Tutti omogeneizzati e pastorizzati? (1)


Quando il mondo vuole che noi facciamo compromessi


Introduzione

L’illustrazione di apertura della predicazione di oggi l’ho trovata …in frigorifero. Fra le altre cose poste nel nostro frigorifero c’è un cartone di latte da un litro. Su un lato del cartone c’è scritto che si tratta di latte pastorizzato ed omogeneizzato. Sapete che cosa significano queste parole? Significa che c’è una differenza fra questo tipo di latte e quello "naturale", appena munto, che alcuni hanno il privilegio ancora di bere. La pastorizzazione ha a che fare con lo scaldare il latte fino ad una certa temperatura e tenercelo fintanto che i batteri pericolosi al suo interno non siano uccisi. Un tempo vi erano persone che morivano solo per aver bevuto un bicchiere di latte! L’omogeneizzazione, invece, è il procedimento per cui si mescola il latte fintanto che arriva ad una consistenza uniforme. Potete riconoscere il latte non omogeneizzato perché la panna si separa da esso stando in alto. Il burro si produce da questa.

La pastorizzazione e l’omogeneizzazione sono procedimenti utili per il latte, …il mondo vorrebbe, però, fare lo stesso con i cristiani. Il mondo vorrebbe scuoterci e mescolarci con gli altri tanto da non esservi più differenza fra noi e loro, e ci è riuscito molto bene, tanto che molti, che pure si definiscono cristiani, temono di differenziarsi, come dovrebbero, dal resto della società. Il mondo vorrebbe che non ci fosse più alcuna "crema" a venire alla superficie, che questa non fosse più una sostanza separata.

Quando si vuole essere seriamente cristiani ci si rende ben presto conto che spesso ciò che il mondo vorrebbe da noi non è quello che Dio vorrebbe. Iddio non vuole che "la crema" sia così mescolata con il resto del latte, o assente del tutto, tanto da non vedersi più la differenza. Iddio vuole che noi resistiamo al processo di "omogeneizzazione" con il mondo. …eppure, rimanendo con questa analogia, Iddio non ci ha chiamati neppure a "il cartone del latte". Per i cristiani, infatti, vale l’espressione: "Non siamo del mondo, ma siamo chiamati a rimanere nel mondo". Non è un compito facile, oggi, ma forse non lo è mai stato.

Come facciamo a conservare una fede dinamica che non accetti compromessi in un mondo ingannevole che ci vorrebbe "omogeneizzare"? Il mondo scuote la nostra fede, la mette in crisi, ci rende difficile la sua pratica. Questo è inevitabile, ma quando il mondo "ci scuote" Dio desidera che "la crema" venga alla superficie, e non sia tanto ridotta o dispersa tanto da non essere più riconosciuta.

Daniele

Il libro biblico di Daniele contiene molti insegnamenti su questo aspetto dell’essere cristiani. Daniele apparteneva al popolo di Dio, aveva un forte senso della sua identità e precisa vocazione. Daniele viveva però in un mondo ostile e pagano, Babilonia. In quel mondo che lo avrebbe voluto assorbire, "pastorizzare" ed "omogeneizzare", Daniele riesce a conservare una fede forte e dinamica, senza però isolarsi, ma vivendo nel cuore stesso di quell’impero, la corte, ed arrivando pure ad una posizione di onore e di rilievo, senza mai compromettere la sua fede. Nessun altro come Daniele era riuscito a resistere vittoriosamente alla omogeneizzazione!

Com’è possibile resistere alla "omogeneizzazione"? I primi sei capitoli del libro di Daniele possono bene rispondere a questa domanda, e ciascuno di essi merita una riflessione a parte. A Dio piacendo, cercherò di impostare su di essi una serie di predicazioni. Il primo capitolo potrebbe essere intitolato: "Quando il mondo vuole che noi facciamo dei compromessi".

Il compromesso

Fare dei compromessi… è il mezzo più comune e diretto che il mondo usa per omogeneizzare i cristiani. Che cos’è un compromesso? Guardiamo che cosa dice un semplice vocabolario. Fra i suoi diversi significati, il dizionario Gabrieli dice: Compromesso: "Allontanamento dai principi morali perseguiti o dall’ideologia politica professata, che si rivela nel comportamento pratico per il raggiungimento di un determinato fine". In una parola: se questo mi conviene, accetterò di non essere coerente con ciò in cui credo. Si, se riescono a farti abbandonare aspetti chiave della tua fede compromettendo ciò in cui credi, l’omogeneizzazione sarà semplice e completa. Notate come questo avviene nella storia di Daniele, capitolo 1.

Il capitolo inizia con la sconfitta militare di ciò che era rimasto di quella che un tempo era una nazione potente, Israele, e la deportazione di certi giovani che erano sopravvissuti all’assedio di Gerusalemme.

"Nel terzo anno del regno di Jehoiakim, re di Giuda, Nebukadnetsar, re di Babilonia, venne contro Gerusalemme e la cinse d'assedio. Il Signore diede nelle sue mani Jehoiakim, re di Giuda, assieme a una parte degli utensili della casa di DIO, che egli fece trasportare nel paese di Scinar, nella casa del suo dio e depose gli arredi nella casa del tesoro del suo dio. Il re disse quindi ad Ashpenaz, capo dei suoi eunuchi, di condurgli alcuni dei figli d'Israele, sia di stirpe reale che di famiglie nobili, giovani in cui non ci fosse alcun difetto, ma di bell'aspetto, dotati di ogni sapienza, che avessero conoscenza e rapido intendimento" (1-4).

La politica di prendersi i più giovani e i più forti fra i sopravvissuti di una nazione sconfitta era comune a quel tempo. Assicurava un buon flusso di schiavi del re conquistatore, da usarsi al suo servizio, come pure per far si che la nazione sconfitta non risorgesse contro i suoi conquistatori. Prendersi dei i prigionieri giovani poi, avrebbe più facilmente permesso la loro integrazione in un nuovo contesto sociale e culturale. Daniele era fra questi. I versetti seguenti ci descrivono questi piani di risocializzazione. Era un chiaro sforzo di omogeneizzazione.

"…che avessero abilità di servire nel palazzo del re e ai quali si potesse insegnare la letteratura e la lingua dei Caldei. Il re assegnò loro una razione giornaliera dei cibi squisiti del re e del vino che beveva egli stesso; dovevano essere educati per tre anni, al termine dei quali sarebbero passati al servizio del re. Tra costoro c'erano dei figli di Giuda: Daniele, Hananiah, Mishael, e Azaria. Il capo degli eunuchi mise loro altri nomi: a Daniele pose nome Beltshatsar, ad Hananiah Shadrak, a Mishael Meshak e ad Azaria Abed-nego" (5-7).

Oltre ad una nuova casa, questi ragazzi prigionieri dovevano ricevere una nuova educazione, una nuova dieta alimentare, nuovi obiettivi per la loro vita, e nuovi nomi. Tutto questo era apparentemente loro tollerabile, se non fosse per il cibo. Essendo cresciuti in famiglie ebraiche, sotto la legge di Mosè, c’erano certe cose che essi non potevano mangiare. Alcune fra queste "cose impure" comparivano sul menù del re. Per Daniele e i suoi amici, mangiare quel cibo avrebbe significato compromettere la loro fedeltà alla legge di Dio.

"Ma Daniele decise in cuor suo di non contaminarsi con i cibi squisiti del re e con il vino che egli stesso beveva" (8a,b).

Daniele decise così, nello scorrere l’editto del re, che egli non avrebbe permesso di diventare un "pagano pastorizzato ed omogeneizzato" nella questione della fedeltà alla legge di Dio. I versetti seguenti descrivono che cosa egli fece:

"e chiese al capo degli eunuchi di concedergli di non contaminarsi. DIO fece trovare a Daniele grazia e misericordia presso il capo degli eunuchi. Il capo degli eunuchi disse quindi a Daniele: "Io temo il re mio signore, che ha stabilito il vostro cibo e la vostra bevanda. Perché dovrebbe egli vedere le vostre facce più tristi di quelle dei giovani della vostra stessa età? Così mettereste in pericolo la mia testa presso il re". Allora Daniele disse a Meltsar, che il capo degli eunuchi aveva preposto a Daniele, Hananiah, Mishael e Azaria: "Ti prego, metti alla prova i tuoi servi per dieci giorni, e ci siano dati legumi per mangiare e acqua per bere. Poi siano esaminati alla tua presenza il nostro aspetto e l'aspetto dei giovani che mangiano i cibi squisiti del re; farai quindi con i tuoi servi in base a ciò che vedrai". Egli acconsentì a questa loro proposta e li mise alla prova per dieci giorni" (8c-14).

Dio era con Daniele e con i suoi tre amici in questo, come ci dice il prossimo versetto:

"Al termine dei dieci giorni il loro aspetto appariva più bello e avevano una carnagione più piena di tutti i giovani che avevano mangiato i cibi squisiti del re. Così Meltsar tolse via i loro cibi squisiti e il vino che dovevano bere e diede loro legumi" (15,16).

La benedizione di Dio, però, non si fermò qui:

"A tutti questi quattro giovani DIO diede conoscenza e intendimento in tutta la letteratura e sapienza; e Daniele ricevette intendimento di ogni genere di visioni e di sogni. Alla fine del tempo stabilito dal re perché quei giovani gli fossero condotti il capo degli eunuchi li condusse davanti a Nebukadnetsar. Il re parlò con loro ma fra tutti loro non si trovò nessuno come Daniele Hananiah, Mishael e Azaria; perciò essi furono ammessi al servizio del re. E su ogni argomento che richiedeva sapienza e intendimento e intorno ai quali il re li interrogasse, li trovò dieci volte superiori a tutti i maghi e astrologi che erano in tutto il suo regno. Così Daniele continuò fino al primo anno del re Ciro" (19-21).

Babilonia chiedeva dunque a quei giovani, appartenenti al popolo do Dio", di moderare le esigenze della loro religione" per conformarsi all'ambiente: in una parola di fare dei compromessi. Non è diverso da ciò che la nostra società chiede ai cristiani. I compromessi sono sempre sbagliati quando significa sacrificare dei principi. Se, però, apparentemente il compromesso in certi casi può essere ragionevole, il fine ultimo che il mondo vuole ottenere è quello di neutralizzare, rendere inefficace la nostra fede, potenzialmente per esso sovversiva e destabilizzante.

Certo, non ogni compromesso è sbagliato. Vi sono volte in cui il compromesso è accettabile e persino desiderabile. Quando, pero? Quando non sono in gioco i principi fondamentali. Daniele e i suoi amici non avevano fatto obiezione a dover frequentare una scuola babilonese, e nemmeno ai nuovi nomi che dovevano assumere. Magari quei nomi pagani non piacevano loro, preferivano quelli che i loro genitori avevano loro dati. Qui fanno delle concessioni. Mangiare però "i cibi squisiti del re", nel loro caso particolare, era una chiara violazione della legge di Dio. In quelle cose essi non potevano fare concessioni, non potevano transigere.

Quando il mondo ci chiama a fare dei compromessi, allora, possiamo rammentarci di quattro lezioni che possiamo trarre da questo testo:

1. Dobbiamo essere ragionevoli

Dobbiamo conoscere la differenza esistente fra compromesso sbagliato e concessioni permissibili. Sappiamo farlo?

La fede cristiana non è un "affare privato" che permetta di dire "è indifferente e irrilevante quello che ciascuno crede". Per noi cristiani la fede ha precise conseguenze sulla nostra vita. Quello che noi crediamo incide sul nostro comportamento. Il comportamento del cristiano è regolato dalla sovrana volontà di Dio a cui il cristiano intende ubbidire. Quando il mondo esige da noi comportamenti che contraddicono la volontà di Dio, il cristiano è tenuto a "disubbidire" al mondo, qualunque possano esserne le conseguenze. Il cristiano deve essere intransigente quando si tratta della volontà di Dio per la sua vita.

Quali sono i punti fondamentali rispetto ai quali non dobbiamo transigere? Potrebbero essere identificati nei Dieci Comandamenti. (1) Il cristiano non potrà mai accettare di adorare déi diversi dall'unico Dio vero e vivente, o tollerare accanto a Lui altri cosiddetti déi o signori. (2) Il cristiano non potrà mai accettare di adorare Dio in modi diversi da quanto Dio stesso ha stabilito (che siano statue, immagini, o riti). (3) Il cristiano non potrà mai accettare qualunque cosa che leda e danneggi la gloria e l'onore che a Dio è dovuta (nessuna bestemmia). (4) Il cristiano non potrà mai accettare di spostare il giorno che Dio ha stabilito per il culto o di fare in esso ciò che Dio non vi permette. (5) Il cristiano non potrà mai accettare di venire meno ai doveri che ha verso i suoi genitori, superiori, inferiori o pari. (6) Il cristiano non potrà accettare compromessi quando si tratta di proteggere la vita, e si opporrà a qualunque forma di oppressione o soppressione di una vita. (7) Il cristiano non potrà accettare compromessi quando si tratta di ammettere o tollerare il furto, l'espropriazione o il danno di beni altrui. (8) Il cristiano non potrà accettare compromessi quando si tratta dell'abuso della sessualità umana praticando o tollerando ciò che Dio ha proibito. (9) Il cristiano non potrà accettare compromessi quando si tratta di ammettere o praticare palesi menzogne. (10) Il cristiano non potrà accettare compromessi quando si tratta di tollerare o usare la promozione di desideri peccaminosi (vedi certe tecniche pubblicitarie).

Su queste cose il cristiano non deve transigere, qualunque siano le conseguenze. Sul resto si può discutere. La forma può anche cambiare, la sostanza di ciò che Dio gli comanda, mai. Vi sono cose essenziali e cose non essenziali nella pratica della fede cristiana. Possiamo sorvolare su quelle non essenziali, ma non dobbiamo fare compromessi con quelle essenziali. Quando siamo chiamati a fare compromessi dobbiamo conoscere la differenza fra compromessi sbagliati e concessioni possibili. Lo troviamo illustrato qui in Daniele. Questi uomini non avevano fatto obiezione a quello che era stato loro imposto, solo a quella che avrebbe loro fatto violare la legge di Dio.

In secondo luogo, quando il mondo ci chiama a fare dei compromessi, dobbiamo:

2. Essere risoluti

Il versetto 8 del nostro testo diceva: "…ma Daniele decise in cuor suo di non contaminarsi con i cibi squisiti del re e con il vino che egli stesso beveva". Daniele aveva deciso, aveva fatto una solenne determinazione, avrebbe "intessuto una corda che non si sarebbe spezzata", dice la parola originale del testo. Quella era una questione sulla quale non avrebbe fatto alcuna concessione, mai.

Una delle ragioni per cui molti scendono a compromessi, anche quando non lo vorrebbero, è che non giungono mai a una chiara decisione. Hanno paura delle conseguenze, è naturale, ma il dovere di ubbidire a Dio va al primo posto. Privilegiano ciò che eterno a ciò che è temporale. Sono pronti a sacrificare anche la loro vita, pur di non venire meno ai loro doveri verso Dio. Vi sono però alcuni che, pur sapendo che qualcosa è sbagliato, temporeggiano, sperando di non dover scegliere. E' tipico oggi, quando prevale il cosiddetto "pensiero debole", il "relativismo critico". "Non è più il tempo dei martiri", si dice. Chi è fermo nei propri principi viene considerato solo un "fanatico". La nostra generazione però è fatta di gente "senza spina dorsale", molluschi che preferiscono una vita squallida, insipida, di comodo e priva di valori per i quali vivere e morire. Gesù disse: "Chi vorrà salvare la sua vita, la perderà; ma chi avrà perduto la propria vita per amor mio, la salverà" (Lu. 9:24).

Spesso il cristiano d'oggi è più simile non al "milite ignoto" perito per una giusta causa, ma al "milite indeciso", quello che non sapeva bene quale divisa indossare, se quella di una parte o dell’altra parte. Decide così di indossare i pantaloni di un esercito, e la giacca dell’altro, per finire solo ad essere il bersaglio di entrambe le parti. Quando si tratta di questioni di compromesso, dove sono coinvolti i principi della fede, come qui Daniele, dobbiamo essere risoluti. Dobbiamo "decidere in cuor nostro". Se non lo facciamo, saremo presto omogeneizzati. Non saremo diversi dal mondo.

In terzo luogo, quando si tratta di fare dei compromessi in aree necessarie della nostra fede, dobbiamo:

3. Essere rispettosi

Daniele è risoluto a difendere i principi in cui crede, ma non lo fa in modo cieco e sconsiderato, come un "rullo compressore", "senza guardare in faccia nessuno". Difende i propri principi in modo sempre gentile e rispettoso. Potremmo immaginare Daniele fare uno sciopero della fame, o qualcosa di questo genere, ma non fa così. Avrebbe potuto protestare ad alta voce. Al contrario, egli espone cortesemente ad un ufficiale della corte il suo dilemma. Daniele, infatti: "chiese al capo degli eunuchi di concedergli di non contaminarsi" (v. 8b).

Fare ciò che è giusto non ci consente di mancare rispetto agli altri. Al cristiano non è concesso essere irragionevolmente litigioso. Daniele aveva prima gentilmente richiesto a quell’ufficiale di corte di essere esonerato dal mangiare certo cibo. Significa forse che quell’ufficiale gli avesse detto ‘no’ egli avrebbe mangiato quel cibo e si sarebbe contaminato? No! Questo indica però che, ogni qual volta si può fare gentilmente qualcosa, essa deve essere fatta così.

E’ importante che cosa ci dice la Parola di Dio: " Se è possibile e per quanto dipende da voi, vivete in pace con tutti gli uomini" (Ro. 12:18). Come pure: "Ora un servo del Signore non deve contendere, ma deve essere mite verso tutti, atto ad insegnare e paziente, ammaestrando con mansuetudine gli oppositori, nella speranza che Dio conceda loro di ravvedersi perché giungano a riconoscere la verità, e ritornino in sé, sottraendosi dal laccio del diavolo, che li aveva fatti prigionieri, perché facessero la sua volontà" (2 Ti. 2:24-26). Nella nostra determinazione a non scendere a compromessi, dobbiamo rammentarci di essere rispettosi. Se a questo riguardo non siamo diversi da ogni altro "piantagrane", siamo certo stati efficacemente omogeneizzati.

Infine, quando il mondo ci chiama a fare compromessi, dobbiamo:

4. Essere creativi

Daniele è risoluto a difendere i principi in cui crede, ma non è stupido: non mette a repentaglio la sua vita gratuitamente, se questo non è necessario. Cerca prima se vi siano vie per far valere il suo diritto senza arrivare ad azioni radicali. Cerca se magari vi sia un modo "non pericoloso", di basso profilo, per rispettare i suoi doveri verso Dio. Egli non ubbidisce a Dio "per farsi vedere", per ripicca o per vendetta verso i babilonesi. Se c'è un modo silenzioso e pacifico per farlo, ben venga. Il piano che Daniele propone al sorvegliante dei giovani è nei vv. 11-13: "Ti prego, metti alla prova i tuoi servi per dieci giorni, e ci siano dati legumi per mangiare e acqua per bere. Poi siano esaminati alla tua presenza il nostro aspetto e l'aspetto dei giovani che mangiano i cibi squisiti del re; farai quindi con i tuoi servi in base a ciò che vedrai". Si tratta certamente di una considerazione saggia e creativa, fatta dopo averci pensato molto bene.

Anche quando le intenzioni sono buone e Dio è compiaciuto di una certa decisione, dobbiamo essere saggi nel come ci rapportiamo al mondo. Gesù ci esorta dicendo: "siate dunque prudenti come serpenti e semplici come colombe" (Mt. 10:16). Quello di Daniele era un piano ben congegnato, forse preso con i suoi amici dopo una discussione, ed aveva funzionato! Essere dalla parte di Dio non ci esime dall’esercitare la nostra intelligenza, che è dono di Dio. Il Nuovo Testamento ci dà ottimi consigli sulla saggezza nei confronti del mondo: "Il vostro parlare sia sempre con grazia, condito con sale, per sapere come dovete rispondere a ciascuno" (Cl. 4:6). "Abbiate nei vostri cuori un santo timore di Cristo il Signore, pronti sempre a rispondere a vostra difesa a chiunque vi domanda ragione della speranza che è in voi, ma con dolcezza e rispetto; avendo una buona coscienza" (1 Pi. 3:15).

A proposito della sapienza, Proverbi dice: "se la cerchi come l'argento e ti dai a scavarla come un tesoro, allora intenderai il timore dell'Eterno, e troverai la conoscenza di Dio" (Pr. 2:4,5). Cerchiamo noi la sapienza nel sapere come rispondere quando il mondo ci chiama a far compromessi?

Conclusione

Quando, in uno sforzo di assimilarci e di omogeneizzarci nel sistema di questo mondo, vorrebbero farci compromettere i chiari principi della Parola di Dio che regolano la nostra vita, dobbiamo rammentarci allora queste quattro lezioni:

(1) Essere ragionevoli, cioè sapere la differenza che c’è fra un compromesso sbagliato ed una concessione permissibile. Un cristiano dovrebbe combattere le sue battaglie con attenzione. Solo quando i principi di Dio sono in questione, possiamo rifiutarci di conformarsi. (2) Essere risoluti quando ci chiedono un compromesso sbagliato. Viene il tempo in cui non dobbiamo cedere, costi quel che costi. (3) Dobbiamo essere rispettosi con coloro che non appartengono al popolo di Dio. Con il nostro comportamento rispettoso potremmo anche guadagnarli alla causa di Dio. (4) Dobbiamo essere creativi e perseguire la sapienza di Dio. Solo essa ci potrà far trovare la risposta giusta al momento giusto.

Avete mai visto da un aereo un fiume che si snoda nel terreno sottostante? Non ci sono due fiumi uguali, ma hanno una cosa in comune: sono tutti tortuosi. Sono così perché si adattano alle condizioni del terreno che trovano ed aggirano ogni ostacolo. Prendono il percorso che incontra meno resistenza. I fiumi sono "tortuosi" perché prendono sempre la via più facile. Anche noi possiamo diventare "tortuosi", contorti, ambigui, poco leali se prendiamo sempre la strada più facile. Daniele e i suoi amici non avevano preso la strada più facile: avevano avuto coraggio, convinzione e impegno. Se pratichiamo questo anche noi condurremo la nostra vita come piace al Signore, e non saremo omogeneizzati!

 

(tratto da un sermone di Dave Redick, Pulpit Minister della Hwy 20 Church of Christ in Sweet Home, Oregon. Paolo Castellina, venerdì 2 ottobre 1998. Tutte le citazioni bibliche, salvo diversamente indicato, sono tratte dalla versione Nuova Diodati, edizioni La Buona Novella, Brindisi, 1991).


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