Ciò che significa una vuol dire anche l'altra. Venire a Cristo significa prendere su di noi il Suo giogo ed abbracciare il Suo insegnamento.

Il giogo. Quando Gesù usa la parola "giogo", Gesù toccava il mondo dei Suoi primi uditori in due modi. In primo luogo essi provenivano da una società contadina. Il giogo era un attrezzo comune della vita quotidiana. Essi stessi, quando dovevano arare, facevano trascinare l'aratro da due buoi legati con un giogo, oppure essi avevano spesso veduto altri a farlo. Oltre a questo, però, c'era pure un secondo significato di "giogo". questa parola veniva usata dai maestri israeliti (i rabbini) per gli obblighi a cui una persona doveva sottostare. Essi, per esempio, parlavano de "il giogo della Legge". Un israelita era obbligato ad osservare la Legge di Dio nella sua interezza. Questo obbligo era "il suo giogo". Se, ad esempio, un uomo assumeva un compito da svolgere, egli prendeva su di Sé un nuovo giogo. Egli si legava, o si "soggiogava" in un modo nuovo.

Sottomissione. Un "giogo", dunque, era sinonimo di sottomissione. Quando Gesù parlava de "il mio giogo", Egli chiamava i Suoi uditori a sottomettersi alla Sua autorità. Oggi il termine "giogo", da cui "soggiogati" implica un significato negativo, ma qui l'idea non è negativa: vi sono pesi che dobbiamo portare nostro malgrado, ma vi sono pesi che volontariamente dobbiamo accettare perché si tratta di responsabilità che ci permettono di vivere meglio e in modo più produttivo. Non c'è alcun vantaggio nell'irresponsabilità! Gesù non intendeva con questo che la gente si sottomettesse ad una serie di regole. Egli esortava ad essere leali alla Sua Persona. Gesù parlava come un legittimo Re che voglia che i Suoi sudditi Lo amino, abbiano fiducia in Lui, ed ubbidiscano ai Suoi comandi. Egli lo fa ancora oggi. Quando dice: "Venite a me" Egli comanda di affidarci a Lui come Signore. Nel Nuovo Testamento il Signore Gesù dice "Venite a me" in molti modi. Ogni volta che lo fa Egli fa appello alla vostra totale adesione a Lui.

Fiducia nella Persona di Gesù

Credere. Talvolta Gesù esorta uomini e donne a venire a Lui con la semplice parola: "Credete". "Credere" è una parola facile da equivocare, e vorrei esaminarla attentamente. Qui, però, abbiamo alcuni esempi dell'uso che ne fa Gesù.

Più tardi sono gli stessi Suoi discepoli che mettono in evidenza l'importanza di credere in Cristo.

Credere in Gesù, è chiaramente la parte più importante del messaggio cristiano. Che vuol dire però "credere"?

Aver fiducia. Credere in Gesù significa aver fiducia in Lui. Se pensiamo che cosa significa avere fiducia in una persona, avremo una buona idea di ciò che Gesù Cristo intendeva quando invitava uomini e donne a credere in Lui. Vorrei considerare meglio questo, affinché ci sia chiaro in mente.

Vorrei partire da una distinzione. Nel libro "La fede: dono di Dio" Tom Wells scrive:

In autostop. Per rendere la cosa ancora più chiara, lasciate che vi racconti una storia. Supponete che io stia guidando un'auto da qui a Zurigo. C'è una distanza di quasi trecento chilometri, così mi piacerebbe aver compagnia durante il viaggio. Durante il viaggio vedo lungo la strada un'autostoppista vestito malamente. Mi fermo e lo raccolgo. La faccia di quell'uomo non ispira fiducia. I suoi occhi hanno un non so che di malvagio, quello sguardo che si vede nei film western portato dai 'cattivi'. Dopo un po' infatti, mi pento di non aver ascoltato il consiglio di qualcuno che mi diceva: 'Non far salire mai autostoppisti'. A metà viaggio vedo che ho bisogno di fare benzina. Vedo che c'è più lontano un distributore di bibite, do 10 franchi al mio nuovo 'amico' e gli chiedo: 'Per favore, potrebbe andare a prenderci due lattine di Coca Cola?'. 'Va bene,' mi dice con un grugnito, e in un minuto o due è di ritorno con le lattine. L'autostoppista non ha fatto nulla per il suo aspetto, sembra avere lo sguardo più bieco che mai. Avrei preferito che la storia fosse finita qui, magari che non fosse più tornato…

Fiducia sempre. Ora vorrei chiedervi: Potreste dire che io mi sia fidato di quell'uomo? Dopo tutto gli avevo anche dato dei soldi. Non è forse questa fiducia? La verità è questa: Gli ho dato fiducia che avesse comprato Coca Cola. Quando ha detto: "Va bene", gli ho creduto. L'ho preso in parola, anche se la cifra non era grande. Voi non potreste però mai dire che io avessi fiducia in lui, e basta. No, non avevo fiducia in lui, ma per quel poco si poteva anche dargliela. Dice ancora Tom Wells:

Ora questo è ciò che il Signore Gesù ci invita con insistenza ad avere: un atteggiamento consolidato e costante di fiducia in Lui. Egli ci chiede di affidarci serenamente a tutto ciò che Egli afferma di essere e dice. Quando avrete fatto questo potrete veramente dire di credere in Lui.

Credere anche quando… Credo che a questo riguardo molti abbiano le idee confuse. È facile dire di aver fiducia che Gesù faccia per noi questo o quello. Questo però non è il credere di cui Lui parla. È Gesù in quanto persona Colui di cui dovete avere fiducia. Non vi è concesso di "credere" in Lui solo per ciò che vi torna facile, comodo, o utile. Dovete avere fiducia in Lui.

Un giorno un pastore chiese ad una giovane donna che, pur appartenendo alla comunità evangelica, viveva notoriamente una vita immorale: "Tu credi in Gesù?". "Si, certo!" questa risponde. E il pastore: "Ma come puoi dire di credere in Gesù continuando a fare la vita che tu fai?". Lei risponde: "Conosco il vangelo tanto quanto lei. Me lo ha insegnato alle lezioni di confermazione. Esso dice: 'Credi nel Signore Gesù e sarai salvo'. Ho creduto, e quindi sono salva. Un giorno sarò in paradiso tanto quanto lei!". Che risponderle ancora? Non aveva forse fatto la sua "professione di fede", e non dice forse la Bibbia che chiunque ripone la sua fede in Gesù Cristo sarà salvato? Però c'era molto sul Signore Gesù in cui quella ragazza non credeva. Non credeva che Gesù sapesse molto meglio di lei come va vissuta la nostra vita. Ovviamente non l'avrebbe affermato esplicitamente. Il pastore le avrebbe potuto chiedere: "Non pensi che il Signore fosse saggio nel proibire l'immoralità sessuale?". Senza dubbio a questa domanda avrebbe risposto di si, dopo tutto non è difficile dire le parole giuste al momento giusto. La vita di quella giovane, però, mostrava, al di là delle sue parole, che lei pensava di fatto di saperla più lunga di Gesù. Non vogliamo ora giudicare quella ragazza, ma questo esempio illustra molto bene una realtà diffusa. C'è chi dice: Ho fiducia che Gesù abbia la capacità liberarmi dalla perdizione eterna. Oppure: Io credo che Gesù sia morto per me sulla croce. Oppure ancora: Sono stata battezzata e confermata e quindi alla fine sarò certamente salvata, o Dio ü buono e quindi ho fiducia che mi perdonerà…

Un vangelo "semplificato". Il problema è questo: nel nostro grande desiderio di vedere le persone essere veramente cristiane e salvate, potremmo accontentarci di proporre loro un "mezzo vangelo", qualcosa di facile, di poco impegnativo… Potremmo portare la gente ad illudersi che bastino delle cerimonie religiose o qualche dovere svolto formalmente ogni tanto perché siano "a posto" e "salvate". In realtà non è così. Avere fede non è qualcosa di generale, non è credere nel potere di una certa cerimonia o pratica ecclesiastica (questo sarebbe idolatria). Aver fede significa confidare nella Persona di Gesù Cristo in modo completo. Aver fede significa non solo confidare nelle Sue promesse, ma anche confidare nella giustezza di ciò che Egli ci comanda e metterlo in pratica. Sia la promessa che il comandamento sono stati forgiati dalla stessa sapienza immensurabile.

Vedete allora come sia vero che la frase "Venite a me" sia strettamente connessa a "prendete su di voi il mio giogo ed imparate da me?". A prima vista possono sembrare cose diverse, ma ciascuna dice: "Confidate in Me, credete in Me, seguite Me". Ecco la sostanza ultima di quel "venite a me".

Il ravvedimento

C'è ancora una parola che descrive il cambiamento al quale Gesù ci esorta. la parola è "ravvedimento". significa fondamentalmente "cambiare idea su qualcosa". Oggi si "cambia idea" per cose banali, quando dal gelataio abbiamo chiesto un gelato alla fragola e poi diciamo: "No, guardi, ho cambiato idea, me lo dia al limone!". Questi "cambiamenti di idea" hanno però scarsa influenza sul modo in cui noi viviamo.

Il comando biblico a ravvedersi è di tipo diverso. Esso ci chiama a cambiare tutto il nostro modo di vedere le cose. Non c'è nulla nella vita di un uomo che rimanga come prima quando un uomo o una donna davvero si ravvede in senso biblico. Acquisisce nuovi valori. Vede le cose diversamente. Sorgono in lui nuovi sentimenti. Anche le sue azioni cambiano radicalmente e si volgono verso una vita conforme alla volontà rivelata di Dio. Quando una persona "cambia idea" in questo senso, la sua "idea" equivale all'intera sua vita interiore.

In che modo si cambia quando ci si ravvede La prima cosa che si cambia è il nostro modo di considerare Dio. Immaginiamo due casi estremi.

Un Dio da tenere a distanza… Pensate ad un uomo che respinga ogni fugace pensiero che abbia su Dio, il più lontano possibile da sé. Non vuole avere nulla a che fare con Dio o con "la religione". L'apostolo Paolo dice di loro che "non hanno ritenuto opportuno conoscere Dio" (Ro. 1:28). Per l'uomo naturale spesso sembra desiderabile ignorare completamente il proprio Creatore. Nella sua fantasia, dice di "aver cose più importanti a cui pensare", il suo lavoro, le sue ambizioni, i suoi interessi mondani…. È certo che Dio …non si offenderà per questo (così lui pensa), e non intende neanche offenderlo… La Scrittura dice: "L'empio, nell'arroganza del suo volto, non cerca l'Eterno; tutti i suoi pensieri sono: "DIO non c'è"" (Salmo 10:4). Com'è facile per un uomo allontanare da sé ogni pensiero su Dio.

Un Dio al nostro servizio? L'altro estremo è un uomo che a Dio ci pensa… ma solo per i propri interessi! Quand'è povero, Dio è lì per dargli prosperità. È malato, e Dio è lì pronto a dargli la salute. È in pericolo, ma fa la corte a Dio affinché gli dia sicurezza. È conveniente, in questi casi, fare ricorso a Dio! Non sorprende che Paolo dica di queste persone che "stimano la pietà essere fonte di guadagno" (1 Ti. 6:5).

Come pensano a Dio coloro che si ravvedono? Come cambia la loro mente? Così: cominceranno ad essere attratti dal Dio della Bibbia. Dio sembrerà loro degno di essere conosciuto per quello che Egli è in sé stesso. Si renderanno conto della follia del pensare a Dio solo come mezzo per qualche fine. Pregheranno "Sia fatta la tua volontà" anche quando si troveranno nell'avversità e nel dolore. Considereranno tentazioni da fuggire ogni pensiero di evitare Dio il più possibile, o di usarlo solo per i propri interessi.

Vi sarà anche un cambiamento anche a proposito delle barriere di cui avevamo parlato e che Gesù è venuto ad abbattere in noi. Pensiamo al senso di colpa. Ora avranno un buono e positivo senso di colpa quando odieranno il solo pensiero di rattristare in qualche modo il loro Creatore. Sembrerà loro il massimo dell'ingratitudine e dell'irriconoscenza offendere in qualche modo il Dio di ogni grazia.

Per quanto riguarda poi la corruzione della nostra propria natura, la vedremo in una luce nuova. Ne vedremo la profondità e la drammaticità forse per la prima volta. Non è male questo, anzi, è molto positivo. È un passo da gigante nel cammino che ci porta ad apprezzare sempre di più la Persona e l'opera del Salvatore Gesù Cristo. Darete un grande valore a Gesù Cristo quando veramente vi vedrete caduti nel pozzo profondo dal quale solo Lui vi potrà salvare.

Conclusione

Ecco allora il significato dell'invito di Gesù: "Venite a me…". Significa credere in Lui, confidare in Lui, imparare da Lui. Significa avere un nuovo concetto di Dio e della nostra colpevolezza e corruzione. Significa un radicale cambiamento interiore della nostra vita. Significa sottomissione a Lui e il desiderio intenso di compiere la Sua volontà. In breve, significa assumere una nuova vita e lasciarci dietro tutta una vecchia vita. Tutto questo è compreso nel "venire a Cristo".

Per apprezzare sempre meglio perché dobbiamo venire a Cristo, Lo dobbiamo conoscere più da vicino. Nella misura in cui conosciamo il Signore Gesù in tutta l'ampiezza della Sua Parola ed opera, nell'ampiezza delle Sue benefiche funzioni, potremo andare a Lui con la piena consapevolezza che davvero è l'unica cosa sensata che mai potremmo fare nella nostra vita.

(Tutte le citazioni bibliche, salvo diversamente indicato, sono tratte dalla versione Nuova Diodati, edizioni La Buona Novella, Brindisi, 1991. Ó Paolo Castellina, mercoledì 19 maggio 1999. Riflessione tratta dal terzo capitolo del libro: "Come to me! An Urgent Invitation to turn to Christ", di Tom Wells, Edimburgh: The Banner of Truth Trust, 1986).


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