Creati per adorare e servire Iddio!
Lettura: Salmo 95
Introduzione
Non solo nel campo dello spettacolo, ma anche nell'ambito delle chiese cristiane, vi sono personaggi che, per la loro grande eloquenza ed erudizione, si sono fatti "un grosso nome", e che sono in grado di riempire un vasto uditorio al solo annunciare la loro presenza. Un giorno una comunità cristiana, in assenza del loro pastore, aveva invitato a predicare il fratello di un famoso predicatore. La cosa era stata annunciata pubblicamente e molti erano venuti quel giorno in Chiesa solo per udire il famoso oratore. Vi potete immaginare il loro disappunto quando in Chiesa si erano resi conto di essersi sbagliati e che si trattava "solo" di suo fratello. Diversi erano addirittura usciti delusi dalla sala senza neanche prendersi la briga di rimanere per il culto. Il predicatore, però, non si era scomposto e, di fronte al mormorio generale, aveva detto: "Tutti coloro che questa mattina sono venuti per rendere il culto al famoso predicatore, possono pure uscire. Gli altri rimarranno e renderanno culto a Dio". Perché noi veniamo al culto? A quante motivazioni spurie assistiamo! Alcuni, come gli ateniesi di cui parla il libro degli Atti, vengono per udire il predicatore dire "qualcosa", fare "un bel discorso", per essere intrattenuti... Alcuni vengono e giudicano la qualità della musica, quanto la predica sia "bella", "positiva", "scorrevole", "lunga", "rilevante", oppure quanto una comunità sia loro amichevole Escono dal culto solo con delle critiche, ma lo scopo ultimo del culto è stato dimenticato.
Oggi vorrei che concentrassimo la nostra attenzione su ciò che le Sacre Scritture dicono, anzi, comandano, a proposito del culto. La cosa è più importante di quanto qualcuno potrebbe supporre perché Dio ci ha posti sulla terra proprio per lodarlo e per rendergli culto. È quindi fondamentale che noi rispondiamo a tre domande: (1) Che cos'è il culto? (2) In che modo Dio regolamenta il nostro culto? (3) Che cosa caratterizza il vero culto riformato (biblico)?
1. Che cos'è il culto?
Fedele al suo retaggio riformato e, quindi, fedele alle Scritture, il credente riformato si pone sempre la domanda: "Qual è il culto che il Signore mi richiede?". Si fa questa domanda proprio perché è un credente riformato. Con le Scritture aperte di fronte a sé, con un occhio alle confessioni di fede riformate, e un dito sul libro di storia della Chiesa di Gesù Cristo, l'uomo o la donna riformata, si fa la domanda: "Come posso io rendere a Dio il culto che Gli è dovuto?". Non si chiede "se" debba rendere culto a Dio, perché che lo debba fare non ha alcun dubbio: sa che questa è la sua precisa responsabilità, ma si chiede "come".
Quando ci poniamo questa questione, noi presupponiamo che Dio comandi al Suo popolo di rendergli culto.
Dio chiama il Suo popolo a rendergli culto individualmente. "La sera, la mattina e a mezzogiorno io pregherò e griderò, ed egli udrà la mia voce" (Sl. 55:17 TL). Il popolo di Dio non aspetta la domenica per rendere culto a Dio. Il culto di Dio deve avvenire in famiglia, dove padre e madre conducono i loro figli nel vero culto di Dio nel loro soggiorno o intorno alla tavola da pranzo, leggendo e spiegando la Bibbia, conducendoli a cantare Salmi di lode e pregando per la famiglia e per la Chiesa.
Tutto però trova il suo punto culminante quando le famiglie si raccolgono insieme per il culto pubblico come comunità. Questo è ciò di cui ci vogliamo occupare oggi. Il culto che Dio richiede dal Suo popolo è che essi si raccolgano collettivamente come un solo corpo, ed uniti rendano omaggio al loro Signore e Redentore. L'Antico Testamento abbonda di esempi al riguardo. Nel Salmo 122 il credente canta: "Mi sono rallegrato quando mi dissero: Andiamo alla casa dell'Eterno" (Sl. 122:1). Questo invito al culto echeggia nel Salmo 95: "Venite, adoriamo e inchiniamoci; inginocchiamoci davanti all'Eterno che ci ha fatti" (Sl. 95:6).
La Chiesa del Nuovo Testamento continua questa "tradizione" di culto comunitario. Seguendo ciò che faceva lo stesso Signore Gesù, che si recava ogni sabato in sinagoga (Lu. 4:16), la Chiesa cristiana delle origini si incontrava regolarmente per il culto pubblico, com'è evidente dall'intero libro di Atti. Questo era per loro così importante che lo Scrittore di Ebrei esorta la Chiesa a "non disertare le nostre riunioni come alcuni hanno l'abitudine di fare" (Eb. 10:25 CEI).
Il culto pubblico della Chiesa è di importanza vitale perché è segno della nostra ubbidienza alla volontà di Dio che ci ha salvati. L'apostolo Giovanni, ultimo profeta di Dio, scrive in Apocalisse: "Poi vidi volare alto nel cielo un altro angelo che portava la lieta notizia, valida per ogni tempo, da annunziare a ogni nazione e razza e lingua e popolo. Diceva a gran voce: "Date a Dio il rispetto e l'ubbidienza, lodatelo, perché è venuto il momento in cui egli giudicherà il mondo. Inginocchiatevi davanti a colui che ha fatto il cielo, la terra, il mare e le sorgenti"" (Ap. 14:6,7 TILC). Si, il messaggio dell'Evangelo è: "Date a Dio il culto che Gli è dovuto".
Per noi è un argomento importante perché la questione del culto è uno degli argomenti determinanti per la Riforma. I padri della Riforma protestante non erano solo interessati a combattere le aberrazioni dottrinali della Chiesa cattolica-romana, ma scrivono ed insegnano molto per promuovere la pratica di quel culto che Dio prescrive.
a. Comunione con Dio. Per sua stessa natura, il culto è prima di tutto: comunione con Dio. Questo è evidente dalla forma di culto nell'Antico Testamento. Gli israeliti rendevano collettivamente culto a Dio nella "tenda dell'incontro" o nel tempio. Si teneva il culto in quei luoghi perché Dio vi era presente. Il popolo di Dio si recava in quella speciale tenda per esprimere così la propria comunione con Dio, comunione stabilita dal patto che li legava a Lui, attraverso l'offerta di agnelli, capre, colombe, ed incenso.
Nel Nuovo Testamento la comunione con Dio è resa possibile attraverso l'offerta, il sacrificio dello stesso Gesù Cristo, il vero Agnello di Dio. Ora ci incontriamo con Dio in quella felice comunione che il patto ci permette, perché Cristo dimora fra di noi con il Suo Spirito di Pentecoste. Ora però non abbiamo più bisogno di alcun particolare luogo di culto. Sebbene sia bello e utile avere un locale di culto apposito, noi possiamo rendere culto a Dio in una palestra, in una sala pubblica, in un solaio o in una catacomba, come disse Gesù: "Poiché dovunque due o tre sono riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro" (Mt. 18:20). Ecco cos'è il culto: DIO NEL NOSTRO MEZZO ATTRAVERSO CRISTO!
b. Dare gloria a Dio. Lo SCOPO del nostro culto pubblico è dare gloria al nome di Dio. Questo concetto è contenuto in due parole del Nuovo Testamento usate per "culto". La prima parola significa "baciare la mano di ", o "inchinarsi verso qualcuno". Con questa parola si intende che il culto sia un'umile adorazione. La seconda parola significa "rendere onore" o "rendere omaggio". Entrambe queste parole portano con sé l'idea di dare qualcosa a Dio. Il culto è l'atto di chi esprime il grande apprezzamento che coltiva per la grandezza e il sommo valore di Dio. Dice bene un Salmo: "Poiché l'Eterno è un DIO grande e un gran Re su tutti gli dèi" (Sl.95:3).
Questo mette in evidenza la verità che il culto è per Dio. Nella nostra società umanistica, c'è la forte tendenza a mettere l'uomo, l'essere umano, al centro del culto. Oggi si odono voci insistenti che dicono che il culto debba venire incontro ai nostri bisogni, che debba essere uno strumento per soddisfare l'essere umano. Deve, dicono, nobilitare la sua vita e dargli alti ideali. Deve confortarlo nell'afflizione e dargli la certezza della vittoria nella lotta contro il peccato. Certo, tutto questo in qualche modo ne è incluso, ma non sono queste cose da sole che danno significato al culto. Noi siamo al culto come quella compagnia di credenti che lodano Dio, il quale è la fonte traboccante di ogni bene. Il culto deve avere al centro solo Dio.
Quando qualcuno si lamenta del culto, di solito dice: "Il culto non mi dice niente non mi dà niente ". Quello che lui personalmente ne ricava sta al centro di ciò che pensa del culto. Quand'è che avete sentito qualcuno lamentarsi e dire: "Il culto oggi non ha portato gloria alcuna a Dio Dio non ce n'ha ricavato nulla"? C'è il pericolo molto concreto, infatti, che ci dimentichiamo che "andare in Chiesa" significa rendere culto a Dio, piegare le ginocchia di fronte a Dio, baciare la mano di Dio. Riflettiamo questo "vuoto di memoria" quando diciamo "Oggi non mi sento di andare in Chiesa". Ci rendiamo conto di ciò che stiamo dicendo? Saremmo meno inclini a parlare così se lo considerassimo come rendere culto a Dio. È come se dicessimo: "Oggi non mi sento di onorare Dio, di rendere omaggio a Dio, fonte della vita e di ogni bene". Avremmo il coraggio di dire questo?
Iniziamo il nostro culto in nome di Dio e lo terminiamo con espressioni di lode verso di Lui. Iddio dice: "Sono il Signore, questo è il mio nome. Non cederò ad altri la mia gloria, né agli idoli l'onore che mi è dovuto" (Is. 42:8 TILC). Questa è lo spirito autentico della Riforma.
Dobbiamo avere il senso di adorazione della maestà e della potenza di Dio. Se la creatura umana esiste per la gloria di Dio piuttosto che Dio esista per la felicità dell'uomo, il culto assume tutta una nuova prospettiva. Il fatto di ricevere soddisfazione personale e piacere dal culto è questione del tutto secondaria, perché il culto è subordinato ad un fine maggiore, la gloria del nostro Dio.
È proprio per questa ragione che da sempre al centro del culto è stato il canto dei Salmi: essi infatti sono canti e preghiere che glorificano Dio ed hanno Dio al centro. Spesso i nostri inni hanno per centro l'uomo, e non mi sembra casuale che gran parte delle Chiese riformate abbia abbandonato e spesso del tutto dimenticato, la necessità, e direi pure la prescrizione del canto dei Salmi nel culto.
c. Edificare la Chiesa. Glorificando Dio, il culto edificherà pure la Sua Chiesa. Questo è il secondo scopo del culto. Edificare significa "costruire". La Chiesa si costruisce in due modi: (1) in primo luogo le "pietre viventi" di cui è fatta, devono crescere. Ecco perché è importante che il beneficio del culto sia portare i fedeli "in pascoli di tenera erba" e "lungo acque riposanti", che per noi venga spezzato il pane della vita. Ecco perché il Salmista poteva dire: "Sì, un giorno nei tuoi cortili vale più che mille altrove; io preferisco stare sulla soglia della casa del mio DIO, che abitare nelle tende degli empi" (Sl. 84:10). Perché? "Perché l'Eterno DIO è sole e scudo; l'Eterno darà grazia e gloria; egli non rifiuterà alcun bene a quelli che camminano rettamente" (Sl. 84:11). (2) In secondo luogo, costruire la Chiesa significa aggiungervi nuove pietre: gli eletti che Dio ha scelto dall'eternità. Questi eletti vengono raccolti dai figli dei credenti e dai non credenti che vengono condotti in Chiesa attraverso l'opera missionaria della Chiesa.
d. La comunione dei credenti. Il quarto scopo del culto è quello di portare i credenti in comunione fra di loro. I Salmi sono chiari a questo scopo. Il corpo dei credenti canta: "Io mi sono rallegrato quando mi dissero: "Andiamo alla casa dell'Eterno". I nostri piedi si sono fermati entro le tue porte, o Gerusalemme. Gerusalemme è costruita come una città ben compatta, dove salgono le tribù, le tribù dell'Eterno, per celebrare il nome dell'Eterno" (Sl. 122:1-4). Questa comunione è sia necessaria che possibile, a causa della natura stessa della Chiesa. La Chiesa è il corpo di Cristo, dove ciascun credente vive la sua vita come necessario membro di quel corpo. I credenti hanno bisogno l'uno dell'altro, i membri del corpo di Cristo non possono vivere smembrati! Ecco perché l'apostolo ci esorta a non disertare le riunioni della Chiesa (Eb. 10:25). Nella comunione del culto i credenti pregano insieme per la loro vita come corpo, offrono al loro Re un omaggio comune, appoggiano la causa del regno di Dio nel mondo, ascoltano collettivamente alla Parola di Dio annunciata. La loro comunione durante il culto e dopo il culto, cementa il legame d'amore che li unisce, serve ad incoraggiare ciascuno nella sua vocazione, e rinsalda la testimonianza che essi rendono nell'ambiente in cui vivono.
2. In che modo Dio regolamenta il nostro culto?
Ci possiamo poi fare la domanda: "Dato che l'edificazione della Chiesa e la vera comunione dei credenti può risultare solo quando celebriamo il culto alla gloria di Dio, come possiamo condurre il culto in modo che glorifichi Dio?". La risposta è, in primo luogo, quando celebriamo il culto nei termini che Dio ha prescritto.
a. Un principio di base. La fede riformata insegna che il nostro culto debba essere esattamente come Dio lo comanda, niente di più e niente di meno. Dio, infatti, non lascia al nostro arbitrio o considerazioni il modo in cui debba svolgersi il culto. È la Parola di Dio a regolare come debba svolgersi il culto che a Dio è dovuto.
I seguaci di Lutero, riformando la stravaganza del culto cattolico-romano, sostenevano che tutto ciò che non fosse esplicitamente proibito nella Bibbia, fosse ammissibile nella Chiesa. Per questa ragione i Luterani hanno conservato molto delle pratiche cattoliche-romane nel loro culto. In modo più o meno consapevole, questa è la posizione oggi della maggior parte delle chiese. Questo però non è un concetto riformato! C'è un chiaro principio biblico che recita così: "Noi rendiamo culto a Dio solo nel modo in cui Egli ce lo ha comandato nella Sua Parola". È il Principio regolatore del culto. È per questo che il culto riformato autentico non ammette la presenza di qualsiasi altra cosa che non sia preghiera, canto, sacramenti, predicazione, ed offerte.
Oggi si vorrebbe tanto "cambiare" il culto. Lo si vorrebbe "aggiornare", cercando in buona fede di attirarvi in giovani con "nuove forme" ed abbandonandone "il modo tradizionale". Ci si domanda: "Che cos'è che farebbe più piacere alla gente?", oppure: "Che cosa potrebbe essere più bello e stimolante?". Ci si fa però raramente la domanda: "Che cosa dice la Parola di Dio a questo riguardo?".
Si presume che fintanto che non si faccia qualcosa che la Bibbia condanni e fintanto che si abbiano le giuste motivazioni, fintanto che si adora il vero Dio, non ci sia limite a quello che si possa fare. Si dimentica però che Dio non ci dà alcuna autorizzazione a decidere noi come Gli si debba rendere culto! Il culto deve essere REGOLATO DALLA PAROLA DI DIO.
b) Il secondo comandamento. Il fondamento di questo principio è il secondo Comandamento del Decalogo. I primi due comandamenti (di fatto i primi quattro) parlano del culto. Il primo comandamento stabilisce il principio che la Chiesa non debba rendere culto ad altri che non sia il DIO vero e vivente. Il secondo comandamento parla pure del culto, ma mette in evidenza COME si debba rendere culto a Dio. Esso stabilisce il principio che dobbiamo rendere culto a Dio NEL MODO che la Sua Parola ci prescrive.
Il secondo comandamento, infatti dice che non ci è permesso nel culto avvalerci di immagini. Quando gli Israeliti nel deserto si erano inchinati di fronte ad un vitello d'oro, essi non stavano violando il primo comandamento (rendere culto ad altri dei), ma cercavano di adorare Dio in modi diversi da quelli che Egli aveva prescritto. L'implicazione positiva del secondo Comandamento è che Dio - e Dio solo - è quello che deve determinare COME noi si debba rendergli culto. Il catechismo di Heidelberg, alla domanda: "Qual è la volontà di Dio nel secondo comandamento?", risponde: "Che noi non raffiguriamo Dio in alcun modo e che non gli rendiamo altro culto se non quello che egli ha comandato nella sua Parola" (D. 96). Questo è il principio regolatore del culto.
La Confessione di Fede di Westminster, canoni della fede riformata presbiteriana, prende la stessa posizione al cap. 21 "Il modo accettabile di rendere culto al vero Dio è stato stabilito da lui stesso e così confinato alla sua stessa volontà rivelata che non gli si può rendere culto secondo le immaginazioni e i desideri degli uomini o secondo le suggestioni di Satana, sotto qualsiasi rappresentazione visibile o in qualunque altro modo non prescritto nella Sacra Scrittura" (21:1).
I riformatori avevano pure preso questa posizione. Calvino dice, commentando i dieci comandamenti: "Noi dovremmo sapere che il culto principale che Dio ci richiede consiste nell'ubbidienza". Bucero dice: "È solo il culto che Dio ci chiede che veramente lo serve". I riformatori non credevano che il culto dovesse essere espressione della creatività umana, come se suo scopo fosse quello di intrattenere Dio o peggio i fedeli con elaborate liturgie, processioni o recite teatrali. Dio ci prescrive che Gli si renda culto con la proclamazione della Sua Parola, la celebrazione della Santa Cena, il ministero della preghiera, e l'offerta.
c. Non basta "essere sinceri" per rendere a Dio un culto accettevole. Non importa quanto pure siano le nostre motivazioni o quanto sinceri si possa essere nei nostri tentativi, se manchiamo di rendere culto a Dio secondo la Sua rivelazione, Egli non ci benedirà.
La Bibbia mostra molti esempi storici di culto non accettabile. Caino ed Abele avevano offerto a Dio sicuramente dei sacrifici sinceri. Il culto di Caino, però, non era stato accolto da Dio, perché non era stato offerto nel modo in cui Dio aveva prescritto. Il re Saul, impaziente per il ritardo del profeta Samuele e preoccupato per l'esito della battaglia contro i Filistei, aveva offerto lui stesso a Dio un sacrificio. Le cose però gli erano andate male e lui stesso sarebbe stato respinto da Dio come re di Israele. Perché? In parte perché si era arrogato delle funzioni culturali che appartenevano solo ai sacerdoti, aveva offerto a Dio un culto in modi che Dio non aveva prescritto. E se Dio dice che anche il modo è importante, ci sarà un buon motivo che a noi non è concesso mettere in questione. La Scrittura presenta numerosi esempi di persone che rendono a Dio il loro culto, un culto che Dio respinge e non benedice, perché non è stato svolto nel modo prescritto.
Le "buone intenzioni" sono importanti, ma non sono l'unico criterio di un culto a Dio accettabile. È importante fare le cose nel modo che Dio prescrive. Non nascondiamo il nostro arbitrio sotto la maschera delle "buone intenzioni"!
d. Innovazioni. Quante questioni solleviamo per non conformarci a questo principio biblico e riformato! Quanti pretesti e giustificazioni! Perché non introdurre nel culto quadri, candele, paramenti sacri, cinema, teatro, spettacoli musicali, balletto, clown, rappresentazioni simboliche e partecipative e chi più ne ha più ne metta? Che male c'è? Perché Dio nella sua sapienza ha stabilito diversamente. Non è arroganza pretendere di saperla più lunga di Lui? Non bisogna chiederci: "Che male c'è?", ma: "Forse che la Parola di Dio lo comanda come elemento del culto nella Chiesa?".
3. Caratteristiche del vero culto riformato
Un culto che sia regolato dalla Parola di Dio comprende non solo quegli elementi che la Parola di Dio indica, ma pure certe caratteristiche di base.
a) In spirito. È il Signore Gesù stesso che dice che un vero culto deve essere dapprima "in spirito e verità" (Gv. 4:24). Un culto "in spirito" significa che noi adoriamo Dio in e con uno spirito che sia stato liberato dallo Spirito di Cristo. È essenziale la nostra disposizione interiore al culto. Dobbiamo recarci al culto aspettandoci consapevolmente di entrare alla presenza di Dio, di godere della Sua comunione e rendergli culto con tutto il nostro cuore, mente, volontà ed emozioni.
Il pericolo è quello di rendere il nostro culto esteriore e formale. Trascinarci in Chiesa solo perché è la cosa da fare, magari dormendo per tutto il culto. Oppure veniamo svegli, ma lasciamo che la nostra menti vaghi chissà dove, tanto da non dare a Dio un vero culto: siamo qui solo esteriormente. Allora il culto diventa per Dio solo un cattivo odore, qualcosa che è di profondo disgusto, come talora affermavano i profeti per il culto dell'antico Israele (cfr. Is. 1:10-17; Sl. 51:15-17).
La cura del vuoto formalismo di tanti culti è un culto in spirito, dove con tutto noi stessi cerchiamo davvero la presenza di Dio! Non si tratta solo di cambiare forme. Partecipazione, musica moderna, scenette, danza, ecc. non "migliorano" il culto se non c'è una profonda disposizione del cuore dei partecipanti. Ho visto gente che faceva discorsi profani ed irrispettosi durante un culto "alternativo" che avrebbe dovuto interessarli! La cura del formalismo è adorare Dio in spirito: venire preparati per stare alla presenza di Dio, venire con gioia nel cuore all'appello della preghiera, venire con il forte desiderio di udire la Parola predicata e di incontrare gli altri credenti. Venire come partecipanti, non come spettatori!
b) Un culto, però deve anche essere in verità. Un culto "in verità" deve sempre essere coerente con la verità della Parola di Dio. Il nostro culto non deve solo essere governato dalla Parola, ma anche avere la Parola di Dio come suo contenuto. La verità che Dio è Dio, sovrano nei cieli e sulla terra; la verità che l'uomo è l'uomo, incapace di salvarsi da solo, degno della morte eterna; la verità che nel Suo amore, Dio ha mandato Suo figlio nel mondo per morire per coloro che Dio ha eletto fin dalla fondazione del mondo; la verità che attraverso lo Spirito Santo, Cristo viene applicato ai credenti; la verità che Cristo tornerà per giudicare i vivi ed i morti e stabilire un regno eterno in gloria. Quella è la verità. In breve: l'intero consiglio di Dio.
Oggi si moltiplicano i "culti alternativi" con ogni sorta di innovazione. Relativamente parlando, questo sarebbe ancora nulla se non si udissero con quella veste eresie e menzogne di ogni tipo! Si adora un Dio che perdona tutto e tutti, un Dio che accetta qualsiasi violazione della legge perché Egli sarebbe "amore", un Dio che non parla più né di peccato, né di inferno, né di ravvedimento. Un Dio che "premia" qualsiasi religione, un Dio anzi, nessun Dio, perché si ode solo l'esaltazione dell'uomo, per il beneficio presunto dell'uomo e per compiacere l'uomo!
Magari si vuole un culto "senza predica", o una predica "che sia la più breve possibile". In certe chiese si è persino eliminato fisicamente il pulpito! Che cosa diventi tutto questo non si sa, ma certamente quella non è più una Chiesa riformata, perché al centro dell'autentico culto riformato c'è solo la predicazione della pura Parola di Dio. I periodi della storia della Chiesa dove la predicazione è andata in crisi o è stata eliminata, sono stati sempre periodi di forte decadenza e corruzione. Se la predicazione manca di portare la verità, non vi può essere un vero culto spirituale. Se il predicatore non è preparato, non dice altro che menzogne, o non ha altro che latte scremato nel suo "bricco", non vi può essere alcun vero culto spirituale.
c) Partecipazione. Il culto riformato è caratterizzato dalla partecipazione comunitaria. Ogni atto di culto è un atto al quale il credente partecipa. La comunità al culto non è un gruppo di spettatori che si riunisce per guardare un prete professionale o un teologo che fa le proprie cose. Non sono spettatori, ma una comunità cultuale. Questa è la grande liberazione che Dio ha dato al Suo popolo alla Riforma. Il culto non deve essere uno spettacolo: tutti devono cantare, tutti devono pregare, tutti devono rielaborare la Parola di Dio che odono. Il Nuovo Testamento parla del popolo di Dio come di un popolo intero di sacerdoti e di gente corresponsabilizzata nell'attività cultuale. Avere dei cori o dei musicisti speciali al culto in realtà sminuisce la realtà del sacerdozio universale dei credenti e fa ritornare la Chiesa riformata ai tempi bui del Medioevo!
d) Rispetto. Andare al culto significa venire alla presenza di Dio, inchinarsi di fronte a Lui, il Re della Creazione, il Sovrano dell'universo. Un Salmo dice: "DIO è grandemente temuto nell'assemblea dei santi, e profondamente rispettato da tutti quelli che lo circondano" (Sl. 89:7). Se gli angeli, senza peccato, si coprono la faccia alla presenza di Dio ed esclamano: "Santo, santo, santo!" come possono i credenti, che rimangono peccatori per tutta la loro vita, venire alla presenza di Dio senza rispetto e di timore? Siamo coscienti davvero di chi sia Dio? Il credente riformato non viene al culto "come capita", ma nel migliore degli atteggiamenti. Non può esistere un culto "informale" se questo significa meno che rispettoso.
e) Attivo, gioioso, e riconoscente. Vi sono alcuni, infine, che ritengono che la gente al culto debba avere la "faccia lunga" ed austera. Tutti vestiti di nero, nessuno che osi anche solo sorridere, come se si fosse ad un funerale! Se il culto riformato fosse colpevole di questo, questo non dipenderebbe dalla fede o dal culto, ma dagli equivoci coltivati dal predicatore e dalla gente. Un culto in spirito e verità deve essere gioioso! Come potrebbe essere altrimenti? Qui vi viene predicato l'Evangelo! Certo, l'autentico spirito riformato prende molto seriamente il peccato, ma per confessarlo ed esserne liberati, scoprendo la gioia del perdono e della purificazione attraverso il sangue di Cristo! Se comprendiamo l'opera di Dio in Cristo, che è potente ed efficace per sempre, allora saremmo davvero le persone più felici del mondo!
Conclusione
Il culto riformato a volte viene accusato di essere qualcosa di morto, arido e pieno di formalità prive di colore. Allora la gente, quando non se ne priva del tutto, cerca in ogni dove qualcosa per renderlo più "interessante". Salgono l'alta scala delle liturgie solenni, fino in solaio, e domandano: "C'è qui forse un culto interessante?". Poi vi sono le testimonianze commoventi, coristi e musicisti famosi, o qualche novità ogni settimana, perché le novità eccitano... Non è però lassù. Altri scendono fino in cantina: provano sketch, la danza, e persino i gruppi rock. Oppure lo fanno all'aperto, usano spettacoli di marionette oppure il cinema. Per quanto abbiano motivazioni degne di lode, il culto non si trova neppure laggiù. La soluzione? Essa è "è presso di te, nella tua bocca e nel tuo cuore" (Ro. 10:8).
Che cos'è che impressiona in un culto? Deve essere un potente sermone che espone le verità della grazia sovrana di Dio verso peccatori impotenti, un'intera comunità canta di tutto cuore canti che glorificano Dio sospinti dallo Spirito nella predicazione della grazia dell'Evangelo, quando i bambini, gomito a gomito con i loro genitori, cantano insieme a loro perché a casa o a scuola sono stati loro insegnati i Salmi. Quando l'offerta che viene raccolta alla fine del culto è generosa perché ispirata da amore e riconoscenza.
Non versiamo dunque nel culto stimolanti artificiali. È necessario avere vigorose predicazioni pregnanti della pura Parola di Dio per portare alla comunità un solido messaggio riformato. È necessario avere fedeli che arrivano al culto preparati, che invocano con riverenza Iddio per la loro salvezza, desiderosi di fare ciò che il culto dovrebbe essere: dichiarare l'infinito valore del Dio vero e vivente. Allora ne saremo impressionati. Allora lo Spirito si muoverà e Cristo verrà glorificato!
(Paolo Castellina, sabato 6 marzo 1999. Tutte le citazioni bibliche, salvo diversamente indicato, sono tratte dalla versione Nuova Diodati, ediz. La Buona Novella, Brindisi, 1991).
Letture supplementari
1. Introduzione: In nome di Dio, Padre, Figlio e Spirito Santo, rendiamogli il culto che Gli è dovuto in spirito e verità, disponendo il nostro cuore, la nostra mente, il nostro tutto, ad incontrarlo. Ascoltiamo le espressioni di lode e di adorazione che le creature fedeli di Dio gli rivolgono, come sono state udite da Giovanni, in Apocalisse 4:1-11.
2. Prima lettura: 1 Cronache 29:11-19 - Preghiera dove Davide rende a Dio il culto che Gli è dovuto, ringraziandolo e lodandolo per le benedizioni ricevute ed in vista dell'edificazione del Tempio di Gerusalemme.
3. Seconda lettura: Filippesi 2:1-18 - L'apostolo Paolo esprime quando sia dovuto a Dio, Padre, Figlio e Spirito Santo, ogni onore, gloria, ubbidienza e sacrificio.
Documenti di "E' sempre ...Tempo di Riforma" - E-Mail paolo@castellina.org