Perché dobbiamo andare a Lui
2. Ciò che ci separa da Dio
In queste domeniche ho scelto di
soffermarmi a considerare in modo approfondito il prezioso invito e promessa
che ancora oggi ci rivolge il Salvatore Gesù e che ci dice: "Venite a
me, voi tutti che siete affaticati e oppressi, e io vi darò riposo. Prendete su
di voi il mio giogo e imparate da me, perché io sono mansueto e umile di cuore;
e voi troverete riposo alle anime vostre; poiché il mio giogo è dolce e il mio
carico è leggero" (Mt. 11:28). Affaticata ed oppressa dal vuoto e
dalla futilità che sente nella sua vita, come pure dalle conseguenze della
negatività che tutto sembra rovinare, è preziosissimo, e tutto da
gustare a fondo, il compassionevole invito che Dio ci fa in Gesù Cristo.
Delle insormontabili barriere, infatti, si frappongono fra noi e la nostra
felicità ultima, delle insormontabili barriere si frappongono fra noi e Dio,
sorgente del nostro benessere ultimo. Queste barriere ci impediscono di
conoscere Dio e di avere un rapporto autentico con Lui, ci impediscono di
ubbidirgli e, alla fine, se esse non vengono rimosse, esse saranno la nostra
rovina nel giorno del giudizio di Dio, l’ultimo giorno. Quel muro di
separazione poteva solo essere abbattuto da un intervento diretto di Dio
che, entrando nella nostra situazione dall'esterno, poteva davvero "darci
riposo", "sgravarci" da questo pesante fardello, liberarci da
questa oppressione di fondo che sentiamo nella nostra vita. È ciò che Dio ha
compiuto e compie nella Persona di Gesù Cristo. Oggi cercheremo di meglio
comprendere in che cosa consistono queste barriere.
L'origine di una
separazione
Ascoltiamo ora un testo esemplare della
Parola di Dio che ci parla in termini molto espliciti di questo muro che ci
separa da Dio.
"Ecco, la mano del
SIGNORE non è troppo corta per salvare, né il suo orecchio troppo duro per
udire; ma le vostre iniquità vi hanno separato dal vostro Dio; i vostri peccati
gli hanno fatto nascondere la faccia da voi, per non darvi più ascolto. Le
vostre mani infatti sono contaminate dal sangue, le vostre dita dall'iniquità;
le vostre labbra proferiscono menzogna, la vostra lingua sussurra perversità.
Nessuno muove causa con giustizia, nessuno la discute con verità; si appoggiano
su ciò che non è, dicono menzogne, concepiscono il male, partoriscono l'iniquità.
(…) le loro opere sono opere d'iniquità, nelle loro mani vi sono atti di
violenza. I loro piedi corrono al male, essi si affrettano a spargere sangue
innocente; i loro pensieri sono pensieri iniqui, la desolazione e la rovina
sono sulla loro strada. La via della pace non la conoscono, non c'è equità nel
loro procedere; si fanno dei sentieri tortuosi, chiunque vi cammina non conosce
la pace. Perciò la rettitudine è lontana da noi, e non arriva fino a noi la
giustizia; noi aspettiamo la luce, ma ecco le tenebre; aspettiamo il chiarore
del giorno, ma camminiamo nel buio. Andiamo tastando la parete come i ciechi,
andiamo a tastoni come chi non ha occhi; inciampiamo in pieno mezzogiorno come
nel crepuscolo, in mezzo all'abbondanza sembriamo dei morti. Tutti quanti
grugniamo come orsi, andiamo gemendo come colombe; aspettiamo la rettitudine,
ma essa non viene; la salvezza, ma essa si allontana da noi. Poiché le nostre
trasgressioni si sono moltiplicate davanti a te e i nostri peccati testimoniano
contro di noi; sì, i nostri peccati ci stanno davanti e le nostre iniquità le
conosciamo. Siamo stati ribelli al SIGNORE e l'abbiamo rinnegato, ci siamo
rifiutati di seguire il nostro Dio, abbiamo parlato di oppressione e di
rivolta, abbiamo concepito e meditato in cuore parole di menzogna. La
rettitudine si è ritirata, e la giustizia si è tenuta lontana; la verità
infatti soccombe sulla piazza pubblica, e il diritto non riesce ad
avvicinarvisi; la verità è scomparsa, e chi si allontana dal male si espone a
essere spogliato. Il SIGNORE ha visto, e gli è dispiaciuto che non vi sia più
rettitudine; ha visto che non c'era più un uomo e si è stupito che nessuno
intervenisse; allora il suo braccio gli è venuto in aiuto, la sua giustizia lo
ha sorretto; egli si è rivestito di giustizia come di una corazza, si è messo
in capo l'elmo della salvezza"
(Is. 59:1-17 NR).
Qual è stata l'origine di questa
situazione? In che modo queste barriere sono state erette? Qual è la loro
natura? Per rispondere a questa domanda dobbiamo risalire all’inizio della
storia umana.
La bontà primordiale. Quando Dio ebbe terminato la Sua opera di
creazione, Egli "vide tutto ciò che aveva fatto, ed ecco, era molto
buono" (Ge. 1:31). Quest’affermazione comprendeva tutto, creatura
umana compresa. A quel punto non c’era nulla che si frapponesse a
che l’uomo conoscesse Dio. Dio, naturalmente, è buono. Anche l’uomo era buono.
Era naturale che un uomo buono ed un Dio buono dovessero avere comunione.
Difatti, questa comunione era effettiva.
Una creatura "in
prova". Questo
legame, però, fra Dio e l’uomo, non era ancora fissato permanentemente. Vi è un
fatto che risalta chiaramente all’alba della creazione dell’uomo. Erano giorni
di prova. La creatura umana era "in prova", e questa prova era
finalizzata a mostrare quale grande importanza e valore avrebbe avuto una
comunione ed un’amicizia stabile con Dio. Le cose non erano state espresse
proprio in questi termini, ma il significato ultimo era questo. Ciò che Dio
aveva fatto era questo:
"Dio il SIGNORE prese
dunque l'uomo e lo pose nel giardino di Eden perché lo lavorasse e lo
custodisse. Dio il SIGNORE ordinò all'uomo: "Mangia pure da ogni albero
del giardino, ma dell'albero della conoscenza del bene e del male non ne
mangiare; perché nel giorno che tu ne mangerai, certamente morirai"" (Ge. 2:15-17).
Qui vediamo due cose.
Apprendiamo che Dio comanda alla creatura umana di ubbidirgli, e vediamo
come conseguenza, pena, della disubbidienza la morte. Vorrei considerare
questo più da vicino.
"Solo" un frutto? Vi sembra strano che il comando di Dio
avesse avuto a che fare con il mangiare un frutto da un albero? Questo non sembra
implicare un grande problema morale! A prima vista sembra una cosa del tutto
banale. Credo che molti siano inciampati perplessi su questa questione. La
questione, però, non era se Adamo fosse vissuto o sarebbe morto per qualche
grande principio valido sia per Dio che per l'uomo. La questione era:
"Adamo: avrebbe ubbidito a Dio?".
La mentalità umana può essere
veramente esasperante. Ricordo di aver letto di un certo uomo che era stato
assunto per piantare cavoli. Il primo giorno il padrone della fattoria gli
aveva detto come esattamente avrebbe dovuto farlo. "Prendi ciascuna
pianta di cavoli," gli aveva detto l’agricoltore, "e mettila nel
terreno al rovescio". Quello che l’agricoltore gli aveva detto non poteva
essere frainteso, era chiaro. "Al rovescio? Che strano!". Che avrebbe
fatto l’operaio? Non rammento come questi avesse piantato i cavoli, se diritti
o rovesciati, ma mi ricordo il punto che il racconto voleva
sottolineare. Alla fine l’agricoltore disse: "Cercavo un uomo che avesse
potuto fare quel che gli dicevo io, non uno che mettesse in discussione
ciò che desidero". L’agricoltore non cercava un uomo che fosse d’accordo
con lui sul modo in cui piantare i cavoli. Cercava un uomo che avesse fatto
esattamente ciò che egli voleva.
Senza discutere. Probabilmente congratuliamo noi stessi per
la nostra ubbidienza quando, di fatto, siamo d’accordo con quello che ci
viene richiesto di fare. Non è forse spesso il caso? Per noi può sembrare
giusto, o può sembrarci saggio, o può sembrarci proprio la cosa da fare, e così
la facciamo. Ma questo ha ben poco a che fare con l’ubbidienza.
La migliore ubbidienza a Dio è quando noi facciamo ciò che Egli
ci chiede di fare, e senza discutere, semplicemente perché è Lui a
chiedercelo, non perché noi ne siamo necessariamente d’accordo. Se a nostro
giudizio il comando ricevuto è accettabile, allora ubbidiamo, ma: siamo
disposti ad ubbidire anche quando non comprendiamo le ragioni per cui Dio ci
comanda qualche cosa? Questa sarebbe stata la prova dell’ubbidienza di
Adamo. Questa è la prova della nostra ubbidienza.
Morte spirituale
Adamo è morto. Non sappiamo quanto tempo Adamo abbia
vissuto prima di infrangere il comandamento di Dio. Non importa però quanto
tempo sia passato. Ciò che è importante rilevare è come Adamo sia morto,
come Dio aveva promesso. Egli non morì subito fisicamente, sebbene il seme
della morte fosse stato piantato in lui nel momento stesso della sua
disubbidienza. La sua morte fisica sarebbe stata resa certa da ciò che aveva
fatto, ma la morte di cui Adamo era quel giorno morto era di un altro tipo.
Adamo era morto spiritualmente. E’ qui il nocciolo della
questione. E’ proprio questa "morte spirituale" che dobbiamo ben
comprendere. E’ questa morte spirituale che è la prima barriera che si frappone
fra noi e Dio.
Vi ho detto all’inizio che la
prova di Adamo era stata introdotta da una domanda. La domanda era: Quanto
valore l’uomo avrebbe dato alla comunione ed amicizia permanente con Dio?
Ora Dio aveva ottenuto la risposta di Adamo. "E’ bello e buono avere
comunione con Dio", aveva detto in effetti Adamo, "ma io voglio fare
come sembra giusto a me. Questo viene prima. Penserò solo dopo sulla mia
amicizia con Dio!".
Sullo stesso piano con Dio? Forse può essere che siamo vissuti così a
lungo senza riferimento a Dio che l’atteggiamento di Adamo non ci impressiona
in modo particolare! Noi che viviamo in società democratiche potremmo pensare a
Dio - semmai ci pensiamo - come un concittadino che deve agire secondo le
regole di ciò che ci piace chiamare il "fair play". Che Dio
stabilisca e segni un territorio che possa considerare suo. Quale potrebbe
essere? Un chilometro quadrato di buona terra da coltivare? Il distretto
commerciale di una frenetica metropoli? O forse che Dio preferirebbe le
estensioni del cielo stellato? Magari …l'ambito della Chiesa. Bene, che le
abbia. Solo che, qualunque cosa scelga, si accontenti di quelle. Rispetteremo i
diritti di Dio al proprio territorio, e ci aspettiamo che Egli rispetti poi i
nostri diritti! Chi pensa in questo modo fa due errori. In primo luogo equivoca
Dio. Ha espropriato Dio dei Suoi legittimi diritti pretendendo che
Lui stia al nostro livello! Per lui Dio non è né il Creatore, né il
Legislatore, né il Giudice. Dio però rifiuta di essere espropriato.
Siamo degli sciocchi se pensiamo che Dio voglia stare allo stesso nostro
livello.
Dio lo prende in parola. E poi c’è un’altra cosa. Colui che pensa
in questo modo, corre il rischio che Dio lo prenda in parola… Vorrebbe forse
essere lasciato in pace? Vorrebbe che Dio non interferisse con la sua vita? Eh,
almeno per un certo tempo, potrà fare quel che vuole. Non si rivelerà però per
lui un’esperienza gradevole e desiderabile, potete starne sicuri. Forse è
questo desiderio di essere lasciati in pace il significato della morte
spirituale. La morte spirituale è morte verso Dio. Un uomo potrà essere ben
vivo rispetto a questo mondo, ed essere pur tuttavia morto. Non si dice forse
anche a livello umano con qualcuno con il quale non vogliamo avere a che fare:
"Per me quello è come morto"? In senso molto reale chi non conosce
alcun desiderio per Dio, puzza di morte. Potrà magari vibrare di entusiasmo
alla prospettiva del denaro o del potere. Questo è abbastanza comune. Lo
vediamo ogni giorno, e parliamo di queste persone come di persone
meravigliosamente vive e vitali. Siamo però in errore. Questi sono uomini
morti, morti come le reliquie fossili di qualche tribù da lungo
dimenticata.
Contenti di essere senza Dio? Chi sono, allora, gli uomini
spiritualmente morti di questo mondo? Sono quegli uomini che sono contenti
di essere senza Dio. Voi siete degli uomini morti, se vi trovate in
questa condizione! Devo però aggiungere qui una parola di avvertimento: ho
parlato di "uomini che sono contenti di essere senza Dio". Questo,
però, non significa che tali persone possano trovare soddisfacente la propria
vita. Non significa che si sentano davvero realizzate. Un uomo potrà essere
felice di essersi liberato di ogni pensiero su Dio, ma questo non lo renderà
un uomo felice.
Parliamo del vostro caso.
Difficilmente mi direste che la vostra insoddisfazione, frustrazione nella
vita, la vostra inquietudine dipende dal fatto che non volete che Dio
interferisca nei vostri affari. Eppure la vostra insoddisfazione mostra che
avete bisogno di Dio. Che lo desideriate oppure no rimane un dato
inconfutabile. Essere spiritualmente morti significa essere contenti di essere
senza Dio, ma questo non significa essere davvero contenti nella vita. Indipendentemente
da Dio noi non saremo mai contenti.
La nostra somiglianza con
Adamo. Ora avrete notato
come, nel discutere su Adamo, io mi sia mosso da Adamo al vostro caso
particolare. Un attimo fa parlavamo di ciò che aveva fatto Adamo in ere
primordiali, e il momento dopo ho applicato ciò che è successo ad Adamo al
vostro proprio caso, come se non fossero passati migliaia d’anni da quel
momento. Lasciate che vi spieghi perché.
Quando Adamo ed Eva peccarono,
essi erano la razza umana. Non c’erano altri sulla terra, solo loro due.
In loro stessi, quando voltarono le spalle a Dio, tutta la razza umana aveva
voltato le spalle a Dio. Quando caddero in peccato, non vi fu più alcuno
che amasse e servisse Dio. Questo è chiaro. Bisogna però rammentarci un’altra cosa.
Se questo fosse tutto, Dio avrebbe potuto aspettare che essi generassero dei
figli con i quali Dio avrebbe potuto ritornare ad aver comunione. Egli avrebbe
potuto scordarsi la prima coppia e attendere con ansia il momento in cui Egli
avesse potuto aver comunione con i loro figli e figlie. L’attesa non avrebbe
preoccupato Dio. La Scrittura ci mostra chiaramente come Dio non abbia fretta.
Una solidarietà negativa. No, c’era di più, molto di più, nel
peccato di Adamo. In qualche modo Adamo stava in piedi o cadeva per tutti
noi. Ecco perché forse avete udito dire che il peccato di Adamo è chiamato
"la caduta dell’uomo" o semplicemente, "la Caduta". Quando
Adamo ed Eva generarono dei figli, anche i loro figli risultarono decaduti come
Adamo. E i loro figli, a loro volta, erano come i loro antenati. "La
Caduta" è un fatto della vita umana. E’ vera oggi com’è stata vera quando
Adamo peccò.
La corruzione della creatura
umana. Nelle prime pagine
della Bibbia leggiamo queste parole: "Questo è il libro della
genealogia di Adamo. Nel giorno che Dio creò l'uomo, lo fece a somiglianza di
Dio ... Adamo visse centotrent'anni, generò un figlio a sua somiglianza, a sua
immagine, e lo chiamò Set" (Ge. 5:1,3). Il punto di questo testo è
chiaro. Sebbene Dio avesse creato Adamo a propria somiglianza, Adamo decadde da
questa somiglianza originaria con Dio. Quando poi, nel corso del tempo, Adamo e
sua moglie produssero figli, essi erano come Adamo. Essi erano ad
immagine e somiglianza di Adamo. Anche essi erano uomini morti, uomini
spiritualmente morti con il seme della morte nella propria costituzione, tanto
che la tomba stessa li avrebbe un giorno preteso. Otto volte in Genesi 5
troviamo scritto di ogni discendente di Adamo un non casuale né scontato:
"...e poi morì".. Dopo Adamo nessuno avrebbe più chiesto se un uomo o
una donna sarebbe morto, ma solo "quando". Una delle barriere
fra Dio e l’uomo, così, è il fatto che l’uomo è morto nei rispetti di Dio.
Potremmo anche chiamare questo la corruzione umana. L’uomo è corrotto
nel cuore stesso del suo essere. Se non fosse così, allora tutti amerebbero
e servirebbero di cuore il proprio Creatore. Questo però non è l’unico
problema.
La fondamentale
colpevolezza umana
C’è un’altra barriera che si
frappone fra l’uomo e Dio. Si tratta della barriera della colpevolezza.
I sensi di colpa. Avete notato come si usi oggi la parola "colpevole"
in più modi. Oggi si parla molto di psicologia e molti sono interessati alle
condizioni della mente umana. La colpevolezza è uno di questi stati. Diciamo:
"Giorgio si sente molto in colpa", "Giovanna porta sulle sue
spalle un senso di colpa molto pesante". In entrami questi casi parliamo
della colpevolezza di Giorgio e di Giovanna. Alcuni accusano Giorgio di non
aver fatto quello che avrebbe dovuto fare. Giorgio sospetta che essi abbiano
ragione, e così lui si sente in colpa. Qualcuno ha detto a Giovanna che lei
avrebbe anche potuto non fare ciò che ha fatto. Ora un senso di colpa l’affligge.
Sia Giorgio che Giovanna sono oppressi da questi sentimenti, ma questi
sentimenti non se ne vanno. Certa psicoterapia vorrebbe eliminare dall'uomo i
sensi di colpa.
La condizione umana. La parola "colpevolezza" viene
pure usata (in altro senso) per descrivere la condizione umana di fronte
alla legge. Si dice di un uomo che sia colpevole quando ha infranto la
legge, che lo sappia oppure no. Sia Giorgio che Giovanna potrebbero essere
colpevoli in questo senso, anche senza che se ne rendano conto. L’intera
questione potrebbe anche non passare mai dalla loro mente.
E’ in questo senso che la
colpevolezza si pone come una barriera fra Dio e l’uomo. La legge di Dio
rivelata nella Sua Parola dichiara che l'essere umano, nella condizione in cui
ora si trova, è un malfattore, un peccatore, un criminale agli occhi di Dio.
Non vi potrà mai essere una libera ed aperta comunione fra Dio e uomo fintanto
che l’uomo rimarrà colpevole di fronte al tribunale di Dio. Qui è in questione
la giustizia di Dio. Potrebbe Egli fare delle precise leggi e poi permettere
all’uomo che le calpestasse allegramente? Questo è un "pio" desiderio
umano, ma è menzogna.
Dice il nostro testo biblico: "Ecco,
la mano del SIGNORE non è troppo corta per salvare, né il suo orecchio troppo
duro per udire; ma le vostre iniquità vi hanno separato dal vostro Dio;
i vostri peccati gli hanno fatto nascondere la faccia da voi, per non darvi più
ascolto" (Is. 59:1,2).
Esposto alla condanna. E’ proprio qui che le menzogne umane
vengono messe allo scoperto. Come trasgressore della legge, l’uomo è esposto
alla giusta condanna che il suo peccato merita. Egli è colpevole in questo
senso, sia che "senta" esserne colpevole oppure no. A questo punto
credo che qualcuno certamente direbbe: "Certamente non stai parlando di
me! Io non mi sognerei mai di calpestare la legge di Dio. Non sia mai! Ho
cercato per tutta la vita di fare ciò che è giusto. Non ne dovrei avere merito?
Non dovrebbe Dio darmene credito?".
Si, certo, dovremmo mettere il
concetto di "meritare" in conto davanti a Dio. Non ha senso però di
parlare di merito" per quanto riguarda le nostre buone opere. La Bibbia a
questo punto è chiara: noi non abbiamo fatto "la cosa giusta", voi e
io: è fuori questione parlare di merito o di credito.
Non vale neanche "cercare".
Nemmeno possiamo dire di
avere cercato di fare la cosa giusta. La parola "cercare"
spesso ci inganna. Di solito quando vediamo quanto noi abbiamo mancato, cadiamo
ben presto su "ho cercato". "Ho cercato di farlo," diciamo,
"e non posso farci niente se ho fallito". Un uomo si dimostrerebbe
molto irragionevole se da un altro non accettasse la spiegazione "Ho
cercato di farlo!".
Dio però non accetta quel
"Ho cercato", non perché Dio sia irragionevole, ma perché questa
pretesa non è vera. Noi non abbiamo affatto cercato di servire Dio per
amor suo. Servire Dio per amor Suo e per nessun altro motivo è il cuore
stesso di ogni servizio più autentico. Di fatto abbiamo è vero proprio l’opposto.
Nel servire Dio in realtà abbiamo inteso servire solo noi stessi. Lo so perché
la Scrittura mi dice molto chiaramente che tutti gli uomini sono in stato di
inimicizia verso Dio.
Ecco, per esempio, le parole dell’apostolo
Paolo: "Infatti la mente controllata dalla carne produce morte, ma la
mente controllata dallo Spirito produce vita e pace. Per questo la mente
controllata dalla carne è inimicizia contro Dio, perché non è sottomessa alla
legge di Dio e neppure può esserlo" (Ro. 8:6,7). Da ciò che dice qui
Paolo è chiaro che l’uomo si trova in guai seri. Nel parlare di "mente
controllata dalla carne" (o "uomo peccatore") Paolo non
intende dire che alcuni non siano nati così. Questo sarebbe molto lontano
dal suo pensiero. Piuttosto Paolo riconosce che alcuni uomini sono già stati
toccati dallo Spirito di Dio e, ad un certo grado, sono stati cambiati. Per
Paolo la "mente controllata dalla carne" descrive la situazione
umana naturale prima che Dio intervenga in una vita.
Non abbiamo servito Dio per
amor suo. Paolo ci dice,
così, che la mente umana, controllata com’è dalla carne, cioè da una natura
inferiore, è "ostile a Dio". Magari potremmo essere tentati ad
esitare a credere a queste parole, ma mettono una cosa oltre ogni dubbio. Esse
mostrano chiaramente quale tipo di servizio un uomo naturale voglia rendere a Dio.
Un uomo che odia Dio non servirà mai Dio ...per amor Suo!
Supponete che abbiate un datore
di lavoro che voi odiate. Lo chiameremo Signor Rossi. Servirete voi il sig.
Rossi? Si, certamente. Fa parte del rapporto impiegato - datore di lavoro.
Siete stati assunti per fare quel lavoro e lo fate. Potreste però dire che voi
servire il sig. Rossi per amor suo? Certo no. Se lo amaste, potreste
anche farlo. Nell’attuale stato di ostilità, però, vi sono altri motivi che vi
spingono a lavorare. Avete bisogno del denaro. Il vostro lavoro vi dà
prestigio. avete paura di essere considerati dei falliti. Oppure vostro marito
o vostra moglie vi rimprovererebbe senza pietà se lasciaste il lavoro. Tutte
queste o altre ragioni sono quelle che vi tengono al servizio di quell’uomo.
Potrebbero anche condurvi a fare il lavoro nel modo migliore. Il fatto però
rimarrebbe: non potreste mai dire di servire il sig. Rossi per amor suo, o di
per sé stesso, per quello che egli è. Sarebbe fuori questione. Solo se il
vostro atteggiamento di fondo verso di lui cambiasse, le cose cambierebbero.
Solo allora servireste il sig. Rossi per amor suo. Solo allora
"cerchereste" di farlo.
Un servizio pregiudicato. Lo stesso è con Dio. Fintanto che Gli
siamo ostili, il nostro servizio verso di Lui è pregiudicato. Quanti di noi
amano spassionatamente Dio tanto da ubbidirgli in ogni cosa e dargli l'intera
vita, indipendentemente da quello che potremmo ricavarcene? Ho chiesto qualche
giorno fa ad un ragazzo: domenica vieni in chiesa al culto? "Si," mi
ha risposto, "mia mamma mi obbliga a venirci!". Ingenuamente gli ho
detto: "Ma al culto dovresti venirci con gioia perché ami il Signore,
senza nemmeno discutere la questione!". Dico "ingenuamente",
perché è evidente che quel ragazzo, benché istruito nella fede cristiana, non
ama il Signore. Spero e prego che possa un giorno comprendere l'amore di Dio
per lui e ricambiarlo, ma quel "culto", per lui, non varrà proprio
nulla agli occhi di Dio, e tanto meno potrà per lui costituire un
"merito" l'esserci venuto.
Le parole "Ho cercato di
fare del mio meglio" non sono vere. Non possono essere vere fintanto che
noi odiamo Dio!
Conclusione
Vi sono due barriere, quindi, che
si frappongono fra l’uomo e Dio. Esse vi separano ora dal vostro Creatore, se
Dio non è intervenuto nella vostra vita. La prima è la corruzione. Al
cuore stesso della vostra natura vi è ostilità verso di Lui: è una realtà,
non mentite a voi stessi. Siete "morti" bei confronti di Dio.
La seconda segue naturalmente la
prima: la vostra colpevolezza di fronte a Dio. Non lo avete servito come
avreste dovuto. Con tutta la vostra religione (o mancanza di religione), non
avete fatto nulla per amore di Dio. I vostri atti più morali sono stati
rovinati da un solo fatto: non sono mai stati compiuti per amore di Dio. non lo
avete cercato in quanto tale perché è degno di ogni amore, onore e gloria.
Avete soltanto perseguito i vostri interessi. In questo avete seguito Adamo e
il figlio di Adamo! E tutti quelli che appartengono alla linea di Adamo -. noi
siamo tutti uguali - fino ad oggi stesso. qualsiasi differenza che possa
sussistere in un uomo è solo e semplicemente dovuta alla grazia di Dio. Ecco
perché Dio è venuto in mezzo a noi nella Persona di Cristo, per abbattere Egli
stesso queste barriere insormontabili. Continueremo ad approfondire la
questione la prossima volta. L'invito che il Salvatore Gesù Cristo ci rivolge è
troppo prezioso per non comprenderlo a fondo!
Tutte le
citazioni bibliche, salvo diversamente indicato, sono tratte dalla versione
Nuova Diodati, edizioni La Buona Novella, Brindisi, 1991. Ó Paolo Castellina, venerdì 7 maggio 1999. Riflessione tratta dal secondo
capitolo del libro: "Come to me! An Urgent Invitation to turn to
Christ", di Tom Wells, Edimburgh: The Banner of Truth Trust, 1986).
Letture
supplementari
1. Inizio culto: Salmo 119:1-8
2. Prima lettura: A volte, davanti al degrado
spirituale che ci circonda, ci possiamo chiedere se la razza umana sia davvero
senza speranza. Per grazia e misericordia di Dio, però, la ricostruzione è possibile
e certa. Ascoltate quanto il profeta Isaia scrive: Isaia 44:21-28.
3. Seconda lettura: Un nuovo popolo riconciliato con
Dio. Efesini 2:11-22.
Documenti di "È sempre …Tempo di
Riforma" - E-Mail tdr@castellina.org