La priorità della preghiera

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Un privilegio male sfruttato

Uno delle più grandi benedizioni e privilegi che Dio ha donato a chi diventa Suo figlio adottivo per la sua fede in Cristo, è quello della preghiera, del colloquio privato e comunitario con Dio in cui gli si può presentare tutto ciò che ci sta a cuore. Molti sono oggi quelli che si professano cristiani, ma pochi sono quei cristiani che sperimentano quanto veramente la preghiera personale e comunitaria possa essere preziosa ed efficace. Non solo la preghiera è una benedizione ed un privilegio, ma è anche un dovere, perché Dio ha scelto di operare nella nostra vita anche tramite la pratica regolare della preghiera, privata e comunitaria. Il convenire al culto comunitario regolarmente, la domenica, è anche una preziosa occasione di preghiera.

Il mondo, nella sua cecità, considera superfluo, non necessario, convenire regolarmente la domenica per rendere a Dio il culto che Gli è dovuto. Pensa di non averne bisogno perché si ritiene sufficiente a sé stesso. In realtà non si rende nemmeno conto di tutto il potenziale esplosivo che risiede nell’Evangelo di Gesù Cristo, creduto ed ubbidito fedelmente, e di cui tragicamente si priva. Vi sono anche molti cristiani che, lasciandosi influenzare dal mondo, si inventano scuse a non finire per convincere sé stessi che "andare in chiesa non è indispensabile". Che fatale errore!

Eppure il popolo di Dio viene istruito ampiamente nelle Scritture non solo sul dovere di rendere culto a Dio regolarmente nel contesto della comunità cristiana, ma pure sul fatto che farlo o non farlo comporti tangibili effetti nella vita personale e collettiva della società in cui vivono.

Abbiamo considerato domenica scorsa che cosa noi si debba "portare" al culto per farlo diventare veramente un'esperienza significativa. Oggi esamineremo che cosa ci insegna il Signore Iddio sull'importanza della preghiera comunitaria.

Il testo biblico

La prima lettera a Timoteo, dopo averci istruito sulla responsabilità che venga insegnata sempre e praticata la retta dottrina biblica, procede, nel capito 2, indicandoci come la preghiera sia un'opera altrettanto importante nel servizio e nelle responsabilità della comunità cristiana. L'Apostolo afferma:

"Esorto dunque, prima di ogni altra cosa, che si facciano suppliche, preghiere, intercessioni, ringraziamenti per tutti gli uomini, per i re e per tutti quelli che sono costituiti in autorità, affinché possiamo condurre una vita tranquilla e quieta in tutta pietà e dignità. Questo è buono e gradito davanti a Dio, nostro Salvatore, il quale vuole che tutti gli uomini siano salvati e vengano alla conoscenza della verità. Infatti c'è un solo Dio e anche un solo mediatore fra Dio e gli uomini, Cristo Gesù uomo, che ha dato sé stesso come prezzo di riscatto per tutti; questa è la testimonianza resa a suo tempo" (1 Ti. 2:1-6).

Gli elementi del culto comunitario cristiano sono fondamentalmente tre: la preghiera, la lode, e la predicazione.

I. Concentrarsi su ciò che più conta

L'Apostolo qui pone la preghiera come un importante elemento costitutivo del culto della comunità cristiana riunita. Spesso mi chiedo se noi oggi diamo alla preghiera comunitaria altrettanta importanza. Molti cristiani pensano di non aver bisogno di venire in chiesa, che essi possono rendere culto a Dio altrettanto bene restandosene a casa, lavorando nel giardino o guardando l televisione… Certo, Dio non si trova solo in chiesa. C'è però una ragione per cui le Scritture ci esortano a " non abbandonare la nostra comune adunanza come alcuni sono soliti fare" (Eb. 10:25). In qualche modo, quando ci riuniamo per concentrarci sulla grandezza di Dio, questo è in grado di renderci un servizio che null'altro potrebbe renderci. Perché l'Apostolo mette la preghiera così in evidenza? Per due buone ragioni:

1. In primo luogo perché la preghiera fin dall'inizio focalizza su Dio il cuore e gli occhi del credente. Ciò che rende un culto cristiano diverso da una qualsiasi riunione politica o sociale è il riconoscimento che Iddio sia nel nostro mezzo. Riconoscere la forza, la bellezza e la libertà che la presenza di Dio dona significa dare ad un culto un immediato senso di realtà e di vitalità. Essa ci distoglie dal nostro egoismo. Da ripiegati su noi stessi come generalmente siamo, la preghiera ci fa rialzare il capo per vedere Dio e gli altri.

2. In secondo luogo, iniziare con la preghiera significa mettere a fuoco le cose veramente importanti della nostra vita. Ciascuno di noi esce di casa portandosi dietro le situazioni in cui siamo almeno parzialmente coinvolti. Forse pensiamo ai piatti sporchi lasciati nel lavandino, a tutta la fatica che abbiamo fatto per preparare i bambini a venire in chiesa in modo appropriato, o il fatto che la nostra auto era quasi senza benzina, oppure alla telefonata che abbiamo ricevuto poco prima di uscire di casa. Quando però veniamo assieme ed il culto inizia con il riconoscimento della presenza di Dio, tutto ciò che è banale o di secondaria importanza svanisce. Cominciamo a vedere queste cose nella giusta prospettiva. Dio e il Suo mondo, ciò che ne facciamo della nostra vita, chi siamo, come dovremmo vivere: è questo che comincia ad acquisire maggiore importanza ai nostri occhi quando veniamo in chiesa. Ecco a che cosa serve il culto comunitario.

3. La preghiera comunitaria ci aiuta a risolvere i nostri problemi. Vediamo le cose da una prospettiva diversa, vediamo soluzioni che prima non avevamo scorto. Questa è un'esperienza continua e frequente. Nel Salmo 73 lo scrittore ci parla di come avesse avuto un difficile problema nella sua vita per il quale non riusciva a trovare una risposta, "finché non sono entrato nel santuario di Dio" (Sl. 73:17). Nel "santuario di Dio" egli ha visto le cose nella giusta prospettiva. Così, quando il popolo di Dio si riunisce, la prima cosa su cui bisogna concentrarsi è la preghiera e il riconoscimento della presenza di Dio.

II. Forme di preghiera

L’Apostolo ora prosegue a elencare tre forme di preghiera ed una forma di lode.

1. In primo luogo, egli dice, vi sono le "suppliche". Questa parola significa "le richieste del popolo". Molte comunità cristiane al culto distribuiscono un notiziario dove vengono elencate specificatamente le necessità e i problemi dei membri di chiesa affinché si preghi per loro. Si leggono queste richieste, si prega a casa propria per esse, da soli o in piccoli gruppi. Dio spesso risponde a questi bisogni proprio attraverso la preghiera dei credenti. Questo può essere uno strumento importante, perché spesso nelle comunità cristiane vi sono parecchi problemi di comunicazione. Talvolta il pastore non viene nemmeno messo a conoscenza se un membro di chiesa è malato o all’ospedale. Altre volte una persona si tiene per sé il problema che avverte senza condividerlo con gli altri. Se ne vergogna o pensa che agli altri non debba interessare. Questo è un errore, perché la funzione della comunità cristiana è pure quella di aiutarsi reciprocamente a portare i fardelli gli uni degli altri. La Scrittura dice: "Portate i pesi gli uni degli altri, e così adempirete la legge di Cristo".

2. La seconda categoria è "preghiere". Questa parola in italiano non ci aiuta molto perché suona molto generale. Nella lingua originale, però, si tratta di una parola speciale che viene usata per richieste che solo Dio può soddisfare. Il primo tipo di richieste, le suppliche, sono richieste nelle quali noi possiamo essere coinvolti. Se stai pregando per qualcuno che non ha abbastanza da mangiare, lo Spirito di Dio molto probabilmente ti dirà: "Che mi dici del cibo che tieni nella tua dispensa? Che ne diresti di portargliene un po’ questo pomeriggio?". Noi tutti però sappiamo che vi sono delle richieste alle quali solo Dio può rispondere: qualcuno ha il cuore infranto, qualcuno soffre a causa di una terribile esperienza che non comprende e che nessuno può spiegargliela. Solo Dio può sovvenire a quel bisogno. Questo è il tipo di richiesta di cui Paolo sta parlando. Dobbiamo portare queste richieste di fronte al Signore e insieme presentargliele in preghiera.

3. La terza forma di preghiera è "le intercessioni". Ancora qui si tratta di una parola che si focalizza sugli altri. Significa: "Una richiesta intima fatta da un amico ad un re in favore di qualcun altro". E’ una bellissima espressione di preghiera comunitaria. Proprio perché il credente è stato fatto figlio adottivo del Re, egli si rivolge al Padre celeste e, nell’intimità di quel rapporto, condivide con Lui speciali bisogni e speciali problemi di altri. "Facciamo delle petizioni" in loro favore. Quando pregate insieme in questo modo vi avvicinate al Re affinché Egli manifesti la sua potenza in favore di chi amiamo. Nessuno potrebbe mai chiedergli abbastanza!

4. A tutto questo Paolo collega una forma di lode, i "ringraziamenti". Quando ci riuniamo come cristiani noi dovremmo rendere grazie a Dio. Di solito questo è ciò che facciamo nei nostri inni, e questo è perché il canto degli inni è sempre stato una parte importante nella vita dei cristiani fin dai primi secoli. Le parole degli inni sono generalmente o preghiere rivolte a Dio, o espressioni di lode, ringraziamento e adorazione pronunciate in modo melodico affinché possano entrare nelle orecchie e nel cuore della gente. Vorrei veramente esortarvi a non cantare mai un inno in modo meccanico. Non borbottatene le parole senza sapere che cosa state cantando. E’ triste guardare ad una comunità riunita e sapere che stanno cantando cose che in realtà non intendono dire e che comunque non fanno parte della loro esperienza, realtà profondamente sentite che provengono dal nostro cuore. Sarebbe più onesto non cantare ciò che sappiamo non corrispondere veramente ai nostri sentimenti. Quando cantiamo pensiamo a che cosa stiamo dicendo e quale incidenza questo abbia su di noi. Che queste parole siano davvero un rendimento di grazie che esprimiamo alla grandezza di Dio. Se questo avviene, il canto comunitario assume uno spessore ed una rilevanza tale che sarebbe subito notato da un estraneo che entrasse per caso in quel momento fra di noi.

III. Per chi pregare

Ora l’Apostolo ci indica quali debbano essere i soggetti della preghiera. Per chi dovremmo pregare nel culto?

1. Per tutti. Il testo ci dice che dobbiamo farlo prima di tutto "per tutti gli uomini", cioè per tutti. E’ molto importante comprendere qui la parola "tutti gli uomini", "uomini nel senso generale", cioè "per tutti senza distinzione", cioè Dio non desidera che nel pregare escludiamo qualcuno, persino i nostri nemici, si implorare Dio affinché li benedica! Domandiamoci: "Per chi non saremmo mai disposti a pregare?". Ebbene, proprio per queste persone dovremmo cominciare a farlo. Dovremmo essere disposti a pregare per tutti, senza distinzione.

2. Poi dobbiamo pregare "per i re e per tutti quelli che sono in autorità". Questo significa che noi non dovremmo ignorare i leader del governo ed i politici. coloro che hanno responsabilità politiche e sociali. Potrebbero anche non essere credenti, ma noi dobbiamo pregare per loro. La cosa interessante è che queste parole erano state scritte quando imperatore era Nerone, uno degli imperatori romani più crudeli, quello che forse più di altri aveva lanciato spietate persecuzioni contro i cristiani. Eppure, quando l’Apostolo scrive a Timoteo, egli lo esorta a non dimenticarsi di pregare persino per Nerone. Questo riconosce che il governo di una nazione è stabilito da Dio (la Scrittura non auspica nessuna anarchia). Un governo ci deve essere e se capita che sia stato preso nelle mani di dittatori, questo non vuol dire che sia sbagliato avere persone che governano, ma implica che si preghi e si operi affinché al governo di un paese vi siano amministratori onesti, giusti e timorati di Dio. Si tratta di qualcosa che i cristiani di ogni tempo e paese hanno sempre preso seriamente.

Pregare "per tutti quelli che sono in autorità" include anche coloro che sono disonesti ed empi, corrotti e inetti, affinché Dio apra loro gli occhi e li usi in modo che siano di benedizione, di aiuto e di promozione del bene. Dio, per i Suoi scopi, può bene usare sia l’onesto che il disonesto, l’empio come il fedele, come ci ricorda Proverbi: "Il cuore del re in mano all’Eterno è come i corsi d’acqua; lo dirige dovunque egli vuole" (Pr. 21:1). Egli lo ha fatto e lo continua a fare nella storia umana.

IV. I risultati della preghiera

Questo ci conduce molto naturalmente a vedere i risultati che dovremmo attenderci dalla preghiera. Paolo pone la questione in un duplice modo:

1. In primo luogo, "affinché possiamo condurre una vita tranquilla e quieta in ogni pietà e decoro". Avete mai pensato come la pace e il buon funzionamento di una comunità politica sia collegata alle preghiere del popolo di Dio? L’Apostolo vuole dire proprio questo. Un proverbio dice che ogni popolo ha il governo che si merita. Non vuole questo forse dire che se ci lamentiamo dei nostri politici, della burocrazia, dell’inefficienza, della corruzione, della decadenza etica e morale, del terrorismo, degli assassini politici ecc. questo è anche un po’ colpa nostra perché non abbiamo mai pregato per tutti quelli che sono in autorità. La Scrittura ci dice: "voi non avete perché non domandate" (Gm. 4:2). Quando il popolo di Dio è unito ed in pace, in rapporto giusto con Dio e perseverante nella preghiera, esso può diventare un agente di prevenzione dei mali sociali di cui spesso ci lamentiamo, non meno di altri. Possiamo dire che se in una società o in una famiglia non si prega, quella società e famiglia corre un grave rischio, perché si espone a tutti gli attacchi di Satana. Quando il popolo di Dio o un credente prega, questi è come se liberasse energie positive in grado di proteggere l’ambiente in cui vive da innumerevoli mali. La Scrittura dice che c’è un rapporto diretto fra la vita tranquilla e quieta in qualsiasi ambiente e la preghiera zelante e perseverante.

2. Naturalmente la preghiera ha pure notevoli effetti su noi stessi. Se molto può essere realizzato nella società solo attraverso la preghiera, molto viene anche realizzato in noi stessi. Le parole chiave di questo testo a questo riguardo sono "pietà" e "decoro". Pietà significa "essere consapevoli di ciò che è richiesto nella vita per quanto riguarda Dio, gli altri e noi stessi". Si potrebbe tradurre "pietà" anche con il termine "realismo", vivere in modo realistico, vivere sapendo che cosa è meglio in ogni circostanza, comprendere la realtà in cui vivi. Ecco una delle grandi cose che la preghiera può realizzare. Quando pregate per il governo, per il mondo, per i vostri amici, per coloro che sono nel bisogno, voi comprendete più realisticamente che mai che cosa veramente stia loro succedendo, perché agiscono nel modo in cui agiscono, quali forze siano all’opera nella società. Perseverare nella preghiera significa cominciare a vivere con un senso di sicurezza, un rendersi conto che tu comprendi che cosa stia succedendo nella vita. Insieme a questo va la parola qui tradotta con "decoro". Il senso originale di questa parola è questo: "comprendere che il problema non sono le persone, che esse non ne sono che le vittime. La preghiera quindi può darci un atteggiamento umano e tollerante verso gli altri. Quando vedi e tratti ogni persona con rispetto, pregando affinché i loro problemi siano risolti, creiamo automaticamente un’atmosfera calda e costruttiva.

3. Una terza cosa che la preghiera realizza è il fatto che essa adempia alla volontà di Dio. Paolo dice nel nostro testo che una vita di preghiera è buona ed accettevole davanti a Dio perché essa è il modo che Dio ha scelto per aprire il cuore di uomini e donne in ogni luogo alla salvezza. Paolo dice: "Dio vuole che tutti gli uomini siano salvati e che vengano alla conoscenza della verità". La preghiera, così, è la prima cannonata contro le forze del male che operano in un certo territorio per conquistarlo a Dio. Quando così preghiamo per la gente, possiamo attenderci che essa oda la verità che non aveva mai udito prima. Possiamo attenderci che essa cominci a vedere le cose da un’altra prospettiva. La preghiera non le cambia immediatamente. Non è una bacchetta magica. Essa però fa sorgere gradualmente su di loro l’alba che fugherà le tenebre, e la gente comincia per la prima volta a comprendere la propria natura, la realtà della vita attorno a loro. Questo è in linea con i grandi propositi che Dio ha stabilito, il Suo desiderio che "tutti gli uomini siano salvati". Anche qui la parola "tutti" non significa "tutti senza eccezione", ma "tutti senza distinzione alcuna o discriminazione". Non vi sono infatti barriere alcune quando una creatura umana viene al Salvatore Gesù. Chiunque viene a Lui per cercare presso di Lui salvezza, non verrà respinto. La cosa meravigliosa è che quando preghiamo in questo modo, giungono a Cristo ogni sorta di persone, anche quelle che mai ci saremmo aspettati potessero avvicinarsi a Lui con fede. Non c’è barriera alcuna alla salvezza quando lo Spirito di Dio inizia ad attirare al Salvatore la gente.

V. L’unicità dell’Evangelo

1. Un unico Dio. Questo stesso significato della parola è confermato dall’argomentazione successiva dell’Apostolo in questo testo. Paolo dice: "Vi è infatti un solo Dio ed anche un solo mediatore fra Dio e gli uomini: Cristo Gesù uomo". Paolo dice qui queste cose per sottolineare come che nonostante le distinzioni che appaiono esservi fra gli uomini, vi è un unico modo per conseguire la salvezza: cioè quanto Dio ha disposto in Cristo. Non esiste che un solo Dio. Non c’è un Dio per gli ebrei ed un altro per i pagani. Non c’è un Dio per i mussulmani ed un altro per gli indù. Tutta l’umanità deve rapportarsi con l’unico vero e vivente Iddio, nonostante le differenze di cultura, di ambiente o qualsiasi altra.

2. Un solo Salvatore. Vi è solo un Dio su tutta la terra, e non vi è che un unico Mediatore, un unico ponte che sia possibile attraversare per giungere veracemente da noi a Dio, il Signore e Salvatore Gesù Cristo. Gesù è sia Dio che uomo. Quando venite e seguite quest’uomo straordinario voi risolvete il problema di base della nostra vita: scoprite ben presto di essere giunti pure a Dio. Venendo a Cristo incontrate Dio. Ecco che cosa avevano scoperto e scoprono i Suoi discepoli. Essi non erano venuti a Gesù perché pensassero che Egli fosse Dio. Credevano infatti che fosse un’orribile bestemmia che qualcuno mai potesse affermare di essere Dio. Essi lo seguono perché avevano scoperto quanto meraviglioso fosse questo Gesù, la Sua Persona, Parola, opera… Al tempo stesso essi lo scoprono veramente come Dio con noi, il quale "offre sé stesso come prezzo di riscatto per tutti", per la salvezza di ogni sorta di persone. Dio non manda un comitato o un gruppo di angeli per realizzare la salvezza umana, ma viene personalmente in Cristo ad offrire sé stesso come prezzo di riscatto per ogni sorta di persone.

3. Un solo Evangelo. Paolo infine afferma che non vi è che un unico Evangelo, un unico messaggio di salvezza di cui egli stesso ha avuto la grazia di diventarne banditore. Ancora ogni distinzione qui è eliminata. Se vuoi giungere presso Dio non vi è che una sola strada per arrivarvi, attraverso l’Evangelo della grazia di Dio in Gesù Cristo, di cui Paolo è stato fatto da Dio annunciatore. Quando l’Evangelo di Cristo giunge nella nostra vita, esso ci pone in contatto con la realtà. L’Evangelo rivela la verità. Quando giungi a capire che la vita è veramente come ce la descrive il messaggio della Bibbia, essa risveglia la tua fede e cominciate ad agire secondo quello che avete appreso. Dovunque l’Evangelo abbia toccato la vita di uomini, donne e bambini, in ogni tempo e paese, essi si liberano dalla superstizione, dalla violenza, dalla degradazione, dall’immoralità sessuale, da sostanze intossicanti, dall’occultismo, ecc. e ne sono guariti. La salute del corpo, dell’anima e dello spirito inizia a manifestarsi. Le famiglie divengono felici, i cuori si uniscono nell’amore e nella verità. Tutto questo non è altro che storia, storia che si ripete ogni qual volta questo messaggio viene accolto con fede.

Conclusione

Una comunità cristiana che opera e prega come un unico corpo e in modo diligente, vede l’Evangelo all’opera in sé stessa e nella società in cui vive in modo vero e tangibile. Ogni qual volta l’Evangelo è stato preso seriamente ed i suoi potenti risultati si sono manifestati, persino la stampa secolare non ha potuto fare a meno di interessarsene. L’Evangelo è rilevante e potente ed esso opera attraverso una comunità cristiana fedele al suo mandato, e fedele nella preghiera comunitaria. Ci lamentiamo e giustamente di tante cose che avvengono in noi ed intorno a noi, ma tutto questo troverebbe una soluzione attraverso la fede e l’ubbidienza all’Evangelo di Gesù Cristo. Ecco perché Dio ha portato in vita quella società umana che chiamiamo "la Chiesa del Signore Gesù Cristo": per realizzare e per servire il riscatto dell’umanità in Gesù Cristo.

Preghiera

Signore, noi ti preghiamo di prendere la nostra vita e di farla contare. Aiutaci a ubbidire a ciò che siamo stati inviati a fare e liberare così la potenza di Dio nella società in cui viviamo, nelle nostre case, fra il nostro vicinato, dove lavoriamo, dovunque noi siamo. Che il fermento dell’Evangelo possa cominciare a toccare vite e cambiare cuori. Te lo chiediamo nel nome di Gesù. Amen.

(Paolo Castellina, sabato 16 maggio 1998. Tutte le citazioni bibliche, salvo diversamente indicato, sono tratte dalla versione "Nuova Diodati", edizione La Buona Novella, Brindisi, 1991).

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