Perché dobbiamo andare a Lui
1.
Colui che ci invita
Una promessa ancora attuale
Una delle più belle promesse del
Salvatore Gesù Cristo, è contenuta in un invito che Egli ci rivolge nel vangelo
secondo Matteo, e che dice:
"Venite a me, voi tutti che siete
affaticati e oppressi, e io vi darò riposo. Prendete su di voi il mio giogo e
imparate da me, perché io sono mansueto e umile di cuore; e voi troverete
riposo alle anime vostre; poiché il mio giogo è dolce e il mio carico è
leggero" (Mt. 11:28).
È con grande tristezza e sofferenza che,
quando mi guardo attorno per questo mondo, io vedo gente d'ogni età e
condizione davvero affaticata ed oppressa, non solo per le eventuali difficili
situazioni in cui si trova a vivere, ma oppressa soprattutto dal senso di vuoto
e di inutilità del vivere che essa rivela quand'anche stesse bene,
materialmente parlando. Si, affaticati ed oppressi da una vita priva di senso
che cerca in qualche modo di riempire con beni materiali, esperienze e distrazioni
di ogni genere. Un giovane insegnante ed educatore mi ha detto recentemente:
"La musica, come la vita, è fondamentalmente inutile, ma non per questo
non può essere bella e interessante". "Magra consolazione", mi
verrebbe da osservare, ma è sintomatico della realtà spirituale che viviamo
oggi. A questo vorrei però contrapporre il desiderio di comunicargli che non
deve necessariamente essere così, perché il senso, lo scopo e il significato
ultimo della vita lo si trova nel Salvatore Gesù Cristo. Non vorrebbe
scoprire come questo sia vero?
Anche alla nostra generazione il
Salvatore Gesù Cristo dice: "Venite a me, voi tutti che siete
affaticati e oppressi, e io vi darò riposo". La nostra generazione,
però, scettica e critica, prima ancora di provare come questo sia vero, lo
vorrebbe, come ogni altra cosa, mettere in questione. Dice di
"conoscere" Cristo, in realtà, però, non lo conosce affatto. Del
prezioso e santo nome di Cristo se ne riempie la bocca spesso solo come
irragionevole bestemmia, ma non sa, quanto possa essere vero ciò che dice il
Salmo: "Gustate e vedete quanto l'Eterno è buono; beato l'uomo che si
rifugia in Lui" (Sl. 34:8).
Come vorrei riuscire a comunicare questo
a tante persone d'oggi che vedo "affaticate e oppresse". Vorrei farlo
con semplicità ed umiltà come potrebbe farlo "un mendicante che dica ad un
altro mendicante dove trovare cibo", con l'entusiasmo di chi ha
"gustato" la verità di quanto Cristo promette. È sempre più difficile
farlo oggi, quando il nome di Cristo viene abusato e infangato da chi
falsamente lo professa, ma questo non mi impedirà di reiterare fedelmente
l'appello pieno d'amore di Gesù che dice: "Venite a me, voi tutti che
siete affaticati e oppressi, e io vi darò riposo".
Vorrei così, cominciare una serie di riflessioni
su questa promessa del Salvatore Gesù Cristo con il desiderio di far
comprenderne l'inalterata attualità.
Un'espressione piena d'amore
Tanto per cominciare, anche se uno non
conoscesse nulla di Gesù, non potrebbe mancare di rendersi conto come queste
parole siano parole molto belle, buone, un'espressione piena d'amore di uno che
ci vorrebbe fare solo del bene. È evidente per chiunque le legga.
Quando però ci chiediamo come queste
parole possano applicarsi a noi personalmente, le cose cambiano. È chiaro, per
esempio, come queste parole siano molto antiche, pronunciate cioè tanto
tempo fa. Noi siamo però gente d'oggi. Questo ci pone un problema: per quanto
belle siano queste parole, come potrebbero parole pronunciate duemila anni fa
riguardare ciascuno di noi oggi?
Non è tutto. Queste parole di Gesù ci
invitano a "venire a lui". Si potrebbe ben dire che esse riguardavano
coloro che erano vissuti al suo tempo. Quando Gesù diceva queste parole,
egli era un maestro di Israele. La gente lo poteva vedere. Lo poteva toccare.
La gente poteva andare letteralmente da lui. Questa situazione, però, è
terminata. Tutto questo è terminato su una croce, o almeno così sembrerebbe. Se
queste parole fossero state un proverbio o una massima di saggezza, una qualche
verità universale, senza tempo, come: "C'è maggior felicità nel dare
che nel ricevere!" (At. 20:35) le potremmo comprendere. Non è però
così. Esse sono un invito ad incontrare un uomo vissuto venti secoli fa.
Come può essere?
L'identità di Gesù
La risposta a questa domanda si trova nell'identità
della persona che qui ci parla. Chi è quest'uomo? Ne conosciamo il nome. Lo
chiamiamo "Gesù", o "Gesù Cristo". Questo però non basta.
Questi nomi, in italiano, almeno, non ci aiutano molto. Com'è quest'uomo, che
tipo di uomo può fare un simile invito? Ecco ciò che dobbiamo sapere.
Che tipo di uomo è Gesù Cristo? Ve lo
posso dire in quattro parole, espressioni non comuni o popolari oggi, ma non
per questo ce ne dovremmo vergognare… Gesù è il Dio-uomo. Devo usare
tutto il tempo che oggi mi è concesso proprio per aiutarvi a cogliere ciò che
questo significa. Quando lo vedrete, saprete perché Egli ancora oggi possa e
voglia dirci, con immutata rilevanza, quel Suo "Venite a me".
Gesù Cristo è il Dio-uomo. Egli è sia
Dio sia uomo. Consideriamo dapprima ciò che intendiamo dire quando diciamo
che Egli è "Dio". In effetti questa ora sembra la parte più dura da
capire.
Non un "modo di dire". Intanto vorrei subito chiarire ciò che la fede
cristiana non intende quando dice che Gesù Cristo è Dio. Essa non
intende che in molti modi Gesù sia come Dio. Essa non sta usando un
"modo di dire". Talvolta si può dire di un bell'uomo ben
proporzionato ed attraente che sembra un dio greco. Come quelle belle statue
dell'antica Grecia che rappresentavano le loro divinità come dei giovani belli,
muscolosi ed attraenti, l'ideale di uomo, bello, forte ed attraente. È
comprensibile allora che di uno si dica "è bello come un dio", un
uomo che si avvicina all'ideale di uomo. Questo però non è il senso in cui la
fede cristiana chiama Gesù "Dio". Certo, Gesù aveva qualità
eccellenti che Lo rendevano simile al meraviglioso carattere che Dio ci rivela
di Sé stesso, non lo voglio certo negare. Quando però la fede cristiana dice
"Gesù è Dio", essa intende qualcos'altro.
Difficoltà insormontabili? Dire così solleva nella nostra mente due
difficoltà apparentemente insormontabili. La prima è questa: è molto
difficile immaginare come possa un uomo essere al tempo stesso Dio. Eppure,
questo è ciò che affermiamo, perché, soprattutto, è ciò che la Bibbia
insegna. È stupefacente, infatti, vedere scritto nella Bibbia ciò che
nessun'altra religione ha mai osato affermare per nessun altro personaggio
religioso terreno, vero o mitico che fosse:
"in
lui abita corporalmente tutta la pienezza della Deità" (Cl. 2:9). "il Cristo, che è sopra tutte
le cose Dio benedetto in eterno" (Ro. 9:5); "Nel principio era
la Parola, la Parola era con Dio, e la Parola era Dio. …e la Parola è diventata
carne e ha abitato per un tempo fra di noi, piena di grazia e di verità; e noi
abbiamo contemplato la sua gloria, gloria come di unigenito dal Padre"
(Gv. 1:1-14).
Tutto questo per noi sembra troppo
difficile da comprendere, per non dire assurdo ed irragionevole. Questo è
sempre stato lo "scandalo" fondamentale del cristianesimo. Molti
infatti dicono, non solo oggi, ma da sempre: "Tutto questo è assurdo e
ridicolo, non lo posso accettare". …e la discussione per loro finisce qui.
Che rispondere a chi dice così? Non
molto. Essi dovrebbero accettare ciò che afferma la Parola di Dio. Se non lo
vogliono fare, non posso fare nulla per aiutarli.
Non capire il motivo. Qui però devo stare molto attento, e così pure
voi. La vera difficoltà che ci si pone, si trova altrove. Potrebbe essere la
seconda difficoltà. Uno potrebbe dire: "Non vedo come Dio possa diventare
uomo", ma, in realtà, intendere qualcosa di completamente diverso. Egli
potrebbe intendere questo: "Non vedo quale possa essere la necessità
che Dio debba diventare uomo …lo potrei anche ammettere se, e soltanto se, ci
fosse un motivo valido per farlo, qualcosa che lo rendesse necessario. …e
questo motivo dovrebbe essere davvero enorme. Io però non vedo proprio quale
possa essere questo motivo". Il ragionamento è comprensibile.
Non vedranno però questo motivo, fintanto
che non comprenderanno chi è Dio, questo Dio che è venuto a noi in Gesù
Cristo. Questa è la prima questione che dobbiamo risolvere.
Chi è Dio?
Come si potrebbe descrivere Dio? Sembrano
esservi due modi per farlo. Potremmo parlare di ciò che Dio è in Sé stesso.
Potremmo dire come Egli sia "onnisciente" (che sa tutto), e
"onnipresente" (presente in ogni luogo). Non c'è nulla di sbagliato
in queste parole. I teologi le usano sempre, e con ragione. Non credo però che
esse ci possano però aiutare ora molto.
C'è un altro modo per parlare di Dio, ed
è quello che ora vorrei usare. Desidero descrivere Dio per ciò che Egli è
rispetto a noi, esseri umani. C'è infatti un modo molto più personale per
mostrare chi è Dio. È come chiamare un uomo "mio zio" o una donna
"mia madre". Quando parliamo così noi mostriamo le persone in
rapporto l'una all'altra. È un modo molto più personale che dire: "Quello
è un uomo", oppure "Quella è una donna".
In mente ho tre nomi che voglio usare in
riferimento a Dio.
Il Creatore. Il primo è Creatore. La Bibbia ci insegna
che è Dio ad averci creato. Non siamo il risultato di uno sviluppo casuale
della materia. Possiamo dire: "Dio è il mio Creatore",
"Dio è il tuo Creatore". Quando diciamo così non parliamo di
Dio in termini astratti ed impersonali. Parliamo di come Dio tocchi la nostra
vita. Noi siamo le Sue creature. Egli è Colui che ci ha fatto. Ecco
quale rapporto vi sia fra noi e Lui. Non è necessario che noi conosciamo ogni
cosa sul come Dio ci abbia creato. Questo va oltre la nostra
comprensione. Di primaria importanza il fatto che sia stato Dio ad averci
creato.
Quando Dio fece tutte le cose, in mente
Egli aveva uno scopo, un obiettivo, una precisa ragione. Egli ha creato
voi e me per qualche motivo. Se noi fossimo bastoncini di legno o pietre, non
potremmo chiederci perché Egli ci abbia creato! Egli ci ha però fornito di
un'intelligenza, con una mente in grado di cogliere il motivo per cui siamo
stati creati. Noi siamo in grado di porci la domanda: "Perché io
esisto?". Siamo stati "programmati" per farci questa domanda, e
prima o poi ce la facciamo.
La logica conseguenza di una
negazione. Ecco uno dei fatti più
sorprendenti della natura umana. Gli uomini possono pretendere che Dio non
esiste oppure che la vita sia senza significato. Eppure non possono evitare di
farsi la domanda: "Perché esisto?", e non possono neanche evitare i
sentimenti che accompagnano la risposta a questa domanda. Non siate
sorpresi che quando la gente intorno a noi sembra piombare nella disperazione
per nessun motivo apparente. Si sono fatti la domanda "Perché esisto"
e hanno dato una risposta che non contempla Dio. L'uomo può negare di avere un
Creatore, ma deve vivere con le conseguenze di una tale negazione. Deve
fare esperienza delle frustrazioni e del terrore di un mondo e di un'esistenza
personale privo di significato, se nega il proprio Creatore. Dio ci ha
fatti proprio in questo modo.
Un motivo c'è! Se però Dio ci ha creati per un motivo, qual è
questo motivo? Perché esistiamo? Perché siamo qui?
Ora penso che vedrete subito qualcosa di
importante. È questa. L'unico che possa dirci perché noi esistiamo è Dio
stesso. Possiamo star certi che quando una persona fa qualcosa, lo fa per
qualche motivo. Questo è vero per tutti, sia per Dio che per l'uomo. Un uomo,
per esempio, può fare un aquilone. Se non abbiamo mai visto un aquilone,
prima o poi gli chiederemo: "Che cos'è?". E non saremo soddisfatti
con la risposta: "È una combinazione di bastoncini e di carta". No,
questo non basta. Non lasceremo in pace questo creatore fintanto che non ci
avrà detto i suoi scopi. "Perché?" si attende una risposta, e solo il
suo creatore può fornircela.
È così che giungiamo a vedere il bisogno
che abbiamo di una qualche parola da Dio. La Bibbia è proprio questa parola. In
essa Iddio ci dice molto. In particolare modo Egli ci ha detto perché Egli ci
abbia creato. Vediamo che cos'ha detto Dio.
Conoscerlo. Qui, per esempio, sono le parole di Paolo,
l'apostolo, mentre si rivolge ad una folla di uomini ad Atene:
"Il
Dio che ha fatto il mondo e tutte le cose che sono in esso, essendo Signore del
cielo e della terra, non abita in templi fatti da mani d'uomo, e non è servito
dalle mani di uomini come se avesse bisogno di qualcosa, essendo lui che dà a
tutti la vita, il fiato e ogni cosa; or egli ha tratto da uno solo tutte le
stirpi degli uomini, perché abitassero sopra tutta la faccia della terra,
avendo determinato le epoche prestabilite e i confini della loro abitazione,
affinché cercassero il Signore, se mai riuscissero a trovarlo come a tastoni,
benché egli non sia lontano da ognuno di noi" (At. 17:24-27).
In questo testo, Paolo ci dice tre cose.
In primo luogo noi abbiamo un Creatore. In cielo c'è un Dio che "ha
fatto il mondo e tutte le cose che sono in esso". In secondo luogo,
che Dio non ha abbandonato il Suo mondo: "essendo lui che dà a tutti la
vita, il fiato e ogni cosa". In terzo luogo, Dio rende esplicito
perché Lui ci abbia creato: "affinché cercassero il Signore, se mai
riuscissero a trovarlo come a tastoni". Voi e io siamo stati creati per
conoscere Dio.
Il Legislatore. Paolo però, dice di più agli ateniesi:
"Essendo
dunque noi progenie di Dio, non dobbiamo stimare che la deità sia simile
all'oro o all'argento o alla pietra o alla scultura d'arte e d'invenzione
umana. Ma ora, passando sopra ai tempi dell'ignoranza, Dio comanda a tutti gli
uomini e dappertutto che si ravvedano. Poiché egli ha stabilito un giorno in
cui giudicherà il mondo con giustizia, per mezzo di quell'uomo che egli ha
stabilito; e ne ha dato prova a tutti, risuscitandolo dai morti" (At. 17:29-31).
Qui Paolo menziona i due altri nomi di
Dio che io vi ho promesso. Se Dio è nostro Creatore, Egli è pure nostro Legislatore,
cioè Colui che stabilisce su di noi una Legge di comportamento. Secondo le
parole di Paolo, Dio "comanda a tutti gli uomini e dappertutto".
Non è difficile immaginare Dio come Legislatore. Dato che Egli ci ha creato,
Egli dovrà sapere meglio di noi come dovremmo vivere. Solo Lui avrebbe potuto
dirci che cosa dobbiamo fare e ciò che non dobbiamo fare. Il ruolo di
Legislatore che Dio assume è una naturale conseguenza del fatto che Egli sia il
nostro Creatore.
Il Giudice. Segue pure una terza cosa. Dio è il nostro Giudice:
"Poiché egli ha stabilito un giorno in cui giudicherà il mondo con
giustizia". Dato che Dio ci ha creato per scopi ben precisi, Egli ci
ha detto come noi si debba vivere. La cosa però non finisce qui. Alla fine
della storia Egli farà qualcos'altro. Ci chiederà conto di ciò che ne abbiamo
fatto della Sua legge. Egli saprà se noi abbiamo adempiuto oppure meno agli
obiettivi per cui eravamo stati creati. Questi tre ruoli di Dio vanno assieme:
Creatore, Legislatore, e Giudice.
Barriere insormontabili. Ora guardiamo un attimo indietro. Fin ora ho
cercato di fare due cose. In primo luogo ho descritto brevemente Dio.
Dopo tutto non ha alcun senso parlare di Dio che viene in mezzo a noi se non
abbiamo idea alcuna di chi sia Dio. Ho voluto però fare anche un'altra cosa. Ho
cercato di mettere le basi per rispondere alla difficoltà alla quale
prima avevamo parlato. Sto pensando alla difficoltà che dice: "Non riesco
ad immaginare una ragione sufficientemente valida per cui Dio sia diventato
uomo". Questo è la matassa che dobbiamo dipanare.
La risposta è legata a ciò che abbiamo
scoperto su Dio. In primo luogo, Egli è il nostro Creatore. Egli ci ha creati
affinché noi Lo conoscessimo, per avere comunione con Lui. Ora il punto sta
proprio qui: Se fosse sopravvenuta una qualche barriera insuperabile che ci
impedisse di conoscere Dio, allora avremmo una ragione abbastanza grande per
spingere Dio a diventare uomo.
Ancora, Dio è il nostro Legislatore. E
qui c'è un'ulteriore considerazione. Se fosse sopravvenuta una qualche
barriera insuperabile che ci impedisse di ubbidire a Dio, allora avremmo una
ragione abbastanza grande per spingere Dio a diventare uomo.
Ancora, Dio sarà il nostro Giudice. Se
fosse sopravvenuta una qualche barriera insuperabile a che noi passassimo
indenni questo giudizio, allora avremmo una ragione abbastanza grande per
spingere Dio a diventare uomo.
È proprio questo che è successo. Ciascuna
di queste cose è vera. Queste "barriere insuperabili" esistono. Noi
non possiamo fare letteralmente nulla per scavalcarle. Esse non avrebbero mai
potuto essere abbattute se Dio non fosse venuto fra di noi come uomo, ed è
precisamente questo ciò che Egli ha fatto. In Gesù Cristo noi abbiamo Uno che è
Dio fattosi uomo.
Conclusione
Affaticati ed oppressi, dunque, da una
vita priva di un significato ultimo, incontriamo Dio che, venendo a noi nella
Persona del Salvatore Gesù ci dice con incommensurabile amore: "Venite
a me, voi tutti che siete affaticati e oppressi, e io vi darò riposo".
Io e voi abbiamo bisogno di Lui perché ci sono tre barriere che si frappongono
alla realizzazione ultima della nostra umanità che solo Lui può abbattere. È la
barriera che ci impedisce l'autentica conoscenza di Dio, l'ubbidienza alla Sua
legge buona e giusta, e quella del giudizio di condanna che grava su di noi.
Vedremo meglio la prossima volta quanto pesanti per noi siano questi
impedimenti. Faremmo bene a ascoltare il Suo invito amorevole che ci dice: "Venite
a me…".
(Tutte le citazioni bibliche, salvo
diversamente indicato, sono tratte dalla versione Nuova Diodati, edizioni La
Buona Novella, Brindisi, 1991. Ó Paolo Castellina, venerdì 30 aprile 1999.
Riflessione tratta dal primo capitolo del libro: "Come to me! An Urgent
Invitation to turn to Christ", di Tom Wells, Edimburgh: The Banner of
Truth Trust, 1986).
Letture supplementari
1. Inizio culto: 1 Timoteo 2:3-7 Il senso
ultimo della predicazione cristiana.
2. Prima lettura: Salmo 34, cantico di lode
all'Eterno per la liberazione ottenuta.
Seconda
lettura: 2 Corinzi 5:11-21, il ministero della riconciliazione.
Documenti di "E' sempre ...Tempo di Riforma" - E-Mail paolo@castellina.org